Aver lavorato su giochi come Sim City ha rafforzato i miei convincimenti sull’importanza che il gioco ed i video-giochi possono rivestire nella pianificazione urbana. Questa contaminazione la definisco “Playable City” per compiere un ulteriore passo evolutivo oltre il concetto di Smart City che rischia di restituire una idea fredda e tecnologica degli spazi in cui viviamo.
In un’epoca di profondi cambiamenti sociali, economici e tecnologici anche lo spazio urbano nel quale viviamo, le città, è destinato a mutare per rispondere alle nuove sfide di sostenibilità ambientale ed energetica o ancora alla mobilità e vivibilità degli spazi. Ci attendono sfide immani, l’80% della popolazione mondiale risiederà in aree urbane con sovraccarico di stress sulle attuali infrastrutture viarie, idriche, elettriche e conseguenze significative sull’inquinamento. Eppure c’è un rischio nel percorso verso la città del futuro, la Smart City. La tecnologia, da sola, rischia di aggiungere complessità, freddezza e asocialità se non accompagnata da partecipazione attiva della cittadinanza. Nessun software o hardware apporta miglioramenti senza un adeguato tessuto umano in grado di gestire, pianificare ed utilizzare. E’ per questo che preferisco di gran lunga l’idea di una “Playable City“, un luogo in cui i cittadini siano il fattore abilitante della rivoluzione. L’ amministrazione si apre ai residenti e visitatori per riconfigurare e riscrivere servizi, posti e il racconto collettivo. Cittadini motivati e tenuti insieme dall’idea che la tecnologia possa essere umana, portatrice di benefici concreti, gioiosa e accompagnata da una sana componente di fun. Proprio il divertimento e la gioia, quando ben calati nel design delle infrastrutture ed esperienze quotidiane, modificano i nostri comportamenti verso il meglio.
E’ un tema che ho avuto il piacere di affrontare in numerosi dibattiti e brainstorming con enti pubblici ed istituzioni, non per l’ultimo il Piano Strategico della città di Rimini.
Come vincere le sfide del futuro? Come è possibile rendere le nostre città degli spazi partecipativi, coinvolgenti ed allineati con le nuove generazioni?
“Risposte che, forse, potremmo trovare nel passato. Nel lontano 1989 milioni di persone hanno iniziato progressivamente a compiere miliardi di decisioni: dove vivere, come bilanciare aree residenziali con quelle industriali, come mitigare gli effetti di disastri naturali, come ingrandire una città o ancora come creare felici Sim-Cittadini. Insomma problemi complessi che vengono risolti, spesso brillantemente, da persone di ogni età, sesso e livello di istruzione nel giro di pochi minuti. Questo movimento non è nato sotto la spinta di leader politici o di incentivi economici o, ancora, figlio del progresso tecnologico e sociale. Un software da 500 kb, inizialmente disponibile su Amiga e Mac, ha portato individui sparsi per il mondo a investire ore dannatamente reali per progettare, costruire e pianificare città virtuali gettando le premesse per l’intersezione vita reale e virtuale che oggi è anche al centro dei nostri dibattiti. Questa è la magia di video-giochi come SimCity”!
Alla luce di queste premesse ho colto con grande favore l’invito del curatore Mattia Thiabult a scrivere un saggio (a quattro mani con l’amico Vincenzo Idone Cassone) all’interno del libro “Gamification Urbana“, collana Lexia, disponibile sia in versione cartacea che digitale. Il volume di 280 pagine raccoglie interventi di numerosi volti noti nell’ambito della semiotica, game study e sociologia.
Negli ultimi anni la barriera che separa il gioco dalla realtà quotidiana si è fatta via via sempre più sottile e porosa, permettendo al gioco di conquistare una centralità che fino a ora gli era negata. Questo fenomeno, la ludicizzazione, sembra andare incontro alla necessità di risemantizzare, di dare un nuovo significato al tempo e allo spazio destrutturati e resi indifferenti dall’avvento del digitale. Il gioco emerge allora come capace di fornire struttura e dare al tempo e allo spazio un ritmo e una direzione — in altre parole, un senso. La città, ambiente antropico per eccellenza, luogo dell’esperienza e della costruzione delle autobiografie, diventa così soggetta ad azioni di gamification urbana, ovvero a pratiche che mirano a riscrivere la città attraverso l’uso del ludico. Il gioco si rivela un importante strumento per agire sugli spazi urbani: tracciando percorsi, valorizzando luoghi, trasformando i cittadini stessi in giocatori. Dai flash mob agli urban games, passando per gli autovelox che ti iscrivono automaticamente alla lotteria, il gioco invade la città portando con sé nuove strategie, nuovi valori, nuove pratiche di cittadinanza e nuove letture degli spazi urbani. Il volume propone una raccolta di contributi di accademici e professionisti che affrontano la gamification urbana in tutte le sue sfumature, utilizzando gli strumenti della semiotica, della filosofia, della storia dei media e, non da ultimo, del game design.
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