Sono passati ormai due anni abbondanti dall’introduzione della parola gamification. Da fenomeno teoretico e lessicale questa nuova scienza è stata ampiamente legittimata da utilizzo sempre più massivo in svariati ambiti ed in aziende piccole, medie e grandi. Ma come spesso accade con nuove tecnologie è difficile separare il vero apporto innovativo dalla carica di hype che spinge tutti ingiustificatamente a lanciarsi tanto i vendors quanto gli utilizzatori passando per gli immancabili consulenti. E così purtroppo sta avvenendo nella Gamification. Soprattutto nel 2012 han preso piede anche in Italia numerosissimi progetti che si fregiavano del titolo gamificato adducendo a motivazione l’utilizzo di tecniche e dinamiche gaming come punti, classifiche e badge. La stragrande maggioranza di queste applicazioni, che nel Belpaese si sono tradotte in strategie di pure marketing, non ha lasciato il segno e per di più non ha risposto agli obiettivi minimi dettati dall’azienda al centro media di turno. Ma è un problema della Gamification in quanto tale o del modo in cui essa spesso viene applicata?
Prima un passo indietro per rinfrescarci tutti insieme la memoria. Gamification è l’utilizzo di 30 anni di game design all’interno di contesti non gaming per raggiungere obiettivi come modificare i comportamenti umani (strategie di engagement, loyalty, sales) , favorire processi di innovazione (anche internamente alle aziende) e risolvere problemi (enti pubbluci, no profit in primis).
Direzionare i Comportamenti – La stragrande maggioranza dei progetti gamificati rientra in questa macro-categoria. Le aziende hanno imparato ad utilizzare nelle loro strategie meccaniche e dinamiche gaming per creare engagement, fidelizzazione e migliorare le vendite. Qui nel blog ho pubblicato decine di case history a riguardo, il gioco aiuta a modificare o creare comportamenti sapendo visceralmente stimolare i desideri di ciascuno di noi trasformandoli in un fidanzamento prolungato.
Sviluppare Abilità – Gamification sta avendo ampio utilizzo nel mondo dell’educazione e nei programmi di training corporate riuscendo ad offrire una esperienza molto più intensa ed immersiva. Per raggiungere questo obiettivo è possibile approcciare due strate in cui il gaming è più o meno pervasivo:
- Costruire un livello di gioco sopra una normale lezione. L’idea è incoraggiare competizione e/o competizione tra gli studenti attraverso meccaniche come punti all’esecuzione corretta di azioni, badges dati come premio e classifiche per la componente competitiva.
- Traformare la lezione in un vero e proprio gioco facendo ricorso alla simulazione e all’animazione. Questo è quello che normalmente avviene nell’addestramento in ambito militare o pilota di aereo ma sempre più in ogni ambito lavorativo e cognitivo. Il vantaggio è quello del feedback in tempo reale, compio una azione ed il sistema immediatamente mi dirà se è stata svolta correttamente esaltandola con punti, suoni e premi o mi fornirà consigli in caso di insuccesso. E’ il paradigma del learning by doing.
Abilitare l’innovazione – Immergersi in strutture simil game significa seguire un tracciato preciso fatto di obiettivi, regole e ambiente di gioco in cui è possibile esplorare e sperimentare all’insegna dell’engagement. E’ stato il caso di Fold It, gioco crowdsourcing che ha permesso la collaborazione di migliaia di individui connessi dalla motivazione di risolvere problemi come quello dell’Aids.
Queste osservazioni personali trovano conforto in un report rilasciato a Novembre 2012 da Gartner nel quale si predice che entro il 2014 circa l’80% delle attuali applicazioni gamificate non centreranno i primari obiettivi di business a causa dello scarso design. A fronte di una idea di base giusta è spesso la scelta della media agency/centro media a essere sbagliata, questa tipologia di società non ha il know how gaming interno per una esecuzione del progetto. Il risultato è spesso un servizio/app che porta dentro di sè alcuni elementi standard di gamification ma all’interno di un tessuto non in grado di creare engagement e di agire visceralmente sull’utente/giocatore. A questo si aggiungono spesso errori lapalissiani nell’introduzione del raking system, una giusta progressione del livello di difficoltà ed altri bilanciamenti dovuti all’assenza di figure gaming nel progetto.
Sconsigliato il fai da tè, è altresì rischioso affidarsi esclusivamente a vendors come Gigya, Bunchball ed i tanti altri nati nell’ultimo biennio. Loro hanno sicuramente sono abilissimi nel maneggiare tool di gamification come punti, badge, livelli, rewards ma l’azienda committente necessita internamente di un know how per allestire a monte il progetto prestando attenzione a ciò che realmente può motivare il proprio target.
Nonostante i problemi insiti nella giovane età di questa scienza, sempre Gartner afferma che nel 2015 il 40% delle Global 1000 corporation farà uso della gamification come meccanismo principe per trasformare importanti operazioni di business. Dal 2016 gamification sarà un elemento essenziale per i brand e punti vendita in ambito marketing e fidelizzazione.
