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Con Gurushots la fotografia diventa un gioco

Le performance odierne dei cellulari nell’ambito fotografico sono ormai divenute sorprendenti e, diciamolo pure, superiori alle esigenze di molti utilizzatori, che fanno foto solo occasionalmente in compagnia.

Non essere dei professionisti non significa però farsi scrupoli nel postare i nostri scatti su varie piattaforme social, contribuendo a quella che è una perenne pioggia di immagini in viaggio in tutta la rete.

Avete mai pensato di voler ricevere apprezzamenti o giudizi sulle vostre foto? E cosa ci può essere di meglio che avere un giudizio immediato, automatico, a mettiamoci pure anonimo, senza dovervi esporre ai like forzati o alle gaffe dei vostri contatti social personali? Gurushots ha pensato a voi, e apparentemente siete in buona compagnia: decine di milioni di utenti ci postano e giudicano costantemente milioni di foto!

gamification fotografia

 

 

 

 

 

 

Come funziona

Una volta installata la app dagli store apple o android, datele i permessi per la vostra fotocamera.

Scegliete una prima foto per rendere il vostro profilo attivo e iniziare ad interagire con gli altri utenti.

Potete creare un team invitando altri membri o aggiungervi ad un team esistenze, oppure rimanere un solitario.

Sul welcome screen vedrete ogni volta dei banner che menzionano le challenge in corso o in arrivo ed esiste anche un algoritmo che valuta i contenuti delle vostre foto suggerendovi a quale challenge sono adatte!

gurushots-fotografia

 

 

 

 

 

Il principio è basilare: fate foto non appena siete ispirati; immortalate immagini belle, rare, emozionati o anche solo quello che vi incuriosisce.

Permettete alla app di accedere ai vostri scatti e scegliete cosa condividere nella comunità.

Otterrete subito like/dislike e vedrete crescere i vari parametri che identificano il vostro profilo di fotografo dilettante (o esperto?)!
Il giudizio e i riconoscimenti non sono frutto di un algoritmo pre-programmato, ma sono quelli di persone vere come voi che stanno condividendo le loro fotografie.

Il cammino parte da un profilo newbie e la vostra motivazione è nutrita dal desiderio di ottenere ranking migliori. L’idea è quella di arrivare fino in fondo guadagnandosi il titolo di Guru.

A seconda delle challenge che scegliete e della costanza dei vostri contributi otterrete varie tipologie di badge con cui pavoneggiarvi, per esempio se siete un costante giudice di foto altrui, o se avete raggiunto la top 100 in qualche sessione di voto.

 

 

 

Alcune delle challenge vengono sponsorizzate da vari brand e quindi è possibile competere per ottenere dei premi veri!

E non è finita: l’idea più originale e apprezzabile di questo prodotto è la raccolta delle foto più meritevoli che verranno esposte in esibizioni in varie gallerie nel mondo, secondo tematiche specifiche ed ovviamente grazie alla sponsorizzazione diretta degli sviluppatori che si accordano con le sale di esposizione.

Esistono naturalmente contenuti a pagamento per “boostare” le vostre foto e sponsorizzare il vostro profilo, argomento questo che lasciamo alla vostra sperimentazione non essendo espressamente inerente al contesto.

Un interfaccia totalmente progettata con la gamification

Questo prodotto è stato creato tenendo in mente l’obiettivo del divertimento. Perfezionare uno scatto non è basilare quanto semmai inviare più contributi possibili per strutturare il vostro profilo e partecipare ai contest.

Ci sono contest continui, anche più volte al giorno, e potete scegliere in quale gareggiare, in base alla vostra confidenza.

Il tempo richiesto per il vostro intervento può essere ridotto al minimo, ma le i punteggi vivono di vita propria e quindi sarete costantemente stimolati a visionare i vostri progressi.

photography game

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono in funzione in questa app tutti i concetti cardine della gamification: il riconoscimento immediato, la condivisione social, una serie di badge, una metrica di ranking mondiale nella quale inserirsi, premi reali.

 

Concludiamo questa interessante prova ricordando che Gurushots non è l’unica soluzione disponibile sugli store per lo sharing e la votazione di fotografie, ma abbiamo scelto questa app perché è un esempio felice di come partire sin dalla prima bozza di design con in mente una sola parola: gamification! Una scelta che non è sempre scontata e che può essere perfino coraggiosa in qualche ambito, anche se ammettiamolo in questa circostanza non siamo di fronte ad intuizioni innovative, quanto all’applicazione pragmatica e attenta di tutti i principi base di questa scienza del coinvolgimento. Esame superato insomma.

 

A cura di Valter Prette

Gamengagement: gamification presentazioni interattive

Quante ore di lavoro avete dedicato a slides e lunghe liste di definizioni nel tentativo di ridurre al minimo concettuale i contenuti che volevate trasferire nelle menti dei vostri attenti (?) e interessati (?) spettatori in un ufficio in penombra e davanti a una di quelle grandi lavagne cancellabili?

L’engagement dell’auditorio è da sempre una delle grandi sfide che istituzioni scolastiche, università, visionari di industria e manager del marketing hanno affrontato con alterne fortune.

