Behavioural Design

Il principio del Near Win: Quasi vincere è meglio che vincere

Al netto dei giudizi morali sul comparto industriale, devo confessare che ho molto imparato lavorando come lead game designer presso alcune delle più grandi gambling company al mondo. Anche le più piccole, e apparentemente insignificanti modifiche, nel design ed interfaccia di hardware e software, erano progettate per generare cambiamenti comportamentali significativi nei giocatori. I colori su schermo, il posizionamento dei tasti, i (non) tempi di attesa, la struttura delle sale slot incidevano sul numero di giocate, sul tempo medio speso e sull’ARPU naturalmente. Di queste logiche una delle meno conosciute è sicuramente quella definita “NEAR WIN“.

Near win effect gamification

E’ quel principio che ti fa esclamare “ho quasi vinto,  invece di ho perso”. In una slot machine, ad esempio, il game designer fa in modo che in caso di non vincita si percepisca la sensazione di esserci andato vicinissimi. Avete notato che spesso i primi due simboli combaciano e poi il terzo non combacia per una casella? Appaiono due simboli del denaro ed il terzo allineato subito sotto dandovi l’illusione di esser andati vicinissimi ad una importante vincita. Nei gratta e vinci accade spesso qualcosa di simile, manca un simbolo per sbloccare una combinazione vincente. O pensate ancora al Bingo. Andate ancora più indietro nei ricordi, seppur non ingegnerizzato, vi ricordate l’emozione collegata all’aver fatto 12 alla schedina? Col 12 non si vinceva nulla, ma l’esser andati così vicini al premio era una fonte di coinvolgimento potentissima. Ricordo di amici che si convervavano quella schedina e per settimane narravano di questa quasi vincita a tutti gli amici e, paradossalmente, il week end successivo erano più propensi che mai a giocare forti di questo risultato. E’ una tecnica di design che non porta alcun costo per l’azienda eppure fornisce un rinforzo del comportamento notevolissimo aggiungendo un layer di motivazione per continuare a provarci.

 

Diversi studi scientifici, tra cui il più famoso Neuron del 2009,  hanno suffragato psicologicamente quello che noi game designer avevamo intuito sul campo. Il principio del near win attiva nel giocatori quelle stesse aree del cervello (mesolimbico) collegata al rewarding al pari delle situazioni di vincita.  Come evidenziato anche in altri studi, le persone con una dipendenza dal gioco d’azzardo presentano un tasso di attivazione dell’area del cervello deputata ai processi premianti insolutamente alta in caso di near win. Sostanzialmente accade che il cervello non riesce più a distinguere una vittoria reale da una quasi vittoria e questo impedisce loro di interagire “normalmente” con il prodotto gambling in questione.

Le ultime richerche come questa apparsa  in Psychological Science, un giornale della Association for Psychological Science, ci aiutano a comprendere possibili utilizzi “positivi” di questa tecnica. In alcuni casi, qusi vincere ha effetti assolutamente benefici per l’individuo. In alcuni esperimenti condotti dagli autori Wadhwa  eJeeHye Christine Kim emerge chiaramente che perdere di poco può intensificare le nostre motivazioni verso il raggiungimento di un obiettivo. Abbiamo perso, ci rialziamo e riproviamo ancora e ancora imparando dalle sconfitte.

A 164 acquirenti americani è stato assegnato un gratta e vinci all’ingresso di un centro commerciale. I tagliandi erano stato così organizzati:

  • 30% vincenti (20 dollari) con una fila di sei simboli identici
  • 30% perde malamente
  • 30% ottiene 5 simboli identici su 6 e quindi (principaio near win)

Dopo l’esito della lotteria, le persone entravano normalmente nel centro commerciale e portavano a termine liberamente il proprio shopping. All’uscita veniva chiesto loro di mostrare lo scontrino ed il risultato fu abbastanza sorprendente. Il clusters “near win” è quello con lo scontrino medio più alto rispetto agli altri gruppi.

Paradossalmente il near win offre maggiori leve motivazionali rispetto alla vincita nel proseguo del comportamento desiderato.

Durante il mio lavoro nell’industria ho notato, empiricamente, un’altra tendenza interessante. La logica near win acquisisce maggiore forza quando il simbolo mancante è quello antecedente. Prendiamo ancora come esempio una slot. Ho già 2 campane sullo schermo e aspetto la terza per vincere. Il rullo si ferma e spunta fuori l’arcobaleno e subito prima la campana, questo è molto più motivante e coinvolgente rispetto ad una soluzione analoga in cui la campana è il simbolo successivo. L’occhio l’ha vista passare e fermarsi sulla linea vincente per poi procedere oltre, questo è meno motivante!

Ora provate a pensare gli impatti positivi che la conoscenza di questa tecnica potrebbe portare nella progettazione di esperienze didattiche o no profits dove abbiamo degli obiettivi e dei fallimenti che possiamo rendere parte integrante del processo di crescita!

 

Reciprocità per guidare i comportamenti

Non sempre l’essere umano decide, agisce, acquista sulla base di dati oggettivi e situazioni ben ponderate. Buona parte delle nostre decisioni sono razionalmente irrazionali ed è in questo ambito che si muove l’engagement design.

Reciprocità design

Pensiamo alla  reciprocità, una regola sociale che ci spinge a ricambiare un gesto effettuato nei nostri confronti da un’altra persona. Questo gesto può essere un regalo, un pensiero ma anche un sopruso o un insulto. E’ capitato a tutti noi di ricevere un regalo per il compleanno da parte di un conoscente e poi sentirci obbligati a ricambiare la gentilezza nel giorno del suo compleanno. Più che un atto spontaneo si instaura una forma di obbligo sociale che porta all’insorgenza di abitudini comportamentali. E’ bene prestare attenzione a non confondere reciprocità con l’altruismo, il compiere una azione verso il prossimo senza sperare o aspettarsi una reazione uguale,

Io da ormai 15 anni ricevo nel giorno del mio onomastico (mai festeggiato) un augurio da parte di una mia ex compagna di Liceo. All’iniziale momento di stupore (come fa a ricordarsi onomastici e compleanni di tutti??) segue sempre un ringraziamento alla suddetta persona e un pro-memoria a ripetere il gesto nei suoi confronti. Non reciprocare significherebbe essere al di fuori della norma sociale e, talvolta, essere bandito da quella cerchia di persone che si sono riunite attorno al rituale. Una cerchia di amici in cui tutti, quando invitati a cena, portano una bottiglia di vino o altro pensiero vedrebbero di cattivo occhio un loro membro che non sottostà a questa tacita regola.

Uno studio del 2002 Sweetening the Till: The Use of Candy to Increase Restaurant Tipping” ha mostrato gli effetti concreti della reciprocità applicata in una normale situazione quotidiana.

Potrà sembrare strano, ma le nostre catene commerciali fisiche ed online hanno molto da imparare dalla esperienza sul campo dei camerieri. Se ci fermassimo a riflettere brevemente, queste figure professionali, spesso mal pagate e bistrattate, rappresentano il primo momento di confronto dopo una transazione (in questo caso il conto al bar o ristorante). Negli anni hanno sviluppato piccole pratiche per migliorare il processo celebrare dell’acquirente per metabolizzare la spesa, esaltarne l’esperienza in caso positivo o mitigarne la delusione in caso negativo.

Lo studio mostra qualcosa di più. E’ possibile migliorare l’importo medio della mancia fino al 23% in più grazie al principio della reciprocità.

In un ristorante reale è stato condotto un esperimento dividendo gli avventori in tre gruppi sperimentali rispetto al gruppo di controllo (consegna standard del conto senza un regalo):

  • Al primo gruppo i camerieri offrivano una mentina insieme al conto all’interno di un piattino senza sottolineare il regalo della mentina. Questo gruppo ha visto un incremento della mancia del 3% rispetto al gruppo di controllo.
  • Il secondo gruppo ha ricevuto due mentine cadauno direttamente dalle mani del cameriere il quale non ha mancato di sottolineare “Qalcuno desidera mentine prima di uscire?”. Le mance sono aumentate del 14% rispetto al gruppo di controllo
  • Il terzo gruppo si è visto consegnare il conto insieme ad una mentina cadauno. Dopo pochi minuti il cameriere torna con una mentina extra chiedendo al tavolo se ne desiderassero altre. Le mance sono aumentate del 21% rispetto al gruppo di controllo

 

 

Questo studio ci mostra gli effetti immediati e significativi della reciprocità positiva. Essa occorre quando una azione perpetrata da un individui ha una influenza positiva su qualcun’altra ed ottiene una reazione che ha un effetto positivo su una scala similare. Per funzionare è necessario che il gesto di ritorno sia similare, creerebbe problemi se in cambio di un piccolo aiuto in ufficio un collega ci regalasse una vettura. Lo schema sociale si andrebbe a rompere così come gli equilibri interni.

