Nei giorni scorsi ho avuto un incontro con una società romana attiva nel mondo dei giochi realizzati primariamente per obiettivi marketing (advergames) ed educativi (edugames e serious games). Mi raccontavano che dopo un iniziale boom fino ai primi anni 2000 il filone ha ricevuto via via meno attenzione da parte di grandi brand ed enti pubblici tanto da spingerli a disinvestimenti nell’ambito ludico. Di recente, soprattutto grazie al fenomeno gamification, l’interesse sull’universo dei videogiochi è ritornato prepotentemente anche in Italia. Questa stessa agenzia è al lavoro su una traccia legata al tema dell’educazione ambientale in ambito scolastico, come utilizzare i giochi o meccaniche di gioco per sensibilizzare noi tutti alla raccolta differenziata ed al rispetto dell’ambiente?
Il problema principale quando si lavora in soluzioni non commerciali è il budget a disposizione. E’ difficile riuscire a coniugare qualità dell’esperienza con le scarse risorse che l’ente pubblico mette a disposizione in fase di gara d’appalto. A questo si aggiunge la criticità di documenti scritti spesso malissimo perchè a monte l’ente futuro erogatore non ha al suo interno il know how necessario per trasmettere i giusti imput ai futuri sviluppatori. Mi son ritrovato spesso a osservare bandi di gara in cui l’attenzione sembra esser posta quasi interamente sull’aspetto tecnologico del progetto (mondi virtuali 3D) e poche righe dedicate alle regole, meccaniche e dinamiche che rappresentano il cuore pulsante nella trasmissione del messaggio.
Tra gli esempi tecnologicamente più complessi presenti sul mercato figura PowerUp di IBM. Un gioco gratuito online multiplayer in cui il giocatore (target in età scolastica) ha il compito di salvare il pianeta Helios da un disastro ecologico attraverso una serie di missioni volte a sensibilizzare su specifici temi come vento, acqua e sole. E’ un mondo virtuale interamente 3D in cui viene data massima libertà di movimento ai giocatori secondo schemi tipici dei MMORPG. Una serie di personaggi non giocabili e dei moduli per le scuole aiutano a trasmettere messaggi reali ad un target che si trova maggiormente a suo agio all’interno di un momento giocoso che non sui banchi scolastici. Progetti come questi sono di difficile realizzazione per via degli elevati costi di sviluppo, viaggiamo oltre i 100.000 euro.
Molto più spesso capita di vedere progetti realizzati sulla stregua di mini-games, veloci esperienze interattive in cui il giocatore impara facendo. Sebbene nato come prodotto commerciale, Face The Waste di Runoff Studios ha tutti i crismi di un buon edugames e la donazione di 5 cents a copia venduta (destinatario National Environmetal Education Foundation) testimonia l’efford per posizionarsi in tale ambito. L’idea di base è educare i ragazzi sul tema del riciclo, problema dirimente che necessità di una forte alfabetizzazione che ci spinga a perdere un paio di minuti giornalieri in cambio di un futuro mondo migliore. In questo caso la piattaforma prescelta non è più l’online ma l’iPhone attraverso un app scaricabile al costo di 79 centesimi di euro, uno sforzo tecnologico molto minore con costi nell’ordine dei 20.000 euro.
Eppure nell’ultimo biennio l’asse di attenzione sembra spostarsi dalla creazione di veri e propri videogiochi, più o meno complessi, a progetti gamificati in cui mancano personaggi e storia interattiva ma più diretto è l’intento di spingere a cambi comportamentali attraverso l’introduzione di meccaniche sociali, punti, badge e rewards. Uno degli esempi che porto sempre con me nelle conferenze e lezioni aziendali è quello di RecycleBank di cui ho abbondantemente parlato anche su questo blog come esempio di gamification applicata alla gestione del ciclo dei rifiuti. La notizia riguarda la fusione tra la piattaforma online di punti/rewards e Greenopolis, parimenti attiva in ambito mobile (ma anche sul territorio con chioschi di raccolta) con specifiche apps destinate a informare, aiutare e premiare coloro che sono impegnati nella raccolta differenziata.
A rinforzo dell’esperienza online è arrivato anche il social game Oceanopolis pensato dal co-founder Anthony Zolezzi. L’idea di fondo è amministrare una splendida isola occupandosi degli aspetti legati alla gestione dei rifiuti che rischiano di minare le spiagge incontaminate. Procedendo nel gioco si guadagnano punti che possono essere utilizzati o per fare reali donazioni con enti convenzionati o riscattati sotto forma di buoni cinema/ristorante etc etc.
Tanti i modi di utilizzare il game thinking per aggredire concretamente uno dei problemi del nostro tempo. Il budget e il target utenza ci dirà quale approccio scegliere per difendere il nostro ambiente!