Gamification presentazioni power point

Una recente applicazione della gamification affronta questo scenario facendosi strada sui social e nelle agenzie di marketing.
La commistione di videogioco e presentazione di contenuti, concetti o proposte non è intuitiva per tutti, ma lo è per gli esperti del gioco che già in passato hanno sperimentato varie soluzioni estemporanee. Per società come Viewhooo è ora giunto il momento di passare dalla sperimentazione al prodotto di mercato!

Viewhooo propone mini-avventure customizzate in forma di platform games con i quali indurre gli interlocutori ad esplorare dei concetti e delle meccaniche di ampio respiro: può trattarsi di complesse interazioni economiche, nozioni storiche o matematiche come un prodotto da lanciare in commercio. Loro lo chiamano gamegagement!

Il meccanismo prevede la scelta di un puzzle da risolvere secondo diversi livelli di difficoltà ma anche di durata della presentazione/esperienza interattiva.gamification engagement gamenegagement

 

 

Il cliente potrà quindi scegliere un avatar fra quelli preimpostati o richiedendone uno su misura, e l’ambientazione, in sostanza il fondale del gioco, anche questo personalizzabile.
Dopo queste semplici impostazioni sarà possibile cimentarsi con i puzzle del minigioco direttamente online, in quanto il prodotto è pensato per marketing social e diffusione su piattaforme come Facebook prima di tutto, oppure per una web page aziendale o scolastica dedicata a un servizio o un assignment.
Vediamo meglio questi due aspetti del concetto.
gamification marketing presentazioni

Presentazioni per business

Non sembra necessario evidenziare come le presentazioni professionali siano criticamente limitate dalla perdita di attenzione degli interlocutori. Esistono centinaia di corsi e autoreferenziati guru delle presentazioni “efficaci”, e tutto lo sforzo profuso dai professionisti si concentra su una questione di base: le presentazioni sono passive e impersonali, puoi renderle dinamiche e divertenti fino a un certo punto ma non possono essere coinvolgenti perché non sono contribuite dagli spettatori.
Questo a meno che non sia lo spettatore stesso a condurre lo svolgersi della presentazione con la velocità e l’interazione che lui stesso decide.

E’ il concetto della gamified presentation per business, che forse oggi mostra più promesse che efficacia ma merita sperimentazioni approfondite che certamente sono in corso d’opera da parte non solo di Viewhooo ma anche di altre società che ne hanno intravisto la richiesta di mercato.

Panel per studenti

Mentre le presentazioni professionali si dimostrano un campo di battaglia ostico da conquistare per il gamegagement, l’ambito educativo appare invece la sua naturale applicazione.

La motivazione di uno studente è estremamente cangiante e proporre lavori di gruppo o compiti a casa basati sulla realizzazione di un minigioco interattivo è apparentemente geniale.

Abbiamo provato il gamegagement sul sito di Viewhooo, traendone sensazioni positive per la facilità d’uso e la sfida modulabile. Non mancano interrogativi però: fino a che punto la qualità grafica deve essere spinta per non divenire preponderante rispetto al concetto veicolato? Come convincere una clientela solitamente molto “seria” ad adottare un linguaggio giovane tipico della gamification e che, soprattutto, riduce il suo senso di controllo assoluto sul “pace” della presentazione, regalandolo allo spettatore?

Quello a cui mi riferisco è un concetto molto più generalizzato contro cui questo tipo di prodotti va a scontrarsi: il potere della parola fine a se stessa; il virtuosismo dell’ ipnosi degli interlocutori basato su neologismi e dense esposizioni.
Questo tipo di potere è in mano ai manager e diviene un meccanismo di carriera che si alimenta da solo: in tutte le grandi aziende esistono svariati manager che giunti a un certo livello della gerarchia abbandonano la guida operativa della nave per divenire “predicatori” di presunte ineluttabili rivoluzioni veicolate dalle tecnologie o metodologie di cui sono esperti.

Ne avevamo parlato in merito alla “piramide irrazionale“, ed è facile trovarne traccia se andate a scorrere gli articoli di piattaforme come linkedin, ricca di rimbombati annunci sulla dittatura dell’intelligenza artificiale che cambierà tutto nella nostra vita (eccetto quello che aveva promesso di cambiare già un decennio fa).
La gamification si distingue in questo caso perché, come tante volte dimostrato in questo blog, non è una esposizione di concetti per amanti del pulpito, ma la definizione di strumenti con i quale realizzare effectiveness e innovation.

A cura di Valter Prette

Gamification per la Sclerosi Multipla

La sclerosi multipla è una terribile patologia per la quale non esiste cura, che solamente in Italia colpisce oltre centomila persone calando loro ed i famigliari in una spirale di difficoltà e depressione. E’ la principale causa di disabilità non traumatica nei giovani ventenni e trentenni.

Il danno legato a questa patologia, di cui non ci permettiamo di definire sintomi ed effetti in modo approfondito non essendo competenti in merito, ha calamitato, come già accaduto per diverse altre situazioni mediche, lo studio di esperti della gamification per sperimentare tecniche in supporto al rallentamento dei sintomi e della degradazione motoria del paziente.