Tornando allo studio americano, è possibile notare come la differenza tra il 2° ed il 3° gruppo sia realmente minima. La quantità di mentine regalate non differisce ma il modo in cui vengono offerte si. Nell’ultimo esperimento il cameriere mostra premura e gentilezza ritornando e chiedendo se ne desiderano altre. Cosa accadrebbe se al termine di ogni procedura di acquisto il cliente si sentisse coccolato ed unico attraverso un messaggio PERSONALIZZATO o un qualche regalo inaspettato?

Black Milk Personalization

L’azienda australiana Black Milk invia una lettera personalizzata ad ogni acquisto

Black Milk è una società australiana specializzata nella vendita online di vestiti ed accessori. In linea col principio della reciprocità, contestualmente alla consegna di ogni pacco invia una lettera personalizzata firmata dal CEO dell’azienda. Questo piccolo gesto impatta profondamente sulla percezione dell’acquisto, aiuta l’acquirente a sentirsi coinvolto emotivamente col brand e ne favorisce il ritorno. La lettera, inoltre, presenta una interessante call to action affinchè l’acquirente scatti un selfie col capo acquistato e lo pubblichi sul sito web. La pagina di ogni singolo capo di vestiario contiene il set di foto ufficiali ma anche, in basso, gli user generated content caricati direttamente dagli acquirenti.

Auto espressione nell'e-commerce

A volte bastano piccoli cambiamenti, anche non costosi, per migliorare una esperienza di acquisto. Non volendo adottare in toto la politica di Black Milk, sarebbe quantomeno fondamentale personalizzare e rendere unica la prima esperienza di acquisto. E’ un momento traumatico e doloroso di per se e ancor di più quando l’atto avviene in un ambiente nuovo in cui convivono rischi legati alla bontà dell’azienda, alla correttezza della consegna, alla sicurezza nel sistema di pagamento etc etc.

Ma pensiamo anche a come la reciprocità, intesa come io ti vengo incontro e ti coccolo e tu ricambi continuando il rapporto, possa rappresentare un momento unico per migliorare il tasso di abbandono del carrello in uno shop online.

L’industra retail, ma non solo, molto potrebbero apprendere dall’industria dei video-giochi che ha fatto della reciprocità una tecnica di engagement e viralità (oltre che di monetizzazione) portentosa. Basti pensare a molti dei giochi social e mobile dell’ultimo decennio per portare alla memoria ricordi di amici che ci han donato alcuni elementi utili per arricchire la casa virtuale, progredire nel gioco e che ci han spinto a ricambiare.

Per altre tecniche di engagement, retention e monetizzazione in ambito retail, potete consultare la mia ultima lezione

Social Proof nel design delle esperienze

Questo articolo ruota intorno ad un semplice, quanto poco utilizzato nel design,  principio comportamentale. Tutti noi siamo maggiormente incentivati ad assumere un comportamento quando pensiamo che altre persone agiscono allo stesso modo. Maggiore sarà la similarità tra una larga fetta della popolazione e noi stessi, maggiore sarà l’effetto della Social Proof (Prova Sociale).  Gli esseri umani tendono a modellare il proprio comportamento per far parte di un gruppo che li circonda. Il principio alla base non è puramente quello di omologazione, piuttosto l’istinto a prendere velocemente delle decisioni possibilmente approvate ed apprezzate dalla comunità che ci circonda.

socialproof

Pensereste mai che una semplice emoticon aggiunta alla bolletta energetica possa influenzare del 2% i consumi di centinaia di migliaia di individui??

 

Ebbene, la Sacramento Municipal Utility District nell’Aprile del 2009 spedì a 35000 utenti sorteggiati randomicamente una bolletta leggermente diversa dalle solite. Una emoticon sintetizzava le loro performance energetiche basate sulla doppia comparazione dei consumi tra l’utente e 100 abitanti in case similari (per metratura ed impiantistica) ed anche con i 20 vicini maggiormente virtuosi in termini di consumi. Una doppia emoticon felice significava OTTIME abitudini, una sola felice BUONE abitudini ed una triste (poi rimossa a causa di critiche) CATTIVE abitudini.  

L’immagine mostra esattamente la SOCIAL PROOF messa in atto dapprima a Sacramento e poi diventata prassi in molte aziende elettriche americane. L’evoluzione digitale di questo ed altri principi di design comportamentale e gamification li troviamo in una delle più rivoluzionarie, e profittevoli, start up sul mercato green ovvero oPower.

Social Proof Design

Nel bellissimo libro the small BIG, gli autori Steve Martin, Noah Goldstein e Robert Cialdini è possibile trovare alcuni esempi calzanti di Social Proof e più in generale di quel connubio di neuroscienza, psicologia cognitiva, scienze comportamentali e game design che personalmente ritengo essere l’esatta ricetta della Gamification. A volte piccolissimi cambiamenti nel design, progettazione e procedure possono determinare effetti molto grandi.

In Gran Bretagna, l’equivalente della nostra Agenzia delle Entrate, Her Majesty’s Revenue and Customs (HMRC) ha introdotto una piccola modifica nelle lettere che puntualmente spedisce ai  cittadini morosi. La procedura standard prevedeva una lettera standardizzata riportante l’entità della multa e degli interessi legali qualora l’utente non si fosse messo in regola coi pagamenti. A partire dal 2009, il format è cambiato per utilizzare al meglio le leve motivazionali. Vediamo le due semplici frasi:

1. “Nine out of 10 people in the UK pay their tax on time”: come risultato un aumento della risposta positiva dell’1.5%

2. “You are one of the few who have not paid us yet” – ha portato un aumento del 3.9%

3. “You are one of few delinquents in your hometown” – ha portato un aumento del 6.8%

In un progetto a cui il nostro Fabio Viola è al lavoro per motivare la forza vendita di una grande istituzione finanziaria, il principio del Social Proof è parte integrante della nuova esperienza. L’idea alla base è quella di raffrontare in tempo reale come il venditore sta performando rispetto alla media dei propri colleghi su una serie di comportamenti. La reazione auspicata è quella di allineare i sales manager sotto tono ai comportamenti più virtuosi facendo pienamente leva sulla pressione sociale dettata dal non voler essere da meno del resto dell’ufficio

Social Proof Sales Force

Questi due esempi ci confermano come non sia la tecnologia il propulsore di cambiamento, bensì la capacità di ripensare e riprogettare molti momenti della nostra vita quotidiana. La Social Proof è una delle tante dinamiche utilizzabili per guidare verso il meglio (o verso i desiderata di una azienda) i comportamenti umani attingendo ampiamente dal game design, psicologia e scienze comportamentali. In generale la Prova Social si inserisce all’interno della più grande famiglia della PRESSIONE SOCIALE.

 

Tornando alla  Social Proof, è possibile individuare operativamente cinque modalità di utilizzo:

1. Expert social proof

Utilizzare esperti di settore (influencers, blogger verticali, scienziati…) per parlare del proprio prodotto. Per questo, negli ultimi anni, ha assunto un ruolo fondamentale l’influencer marketing, affidarsi a persone che godono di una fama positiva e riconosciuta stimola una positiva associazione e l’insorgenza del comportamento desiderato. Pensiamo a tutte quelle pubblicità di prodotti cosmetici che utilizzano medici per rinforzare il messaggio.

2. Celebrity Social Proof

Da quando esiste il marketing, spesso ci si affida a personaggi famosi e celebrità per ottenere un endorsement. A volte il prodotto finisce per essere completamente associato al divo, pensiamo Chanel e Marilyn Monroe.

3. User Social Proof

Si basa sulla comparazione e approvazione degli altri utilizzatori di un prodotto o servizio. Una delle declinazioni più comuni è la possibilità di far inserire recensioni o rates ad altri utenti guidando così’ i comportamenti nella community. Nell’header di ItalyXP è possibile vedere alcune recensioni di turisti ben posizionate e randomiche nell’area più importante nel portale.

4. ‘Wisdom of the Crowds’ Social Proof

In parte coincide con la carta del Gamification deck “social fabric”, sostanzialmente una larga comunità di individui pronta ad accoglierti se ti omologhi al loro comportmaento. Ad esempio entrando al Mc’Donalds spesso è possibile scorgere sulle casse la scritta “Miliardi di clienti serviti” che rende più semplice l’insorgenza del comportamento di acquisto sentendosi cullati da una moltitudine che ha compiuto già quella scelta.

5. ‘Wisdom of Your Friends’ Social Proof

Grazie ai social media e alle API fornite da giganti come FB o Twitter è possibile conoscere come si sta comportando la nostra “ristretta” cerchia di amici. Si è molto più incentivati a comprare un oggetto già acquistato da un nostro amico, perchè è di loro che tendiamo a fidarci molto più che di utenti anonimi o testimonials.

