Ocean Frontiers è una associazione che offre vacanze complete alle Grand Cayman East End per gli appassionati di immersione: camere, vitto, scuola di diving, shop e quant’altro per un soggiorno a tema. Una piccola attività commerciale che nel tempo ha dovuto affrontare i problemi tipici di questo settore merceologico: scarsa propensione a tornare nella medesima struttura, difficoltà a ricordare e quindi suggerire il nome, adesione a un numero limitato di tour rispetto alla pletora di offerta (ogni tour ha un costo extra) e limitata capacità di marketing internazionale per attrarre turisti. L’avvento dei social media ha rappresentato sicuramente uno strumento a basso costo per migliorare alcune delle criticità sopra esposte. Durante le immersioni, i partecipanti vengono costantemente fotografati e gli scatti migliori pubblicati sulla pagina Facebook con tanto di tag. Migliaia di persone ogni anno sono diventate protagonisti della social media strategy aiutando l’azienda a raggiungere decine di migliaia, o anche più, nuove persone che si ritrovano sulla propria bacheca la foto di un amico immerso in un contesto mozzafiato come la barriera corallina delle Cayman.
Per creare una più stretta connessione emotiva Ocean Frontiers ha recentemente introdotto una sorta di gamification dell’esperienza di diving. Una vera e propria sfida lanciata a tutti gli avventori basata sull’immersione in TUTTI i 55 siti proposti dalla scuola. Raggiungere l’obiettivo richiede obbligatoriamente più visite in ognuna delle quali è necessario optare su una diversificazione dei punti di missione migliorando l’ARPU.
Green Short Challenge prende il nome dai bermuda indossati dallo staff di Ocean Frontiers e non ha assolutamente nulla di tecnologico. Nessun website, mobile app, implementazione di badge o altra sofisticheria eppure sfrutta alcuni dei principi teorici e meccaniche tipiche della gamification.
Abbiamo sicuramente una struttura a missione unica, estremamente difficile ma al contempo raggiungibile da tutti. Su un libricino molto ben fatto con tutte le info utili all’immersione in ognuno dei 55 siti è presente in ciascuna pagina uno spazio dove i gestori della struttura appongono un bollino che valida l’avvenuta immersione. Quindi abbiamo anche dei veri e propri badge, questa volta fisici.
Il libro incarna anche la progress bar, un utente in ogni momento ha contezza di dove si trova nell’esperienza e quanto manca per l’Achievement. L’utente/giocatore ha anche una Autonomia nel percorso, potrà lui decidere in che ordine affrontare i 55 micro-task scegliendo anche la strategia migliore. Ad esempio prenotare in un determinato periodo dell’anno aiuterà l’immersione in taluni contesti piuttosto che altri (vento, meteo ed altri fattori sono in determinati mesi dell’anno bloccanti). Non sussiste alcun limite temporale per portare a termine la missione, i bollini non scadono mai contrariamente a quanto avviene in molti programmi di fidelizzazione. Se questo non bastasse, le sessioni svolte negli anni passati contano dando uno stimolo in più a tornare anche ai veterani del posto.
“All golfers dream of wearing the Green Jacket of the Masters Tournament, Cyclers aspire about wearing the Yellow Jersey of the Tour De France, but in the dive world, it is all about your pair of Green Shorts. Our divers love this sense of accomplishment”.
Ma quale è il senso ultimo di questa partecipazione? Cosa accade al raggiungimento delle 55 immersioni in altrettante location mozzafiato?
I due deux ex machina dell’organizzazione Stephen Broadbelt e Maurice ‘Mo’ Fitzgerald sembrano conoscere bene il paradigma premiante utilizzato nei processi di gamification – S.A.P.S. Il driver premiante più forte è molto spesso lo Status.
Lo status è una manifestazione, palesemente visibile, del potere e rispetto che un individuo gode all’interno di una comunità. Esso fornisce una prima gerarchizzazione all’interno del gruppo di individui e aiuta a mantenere l’ordine sociale. All’interno di un sistema la differenziazione di status aiuta tanto l’esaltazione dei veterani quanto il processo di apprendimento dei newbye mostrando chiaramente loro fino a dove si può ambire.
Sbloccato l’obiettivo, le celebrazioni hanno iniziato. Il fortunato diver viene esaltato all’interno della community presente e futura:
– Un paio speciale di pantaloncini verdi a disposizione unicamente dello staff – l’idea che si vuol dare è che quella persona è diventata esperta quasi al livello dei maestri divenendo immediatamente preso ad esempio dai neofiti
– Una medaglia d’oro Ocean Frontiers – magari da incorniciare e mostrare a tutti gli amici che andranno a trovarlo a casa divenendo così anche strumento promozionale
– Una placchetta di bronzo con nome e cognome installata in bella mostra sul “Divers Walk of Fame” – un metodo da sempre utilizzato nei videogiochi quello di inserire nella Leaderboard dei top players il nome del giocatore per una gloria presente ma soprattutto futura verso i posteri.
– Il nome del nuovo campione di diving viene inserito nella lunga lista sul sito web ufficiale.
– Festeggiamento nel resort con torta Green Short Challenge e Champagne.
Ho introdotto volutamente questa case history atipica per tenere tutti a mente che la creazione di una forte engagement tra servizio e consumatore non necessita obbligatoriamente di grandi investimenti in tecnologia e premi. Spesso si hanno già in casa tutti gli ingredienti per aggredire alcuni problemi e incoraggiare specifici comportamenti ma manca il gamification designer in grado di dar loro una coerenza e incanalarli in una specifica iniziativa. Una piccola realtà ha correttamente implementato i principi della gamification con un budget minimale (torte, medagliette, champagne) ma con un medio sforzo di organizzazione dei processi interni ottenendo risultati soddisfacenti in termini di ROI.