Games for HEALTH GAMIFICATION

 

La Fondazione Italiana Sclerosi Multipla e diversi centri neurologici sparsi in tutta Italia da circa due anni hanno unito le forze per condurre test sull’uso di interfacce semi videoludiche che assistono i pazienti nella ginnastica riabilitativa.

Il risultato di questa sperimentazione è Ms-Fit di Roche, un videogioco che permette ai malati di compiere movimenti allo scopo di migliorare postura, equilibrio e respirazione.

La ripetizione quotidiana di questi esercizi è indicata dai medici per combattere il progresso del danno nervoso e fornire al cervello routine aggiuntive utilizzabili per sopperire alla comparsa di disturbi che impediscono i normali movimenti, in particolare degli arti superiori.

Si tratta della cosiddetta attività fisica adattata (AFA), eseguibile da casa e monitorata a distanza da un medico.

Cosa propone MS-Fit

Il videogioco, o meglio serious game, di Roche attinge ai concetti della gamification per superare la noia e la resistenza spesso insorgenti nei pazienti, che rischiano di incorrere in depressione a causa della perdita di controllo dei movimenti. La riabilitazione fisica è lunga e mostra spesso progressi minimi, è anzi da intendersi non come una cura, ma come prevenzione del peggioramento, e per questo è emotivamente molto difficile da adottare con regolarità e con un minimo di motivazione.

I programmatori di Helaglobe srl hanno tentato di introdurre engagement in questa pratica tramite elementi divertenti e personalizzati.

L’uso di un avatar guidato da motion controller permette al paziente di adottare un approccio disgiunto dalla propria menomazione identificandosi con un personaggio i cui progressi a schermo diventano visibili e quantificabili. I risultati degli esercizi, che svolti tradizionalmente sono impercettibili e spesso inducono il paziente alla frustrazione, divengono invece i gesti con cui ottenere dei risultati in classifiche in pieno stile dei videogiochi.

I movimenti dell’avatar sono ispirati al pilates e possono adattarsi alle difficoltà specifiche del singolo malato, trasformandosi in un fitness game adatto a tutti.

L’insorgere moto rapido della fatica nei malati di sclerosi multipla, viene considerato grazie al concetto gamification di sfida vs premio, per indurre a piccoli step a non abbandonare l’esercizio.

Esiste inoltre un obiettivo finale e motivante, che è la realizzazione di un viaggio fotografico intorno al mondo.

I test di Ms-Fit sono stati condotti con sessioni di cinque giorni a settimana su oltre cento pazienti e i dati raccolti sono da tempo studiati per portare questo tipo di sperimentazione al livello successivo, fino ad essere integrata sistematicamente nelle metodologie anti sclerosi.
La gamification si è dimostrata l’approccio più innovativo in questo settore e seppure non ci permetteremo di esaltarne i risultati, come sempre accade quando parliamo di argomenti cosi delicati, è certamente uno strumento da coltivare fino in fondo perché può produrre un effettivo impatto sulla vita quotidiana degli sfortunati pazienti.

Le Origini della Gamification

E’ sempre più facile imbattersi nel vocabolo gamification. Seppure ancora considerato un fenomeno sperimentale in molti ambiti accademici o istituzionali, è ormai ingiustificabile ignorarlo quale che sia lo scopo per cui si intenda avvalersi del gioco nel proprio contesto aziendale o sicale.

Un aspetto sorprendente del fenomeno gamification è il suo aver appena compiuto i primi dieci anni di vita “ufficiali”, almeno da quando il termine iniziò a circolare su Google ad inizi 2010. Una disciplina quindi giovanissima ed un vocabolo da poco entrato nel lessico quotidiano e delle aziende. 

storia della gamification

Parlare di gioco, coinvolgimento, storydoing, punteggi, missioni, badge suonava non solo strano ma spesso controproducente nelle aziende. La cultura dominante era il totale distacco rispetto al gioco percepito come una attività da relegare ai più piccoli, una attività poco serie in contrasto agli obiettivi di business serissimi che una azienda si dava.

Quando è iniziato allora il grande cambiamento? Chi ha i meriti di aver affrontato lo status quo cercando di far germogliare la gamification (che ancora ovviamente non si chiamava così).

Con la dovuta umiltà introduciamo in questo articolo gli spunti storici che possono aiutare chi si avvicina a questo fenomeno a comprenderne l’evoluzione.

Il primo testo di riferimento che ha formulato una descrizione ampia del concetto di coinvolgimento dello studente nel percorso conoscitivo mediante la motivazione è probabilmente Thomas Malone, con il suo libro “What Make Thing Fun to Learn” pubblicato al MIT nel 1980.

Thomas Malone libro engagement

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Malone, con un approccio puramente scientifico e, se vogliamo, solo speculativo propose la domanda sul perchè i giochi per computer, in grande crescita in quel periodo (è l’anno in cui Atari invade i salotti con il suo VCS), attirino le persone con tanta facilità.