Motivational Design Framework

La Pressione sociale è il driver a destra con vicine diverse meccaniche di gamification per stimolarne insorgenza

E voi cosa aspettate a ripensare le vostre esperienze??

Motivational design per la forza vendita aziendale

Nei prossimi giorni annunceremo un nuovo progetto di Gamification al quale il nostro team sta lavorando. Il tema è quello della motivazione della forza vendita di una grande azienda da migliaia di dipendenti. Come migliorare la qualità, velocità, conoscenza e collaborazione nella propria giornata lavorativa attraverso logiche di design motivazionale ed engagement è una bellissima sfida che tutte le aziende dovranno affrontare nei prossimi anni. E quando la sfida viene vinta si ottiene un grandissimo ritorno sull’investimento andando a migliorare la produttività del dipendente, diminuendo le spese legate ai programmi di incentivazione monetaria.

Disegnare l’esperienza per creare/modificare comportamenti nel medio-lungo periodo non è facile. Si mescolano componenti di game design, psicologia, scienze comportamentali che necessitano una multidisciplinarità all’interno della azienda stessa dove andranno coinvolti reparti diversi come il marketing, HR, gli operatori nell’area sales ed, ovviamente, la componente IT.

Proviamo a vedere alcuni principi di game design applicabili per incentivare i venditori.

1. Goals: Il primo step in fase di progettazione è individuare i comportamenti importanti per l’azienda e mettere in piedi un sistema in grado di tracciarli in tempo reale (completa integrazione col CRM aziendale) o in tempo semi-reale (alimentare la piattaforma di gamification tramite CSV estratti giornalmente dal crm aziendale). Le real time analytics aiutano sia il lavoratore nel tener traccia del proprio andamento nel tempo, tramite una possibile funzione storico, sia offrono una facile e comoda visualizzazione per il datore di lavoro. E’ bene individuare numerosi indicatitori e per ciascuno predisporre uno specifico campo. E’ fortemente auspicabile scaglionare gli obiettivi da raggiungere in piccoli intervalli di tempo. Se l’obiettivo annuale è chiudere 1000 contratti, suddividiamo questo sforzo su scala settimanale ponendo continue piccole sfide. E’ fondamentale che l’utente pensi sempre a sfide, magari di difficoltà crescente, superabili ed in linea con le proprie capacità.

2. Progress Bars: Integrate pienamente nel design delle analytics, le barre di progresso aiutano ad avere immediata percezione di dove ci si trova e quanto manca a raggiungere l’obiettivo. Il desiderio di completare è uno dei più forti driver motivazionali , vedere un album che si completa piuttosto che una barra totalmente riempita gratifica ciascuno di noi. Esistono tantissimi modi per disegnare una progress bars ma spesso è utile, e qui sicuramente lo è vista la natura competitiva degli uomini del reparto vendita, inserire anche  l’indicazione di come stanno performando mediamente su quel parametro i propri colleghi.

Salersforce Gamification

Goals, progress bars, real time analytics e leaderboard. Gamification design per la forza vendita. Fonte_ Leven Eleven platform

 

3. Missioni: Rispetto ai goals le missioni aggiungono un tocco di complessità e diversificazione dell’esperienza. Una missione potrebbe essere il concatenamento di alcuni goals, ad esempio effettua 10 telefonate, 3 appuntamenti ed 1 contratto in una settimana. Possono servire a esaltare/esasperare alcuni behaviors o favorire l’insorgenza di comportamenti non direttamente collegati con gli obiettivi commerciale ma in qualche modo utili per il dipendente e per il datore di lavoro. Ad esempio percorrere almeno 2 km a piedi ogni settimana (un dipendente in forma è un dipendente che prenderà meno giorni per malattia) o rispondere correttamente ad alcune domande sul metodo commerciale (così da verificare la parte teorica che spesso tende a essere dimenticata o no nseguita). O ancora missioni puramente fun che hanno come obiettivo quello di ingaggiare il venditore. Il vantaggio delle missioni è quello di poter essere aggiunte e tolte senza alterare le regole del gioco. Ad esempio alcuni obiettivi potranno essere collegati a specifici periodi dell’anno, ad esempio una missione natalizia o pasquale che poi scomparirà dal database. Un’ultima nota di design, se è vero che comunemente le missioni vengono utilizzate in modalità “singleplayer” è possibile impostare delle challenges di gruppo. Ad esempio l’ufficio vendita di Monza che deve raggiungere COLLETTIVAMENTE un certo obiettivo dando vita a nuove modalità di cooperazione, solitamente dimenticate nell’are avendita. A livello comportamentale le missioni soddisfano l’esigenza di essere guidati verso un obiettivo, tratto caratteriale altamente sviluppato dalla generazione dei nati dopo il 1980.

Lederboard salesforce

Il progetto Beeblock per motivare la forza vendita nei ristoranti implementa bene la funzionalità di classifica.

 

4. Leaderboard: Non mi dilungherò molto su questa meccanica di gamification essendo già ampiamente utilizzata da decenni all’interno delle aziende. Il vantaggio portato dalla digitalizzazione consiste nella possibilità di poter avere le classifiche in tempo reale dei propri dipendenti. Pur essendo ampiamente utilizzate, sono molti gli accorgimenti per poterle rendere maggiormente effettivi nel loro obiettivo di motivare la forza vendita. Le classifiche dovrebbero essere suddivise in base ai vari goals (non una unica) e offrire la possibilità di essere visualizzate su scale temporali differenti: giornaliera, mensile, all time. E’ estremamente frustrante per i meno bravi vedere i propri colleghi prendere il largo senza alcuna possibilità di poter colmare il gap. Le classifiche giornalieri consentono di celebrare anche vincitori inaspettati, sebbene su una sfida di piccolo periodo.

5. Punteggio: Ogni classifica ha bisogno di un dato numerico in base alla quale essere stilata. Il suggerimento è quello di tenere in piedi un sistema di punti assegnati in base alle missioni superate (ogni missione potrà fornire un punteggio diverso in base al coefficiente di difficoltà) ed ai goal raggiunti.

6. Quiz: Sono una variante interessante in grado di creare engagement ad un audience diversificata. Una buona idea per introdurli è connessa all’apparizione periodica (settimanale o giornaliera) per rinforzare l’adesione al protocollo commerciale. Che siano a risposta multipla, vero o falso o a riempimento aiutano a verificare la componente teorica del closing commerciale fornendo utili indicazioni al management su eventuali lezioni in aula/telematiche utili ad aggredire errori comuni.

7. Rewarding: Ne ho scritto tantissimo ed è uno dei nodi di ogni processo. Rewarding lo intendo in senso molto ampio, non più e non solo premi di natura economica ma anche e soprattutto premi di status, accesso, potere, emozionali, ranking.I premi possono essere inseriti all’interno di un’area shop digitale dove gli utenti liberamente decideranno quando riscattarli. Immagino premi connessi ad un pranzo col CEO dell’azienda, un parcheggio riservato vicino all’ingresso dell’ufficio, un badge personalizzato, una celebrazione particolare connessa alla data di compleanno o giorno di assunzione etc etc.

Salesforce cooperation

Favorire l’insorgenza di comportamenti cooperativi nel team di vendita con la gamification

8. Referrals cooperation: E’ vero, il reparto sales è fortemente competitivo più che cooperativo. Ma per una azienda potrebbe essere interessante sviluppare questo comportamento. Si possono utilizzare soluzione complesse come FantasySalesTeam di Microsoft o creare un sistema che consente a ciascun dipendente di poter “scommettere” su un numero limitato di colleghi, ad esempio 3. Il loro andamento assegnerà punti anche all’investitore dando vita ad uno spirito di cooperazione. Altra idea potrebbe essere quella di concedere giornalmente, a patto di loggarsi nelle 24 ore sul portale,  un certo quantitativo di punti regalabile da un dipendente verso un altro.

Queste sono solo alcune, poche, idee di design motivazionale per migliorare la produttività della forza vendita aziendale. Le opzioni possibili sono centinaia ed il consiglio è quello di non arrischiarsi col fai da te affindandosi internamente o agenzia che non hanno una comprovata esperienza nel settore gaming.

