Nei giorni scorsi abbiamo introdotto una interessante case histories di gamification made in Italy realizzata dal team italiano di Altera Studio. Pirate Fishing è un esempio di innovazione in cui video-documentari, giornalismo, videogames si fondono per veicolare un messaggio sociale su un pubblico internazionale come quello di Al Jazeera. Il creative director del gruppo, Ivan Giordano, si è gentilmente prestato a rispondere ad alcune domande che il nostro Fabio Viola gli ha posto per comprendere meglio questo progetto transmediale.
[Fabio Viola] Come nasce l’idea di un progetto transmediale come Pirate Fishing? Quello che ora possiamo giocare online coincide con la prima idea o è stata una lunga evoluzione concettuale?
[Ivan Giordano] Altera Studio è un’azienda relativamente giovane e da quando siamo nati ci siamo posti come orizzonte quello della transmedialità. La voglia di realizzareun webdoc è nata da uno studio sulla narrazione interattiva applicata al videogiornalismo che portavamo avanti da circa un ann
o. Abbiamo proposto quindi a Juliana Ruhfus di corredare uno dei suoi documentari di inchiesta di un prodotto web interattivo. Siamo partiti da un’idea di fondo e da una lista di obiettivi. La forma che ha assunto il prodotto è il frutto di uno sviluppo stratificato che è avanzato mettendo a frutto i feedback che abbiamo ricevuto negli user test sui prototipi.
[Fabio Viola] Per dare una idea di massima, quanto tempo ha richiesto il progetto dalla fase di brainstorming alla messa sul mercato? Quante e quali figure professionali sono state coinvolte?
[Ivan Giordano] Dall’approvazione ufficiale del progetto la produzione è durata circa un anno e mezzo. Io come direttore creativo ho curato in stretta collaborazione con Juliana Rhufus la progettazione del webdoc, ho tenuto i rapporti con il cliente ed ho architettato e coordinato il workflow del gruppo di lavoro. Davide Lemma, produttore esecutivo, ha tenuto il timone finanziario della produzione e ne ha organizzato i tempi. Vincenza Peschechera, responsabile dell’immagine, ha curato la direzione creativa del progetto ed ha realizzato le illustrazioni presenti nel webdoc. Niccolò Albani con Vincenza si è occupato del webdesign, realizzando le grafiche vettoriali e web. Giulio Rubino ha coordinato il lavoro di editing editoriale e giornalistico, Riccardo Cocozza ha curato in toto il lato audio del progetto dall’editing e mix delle clip, alla
composizione delle musiche originali, Alessandro Latrofa e Roberto Tafuro, con l’aiuto di Antonio Bellusci, si sono occupati rispettivamente dell’editing video e dei VFX. David Carrus e Francesco Frammartino hanno portato avanti la programmazione ed il debug.
[Fabio Viola] Come ha funzionato il flusso di lavoro tra voi (team di sviluppo), la giornalista Ruhfus (autrice del documentario originale) e il network televisivo Al Jazeera (il publisher)
[Ivan Giordano] Con Juliana, abbiamo lavorato gomito a gomito in tutte le fasi di produzione, dall’ideazione al debug. Ci siamo scambiati moltissime email, abbiamo spesso parlato in conference call ed abbiamo lavorato fisicamente insieme in alcune fasi cruciali della produzione. Con il network, dopo una prima intensa fase di collaborazione che ci ha fornito i paramentri tecnici ed editoriali da rispettare, abbiamo avuto scambi all’incirca mensili in occasione degli step di avanzamento del progetto. Infine una nuova fase di interazione molto intensa a tre fra noi, il network e l’autrice è avvenuta in occasione della fase
di debugging e pubblicazione
[Fabio Viola] Come si crea una storia e delle interazioni partendo da un documentario video già esistente? E’ stato facile il processo di adattamento o credete sia meglio creare un racconto da zero?
[Ivan Giordano] Il processo di adattamento del documentario lineare non è stato affatto facile. Siamo partiti da alcune esigenze molto precise da parte del cliente. In particolar modo la linearità della trama e la mole e la sequenza delle informazioni giornalistiche fornite all’utente sono state accuratamenteì conservate rispetto all’opera originale. Anche il montaggio delle clip ha rispettato molto precisamente gli standard e lo stile del network. Un primo progetto di struttura interattiva è stato quindi sviluppato in un prototipo che abbiamo sottoposto a più fasi di test, portando avanti la produzione con un modello di workflow che definirei organico, un processo cioè che ha portato la fase di progettazione molto avanti lungo la produzione e che, non lavorando a sequenze produttive successive, ha consentito al progetto di evolversi rispetto all’idea iniziale. Molte nuove caratteristiche sono state implementate al progetto di partenza ed alcune delle features inizialmente previste (ad esempio, dead ends, meccanismi di prodromicità, giochi interattivi, layers interattivi sul video) sono state eliminate in base ai riscontri di utilizzo. Personalmente sono molto stimolato dalla progettazione e dalla produzione transmediale e l’idea di associare prodotti interattivi a documentari broadcast mi sembra per molte ragioni futuribile. Alla luce di questa esperienza sto sviluppando il workflow di produzione utilizzato con Pirate Fishing verso una ancora maggiore organicità, per un modello che integri un responsabile del progetto web già in fase di shooting del doc lineare.