Il passo successivo del suo studio cerca di proporre degli spunti per sfruttare l’efficacia del videogioco a fini educativi, come supporto allo studio indipendentemente dalla materia affrontata.
Si parla insomma di meccaniche ludiche informatiche, allo scopo di classificarle e riutilizzarle come principi generici.

Lo spunto di Malone non rimarrà inascoltato in ambito universitario, propiziando commenti ed interventi di altri teorizzatori sull’onda del fascino dilagante dell’idea di computer come “compagno dell’uomo”.

La Human Computer Interaction è il primo ambito semi industrializzato in cui queste teorie trovano applicazione, nel tentativo di sostituire i criptici listati comprensibili solo a programmatori, con interfacce visive, almeno minimamente intuitive, in cui l’utente può immedesimarsi: sono state poste le basi del concetto di avatar.

interaction design gamification

 

 

 

In questa decade il governo americano spingerà molto la sperimentazione scolastica introducendo giochi come supporto ad attività studentesche.

E’ il caso di Math Blaster, creato dall’educatore Jan Davidson nel 1983 per offrire sfide in forma di gioco arcade che esercitassero le capacità matematiche. Lo schermo propone problemi matematici di vario livello e il giocatore deve sparare sulle risposte corrette. Un editor permetteva agli insegnanti di rielaborare i quesiti.

Oggi Math Blaster appare un concetto infantile e basilare, ma allora fu rivoluzionario, tanto da attirare, che ci rediate o no, molte più critiche che elogi da parte di tutto l’establishment educativo che voleva vedere in un gioco solo la futilità e la ripetitività, cieco ai concetti di engagement, divertimento e riconoscimento immediato del risultato (cosa inaudita per professori che gestivano le correzioni e l’attesa dell’esposizione dei voti come un’imprescindibile imposizione di ansia, timore reverenziale e autorità).

Praticamente il potere intoccabile e la figura distante e seria dell’insegnante veniva scardinata da un “futile gioco”.

 

 

 

Stiamo vivendo l’infanzia di una rivoluzione che lentamente dovrà evolvere introducendo concetti più maturi quali lo storytelling, poi visto nel seguito di Math Blaster ed in altri videogiochi basati sul ragionamento e la logica.

Nel 1985 Chris Crawford realizza su Macintosh e successivamente computer Amiga il grande classico Balance of Power, costringendo una parte della comunità di giornalisti e scrittori “impegnati” a interrogarsi su come il videogioco possa essere uno strumento molto più veloce e coinvolgente per l’utente attraverso il concetto di storytelling vissuto e quindi modificato attivamente, anzichè sequenziale tipico dei libri di testo.

 

 

 

 

Negli anni 2000 possiamo individuare l’inizio dell’applicazione della gamification ad ambiti socio culturali estesi e non più solamente speculativi.

Le prime attestazioni del termine gamification risalgono al 2002 stando ad un commento web pubblicato da Nick Pelling. Il programmatore di videogiochi inglese, con all’attivo decine di titoli dal Commodore 64 alla Pla-ystation 2, rivendica la primogenitura del termine e Wikipedia sembra accordargli tale titolo sebbene postdatando al 2004. Si rimanda al nostro articolo Storia della Gamification per approfondimenti.

Si ricorda per esempio l’associazione Games for Change introdurre nei giochi informazioni sugli aspetti sociali e culturali dei conflitti bellici.
Alla fine del millennio è matura ormai l’introduzione della gamification in ambito aziendale tramite punteggi e badges, grazie ai pionieri di Bunchball, che offrono soluzioni di training aziendale motivazionale.

Internet alle soglie del decennio attuale avrà il compito di esplodere la discussione su questi metodi grazie alla sua viralità, soprattutto con la storica conferenza tenuta dal game designer Jesse Schell al DICE (Design Innovate Communicate Entertain)  2010 che sdogana la pointification da cui poi nascerà una scienza più compiuta che prende il nome di gamification. 

 

Nel 2011 a San Francisco si tiene il primo Gamification Summit e lo Oxford Dictionary dovrà prendere atto ed aggiungere Gamification nei neologismi del 2013.

In Italia è il game designer Fabio Viola ad introdurre il termine dedicandovi il primo libro italiano sul tema, Gamification – I Videogiochi nella Vita Quotidiana ed inaugurando il blog Gameifications.com entrambi nel 2011.
Tutto il resto non è più storia ma attualità.

Ci sono naturalmente molte applicazioni e molti studiosi non citati in questo articolo che hanno dato un fondamentale contributo all’evolversi di questo fenomeno, ma i limiti evidenti di questo contesto ci impongono di ricordare come abbiamo voluto solo fornirvi degli spunti storici per incentivare la vostra curiosità e stimolarvi, se vorrete, a commentare voi stessi errori o dimenticanze con altre citazioni in commento in questo blog.




Fragments of Life – videogioco racconta la leucemia

Il consorzio europeo Restore, formato da università, aziende farmaceutiche e centri di ricerca europei, è al lavoro su un videogioco per raggiungere e sensibilizzare nuovi pubblici verso le cure terapeutiche avanzate in ambito medico. 