Per consulti scrivere a info @ gameifications . com

Disegnare i livelli nei Loyalty Programs

Un fresco studio di Boston Retail Partners, basato sul mercato americano, afferma che quest’anno il 62% delle catene stanno pianificando di allocare maggiore budget sui propri programma di fidelizzazione. Il dato è apparentemente in disaccordo con le performance fatte registrare da questo strumento di marketing nell’ultimo quinquennio, con un progressivo calo dei partecipanti. La spiegazione risiede nella necessità di adattare i vecchi programmi, largamente immutati negli ultimi 100 anni, all’evoluzione dei consumatori: digitalizzazione, mobile, logiche di gamification, feedback in tempo reale, personalizzazione dell’esperienza, superamento del puro momento transazionale. In parole povere così come le strategie dei retailers stanno diventando sempre più “omnichannel” di conseguenza anche il principale strumento di retention dovrà diventarlo.

rewards

Per me un loyalty program ha tre mission principali, dalle quali a cascata posso derivare altri micro obiettivi:

– Prendersi cura maggiormente di quella piccola fetta di utenza (solitamente il 20% o meno) che genera la stragrande maggioranza del fatturato aziendale (intorno all’80%). In quest’ottica i premi, gli status e le altre tipologie di rewards concorrono a farli sentire coccolati e pensati dal brand.

– Fare retention andando così ad abbattere i costi di acquisizione che tendenzialmente sono 5/10 volte più alti rispetto a quelli di mantenere un cliente esistente.

– Conoscere il cliente: attraverso la profilazione  l’acquirente da anonimo diventa una persona con le sue abitudini e comportamenti. Partendo da questa clusterizzazione individuale sarà possibile creare, se l’azienda ha l’infrastruttura adeguata, dei percorsi personali.

Inutile nasconderlo, la sfida è complessa e va a toccare diverse aree all’interno dell’organizzazione aziendale. Un reparto IT fortemente sollecitato verso un CRM centralizzato e soluzioni maggiormente aperte, una sfida creativa legata ad una maggiore attenzione alla customer experience, unificazione delle piattaforme di vendita online e fisiche, l’ingresso nel team di nuove figure esperte di engagement e data analytics.

Ovviamente su questo blog il focus resta il tema dell’engagement design e di conseguenza la gamification. Sempre Boston Retail Partners nel suo report 2015 afferma che l’87% dei negozianti vuole introdurre la gamification nel programma di fidelizzazione per rendere le interazioni maggiormente “fun”. Al 2015 sono il 31% negli usa ad utilizzarla nei loyalty programs con una crescita del 6% del 2014.

CRM Gamification

L’87% dei retailers vogliono introdurre la gamification nella strategia di CRM

Oggi vorrei soffermarmi su alcuni esempi che inseriscono una delle più utilizzate meccaniche di gamification, i Livelli. Pur non essendo nuova in ambito loyalty, i primi casi risalgono agli anni 80 nel comparto delle compagnie aeree, ad oggi sono ancora pochi i programmi che ne fanno un effettivo utilizzo. Strutturare per livelli significa classificare gli utenti all’interno di perimetri numerici con il Level Up che avviene al raggiungimento di una determinata soglia di punteggio. Ad ogni livello, via via più esclusivo, corrisponderanno dei premi o dei privilegi crescenti.

Quattro ragioni per introdurre i Livelli nel vostro loyalty program:

1. Differenziarsi: A fronte della standardizzazione dei programmi, l’aggiunta di una nuova meccanica e funzionalità contribuirà a renderlo unico e diverso rispetto alla concorrenza.

2. Engagement: L’aggiunto di questa meccanica di gamification rendere l’esperienza stimolante e sfidante, nonchè fun. Siamo geneticamente predisposti per scalare classifiche ed i livelli stimolano questa componente umana. E’ possibile guidare i comportamenti di acquisto, e non solo, attraverso una struttura a livelli che ci stimola ad andare avanti fino al raggiungimento della vetta. Lo stimolo paradossalmente non arriva soltanto dall’accesso a premi sempre migliori, ma semplicemente nell’aver completato un task

3. Storytelling: Sebbene la maggiorparte dei programmi basati sui livelli utilizzino nomi standard come Bronze/Silver/Gold o numerici 1/2/3 molte aziende hanno compreso come i “tiers” possano essere parte integrante del racconto dell’azienda. Un esempio di cui già vi parlai nel dettaglio lo offre Moosejaw, un retail specializzato in abbigliamento ed attrezzatura outdoor. Come indica l’immagine sottostante i loro livelli sono direttamente collegati allo spirito aziendale. Sono le montagne reali a dare il nome ai tiers in ordine crescente dalla cima più bassa a quella più alta.

Moosejaw gamification

Moosejaw ha strutturato i i nomi dei livelli in linea con la propria narrazione.

4. Rewarding: Grazie alla clusterizzazione spiccata, ciascun gruppo può beneficiare di premi strettamente legati allo sforzo fin qui profuso ed al viaggio compiuto. Solitamente si parla di customer journey (molto simile a quanto avviene nei videogiochi col Player’s Journey) che consta solitamente di quattro fasi che vanno da visitatore, acquirente, acquirente seriale fino ad ambasciatore del brand. Ciascuno di questi utenti necessita di incentivi differenti per convertirsi alla fase successiva ed anche i rewards possono diventare un formidabile strumento motivazionale. Il programma VIB di Sephora è riconosciuto come uno dei migliori per quel concerne la strutturazione dei rewards. Loro hanno optato per 3 livelli: Beauty Insider, VIB e VIB ROUGE. A ciascuno è associato un range specifico di vantaggi che riprendono bene l’idea di superare il mero premio di natura economica (oggetti o coupon) allargando lo spettro verso reward di status, accesso, potere, emotivi di cui ho spesso parlato in queste pagine. Troviamo regali il giorno del compleanno, accesso in anteprima ad alcune vendite, regali basati sulla stagionalità, spedizione gratuito etc etc.

Sephora gamification

Sephora loyalty program VIG utilizza una struttura a livelli

A livello di design l’introduzione dei livelli porta con se la necessità di affiancarsi ad un game designer. Ho visto molti programmi che invece di mantenere clienti hanno contribuito a perderli per la debolezza del design. Gli errori più frequenti sono sempre nella ripartizione punti/livelli, con soglie numeriche mal studiate che impediscono un naturale viaggio dell’utente. L’altro problema principale risiede nel numero di livelli e nei premi ad essi associati. Evitare improvvisazioni affidate ad agenzie senza un track nel game design.

Approfondimento Design   |

La Gamification nelle community turistiche

L’avvento del digitale ha profondamente cambiato le modalità di scoperta, fruizione e racconto dell’esperienza turistica. Da un modello organizzato e centralizzato basato su agenzie di viaggi e tour operator si è passato ad un modello liquido dove ciascuno è in grado di creare il proprio itinerario. La nascita di portali come Booking e TripAdvisor ha semplificato il processo di prenotazione di hotel, ristoranti ed attrazioni rendendo più agevole individuare i luoghi idonei alle proprie esigenze. Questi portali basano parte del loro successo sul contributo spontaneo della community, una massa enorme di user generated content caricati dagli stessi utilizzatori in termini di recensioni, commenti, fotografie.

Incentivare e incoraggiare la partecipazione attiva non è impresa facile; vincere la diffidenza iniziale nell’iscrizione attraverso una oculata fase di onboarding, bilanciare le esigenze dei consumatori con quelle del business, stimolare l’insorgenza di un comportamento volto a inserire commenti e recensioni sui posti visitati, favorire la partecipazione attiva degli utenti “veterani” così da farne gli ambasciatori del sistema ed il primo punto di contatto con i nuovi utenti e la lista potrebbe essere lunga.

Questa to do list è fondamentale sia per i progetti in fase di lancio (dove è fondamentale creare una community intorno) sia per quelli già leader di mercato. Andiamo ad esaminare come il design possa essere fondamentale per allineare l’utente verso i goal aziendale, e la gamification gioca un ruolo fondamentale.

TuoMuseo tripadvisor

La piattaforma italiana TuoMuseo.it è il tripadvisor del patrimonio culturale.

Partiamo dal progetto TuoMuseo, ideato e disegnato da Fabio Viola, e fresco progetto vincitore del bando Innovazione:Culturale di Fondazione Cariplo. Il progetto, il cui rilascio commerciale è previsto a fine 2015, ruota intorno alla valorizzazione turistica, economica e sociale del nostro straordinario patrimonio culturale. Un vero e proprio portale in grado di accompagnare il turista, italiano e straniero, nella fase di scoperta, visita e racconto dell’esperienza in collaborazione con i gestori dei luoghi culturali italiani. Attraverso un algoritmo proprietario, migliaia di luoghi, musei ed opere d’arte saranno resi digitalmente fruibili al turista dandogli accesso alla nostra Grande Bellezza, ad oggi largamente offline. Sin dall’inizio del progetto, la gamification è diventata parte centrale dell’user experience fissando quattro criticità principali da aggredire attraverso un nuovo modo di presentare l’esperienza:
– Acquisizione di nuovi utenti attraverso le interazioni sociali che consentono agli utenti di taggare amici, invitare nuove persone e condividere le opere ed i luoghi visitati

– Indirizzare i turisti verso comportamenti virtuosi (visitare luoghi meno frequentati) attraverso l’utilizzo di missioni e badges

– Stimolare la riflessione su quanto visitato attraverso questionari interattivi, quiz

– Avvicinare la generazione degli under 35 prevalentemente disinteressati all’esperienza culturale attraverso l’introduzione di elementi di competizione come classifiche, punti e rewards

Per chi volesse saperne di più sul progetto TuoMuseo, invito a leggere i precedenti articoli.