[Fabio Viola] Non sono ancora molti gli esempi di gamification applicati al giornalismo investigativo. Come mai avete scelto proprio questa tecnica? Cosa vi aspettavate dal suo utilizzo e cosa avete imparato maneggiandola?
[Ivan Giordano] La scelta di usare elementi di gamification ci è parsa subito molto naturale ed il linea con il prodotto che avevamo in mente, l’obiettivo era quello di generare engagement e raggiungere uno dei target che con il cliente ci si prefiggeva, quello della didattica. Forse uno degli aspetti su cui più abbiamo imparato riguarda la variabilità dell’efficacia delle differenti tecniche di gamification a seconda del target al quale ci si propone e del modello narrativo con cui si lavora.
[Fabio Viola] Uno dei problemi principali nel raccontare una storia in cui l’utente/giocatore diventa parte attiva è sicuramente il giusto bilanciamento tra il veicolare nozioni progressive e la sua libertà di azione e senso di protagonismo. Quale è la vostra opinione?
[Ivan Giordano] Si, nel nostro caso questo è il punto forse cruciale. La mia opinione è che i modelli di narrazione interattiva sono in questa fase modelli unici sperimentali e che uno dei rischi in cui si può più facilmente incorrere è quello dell’interattività per l’interattività. Nel giornalismo investigativo televisivo poi, le questioni della responsabilità giornalistica, del rapporto fra il prodotto televisivo e quello web, rendono la faccenda ancora più complicata, sia in fase di proposta da parte dell’emittente, sia (sopratutto) in fase di ricezione da parte del pubblico. Il rischio che il pubblico percepisca come svilita una questione molto seria, così come quello di mantenere un approccio troppo “istituzionale” per il web, sono sempre dietro l’angolo. Io credo che per il caso specifico di associare ad un’inchiesta televisiva, un prodotto web interattivo, si debbano modulare le informazioni che i prodotti forniscono ed il modo in cui lo fanno, nell’ambito di una strategia distribuitiva transmediale strutturata. In simbiosi con il prodotto televisivo, il webdoc può ricevere slancio e massa critica perchè si inneschino dinamiche virali che a loro volta ritornerebbero vantagiose ad esempio per la fruizione del documentario on demand. In questo senso sto lavorando ad un progetto che metta al centro della progettazione una strategia distributiva coordinata fra web e tv. Si tratta di un modello che influenza direttamente l’architettura della user interface e lo svuluppo della narrazione; il webdoc lavorando in forte sinergia con il documentario lineare, oltre a sviluppare una versione semplificata della trama lineare, può più facilmente aprirsi a divagazioni narrative ed a meccanismi di serious game (trivia, esplorativi) che magari offrano agli utenti “ricompense” il cui innesco è partito da grafiche applicate al documentario televisivo.
[Fabio Viola] Avete introdotto alcuni elementi tipicamente gaming come badge,stages/livelli, libertà di prendere alcune decisioni in stile giochi punta e clicca, punti, una interfaccia di controllo game like, ci sono degli elementi che ripensandoci avreste aggiunto? E se si quali e con quale finalità?
[Ivan Giordano] Difficile da dire, la produzione è ancora molto fresca e la fase di analisi del risultato è ancora in corso. Molte delle riflessioni che ne stanno scaturendo stanno articolandosi intorno al nuovo progetto di cui dicevo precedentemente che però ha un impianto abbastanza diverso dal Pirate Fishing per ragioni di distribuzione e target. Detto questo se dovessi tornare indietro forse modificherei la modalità di fruizione dei video ed inserirei degli elementi di trivia game. A pensarci bene, un tool che era presente in precedenti fasi del webdoc e che forse con alcuni accorgimenti reintrodurrei è la Alert Bar, uno strumento attraverso il quale il prodotto “parlava” all’utente dandogli indicazioni e suggerimenti in base ai dati di utilizzo che recepiva.
[Fabio Viola] Quali sono le prime reazioni dei giocatori? Avete alcune statistiche condivisibili?
[Ivan Giordano] Abbiamo implementato nel sito analytics ed il broadcaster cura la monitoria. I riscontri che abbiamo avuto da parte del cliente riguardo i risultati di visualizzazione e condivisione immediatamente a ridosso della campagna di lancio sono stati molto positivi.