Già oggi sono migliaia i casi di ottima applicazione e lo scorso periodo natalizio ha fatto emergere alcune nuove case history davvero interessanti. Sappiamo tutti come Dicembre rappresenti per molte categorie merceologiche e di servizi il mese principale in cui si genera una buona parte del fatturato annuo. In un mondo globalizzato e sempre più ricco di offerta anche differenziare il proprio brand/prodotto non è affatto semplice e l’utilizzo della Gamification ha aiutato notevolmente chi ha deciso di investirvi sopratutto in un’ottica di medio-lungo periodo.
Rue La La: The Rue Reveal Instant Win Game
Ruelala è un sito di e-commerce a cui si accede esclusivamente su invito con la particolarità di capi e accessori di moda che appaiono e scompaioni in 48 ore per incentivare l’acquisto immediato e di impulso. Per tutto il mese di Dicembre il brand ha dato vita ad un grande concorso aperto a tutti. Tramite specifica app sulla pagina ufficiale Facebook gli utenti han potuto partecipare ad un gioco instant win che ha messo in palio svariati premi. Una schermata mostrava tre scatole e il giocatore doveva selezionarne una con la speranza che fosse quella fortunata. L’unico requisito di accesso era inserire la propria mail/account Roulala (i non registrati venivano rimandati al sito per la completa registrazione) senza alcun obbligo di acquisto. Ogni giorno un tentativo di partecipazione. Una idea semplice, ben realizzata e che porta con se alcuni elementi interessanti della gamification:
- Achievements: Rue La La ha comunicato giornalmente i vincitori sulla sua popolata pagina facebook. Questa piccola best practice ottiene due risultati, da una parte conferire realtà al premio e dall’altra esaltare lo status dei vincitori all’interno della community. Quale miglior testimonial di un brand se non un cliente soddisfatto? Il risultato è quello di incentivare psicologicamente i non vincitori, uno sprono psicologico continuo a ritentare il giorno seguente per condividere quel momento di gioia che altri nella community hanno provato.
- Instant feedback: Il vantaggio dei giochi instant win è l’immediatezza nella risposta. Scegliendo il pacco il giocatore conosce instantaneamente l’esito positivo o negativo e questo aiuta a tenere vivo il tasso di rientro nel gioco. Immaginate invece i tanti concorsi old style ancora spesso utilizzati nel marketing, si partecipa e i risultati si conoscono dopo mesi e mesi per non parlare dell’erogazione del premio. Tutto questo toglie appealing e adrenalina.
- Behavioral Momentum: E’ la tendenza del giocatore nel continuare a fare quello che sta facendo. I continui post sulla pagina facebook, i commenti degli altri utenti enfatizzano il concetto di utilità. Il giocatore si sente confortato nel suo rientro giornaliero nell’app alla ricerca della vittoria.
- Pressione temporale: L’immagine in basso mostra un countdown, l’indicazione temporale di quanto tempo attendere prima di effettuare un nuovo tentativo. E’ uno strumento utilizzatissimo nel gaming per incentivare il numero di sessioni giornaliere. Spesso l’utente accanito lascia la pagina aperta (dando vita a sessioni abnormi) pur di arrivare in timing all’appuntamento, non scherzo!
Best Buy: Best Buy Gifted
La nota catena retail americana ha lanciato lo scorso Dicembre una altra interessante iniziativa sul suo canale Facebook. Ogni fan della pagina poteva nominare propri amici (max 6 per giorno) all’interno di determinate categorie quali musica, fotografia gaming, design, cucina e film. I più votati si sono aggiudicati un buono da 500 dollari mentre coloro che li han votati uno da 100. Un concept di questo tipo ha scatenato:
- Viralità: Il meccanismo ha il suo presupposto nel principio psicologico della reciprocità. Ogni essere umano, anche il meno incline al regalo, si sente in obbligo a fronte di uno ricevuto. E così il votante vorrà essere a sua volta votato dando vita ad una situazione altamente virale. Basta consultare uno dei tanti siti per vedere che isteria collettiva ha suscitato. Più nomine assegni, maggiori chance di essere nominato a tua volta ci saranno. E’ la dinamica alla base dei regali virtuali di grande successo nei social gaming e in altre comunity.
- Free Lunch: E’ la dinamica in cui un giocatore viene premiato per azioni compiute da altri. In questo caso il vincitore dei 500 dollari è chi riceve la nomination, non ha giocato un ruolo diretto e fondamentale nell’assegnazione. Questo crea engagement loyalty e viralità ed un esempio su scala mass market lo offre giornalmente Groupon dove il raggiungimento del numero minimo di partecipanti abilita anche me all’ottenimento del coupon scontato.
Sono due piccoli esempi di come una buona strategia di social marketing possa beneficiare di meccaniche e dinamiche gaming per raggiungere i propri risultati.