Lo scorso 25 Settembre il network editoriale Al Jazeera ha lanciato Pirate Fishing, il suo primo newsgame realizzato dall’italiana Altera Studio. In concomitanza col World Maritime Day, questo prodotto transmediale porta l’utente/giocatore a indossare i panni di un giornalista investigativo impegnato a smascherare il business multi milionario della pesca di frodo In Sierra Leone. Tutto è reale, infatti il gioco è basato su un documentario dal medesimo nome realizzato dalla giornalista Juliana Ruhfus e andato in onda tempo addietro nella rubrica People & Power. Durante il “gioco” sarà possibile comprendere cosa accade sulle coste del paese africano, uno dei più poveri al mondo, dove sovente pescherecci di frodo provenienti dalla Corea del Sud (e non solo) arrivano di notte depredando l’unica risorsa che genera sostentamento per milioni di abitanti della Sierra Leone. Nel corso dell’avventura si arriverà a investigare su questi crimini fino a filmare una imbarcazione intenta in quest attività delittuosa.
A livello concettuale Pirate Fishing rappresenta una evoluzione e stratificazione di quanto sperimentato in prodotti come Save The Haiti Earthquake (il mio articolo), assistiamo un passaggio da un documentario interattivo con alcuni principi di gamification, ad un vero e proprio gioco dove con tanto di obiettivi e regole da perseguire all’interno di un contesto dove fanno la loro comparsa punti, progress bars e badges.
La meccanica base del prodotto è muoversi nel racconto attraverso la visualizzazione di clip Youtube embeddate nel portale, tutte provenienti dal reportage della Ruhfus. Ciascuna porta con se alcune informazioni rappresentate sotto forma di carte ed a questo punto spetta al giocatore classificarle e spostarle, tramite la funzione drug & drop, sotto le caselle Evidence, Notes e Background. Ad ogni match appropriato si ottengono dei punti utili per proseguire nell’inchiesta attraverso i vari livelli che la compongono.
La narrazione introduce, anche se con meno spessore emotivo rispetto alla soluzione di Haiti, una serie di scelte che conferiscono un piccolo grado di libertà esplorativa al giocatore. Ci saranno frangenti in cui possiamo decidere come procede l’indagine ed altri in cui possiamo visionare o meno alcuni video non fondamentali nello storytelling. Riallacciandomi alla terminologia ed esempi introdotti in un recente articolo, siamo in presenza di scelte semplici, mancano quelle componenti che rendono una scelta “strutturata”. Tendenzialmente le scelte non presentano un outcome personalizzato e differenziato, l’esito dell’investigazione è lineare e non contestualizzato tra i giocatori.
Interessante la spiegazione che dà del progetto la giornalista:
“Noi stiamo sostanzialmente gamificando l’attualità. Il giornalismo investigativo può sembrare materia elitaria, ed è qui che ci viene incontro la gamification consentendoci di dialogare con una intera nuova generazione di giornalisti digitali. Questi sono individui fortemente motivati verso una fruizione partecipativa e non solo passiva della lettura. E’ fondamentale per noi esplorare nuovi modi per raggiungere nuovo pubblico”.
Nel corso dell’esperienza sarà possibile approfondire la conoscenza di locations e personaggi reali, ad esempio il Centro di Sorveglianza Marittima della Sierra Leone con i suoi responsabili. Una visuale in stile google maps rappresenta su schermo i punti di interesse ai quali è possibile accedere per raccogliere nuovi frammenti di verità. Una serie di badges aiutano a guidare alcuni comportamenti come quello di esplorazione offrendo l’ormai immancabile possibilità di sharing.
Al termine degli stages (livelli) il giocatore potrà guadagnare l’agognato titolo di senior journalista, meritato vero?
Che direi di Pirate Fishing, è un esperimento coraggioso che cerca di bilanciare il flusso narrativo di un video-documentario reale con la partecipazione attiva dei giocatori. Sicuramente centra in pieno l’obiettivo di far comprendere ai non addetti al settore cosa realmente significhi fare giornalismo investigativo e riesce bene a veicolare informazioni su un tema specifico e locale che altrimenti rischia di passare inosservato verso il grande pubblico. Sicuramente sul lato puramente di gamification era possibile offrire maggiore complessità nelle scelte per connettere in modo più profondo alla storia ed approfondire meglio la fase di onboarding.
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