Ognuno dei 7 miliardi di individui al mondo differisce l’uno dall’altro innanzitutto per DNA e poi per una combinazione di fattori dovuti al luogo di nascita, contesto familiare e sociale. Un videogioco o prodotto con la minima ambizione di essere mass market non potrà certo colmare richieste individuali di una platea così ampia, impossibile creare un design adatto individualmente. Viene in aiuto la possibilità di creare delle personalità e tipologie standard di utenti/giocatori, conoscere il proprio audience diventa basilare per disegnare esperienze, introdurre meccaniche di gioco allineate alla tipologia di giocatore individuata in fase progettuale.
Non tutte le meccaniche e dinamiche sono adatte a tutti, alcune potranno creare divertimento e stati d’animo positivi in un individui ma al contrario scoraggiare l’esperienza di un’altra tipologia. Per creare una tassonomia a monte vengono in aiuto diversi studi rilasciati negli ultimi decenni, alcuni dei quali già ampiamente citati in queste pagine come i Player’s Types di Richard Bartle (slide 31-32) e Deadalus di Nick Yee.
Proprio da Richard Bartle prima maniera è necessario riparte perchè, a mio avviso, rappresenta ancora oggi il modello teorico più generalizzabile e facilmente associabile ad una qualsiasi base utenza anche non strettamente gaming.
Nel suo primo lavoro “Hearts, Club, Diamonds, Spades: Player Who Suit MUDs” il ricercatore inglese, dopo lunghi anni di osservazioni di utenti attivi nei primi giochi online multiplayer, individua quattro categoria di individui a cui affibbia nomi altamente evocativi. Sulla base dei due assi orizzontale e verticale si muovono giocatori chiamati Killers (agiscono sui giocatori), Achievers (agiscono sul mondo), Explorers (interagiscono col mondo) e Socializers (interagiscono con giocatori), ciascuna categoria necessita di strumenti ad hoc per potersi totalmente auto-esprimersi e sentirsi a proprio agio nel sistema.
Nessuna base utenza può essere omogenea nella sua interezza ed addirittura nessun giocatore è al 100% corrispondente ad una singola categoria, piuttosto un insieme di due o più fattori sebbene sempre con una feature dominante. Ah se non mi credete è possibile effettuare un test, non ufficiale! Sono al lavoro per un adattamento di questo test a contesti generali e non MMORPG oriented così da poterlo implementare come strumento di progettazione per ogni tipo di esperienza di interactive design. Intanto vi propongo il mio profilo.
Barle non è sicuramente il dogma indiscutibile, un aiuto nella comprensione delle personalità e motivazioni degli utenti ce la offre Adrian Chan, un social interaction designer. Nel suo studio Social Media Personality Types individua 11 tipologie nell’ambito social media, mi ci soffermo perchè penso possano aggiungere qualcosa al modello di Bartle nell’analisi dei futuri utenti del nostro progetto gamificato per disegnarne al meglio l’esperienza.
Ripetendo l’esperimento fatto già con Bartle si prova a schematizzare sommariamente alcune meccaniche in grado di stimolare una esperienza positiva per numerose delle tipologie di Chan. Noterete spazi vuoti in relazione a figure come Rebel e Critic in quanto la loro presenza, pur in qualche misura utile, difficilmente sarà incoraggiata dal designer.
Nel prossimo capitolo esploreremo la teoria dei “4 Temperamenti di Kersey” e il “DGD1” di Chris Bateman sperando di individuare uno schema generale utilizzabile nel Gamification Design per individuare il profilo del proprio utente/giocatore ed i necessari accorgimenti a livello di meccaniche e dinamiche per ingaggiarli.
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