Tripadvisor gamification

Tripadvisor lancia TripCollective, ricca di dinamiche di gamification

Se è facile immaginare il potenziale di nuova super user experience arricchita con elementi di engagement per i nuovi e piccoli portali, più complesso potrebbe essere comprendere il potenziale distruttivo della gamification all’interno di piattaforme già leader di mercato. Ed invece è recente il lancio di TripCollective, un programma avanzato per la community di recensori di TripAdvisor. Questo programma nasce anche in risposta alle pesanti critiche mosse al gigante del turismo per via del suo consentire l’anonimato nelle recensioni, contrariamente al suo competitor Booking. Pur non rinnegando questa sua policy, l’aggiunta di badge renderà molto più facilmente individuabile un utente corretto da uno fake bypassando in qualche modo il problema.

Vediamo nel dettaglio che meccaniche di gamification sono state implementate e per raggiungere quale obiettivo.

“TripCollective è il nostro programma avanzato per recensori che ti premia ogni volta che aggiungi contenuti su TripAdvisor. Può essere considerato come il modo in cui la community di viaggiatori ti “ringrazia” per averla aiutata collettivamente a organizzare meglio i viaggi.”

La prima meccanica in piedi è un sistema di punteggio. Ad ogni azione corrisponde una ricompensa variabile in punti collegata all’importanza che quella azione riveste nelle strategie aziendali.

Tripadvisor assegna punti in relazione ad alcune azioni compiute dagli utenti

Tripadvisor assegna punti in relazione ad alcune azioni compiute dagli utenti

Come testimonia l’immagine di cui sopra, viene incentivata primariamente la creazione di articoli di viaggio e l’inserimento di recensioni. A livello di design, la scelta di attribuire punteggi così bassi non è estremamente motivante per un utente. Non avendo un costo l’erogazione di punti virtuali, consiglio sempre di usare multipli di 10. Invece di 1 punto che suona estremamente poco ingaggiante, farlo diventare 10 0 100 e di conseguenza proporzionare gli altri valori.

Triè

La community di Tripadvisor può salire di livello attraverso le interazioni

Oltre ai punti, sono presenti i Livelli. In relazione alla soglia numerica raggiunta, si sbloccano automaticamente nuovi livelli progressivi fino al sesto. Purtroppo lato design un paio di errori sono presenti, almeno nell’ottica di chi – come me- proviene dal game design. Innanzitutto la progressione numerica non è ben calibrata, sarebbe opportuno far partire l’utente già dal livello 1 così da farlo sentire più vicino alla meta rendendo facile l’ascesa al livello successivo. La curva di difficoltà poi va ampliata progressivamente fino al boss di fine livello, ovvero un ultimo livello molto più complesso da raggiungere rispetto agli altri (non più il salto doppio da 5000 a 10.000 ma magari da 5000 a 12.000) così da diventare una sorta di status esclusivo. Secondo errore sta nella narrativa, dare ai livelli i nomi numerici è scarsamente in sintonia con l’esperienza complessiva.

Tripadvisor Badge

Sono numerosi i badge introdotti da Tripadvisor sul modello di Foursquare

La componente più interessante di TripCollective è sicuramente quella dei badge. Gli sviluppatori hanno individuato quattro macro-aree comportamentali, ciascuna sollecitata da un discreto ventaglio di badge digitali che saranno poi disponibili sul profilo personale e di conseguenza a tutta la community.

Il primo set va sotto il nome di “Contributore”. Viene chiesto alla community di partecipare attivamente attraverso l’inserimento di recensioni. Con una review si diventa “nuovo contributore” fino ad arrivare a “recensore super” con oltre 50.

Il secondo set va sotto il nome di “Esperienza”. L’utente può mostrare la propria specializzazione in Hotel piuttosto che Ristoranti sbloccando alla prima recensione il badge ed aggiungendo ulteriori gagliardetti ogni 3 articoli

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Il terzo set è “Passaporto”. Dopo aver inserito recensioni in due nazioni differenti si sblocca questo badge volto a dimostrare il proprio essere internazionale.

Il quarto set è “Voti Utili”. In base al numero di like sui propri articoli si sblocca un badge progressivo, basta un voto ma si può arrivare anche ad over 100 per il badge ultimo di categoria.

Il quinto set è “Esploratore”. Questo è particolarmente forte lato trigger comportamentale, spinge gli utenti a recensire una nuova struttura.

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Infine abbiamo un badge molto interessante, personalmente lo ritengo il più interessante. Il Traveller’s Choice è un riconoscimento dato a quegli utenti col fiuto del talent scout, in grado di anticipare quali strutture saranno premiate per la loro eccellenza.

Questi sono solo due degli esempi recenti di un ripensamento a monte dell’interazione con la propria community che ormai è parte fondamentale dell’esperienza stessa di navigazione. Senza una loro partecipazione attiva attraverso il caricamento di svariati contenuti i portali perderebbero gran parte della loro ragion d’essere e forza propulsiva. Aprirsi significa anche diventare bidirezionali e creare un rapporto ricco di engagement, ed è qui che la gamification porta un valore aggiunto unico.

 

Gamification aumenta le vendite E-Commerce

Dopo 15 anni spesi nell’industria dei video-giochi quello che ancora oggi più mi stupisce sono i 15 miliardi di dollari spesi nel 2012 (con un trend in crescita) nell’acquisto di beni virtuali da utilizzare nei giochi. Parliamo di soldi dannatamente reali che dalle tasche dei giocatori si trasferiscono verso quelle degli sviluppatori per ottenere in cambio fiori, armi, magie, monete, vestiti tutti rigorosamente virtuali. Start up come la finlandese SuperCell generano giornalmente 5 milioni di dollari (1.7 miliardi di dollari fatturati nel 2014) attraverso micro-transazioni con un catalogo di soli 3 titolo! Quale e-commerce con solo tre prodotti nello store digitale può vantare simili metriche? Questi comportamenti di acquisto nel gaming, che per qualcuno potrebbero sembrare sinonimo di un forte disagio sociale, sono in realtà una miniera d’oro per le aziende. Sono tantissimi i principi psicologici e le tecniche di game design messe in atto per creare delle abitudini e di conseguenza motivare gli utenti verso l’atto di acquisto.

Nelle giornate formative che tengo presso le aziende (Gamification in Fashion & Retail slides o Gamification in Banking & HR)  e nei progetti a cui ho lavorato mostro quante e quali sono le tecniche facilmente implementabili per raggiungere obiettivi concreti come l’aumento degli acquisti, la possibilità di pilotare il timing degli acquisti, favorire l’acquisizione virale di nuovi acquirenti abbattendo i costi di acquisizione, migliorare la profilazione o utilizzare il potere del crowdsourcing per trasformare i possibili acquirenti da consumatori in consumAttori.

La versione arcade di Final Fight usava un counter per incentivare l'inserimento di un nuovo gettone per continuare da dove si è perso.

La versione arcade di Final Fight usava un counter per incentivare l’inserimento di un nuovo gettone per continuare da dove si è perso.

Oggi mi soffermo a parlare di uno dei motivatori più forti verso l’insorgenza dell’atto di acquisto di impulso. Scarsità e Paura di Perdere sono leve psicologiche su cui è possibile agire, mediante specifiche tecniche di design, ed in grado di far prevalere la componente emotiva su quella razionale del nostro cervello.

Da decenni nei video-giochi sono numerosi gli oggetti a tiratura limitata. La scarsità può sopraggiungere per quantità, solo 10 spade speciali nello store, o per temporalità con un modello di spada disponibile solo il 30 Aprile. In alcuni casi quantità e temporalità vengono utilizzate contestualmente dando vita ad una combo micidiale, 5 spade speciali disponibili solo oggi. L’idea che ci sia qualcosa di quasi unico porta molti utenti ad agire irrazionalmente per paura di perdere (n.b. qualcosa che non è ancora loro)  una incredibile occasione. La semplice aggiunta di una riga di testo che esalta la scarsa reperibilità del bene contribuisce a generare significativi introiti extra per i creatori di giochi.

L’aggiunta di un timer, sia sotto forma di countdown (temporale) che di progress bar (quantitativo), è terribilmente specifico ed aiuta a raggiungere risultati molto migliori rispetto a scritte standard come “incredibile offerta”, “solo per oggi”. La sua dinamicità, inoltre, gratifica il nostro cervello dando il senso progressivo di qualcosa che si sta perdendo. Vedere la barra riempirsi o il countdown passare da 10 ore a 10 minuti rinforza enormemente il senso di urgenza.

