Gamification Design: La teoria dei Neuroni Specchio

Siete comodamente seduti sul divano, sul vostro LCD vi godete un match calcistico in alta definizione. Il vostro giocatore preferito riceve un tremendo colpo nelle parti basse e si accascia al suolo. Quanti di voi provano l’istinto di toccarsi proprio in quel punto quasi a proteggersi come se il colpo fosse stato realmente incassato? Se volete capire come è possibile questo influsso diretto tra giocatore e spettatore è l’articolo che fa per voi!

Numerosi studi negli anni hanno dimostrato come il 90% del nostro shopping passi attraverso scelte inconsapevoli. Cosa ci spingere a scegliere un oggetto piuttosto che un altro? Come si forma nel nostro cervello l’idea che quello sia il prezzo giusto? Quale aree del nostro cervello sono deputate alla socializzazione piuttosto che all’engagement?

Questa forte componente di behavioral design e neuromarketing sta diventando sempre più centrale nell’esperienza di un progetto gamificato. Sebbene l’uomo sia Predictably Irrational, un prevedibile irrazionale come suggerisce Dan Ariely nell’omonimo libro, una serie di reazioni cerebrali fanno spesso seguito all’esposizione a particolari stimoli. Oggi ci soffermiamo ad esaminare  la Mirror Neurons Theory elaborata dallo scienziato italiano Giacomo Rizzolatti col suo team di ricerca con sede a Parma, teoria con profonde ripercussioni nell’organizzazione di una esperienza e nella sua propagazione virale.

Le cortecce in cui risiedono i neuroni specchio

I neuroni specchio sembrano risiedere in due aree specifiche del nostro cervello, le cortecce parietali e premotoria (area di Broca) confermando quanto pioneristicamente studiato da Rizzolatti nel 1992 osservando il comportamento dei macachi.  A sorprendere è il meccanismo in base al quale i medesimi neuroni attivati dall’esecutore durante l’azione (mangiare un gelato), vengono attivati anche nell’osservatore della medesima azione. Quando osserviamo qualcuno esultare dopo un gol, provare disgusto, piangere, acquistare una maglietta parte uno stimolo che va a colpire le suddette aree cerebrali arrivando i neuroni specchio che rievocano l’immagine di quella data azione, soprattutto se già compiuta in prima persona in passato. In soggetti dove le barriere razionali sono pressochè nulle, ad esempio i neonati, è facile vedere in azione questa teoria. Provate a far loro una linguaccia o altra smorfia, il bambino tenderà a ripeterla istintivamente. E’ lo stesso principio generale che ci induce a sorridere quando abbiamo di fronte una persona sorridente o a sentirci tristi quando qualcuno piange vicino a noi.

Per una azienda far leva sui Mirror Neurons è uno dei sistemi più performanti per entrare in empatia con l’audience. Entrando in numerosi negozi di vestiario di varie catene da Zara a Pinkie probabilmente avrete notato negli ultimi anni un crescente numero di tavolini bassi sui quali è disposta merce in grande abbondanza. Non è una scelta casuale, lo scopo è quello di spingere i visitatori a toccare con mano quella mercanzia per attivare questi mirror neurons attraverso un meccanismo che ci porterà a ricordare la sensazione al tatto che comunemente percepiamo in casa quando indossiamo il nostro jeans o maglione preferito. E’ banalmente la stessa idea dietro ai manichini o cartonati e immagini di belle/bei ragazzi che indossano gli abiti, l’obiettivo è far scattare una associazione secondo la quale indossando quella camicia avremo una siluette proprio come nella vetrina.

L’olfatto è un senso fondamentale per la loro attivazione.  Nei centri commerciali di nuova concezione l’area forno è spesso ubicata vicino l’ingresso per far s’ che gli avventori associno l’entrare in quell’area ad emozioni positive come quelle rievocate da un odore di pane appena sfornato.

Ma all’interno di un progetto gamificato, ad esempio una esperienza di online shopping come posso attivare i neuroni specchio non potendo far leva sul tatto e olfatto?

Sappiamo la potenza emozionale che scartare un regalo o un prodotto genera in ognuno di noi, tanto più l’attesa quanto più la dopamina rilasciata nel nostro cervello. Si arriva a casi in cui il livello di engagement è maggiore all’apertura che non poi all’utilizzo del prodotto stesso. Al tempo stesso sappiamo come è strutturata l’esposizione dei prodotti online: una scheda ricca di dettagli, una serie di foto e nella migliore delle ipotesi anche un filmato. Per gettare le basi di un vero social sharing, per spingere un mio visitatore ad acquistare quel prodotto facendo leva sulla sua componente irrazionale sarebbe bene scatenare i Mirror Neurons.

Ammettiamo che oggi è il dayone della nuova console Playstation 4. Nella pagina dedicata al prodotto nel mio online shopping potrei inserire un video un pò inconsueto. Filmare l’arrivo del pacco a casa, la procedura per aprirlo e la scoperta di tutto il contenuto dalla console stessa agli accessori, passando per i giochi inclusi arrivando fino al suo collegamento col tv color e l’inizio dell’esperienza di gioco.

Questo attiverebbe i neuroni nelle cortecce di coloro che vedono il video provocando un senso di emulazione e felicità. Non è fantascienza, esistono già migliaia di video inseriti episodicamente su Youtube ed addirittura specifici siti come Unboxing e Unbox-it dove gli utenti o gli stessi gestori mostrano lo “spacchettamento” di ogni genere di bene dagli occhiali ai cellulari.

Tutto questo può sembrar strano, trovare piacere nel guardare perfetti sconosciuti intenti ad aprire il loro ultimo giocattolo eppure questo appaga i sensi di molti di noi anche in relazione ad oggetti che non potremo mai permetterci di acquistare, ma il solo vedere una altrui espressione felice può diventare soddisfacente a livello inconscio.

Un ultimo esempio ci arriva direttamente dall’industria dei videogiochi. Negli ultimi anni, con un boom nel 2007-2008, sono balzati in vetta alle classifiche di vendita una serie di giochi che io durante uno speech alla Game Convention di Lipsia chiamai Mimetic Interface Games. I massimi esponenti del genere sono Guitar Hero e Rock Band, giochi venduti in bundle con imitazioni di strumenti musicali come chitarre o bassi. Gran parte del loro successo è dovuto alla capacità di sentirsi per un’ora dei veri e propri divi riproducendo surrettiziamente brani storici solitamente performati dai nostri dei musicali.

I mirror neurons in campo in Guitar Hero

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