Disponibile nelle prossime settimane gratuitamente su App Store e Google Play in italiano ed inglese, Fragments of Life segue la vita di Ella colpita a soli 13 anni da Leucemia Linfoblastica Acuta.

Fragments of Life Games for Health

Una intimistica esperienza interattiva che scava i sentimenti più profondi dell’animo umano portandoci a scoprire gioie, speranze, dolori, primi amori ed amicizie della giovane Ella. Una diagnosi, il ciclo di cure, la recidiva ed il trattamento finale con la terapia cellulare CAR-T, esempio prominente di svolta nella ricerca medica, diventano lo sfondo di dieci intensi anni di vita che il giocatore dovrà ricostruire.

 

Hans-Dieter Volk, coordinatore di RESTORE, spiega: “Per noi scienziati, le terapie avanzate sono affascinanti sia come entità biologiche, sia per il modo in cui stanno iniziando a cambiare il panorama delle cure mediche. Ci aspettiamo che abbiano un grande impatto sugli individui e sulla società. Crediamo che comunicare questa nuova frontiera a tutti ed entusiasmare il grande pubblico sulle Terapie Avanzate sia un compito essenziale per RESTORE. Con Fragments of Life speriamo di educare una nuova generazione di giovani e di ispirarli a saperne di più!”

Primo videogioco sulla terapia della leucemia

Ambientato nella cameretta della protagonista Ella, il gioco racconta la sua vita attraverso 60 fotografie disegnate a mano. Ogni foto è un frammento di vita e spetterà al giocatore riordinarlo secondo l’ordine in cui si svolsero gli eventi indagando su ciascuna foto attraverso funzionalità come lo zoom, l’accesso agli approfondimenti correlati e grazie alla possibilità di appuntarsi note e rispondere alle domande di Ella sulla propria vita.

 

Dr. Pier Maria Fornasari, a capo Regen Health Solution, è convinto che “Imparare giocando è una modalità incredibile per trasferire conoscenze, informazioni e formazione ai più giovani su temi importanti come quelli connessi alla salute. Fragments of Life è un innovativo strumento educativo per raccontare le nuove terapie avanzate in ambito medico; in un’epoca dominata dalle fake news trasmesse sui social e dalle false speranze promosse da chi ha interessi fraudolenti, questa esperienza digitale diventa uno straordinario strumento scientifico per informare giocando”.

Leukemia therapy based videogame

L’ideazione e sviluppo di Fragments of Life è stata affidata al game designer Fabio Viola, già noto per operazioni pioneristiche come Father and Son (oltre 4 milioni di download per il videogioco ufficiale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli) e A Life in Music (primo videogioco al mondo prodotto da un teatro, il Regio Di Parma). Con lui il team del collettivo TuoMuseo e Mobile Idea srl composto da illustratori, screenwriter, designer, programmatori e musicisti.

“E’ una grande responsabilità utilizzare il linguaggio del videogioco per raccontare un tema complesso come la  leucemia. Ha dichiarato Fabio Viola, game designer “Abbiamo concepito una storia  interattiva in cui la componente di entertainment si mescola con la ricerca scientifica per essere fruibile da un ampio pubblico internazionale”.

La vita di Ella al centro di Fragments of Life

Maggiori informazioni saranno a breve disponibili sul sito ufficiale di Restore.

La gamification in aiuto ai pazienti di ictus

Sono numerose e in crescita le applicazioni “pratiche” della gamification in un ambito tanto prezioso quanto economicamente in costante spinta. Stiamo parlando della medicina del post trauma: la rigenerazione delle cellule e la rieducazione delle abilità perse dai pazienti.

L’ictus, nelle sue varie forme, è un fenomeno universalmente diffuso, anche a livello infantile, e solo da pochi anni si sono concentrati sforzi per comprendere come recuperare le funzione tarpate da questo tragico evento.
Un ruolo essenziale viene assunto dalle associazioni dei parenti delle vittime, di cui oggi citiamo Fight The Stroke.

Questa organizzazione collaborata dal CNR Neuroscienze dell’Università di Parma ha deciso di combattere un episodio medico terrificante come la paralisi celebrale infantile. Per ottenere i risultati di cui si vantano è stato necessario individuare innanzitutto un canale comunicativo verso un paziente molto ricettivo di stimolazioni come sono i bambini ma diversamente reattivo in termini di elaborazione e manifestazione delle emozioni, a causa delle menomazioni cerebrali. Ecco che l’applicazione della gamification è stata necessaria per rendere realtà la piattaforma Mirrorable.

 

Mirrorable Online consente la tele-terapia riabilitativa a domicilio di bambini con danni cerebrali precoci e conseguenti limitazioni motorie.

Questo gioco/tutorial digitale insegna ai bambini a diventare prestigiatori imitando un mago e interagendo con altri bambini che stanno facendo lo stesso percorso. In una visione videoludica i livelli da superare sono le varie magie proposte dai prestigiatori.

Mirrorable gamification ictus

 

 

Il principio scientifico su cui si basa è la stimolazione del sistema motorio attivando i neuroni specchio. Questo avviene tramite imitazione e condivisione delle azioni con altri bambini.
Ecco quindi che ritroviamo i concetti dello storytelling questa volta compenetrati dalla componente motivazionale del social sharing.