Gamification Desesign Groupon

La scarsità temporale è una delle tecniche di gamification design di Groupon

Nel mondo non ludico alcune aziende hanno iniziato a sperimentare l’introduzione di tricks psicologici basati sulla scarsità, urgenza e paura di perdere. In ambito e-commerce l’urgenza può essere applicata al numero di unità disponibili di un bene, alla sua disponibilità temporale, ad una offerta di sconto o ancora collegato al delivery entro il giorno successivo (uno dei trend in maggior crescita in ambito e-commerce) L’antesignano è Groupon, soprattutto nei primissimi anni quando l’azienda americana non era ancora il gigante multi miliardario di oggi con decine di milioni di utenti. Le prime interfacce del portale presentavano una serie di tecniche scientemente implementate. Tra le tante vi era un countdown che instillava un senso di pressione temporale in grado di guidare un acquisto immediato di impulso. Acquisto che i dati testimoniano essere frutto dell’irrazionale considerando che oltre il 30% dei coupon acquistati poi non vengono mai utilizzati. Ma come è possibile che un semplice tab con un counter riesca a incidere così profondamente sui risultati economici di una azienda?

Su WhichTestWon è apparso un paper estremamente interessante che conferma quanto avevo appreso sul campo videoludico. E’ stato condotto su un portale di e-commerce un A/B test che ha mostrato risultati insolitamente diversi tra i 2 target esposti a 2 interfacce diverse per un unico aspetto. La differenza che ha portato un aumento delle vendite del 9% sul capo oggetto del trial stata l’aggiunta di un piccolissimo timer che conta il tempo mancante per poter “vincere” la consegna dell’oggetto acquistato per il giorno successivo.

Un test dimostra come l'aggiunta di un counter temporale in un e-commerce aumenti le vendite

Un test dimostra come l’aggiunta di un counter temporale in un e-commerce aumenti le vendite

Questi dati confermano le scelte compiute già da tempo da Amazon che introduce il senso di urgenza temporale ricordando al possibile acquirente entro quando l’acquisto va effettuato per poterlo ricevere il giorno seguente.

Amazon ha aumentato il proprio fatturato introducendo il senso di urgenza

Amazon ha aumentato il proprio fatturato introducendo il senso di urgenza

E sempre Amazon con l’indicazione di una urgenza quantitativa, vengono ricordati i prodotti disponibili in stock limitato.

Amazon gamification

Amazon stimola l’acquisto indicando la scarsità quantitativa dei prodotti

Se volete saperne di più su come implementare tecniche di gamification per migliorare le performance del vostro e-commerce scrivete a info @ gameifications.com.

Gamification Design: Free Lunch Game Dynamic

Mi capita spesso di osservare progetti che richiamano nella propria descrizione una particolare attenzione verso la partecipazione attiva dell’utente.  Creare engagement è, sicuramente, la sfida dei prossimi anni e necessita di una apertura mentale verso quelle discipline che da sempre hanno fatto della interazione la propria ragion d’essere. I videogiochi hanno iniziato negli ultimi anni ad attirare l’attenzione di marketers, web designers, esperti di user experience per la loro capacità, attraverso tecniche di design, di creare connessioni emotive ed interazioni mai viste in altri contesti. La capacità di creare comportamenti avviene attraverso centinaia di meccaniche e dinamiche, è un invito aperto ad andare oltre punti, badge, rewards e l’altra manciata di tecniche sempre più spesso utilizzate nei progetti gamification based.

Engagement Design Deck creato da Fabio Viola aiuta a progettare esperienze ricche di engagement

Engagement Design Deck creato da Fabio Viola aiuta a progettare esperienze ricche di engagement

Per facilitare la fase di progettazione ho creato un mazzo di carte contenente 70 tecniche di design (in continuo aumento) provenienti dal gaming, scienze comportamentali e psicologia in grado di aiutare aziende ed enti pubblici nell’individuare le migliori soluzioni per raggiungere gli obiettivi prefissati senza dimenticare il target di riferimento.

Oggi esaminiamo la dinamica “Free Lunch”.

Descrizione: Sentirsi premiato per azioni compiute totalmente o in larga parte da altri utenti. L’utente deve sentirsi in qualche modo “fortunato” comprendendo di essere parte di un’onda positiva. E’ sempre legato ad azioni che hanno un reale valore, economico o emotivo, per l’utente stesso.

Vantaggi: La corretta implementazione di questa dinamica stimola l’insorgenza di comportamenti: viralità, fidelizzazione, divertimento, fatturato.

Target: E’ una di quelle tecniche compatibile con tutti i i possibili target (vedi Player’s Type Guide).

Case History #1 – GROUPON

L’antesignano nell’implementazione del Free Lunch è stato sicuramente Groupon. Nei primi anni di vita, il gigante americano ha fatto ricorso a numerose tecniche di design per favorire la viralità delle offerte, la partecipazione attiva della comunità, aumentare il fatturato, guidare il timing dell’acquisto e mantenere un ambiente fun e sociale.  L’immagine sottostante evidenzia alcune delle tecniche di engagement messe in campo, la corretta amalgama ha reso Groupon una delle più famose start up mondiali.  In altra sede mi soffermerò sulla meccanica del counter che genera la dinamica della pressione temporale, strumento potentissimo in simbiosi col principio del “Loss Avoidance” ovvero la paura di perdere qualcosa (in questo caso il deal unico e irripetibile). Rimanendo nel tema dell’articolo, Groupon sbloccava il reward (un massaggio scontato del 78%) solo al raggiungimento di un determinato traguardo (100 coupon acquistati ad esempio). Il destino era totalmente nelle mani della community, in base alle loro interazioni quella magica occasione si sarebbe concretizzata o evaporata nel nulla.  Una “epica” missione collettiva dove ognuno si sente un eroe per se stesso (accedere all’offerta desiderata) e per gli altri (dar loro la possibilità di acquistare senza l’ansia del raggiungimento numero minimo). Una progress bar indicava il numero di acquirenti mancanti per sbloccare il deal ed una interfaccia con pulsanti social consentiva istintivamente di condividere l’offerta per raggiungere più velocemente l’obiettivo.

Questo è il Free Lunch nella sua essenza più pura.

Groupon è un esempio perfetto di gamification design. Free Lunch è una delle dinamiche introdotte!

Groupon è un esempio perfetto di gamification design. Free Lunch è una delle dinamiche introdotte!

Case History #2 – MOCLOTH

ModCloth.com è un e-commerce di vestiti e accessori per donne nato negli Stati Uniti. Sin dagli esordi il portale ha puntato tanto sulla partecipazione attiva e sulla co-creazione degli indumenti attraverso la sezione “Be The Buyer“.  L’iniziativa consente al “customer” di diventare membro virtuale del Fashion Buying Team sbloccando il potere di dirci quale modello ti piace. Nella pagina vengono mostrati possibili modelli, ma ad entrare effettivamente in produzione saranno solo quelli che hanno ottenuto il maggior numero di “Pick It” (pulsante equivalente al Like). Quindi sono gli stessi utenti a votare e a decidere cosa mandare in produzione e cosa no. Se l’oggetto votato entra in produzione, l’utente riceve una mail che l’avvisa del successo ottenuto e lo invita ad acquistarlo prima di tutti.

L’immagine mostra bene l’user experience lato utente. Come spesso accade più meccaniche e dinamiche si sovrappongono per raggiungere il risultato sperato, in questo caso una importante parte di storytelling introduce il visitatore nell’esperienza conferendo un senso epico alle proprie azioni. In basso si intravede la pressione temporale con l’indicazione dei giorni mancanti, una componente di voting ed ovviamente il nostro Free Lunch. Gli utenti potranno, agendo attivamente col Pick It o solo beneficiandone, sbloccare accedere a nuovi capi di vestiario attraverso il lavoro svolto collettivamente. Nell’interfaccia sono presenti anche i classici bottoni social per velocizzare e aumentare i voti ottenuti dal proprio capito preferito.

 

Storytelling, pressione temporale e Free Lunch sono alcune tecniche di gamification in ModCloth.com

Storytelling, pressione temporale e Free Lunch sono alcune tecniche di gamification in ModCloth.com

Una volta cliccaro sull’abito di interesse, si accede ad una intuitiva interfaccia che rinforza il messaggio esperienziale con un nuovo momento di storytelling. Viene solleticato l’ego del visitatore definendolo “trendsetter” e gli si trasmette in modo diretto e trasparente una richiesta di aiuto (il messaggio combacia col target femminile dell’audience molto più incline alla componente di caring) In evidenza, con enfasi di colore su Pick It, i bottoni per votarlo o passare al campo successivo. Subito sotto lo Step 2 per facilitare lo sharing sociale.

