Case study

Bandersnatch – gamification delle serie tv

Viviamo un momento potenzialmente storico per quanto concerne la distribuzione e realizzazione dei contenuti televisivi.
Netflix ha già sdoganato l’on demand rendendolo la forma di fruizione standard laddove pochi anni fa vigeva la serializzazione dei contenuti su più canali in stile Sky.
Netflix ha poi arricchito l’interfaccia utente pilotando i contenuti in base alle preferenze (tempi di visione, tipologie di generi più clikkati) creando, perdonatemi il termine improvvisato, l’on demand dell’on demand.

Questo tipo di offerta ha liberalizzato la scelta del fruitore sia in termini di cosa si voglia vedere sia in termini di quando e quante volte. Si potrebbe, un po’ forzatamente, vedere già in questo percorso l’embrione della gamification, ma il decennio che è iniziato potrebbe portarne all’estremo i principi creando quella che alcuni timidamente definiscono gamified TV, termine che sicuramente verrà affinato in futuro.

bandersnatch gamification

La gamified TV significa che il contenuto diventa interattivo, affinchè l’utilizzatore non sia passivo di fronte allo schermo, ma contribuisca allo svolgimento della trama.

Un concetto del genere esiste da anni nell’ambito dei libri game e di qualche videogioco (celebre il recente Detroit), anche se i risultati non sono stati sempre memorabili ed una sua applicazione nelle produzioni televisive, con tutto le conseguenze sul montaggio e la sceneggiatura che esplodono in complessità, non sembra facile.

Tra le serie tv che han fatto parlare di se per questa tipologia di sperimentazione, è impossibile non soffermarsi su Black Mirror: Bandersnatch del 2018.

Ambientato nel 1984, Bandersnatch è la storia di un giovane programmatore di videogiochi di nome Stefan, che si propone di costruire un gioco a scelta multipla, basato su un libro di fantascienza che segue anch’esso la formula a scelta multipla, mentre lo spettatore ha più opzioni tra cui scegliere su come si svolge la trama.

 

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Il potenziale insito in un film interattivo è molto grande: pensate alla possibilità di saltare le noiose scene romantiche nei film d’azione, o le scene più cruente se siete sensibili, o ridurre la presenza di un personaggio che non gradite; pensate a queste scelte moltiplicate all’inverosimile nella trama di un telefilm che si dipana per molte puntate. E’ sicuramente un concetto allettante, ma con diversi punti oscuri che cercheremo di smascherare. Non è mistero infatti che la proposta di Netflix ai creatori di Black Mirror sia stata inizialmente rifiutata perchè sembrava ingannevole nei confronti dello spettatore, e logisticamente ingestibile.

 

Questa sfida è stata superata grazie agli ingegneri di Netflix che hanno creato uno strumento di scrittura delle sceneggiature per narrazioni ramificate, soprannominato Branch Manager.

Lo strumento consente ai creativi di creare narrazioni complesse che includono loop, guidando gli spettatori alla storia principale quando si sono allontanati troppo.

Usando questo strumento, Bandersnatch usufruiscedi cinque possibili finali. Gli spettatori che scelgono il percorso più rapido possono concludere il film in circa 40 minuti. Il tempo medio di visione è invece di 90 minuti.

 

Le modifiche alla trama che lo spettatore può scegliere sono a volte fondamentali, indirizzando verso un finale alternativo, a volte accessorie come potrebbe essere la scelta di un vestito, di che tipo di colazione comprare o di quale macchina guidare.

La potenza smisurata della gamification si rivela in queste piccole scelte: mentre lo spettatore le esegue risultandone magari anche divertito, Netflix raccoglie una mole di informazioni sulle nostre tendenze e gusti commerciali, e questi dati sono oro puro sia per rivenderli ad aziende terze, sia per pilotare le future produzioni verso contenuti più facilmente “accettabili” dal grande pubblico, in base alle scelte statisticamente più gettonate.

I dati di backend registrati dai percorsi decisionali delle persone possono essere venduti ai marchi per aiutarli nelle future decisioni di marketing,

Le azioni dei protagonisti rispecchiano i nostri gusti e quindi diventano target di messaggi commerciali mirati.

Questo per quando concerne i prodotti non digitali, della grande distribuzione, ma pensiamo inoltre ai contenuti digitali.