Le narrazioni interattive vengono nel tempo classificate in base alla raccolta di dati delle reazioni dei bambini per creare delle categorie associate alle diverse lesioni cerebrali.
Questa documentazione ha dimostrato come Mirrorable aumenti i progressi di guarigione perché crea un ambiente favorevole e famigliare, con la presenta attiva dei parenti. Il confronto con gli altri bambini malati viene trasformato da questo ambiente gamificato in maniera sorprendente: l’altro malato non è spunto di immedesimazione con la menomazione e fonte di autocommiserazione e consapevolezza dell’essere diverso come avverrebbe in un ambiente ospedaliero con altri “bisognosi di cura”, ma si trasforma in un compagno di gioco a distanza con cui confrontarsi in una sfida in cui entrambi possono solo vincere nel senso di migliorarsi e motivarsi a vicenda.

 

 

Lungi dall’apparire profetici e venditori di magia, ci sentiamo però in dovere di evidenziare come la gamification renda possibile un approccio inedito se non inaudito rispetto al passato: sono strumenti che in mano al terapeuta vengono passati al paziente affinché quest’ultimo divenga il creatore del proprio percorso riabilitativo. Il paziente non è un osservato come accadeva negli studi medici degli anni passati, né una cavia per la somministrazione di terapie sperimentali, ma è lui stesso a sperimentare uno stimolo e insegnare al terapeuta dove è consigliabile che questo stimolo emozionale venga indirizzato per migliorare l’efficacia motivazionale della piattaforma gamificata. Insomma, come in altri articoli abbiamo certato di evidenziare, la gamification è una scienza viva, un vocabolario di precetti che non portano dal punto A al punto B come un algoritmo matematico, ma che vanno usati per esplorare mille e più soluzioni.

 

A cura di Valter Prette

Videogioco diventa ufficialmente prescrizione medica

Negli USA è appena stata posta una pietra miliare. La Food and Drug Administration ha approvato ufficialmente il primo videogioco al mondo prescrivibile come cura medica ai bambini affetti da deficit dell’attenzione. Un videogioco che entra nel prontuario sanitario americano aprendo nuovi scenari sociali ed economici per l’industria dei videogiochi che sembra sempre più entrare nelle vite quotidiane.
Endeavor RX videogioco medicina

 

La gamification della medicina quindi? Non proprio, di questo ne abbiamo discusso in varie occasioni (per esempio come metodo coadiuvante dell’ospedalizzazione) ma qui si tratta di gamification come cura, tout court!

La FDA, che solitamente è scrupolosa nei giudizi, ha autorizzato dopo sette anni di sperimentazione i medici a prescrivere sessioni quotidiane di mezz’ora del gioco EndeavorRX, prodotto daAkili Interactive, per curare bambini di età compresa fra 8 e 12 anni affetti da ADHD.

I test condotti su 600 bambini e per lungo periodo hanno evidenziato come l’utilizzo costante di questa applicazione abbia ridotto o cancellato i sintomi del deficit in un terzo dei pazienti dopo un mese di trattamento. Per sintomi ci si riferisce in particolare a frustrazione, mal di testa da stress e aggressività. I creatori di questo gioco si proiettano oltre verso il futuro e parlano di medicina digitale! Un concetto totalmente inedito, e ci permettiamo di dire molto ambizioso. In particolare lo scopo dell’azienda è quello di introdurre un metodo per la cura di disturbi comportamentali di vario genere basato sempre e solo sul videogioco e sulla gamification. I primi quesiti che nascono sono quali ulteriori meccaniche di gioco possano essere sfruttare per un disturbo differente dall’ADHD, ed inoltre stiamo davvero parlando di cura della malattia o di cancellazione dei sintomi (alcuni medici hanno evidenziato come apparentemente l’interruzione dell’uso del gioco porterebbe dopo un certo periodo al ritorno del problema di attenzione)?

 

Videogioco servizio sanitario nazionale

Come funziona il trattamento

Nel gioco siamo chiamati a selezionare un avatar e guidare un’astronave con la quale collezionare specifici oggetti o seguire specifiche traiettorie mentre lo schermo è costantemente inondato da alieni o altri elementi che possono ingannare la scelta del giocatore. E’ quindi una questione di concentrazione costante per non mancare gli oggetti obiettivo ed evitare le distrazioni.
Come commento supplementare annotiamo anche che la grafica è piacevole e ben realizzata, non si tratta quindi di un prodotto di neofiti del mezzo ludico.
L’allenamento alla concentrazione è un effetto intuibile, ma cosa differisce questo gioco da molti altri simili disponibili su piattaforme casalinghe o mobili? Se si effettuasse un test continuativo del comportamento dei giocatori di Crash Bandicoot scopriremmo la stessa efficacia?

Deficit attenzione cura videogioco

 

 

 

 

La gamification apre nuovi settori della scienza?

