Forse è arrivato il momento di andare oltre la Generazione Millenium, anche chiamata G(aming) Generation dagli addetti ai lavori. Ne ho parlato approfonditamente nel blog, in quanto questo è un segmento di mercato che si differenzia terribilmente nei modi, stili di vita e desideri rispetto alla generazioni X e baby boomers. Ma ancora più interessante dal mio punto di vista è la loro (mia in qualità di 30enne) sincronia con l’industria del gaming, una fascia di individui nati dopo il 1980 che trovano nei videogiochi (principalmente console) il loro primario passatempo. E’ naturale che l’attenzione sia posta su di loro, perchè è un’ampia fetta di popolazione con capacità di spesa e le aziende stanno ancora cercando di capire come relazionarsi con loro all’insegna dell’engagement e dialogo costante.
Ma spingiamo lo sguardo oltre ed analizziamo quello che sta avvenendo nella generazione che và dai 2 ai 12 anni. Apparentemente potrebbe sembrare un target socio-economico irrilevante, bambini nel miglior dei casi alle prese con la scuola media senza capacità di spesa. Non bisogna cadere in errore, spesso figli di entrambi genitori che lavorano viene concessa loro una certa autonomia economica beneficiando di account e device solitamente in uso ai genitori. Ha fatto scalpore la class action avviata da alcuni genitori americani contro Apple per il fenomeno delle micro-transazioni, ovvero giochi gratuiti scaricati dai figli (Smurf’s Village per citarne uno) che per esser fruiti al meglio necessitano dell’acquisto di moneta virtuale spendibile per migliorare le prestazioni.
Uno studio recentemente rilasciato da Nielsen ci aiuta a comprendere le abitudini dei minori di 12 anni in relazione all’utilizzo del tablet dei genitori. Il 70% di loro lo utilizza attivamente, ma è ancora più interessante entrare nel dettaglio del come viene utilizzato. Principalmente viene adoperato per giocare, la quasi totalità (77%) scarica app ludiche. Emerge anche un dato di tipo sociologico, il 57% dei bambini si intrattiene col tablet durante i viaggi ed il 41% durante eventi e pranzi al ristorante e/o in famiglia. Uno strumento tecnologico che diventa babysitter offrendo svago e tenendo impegnati i bambini nei momenti morti.
Il mondo sta cambiando velocemente, internet ad alta velocità è un punto di partenza in gran parte del mondo e ci si avvia verso l’Internet delle Cose, Cisco prevede nel 2020 oltre 50 miliardi di oggetti connessi alla rete dai televisori ai frigoriferi. Questa interconnessione globale si intreccia con l’addio al mouse ed alla tastiera. Nell’ultimo quinquennio gran parte dei cellulari hanno abbandonato la keyboard in favore di schermi touch screen. Nell’ultimo biennio abbiamo assistito al fenomeno dei tablet anch’essi touch. Nintendo Wii, Playstation Move e Microsoft Kinect hanno abbattuto la mediazione dei joypad nell’industria dei videogiochi rendendo immediata e fisica la fruizione.
Un altro tratto che potrebbe diventare saliente di questa generazione è la contiguità col modello freemium. Una generazione nata con l’idea della gratuità, una gamification dei prezzi dove sussiste un gioco reciproco tra il produttore ed il consumatore. I miei coetanei sono nati in un mondo in cui era necessario pagare in anticipo per ottenere un prodotto, ma ora Facebook ed Apple hanno aperto la strada ad un modello che rischia di cambiare radicalmente non solo l’entertainment digitale ma anche una serie di business fisici che dovranno rimpensare totalmente il proprio business model.
La sfida per gli sviluppatori è impegnativa. Realizzare giochi in grado di calamitare la fiducia dei genitori per poi risultare divertenti e fruibili dai loro figli significa avere in mente 2 target distanti tra loro ma egualmente importanti. Touch screen + freemium alza di molto l’asticella di ingresso, obbliga a reinventare l’esperienza del giocatore e le interfacce grafiche.
Con il gaming sempre più mainstream e capace di anticipare le tendenze tecnologiche (interconessione sociale, 3D, touch, cloud con Onlive e Gaikai) diventa fondamentale per le aziende una integrata politica di gamification in ambiti come engagement, retention e loyalty.
Riflessione interessante. Più che il touchscreen la vera sfida mi pare essere in ogni caso la questione della gratuità. Questo non vale solo per l’industria dei videogiochi, ma questa potrebbe essere la prima a riuscire a sfruttare a suo vantaggio questo cambiamento nei modelli di fruizione ed accesso, evitando gli errori compiuti da altri produttori di entertainment (penso soprattutto a musica e cinema, che si sono relazionati da un punto di vista conservatore alle nuove tecnologie e ne sono usciti con le ossa rotte).
Concordo con te, la sfida che il modello freemium sta imponendo a larghi settori dei beni di consumo, e non solo, è immensa. Molto probabilmente i grandi player con costi di struttura elevati soccomberanno, la rinconversione è molto complessa e dolorosa e ne sanno qualcosa i vari blockbusters, tower records etc etc.
Quello che verrà fuori sarà sicuramente una diminuzione del fatturato complessivo delle singole industrie ed un allargamento dei bacini di utenza che poi andranno “monetizzati” in modi nuovi ed originali come han pioneristicamente testato i Radiohead col loro album quasi free “In rainbow”