L'interfaccia di voting e sharing in ModCloth Be The Buyer

L’interfaccia di voting e sharing in ModCloth Be The Buyer

Case History #3 – WIDIBA

Widiba è la banca online del Monte dei Paschi di Siena e recentemente ha fatto discutere per una interessante iniziativa. Il livello di innovazione nel settore finanziario è altissimo, per la prima volta un istituto bancario coinvolge direttamente i potenziali clienti nel processo decisionale del tasso di interesse. Dal 16 Gennaio al 12 Febbraio 2015 la banca ha individuato un obiettivo comune, raggiungere 50.000 interazioni social per passare dal tasso base del 2% al più allettante 2.5%.  In questo caso il free lunch è parziale, gli utenti che partecipano solo gli unici a beneficiare dell’innalzamento del tasso. Per intensificare i comportamenti, la campagna Alziamo il Tasso introduce anche la componente di scarsità limitando a 200 i possibili beneficiari giornalieri di questo vantaggio.

A pochi giorni dalla chiusura dell’iniziativa, sono state quasi raggiunte le 50.000 interazioni. La dinamica abbinata ad un reward molto forte economicamente ha generato dei comportamenti di estrema fidelizzazione ed attivismo con un tasso costante nel tempo di interazioni con la pagina fb e twitter da parte dei medesimi utenti. E’ un numero molto elevato in un settore scarsamente appealing e consumer, la banca sta facendo customer acquisition a in modo totalmente inconvenzionale e sono sicuro aprirà la strada a numerose iniziative clone.

Widiba, banca online del Monte dei Paschi di Siena, pone l'engagement al centro nella campagna Alziamo il Tasso

Widiba, banca online del Monte dei Paschi di Siena, pone l’engagement al centro nella campagna Alziamo il Tasso

Il buon storytelling crea emozioni e cambia comportamenti attraverso l’Ossitocina

..Isacc Clarke parla con la sua fidanzata Nicole ma è tutto un sogno… La realtà lo riporta in una sala medica,  imprigionato in una camicia di forza a colloquio con uno psichiatra…il male si avvicina ed inizia una fuga tra corridoi infestati da necromorfi…

Uno studio condotto da Vertical Slice ha analizzato le reazioni dei giocatori di fronte ad una serie di videogiochi mostrando scientificamente come il flusso narrativo possa realmente influenzare alcuni nostri parametri vitali come temperatura superficiale, conducibilità elettrica della pelle, battito cardiaco e di conseguenza il nostro cervello.

Questo Youtuber alle prese con Dead Space 2 ci esemplifica, senza supporto scientifico, quanto potente ed ingaggiante possa essere una storyline ben costruita portandoci alla totale identificazione col protagonista…

Questo straordinario potere di creare una forte connessione non è solo dei videogiochi, anzi dobbiamo a libri e cinema la capacità di fare “storytelling” nel senso moderno del termine. Se nei media fin qui citati la narrazione ha il compito di creare engagement, è assolutamente pensabile estendere la sfera di influenza al mondo commerciale e no profit riutilizzandola come tool.

Diamo una occhiata alla campagna pubblicitaria della birra Budweiser andata in onda durante il Superbowl americano (4 milioni di dollari per uno spot di 60 secondi..) dal titolo “Puppy Love”

Una storia di amicizia tra due animali sovrastata da difficoltà fino ad un picco che vede il labrador adottato e portato via dal ranch. Quando ormai tutto sembra perduto i cavalli impediscono all’auto guidata da coloro che hanno adottato il cane di lasciare la tenuta e finalmente la storia di amicizia si corona e tutti vivranno felici e contenti.

Noi essere umani siamo attratti dalle storie in quanto creature sociali interconnesse l’una all’altra, sin dalla nascita della specie umane ci raccontiamo e tramandiamo storie.  Molte di queste storie seguono spesso degli schemi standardizzati, tant’è che ancora oggi è attualissimo il libro Tecnica del dramma (1863) scrtto da Freytag anche conosciuto per la sua Piramide.

Spesso i racconti seguono i lseguente schema:

Introduzione: Il lettore conosce il personaggio principale e l’ambientazione; apprende informazioni fondamentali e trova l’elemento che motiva il resto della storia.

– Crescita: L’azione accelera e la tensione aumenta verso il culmine della storia. Le relazioni tra personaggi e fatti diventano più dettagliati e incalzanti.

– Climax: Il culmine dovrebbe essere la parte più emozionante della storia. Questo è il picco della piramide Freytag, anche se non necessariamente presente nel mezzo della storia, come suggerisce il modello piramidale. Il protagonista trova il suo momento decisivo, il culmine, in un momento di grande conflitto interno e/o esterno. Se vi è un antagonista significativo, è il momento in cui il protagonista decide di scontrarsi.

-Decrescita Lo stato di eccitazione va verso uno stato di risoluzione. Il protagonista può avere un cambiamento permanente, positivo o negativo. La situazione non è stata risolta, ma il periodo di maggior tensione e pericolo è dietro il protagonista.

– Risoluzione Nel finale, i segreti vengono rivelati e le tensioni si sciolgono. In un romanzo poliziesco classico, questa è la sezione in cui il cattivo confessa e viene portato ad affrontare la giustizia. In una storia d’amore, i due vanno a vivere insieme, felici e contenti.

La Piramide di Freytag per costruire uno storytelling

La Piramide di Freytag per costruire uno storytelling

Un passo avanti nella compresione di questo legame storytelling/engagement arriva un recente studio pubblicato dal professore Paul J. Zak su Harward Business Review.

“Un decennio fa, il mio laboratorio scoprì che l’ormone ossitocina favorisce l’approccio verso gli altri individui quando arriva nel cervello. L’ossitocina viene prodotta quando percepiamo la fiducia degli altri in noi esiamo gentili mootivando la cooperazione col prossimo.  Esso naturalmente aumenta la nostra empatia e l’abilità di comprendere le emozioni altrui.

Il passo avanti nelle ricerche arriva dalla constatazione che sia possibile “hackerare” il sistema dell’ossitocina per motivare le persone a virare su comportamenti di cooperazione. Ed ecco una cosa nota, ma ora scientificamente comprovata, la sintesi dell’ossitocina viene indotta quando ci sono storie basate su personaggi. Potremmo definire l’Ossitocina l’ormone dell’Empatia. In relazione alla quantità immessa in circolazione avremo comportamenti sociali, caritatevoli, altruisti più o meno intensi.

Concludendo, ritengo che sia fondamentale introdurre una storia nei progetti gamification based. Creare un senso più ampio alle azioni, magari meccaniche e ripetitive che chiediamo di compiere agli utenti, aiuta a creare più forti connessioni emotive ed a catturare maggiormente la curva di attenzione. Molto possiamo imparare da quanto avviene da un secolo nell’industria cinematografica e da qualche decennio in quella dei videogiochi.

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Cognitive Bias: Sbagliare in modo prevedibile!

Negli ultimi anni mi è capitato di osservare diversi miei amici eccellere nei videogiochi. Non importa che si trattasse di un racing game o di un complesso universo virtuale, alcuni di loro palesavano indiscutibili doti di leadership, capacità strategica, adeguamento istantaneo alle nuove difficoltà e un pazzesco problem solving. In un MMORPG uno di loro è diventato capo di una importante gilda e, alla stregua di un manager di azienda, impartiva ordini, organizzava riunioni operative, aiutava i nuovi arrivati nella fase di training, sedava rivalità interne e pianificava in ogni minimo dettaglio le prossime mosse.

Questa descrizione potrebbe sorprendere chi è totalmente estraneo al mondo dei videogiochi, ma io rimasi colpito da un altro aspetto. Queste stesse persone nella vita reale spesso faticavano terribilmente, alcuni a raggiungere la sufficienza in alcune materie del Liceo altri nel mondo lavorativo non riuscivano a farsi spazio.

Come è possibile che lo stesso individuo sia un leader naturale all’interno di un gioco e fallisca nella vita reale?

La risposta è ovviamente complessa e riguarda almeno due aspetti:

– I videogiochi sono appositamente disegnati per incoraggiare e favorire skills naturalmente presenti nel nostro DNA. Favoriscono la crescita personale nel sistema attraverso una serie di meccaniche e dinamiche che stimolano la nostra componente innata non mediata da filtri esterni (capiremo meglio il significato continuando la lettura). Al contrario gran parte del mondo attuale è stato disegnato nell’800/900 con in mente un target di individui molto diverso. Di questo ragionamento si trovano echi in diversi altri articoli del blog.

– L’aspetto che andremo ad approfondire, invece, riguarda la dicotomia presente nel nostro sistema pensante ed il modo in cui tendiamo a crearci delle abitudini/patterns che sono altamente fallaci.