Sono argomenti per un dibattito molto più lungo e che qui semplicemente introduciamo, ma sebbene nessuno oggi si possa arrogare il diritto di dire che il videogioco è anche una medicina, il fatto che la gamification offra gli strumenti per creare nuove forme di medicina, finora sottovalutati se non scherniti, quello mi azzardo di dire si, è così, e per questo EndeavorRX ha un merito.

Come promotori della gamification in ogni ambito, ci piacerebbe inneggiare ad una vittoria e asserire con entusiasmo che la scienza della medicina digitale gamificata è nata e cambierà l’approccio a questa ed altre malattie, ma un giornalismo serio implica cautela e non sensazionalismo; resteremo quindi in doveroso monitoraggio di questo argomento per trarne altri spunti in futuro.

 

Stories Instagram diventano videogioco – Il caso Ford

Pensate non sia possibile realizzare un videogioco tramite le storie di Instagram? Nessuna console, nessun pc gaming, nessun controller, eppure Ford è la prima azienda ad aver sperimentato questo tipo di intrattenimento per gli utenti della sua pagina Instagram!

Ford Racing Stories | Ford Italia - YouTube

Andando sull’account ufficiale Instagram di Ford Italia, scorrendo in basso nelle stories troverete Racing Stories e, cliccandoci sopra, sarete catapultati nel primo videogame realizzato in questo modo a dir poco innovativo. Come si gioca? Ogni storia di Instagram vi spiegherà cosa fare, mentre sullo sfondo avrete un bolide preimpostato nel video da ‘spingere’ sul circuito di Le Mans. 

Ford Racing Stories Ford Italia - YouTube

L’idea di gameplay è molto simpatica e punta a farvi interagire in modo sempre diverso con la storia, utilizzando azioni semplici ed intuitive. All’inizio vi sarà chiesto di alzare il volume per non perdervi suoni e comandi, mentre subito dopo dovrete pigiare sull’emoticon fire 🔥 per accellerare alla partenza. Il gioco prosegue con altre interazioni come ad esempio “scorri in su e clicca 💯” per guadagnare velocità.

Ford Italia lancia un simulatore di guida su Instagram Stories


Molto simpatica anche l’interazione per la frenata in curva: con un tap continuo sullo schermo, l’utente scorrerà velocemente le stories, simulando una vera e propria frenata. In seguito il gioco permetterà sempre tramite le stories di passare alla guida in prima persona, cambiando inquadratura dell’abitacolo. Una volta portata a termine la gara potrete farvi un bell’appluso con l’emoticon 👏 e scoprire di più sul progetto Fordzilla con uno swipe in alto sullo schermo del vostro cellulare. 

Fordzilla team, Ford all'assalto degli "esport" - la Repubblica

Il Fordzilla Team italiano è composto da e-racer, la cui selezione è iniziata alla Milano Games Week 2019 e si pone come obiettivo quello di competere ai massimi livelli dello sport elettronico, cercado di sfruttare l’esperienza dell’Ovale Blu nelle corse del mondo reale. Racing Stories su Ford Italia incarna lo spirito del Fordzilla Team con l’intento di trasmettere l’adrenalina tipica delle corse virtuali e far conoscere allo stesso tempo il progetto videoludico competitivo del marchio Ford nel mondo dei “motori elettronici”.

 

 

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Fast Food gamification

Rieccoci a parlare di gamification applicata alla distribuzione alimentare, questa volta dall’altro lato della barricata: le major del cibo “veloce”.
Per molti fast food è sinonimo di cibo spazzatura, un’analisi seria del fenomeno porta però a diverse considerazioni: la resistenza culturale italiana all’innovazione sul tema food&beverage, la qualità delle materie prime e produzioni locali e certi stereotipi ormai consolidati sulle catene internazionali uguale junk food.fast food gamification examples

 

 

 

 Come avevamo fatto per i cultori del cibo sano in questo articolo, vediamo ora esempi di gamification realizzati da brand del fast food .

Il nostro blog ha già citato in precedenza le idee di Domino Pizza Hero e 4food, che puntavano sulla personalizzazione del piatto da parte degli utenti online; ora vediamo altri due approcci.

Chipotle’s: The Scarecrow

Chipotle Scarecrow gamification

 

Questa catena americana focalizza il proprio marketing sul cibo etico introducendo le meccaniche della gamification per rendere il tutto divertente tramite il gioco (e cortometraggio) Scarecrow.

Il giocatore impersonifica uno spaventapasseri triste che assiste al trattamento delle galline da macello e delle mucche da mungitura.
A fine giornata lo spaventapasseri decide di aprire uno stand di burrito solo vegetali.

 

Lo short è molto toccante soprattutto per i bambini e mira a far intendere che Chipotle produce cibo trattando gli animali con etica e attenzione. Il principio dell’engagement è in questo caso sfruttato in modo diretto tramite l’esperienza videoludica e in modo inconscio tramite la leva dell’identificazione con le persone che vogliono “migliorare” eticamente il mondo.