Chi ha seguito il blog e le mie presentazioni su Slideshare conosce il ruolo fondamentale che la componente razionale e quella emotiva del nostro cervello giocano in ogni istante della nostra vita.

La parte destra emotiva, detta anche Automatic System, è veloce, inconsapevole, skillata ed incontrollata.

La parte sinistra razionale, detta anche Reflectice System, è lenta, controllata, deduttiva, segue le regole e consapevole.

Quando entriamo in un negozio la parte automatica inizia ad accendersi e inserirebbe nel carrello tanti capi di vestiario legati a qualche stimolo inconsapevole (colore, forma..). Qui entra in gioco la parte razionale che inizia a riflettere sul da farsi ponderando numerosi elementi (costo, conto bancario..).

Un giocatore può vivere entrambi gli stadi. Al primo approccio col prodotto necessita della componente razionale per comprendere e creare degli schemi logici di utilizzo. Ora dopo ora inizia la metabolizzazione di patterns che diventano totalmente assimilano dopo un certo tempo speso. Da riflessiva l’esperienza diventa automatica e qui avviene la cesoia tra un giocatore ed un pro player, quest’ultimo è in grado di eseguire un numero incredibile di combo o elaborare la strategia migliore in modo del tutto inconsapevole.

Di conseguenza un videogioco o un progetto gamificato, quando ben disegnati. riescono a immergere l’utente nella sua componente irrazionale dove è più facile lavorare sulla modifica/alterazione dei comportamenti.

Ma accennavo in fase iniziale alla fallacia di molte scelte umane, in gran parte dovute alla necessità di crearsi degli schemi di lettura del mondo che ci circonda. Questa prassi si invetera per via dell’impossibilità di azionare ogni secondo la nostra componenente razionale che altrimenti esploderebbe. Ed allora ci creiamo delle linee guida attraverso le quali prendiamo le nostre decisioni.

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I cognitive bias (errori) sono tanti e conoscerli è fondamentale per un gamification designer!

Da oltre un trentennio psicologi e comportamentalisti hanno studiato le nostre azioni quotidiane per individuare comportamenti irrazionali che continuamente perpetriamo. Conoscere questi bug nel nostro cervello significa essere in grado di modellare le nostre strategie. Tra i tanti fattori che ci accomunano:

Status Quo Bias: William Samuelson e Richad Zeckhauser nel 1988 dimostrarono che l’essere umano ha la tendenza a rimanere all’interno del proprio perimetro di azioni. Pensiamo al mondo televisivo, vengono studiati i palinsesti per creare un “access time” molto forte così da trainare lo share del programma di prima serata. Questo avviene perchè si ha la tendenza a non cambiare, in questo caso canale, dando una opportunità a ciò che segue (e di conseguenza ricavi pubblicitari per la fascia oraria più importante nelle TV). Nel gaming questa tendenza si è persa, ma sono fortemente convinto che insieme al modello free to play ci sarà una riscoperta della subscription. Una volta che si è aderita ad una promozione, 3 mesi gratis si abbonamento al gioco XX, l’utente tenderà a rimanervi abbonato anche quando il prezzo da promozionale diventerà standard.

Framing: Lo psicologo Amos Tversky della Stanford University e dal Premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman sono stati i pionieri della Teoria del Framing, l’idea che il modo col quale viene confezionata una notizia possa influire sulla percezione di chi la riceve. Questo potentissimo tool è da anni utilizzato nei videogiochi e soluzioni di gamification all’interno di una cornice di storytelling. Prendiamo come esempio una pozione magica venduta attraverso una pop up che appare in un determinato momento di gioco. Essa potrà recitare:

A) Acquistando la Pozione Magica avrai il 50% di possibilità di superare incolume il livello

B) Non acquistando la Pozione Magica una volta su due vedrai il Game Over

Per via del Motivational Design Framework di cui vi ho spesso parlato, noi individui tendiamo spesso a scegliere le soluzioni che ci evitano una apparente perdita piuttosto che quelle evocanti un guadagno.

Prendiamo un altro esempio di vita reale, una campagna sociale trasmessa in tv dal Ministero dell’Ambiente:

A) Se utilizzi metodi di risparmio energetico risparmi 300 euro in un anno

B) Se non utilizzi metodi di risparmio energetico perdi 300 euro in un anno.

Le opzioni B (negatively framed informations) sono psicologicamente più forti delle opzioni A (positively framed informations).

 

Loss Avversion: E’ direttamente collegata a quanto raccontato nel Framing, la paura di perdere qualcosa che si ha o si crede già propria è superiore alla gioia di guadagnare la medesima istanza. Giochi come Farmville han basato parte del proprio successo sull’istinto umano a rientrare nel gioco per non perdere il proprio raccolto. La loss aversion produce inertia, contribuisce al mantenimento dello status quo. Se io ho investito tanto tempo/soldi in qualcosa tenderò a rimanerci legato nel tempo più per obbligo morale che per reale attaccamento.

 

Optimism: Noi tutti siamo irrazionalmente ottimisti su noi stessi tanto nei piccoli quanto nei grandi aspetti. Numero ricerche han dimostrato la tendenza a sopravvalutarci, ci riteniamo guidatori migliori della media, i professori si ritengono più bravi dei loro colleghi. Uno studio condotto su un gruppo di entrepreneurs in fase di lancio con start ups locali (ristoranti, bar, saloni dove mediamente c’è il 50% di fallimento) dimostra efficacemente questo coniugato. Fu posto loro un questionario composto da due semplici domande:

1) Quale è la percentuale tipica di successo per una attività come quella che stai aprendo?

2) Quale è la tua chance di successo?

Le risposte medie ottenute dal sondaggio indicano nel 50% la risposta alla domanda 1 ed il 90% alla domanda 2! Se non è ottimismo ed over confidence questa!

 

Representativeness:  Le persone tendono a classificare tutti gli eventi e giudicare oggetti/persone in relazione a prototipi già formatisi nel nostro cervello. Quando qualcosa di insolito si palesa, tendiamo ad ogni modo ad inserirlo nel gruppo che più gli si avvicina.

La gambler’s fallacy nasce appunto da un errato ragionamento dovuto alla representativeness. Se per quattro volte consecutive è uscito un numero rosso sulla roulette, molti tendono a puntare sul nero perchè nel pattern mentale è innaturale una quinta uscita del rosso. Ma la razionalità ci dice tutt’altro, ad ogni spin la pallina ha il 50% di possibilità di cadere su rosso o nero.

Un ragionamento di questo tipo è dietro al boom del SuperEnalotto. Quando il 7 non esce da tanto tempo le puntate aumentano perchè si ritene che le chance siano in aumento.

Se dovessimo lanciare un prodotto inedito, avrebbe molto senso posizionarlo vicino ad una classe nota o nell’advertising relazionarlo a prodotti con i quali l’utente è già familiare.

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Availability: Il nostro cervello va alla ricerca di casi similari per rispondere a determinate situazioni. Se un venditore di polizze contro i furti è di fronte a noi, tendiamo ad aderire all’offerta o meno in base a quanto disponibile è nel nostro database il ricordo di furti subiti da noi o persone a noi care. Ecco spiegato perchè dopo un terremoto si impenna il volume di vendita di polizze assicurative contro questo evento naturale, ma dal giorno seguente il sistema la curva inizia a calare man mano che il ricordo si allontana nel tempo.

Ed allora perchè non provare a vendere uno scudo virtuale in un videogioco proponendo in pop up l’immagine di un nostro amico morto in battaglia proprio perchè privo di tale difesa? Questo rafforzerebbe terribilmente la propensione all’acquisto dell’item.

 

Anchoring: E’ il processo di generare una valutazione partendo da un ancora a noi vicina, un valore che conosciamo, per poi aggiustarlo verso la direzione che ci sembra più appropriata. Ovviamente l’ancora di partenza, diversa per ciascuno di noi, ci porta a stimare in modo inesatto.

Questo errore comportamentale è da anni alla base di molte strategie di vendita. Pensiamo ad un gala di beneficenza, se gli organizzatori fissano soglie di donazione di 100 – 500 e 1000 euro probabilmente molti degli invitati, persone alto-borghesi inserite in un contesto altamente sociale, sceglieranno l’opzione da 500 per non esser additati come coloro che donano il minimo possibile. Se allo stesso gala l’ancora minima fosse stata 50 euro, probabilmente molti si sarebbero rivolti all’opzione 100 euro.

Come abbiamo brevemente visto, il cervello spesso utilizza delle scorciatoie per giudicare, relazionarsi e decidere. Questi shortcut ci semplificano indubbiamente la vita, evitando al cervello riflessivo di intervenire istante dopo istante, ma al contempo ci inducono spesso in errore.