Burgerking Lockdown Whopper

 

 

Quantomai attuale questa iniziativa che richiama alla necessità di rispettate le regole del lockdown per sconfiggere il Covid-19. Burger King Brasile vuole incentivare la geo-localizzazione delle persone, concetto che abbiamo affrontato qui, tramite un reward molto semplice e molto ambito: un hamburger gratis!
La cosa avviene tramite monitoraggio dei tuoi spostamenti durante il coprifuoco che vengono premiati con voucher spendibili nella catena.
Il monitoraggio è automatizzato dalla preesistente app che Burger King usa per individuare i suoi fast food sulle mappe, solo che in questo caso il principio è invertito: è il cliente che viene mappato e indicizzato. Meno ci si muove è più possibilità di vincere voucher abbiamo.

 

 

 

 

 

 

 

 


La gamification viene quindi applicata tramite i concetti di:

  • possession, la possibilità cioè di ottenere sempre più premi reali è direttamente proporzionale al tempo che l’utente dedica al rispetto del coprifuoco, e non è demandata a classifiche di rendimento e al confronto con altri
  • social value, perchè il comportamento etico non rimane un fatto isolato di autostima ma è tradotto in maniera socialmente visibile e quantificata quando ti recherai con i tuoi voucher a ricevere il premio.

 

Cosa pensate di questi espedienti delle catene di fast food? Sono genuina sensibilizzazione alle problematiche sociali o scaltre idee di fidelizzazione?

A cura di Valter Prette

Gamification come arte del coinvolgimento

“Dimmi ed io dimentico, mostrami ed io ricordo, coinvolgimi ed io imparo”

Uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, Benjamin Franklin, intuì già nel 1700 l’importanza di costruire una nuova società intorno al tema del coinvolgimento.  Un mondo basato sull’istanza del voler fare in antitesi con il dover fare che ha permeato gli ultimi tre secoli della nostra esistenza. Un lungo periodo storico contrassegnato come “Rivoluzione Industriale” che ha riscritto la storia dell’uomo.

Gamification coinvolgimento libro

La creatività, l’originalità e l’unicità di artigiani, orafi, calzolai, sarti e maestranze dell’epoca pre-industriale venne meno a favore  delle produzioni di massa. Ogni prodotto diventa uguale all’altro, ogni processo tende a ripetersi ciclicamente, un prodotto non conforme si considera uno scarto da eliminare. Efficienza, efficientamento ed utilitarismo come principi ispiratori di un periodo storico fortemente contrapposto alle epoche precedenti in cui ogni prodotto e servizio era pensato e realizzato dalla maestranza su richieste specifiche ed individuali della committenza. 

Il XXI secolo riporta al centro il tema della personalizzazione delle esperienze, l’unicità del gesto, la creatività come basi di una società post industriale in cui il coinvolgimento diventa pre-condizione necessaria. D’altronde sin dalle sue origini terminologiche nella lingua latina, emerge chiaramente la dicotomia che accompagna il nostro vocabolo. Il verbo composito  convolvo, convolvis, convolvi, convoltum, convolvere presenta principalmente due accezioni di significato. Da una parte avvolgerci, avviluppare, ricoprire,  dall’altra sconvolgere. Da una parte un senso positivo di immersione in qualcosa o qualcuno, dall’altra un momento in cui si attua un cambiamento per pochi minuti o per tutta la vita[1].

Acquista L’Arte del Coinvolgimento

 

Una persona coinvolta presenta alterazioni fisiche e psicologiche.  I comportamenti tendono a cambiare  spontaneamente verso uno stato di propensione positiva e partecipazione attiva. Quando impegnati in qualcosa che amiamo e desideriamo, le ore volano via velocemente: in questi momenti diventiamo più concentrati, sereni, creativi e felici, tendiamo a dare il massimo ed a sviluppare soluzioni creative. Migliora la nostra propensione sociale, collaboriamo più facilmente e tendiamo a memorizzare le informazioni nella memoria a lungo termine. Non è un futuro utopico, già oggi una parte della quotidianità di miliardi di individui è incardinata intorno a questo principio.

Da una parte i dati ci raccontano l’attuale scollamento tra le nuove generazioni e strutture basate sull’idea del dover fare come la scuola, il lavoro, le istituzioni pubbliche, dall’altro esperienze come videogiochi, social network, Ebay, Wikipedia tratteggiano una idea di XXI secolo totalmente incardinata intorno ai principi dell’attività volontaria, partecipazione attiva e coinvolgimento. Esperienze che nascono CON e PER i pubblici in cui avviene una progressiva cessione di potere dall’”alto” verso il “basso”.

Coinvolgimento come agente di interscambio verso forme di intelligenze collettive e connettive in risposta ad una visione tecnologica e tecnicistica del futuro. Una Playable City in antitesi ad una Smart City.

E’ una strada non priva di ostacoli, coinvolgere i pubblici significa, prima di tutto, rinunciare ad una parte della sovranità e potere nelle mani di decision maker, politici, direttori, curatori e manager. E’ doloroso, ma non esiste altra strada per ripensare dalle fondamenta il nostro mondo e renderlo un posto in cui le future generazioni potranno esprimersi pienamente. 

[1] Fabio Viola e Vincenzo Idone Cassone, “L’Arte del Coinvolgimento”, Hoepli, 2016