Un esempio eclatante, e già implementato in Bandersnatch è la scelta di colonne sonore, con la visione delle stesse scene ma con musica differente. Dobbiamo fare uno sforzo mentale pensando come questa possibilità sia per ora solo esplorativa, e potrebbe in futuro arrivare addirittura a introdurre microtransazioni durante la visione di un film, laddove l’utente insoddisfatto di una colonna sonora, voglia pagare per sostituirla con una di sua scelta! Ciò potrebbe spianare la strada a accordi di data mining con Spotify o Apple Music, che avrebbero voce in capito sui contenuti dei film.

Non solo, l’esistenza di finali alternativi può spingere parte degli spettatori a reiterare la fruizione del prodotto, moltiplicandone la durata di vita.

Ciò comporterà la moltiplicazione dei numeri in streaming e per Netflix questo cammino non può che apparire come la strada verso un nuovo Eldorado.

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Facendo un passo indietro, l’aspetto oscuro di questo futuro è legato al lato artistico: lasciando al consumatore il potere di prendere decisioni sulla trama, si prevarica il ruolo del regista. Il suo potere è diminuito e di conseguenza l’aspetto artistico decade e il messaggio del film diventa molto personalizzato, facendo perdere alla pellicola la sua anima.

Questo elemento non è da sottovalutare in quanto potrebbe essere il tallone d’Achille che mina il successo della gamified TV, perchè il coinvolgimento dell’utente non va di pari passo con la qualità della narrazione (l’utente potrebbe fare sempre le scelte più semplici e banali per esempio) e quindi il prodotto risultante rischia di non essere memorabile.

Inoltre appare da subito evidente come questo approccio sia adatto per alcuni generi meglio che per altri, per esempio molto bene si sposa con l’horror, dove poter scegliere come un personaggio muore, o quale personaggio muore a scelta fra diversi profili sacrificabili, mentre un film basato su vicende storiche o profili iconici, verrebbe menomato dal fatto di cambiarne le scelte (Marty McFly che usa un cappello da cowboy invece del berretto come lo vedete?).

 

Non sappiamo se la TV del futuro, con questi presupposti, sarà migliore o peggiore, ma indubbiamente Bandersnatch è la dimostrazione eclatante di quali immensi potenziali la gamification sia in grado di creare laddove prima non esisteva neppure il sospetto che potessero esserci introiti latenti.

 

A cura di Valter Prette

Gamification del Sito Web: GamiPress – Parte 1

Il mercato offre molte soluzioni software per la gestione di esperienze progettate secondo le logiche della gamification. In un articolo recente ho presentato le funzioni di Glickon, un servizio pensato per ridefinire il concetto di candidate experience, ovvero del percorso che un candidato compie dal momento in cui entra in contatto con un’opportunità lavorativa al momento in cui avviene la selezione del suo profilo. Piattaforme e software per la gamification sono spesso legate a esigenze di specifiche nicchie di mercato e, nella maggior parte dei casi, consentono di accedere a una panoramica di funzioni solo seguendo una logica dimostrativa in qualche modo finalizzata alla vendita del servizio. Non c’è niente di male in tutto questo anche se diventa complesso sperimentare scenari in modo libero e non condizionato. L’esigenza di disporre di uno strumento libero con il quale realizzare esperienze utente progettate tenendo conto del fattore coinvolgimento, mi ha portato a cercare soluzioni che mi garantissero una certa misura di controllo sui passaggi chiave di un’esperienza, indipendentemente dal contesto di riferimento della stessa. In altre parole, la necessità di disporre di una tecnologia per automatizzare le attività previste per gestire un percorso progettato secondo logiche di gamification, mi ha consentito di scoprire e entrare in contatto con GamiPress. gamification wordpress plugin

Gami… che?!

GamiPress è un plugin per WordPress. WordPress è il sistemi di gestione contenuti per il web più popolare al mondo. Stando al dato presente sul sito web ufficiale wordpress.org, “il 35% del web utilizza WordPress, dai blog e siti personali, a quelli professionali, dalle notizie online, all’utilizzo come CMS, ed è supportato da una comunità open source“. Non si tratta di realtà minori o di siti web poco noti: la sezione showcase del portale da cui è possibile scaricare il codice sorgente del cms (“content management system”) riporta link di siti web di società come Sony Music, Rolling Stone, Vogue e tanti altri. WordPress è un software libero e il codice sorgente, disponibile per utenti e sviluppatori, ha favorito non solo la sua enorme diffusione ma anche la nascita e lo sviluppo di più di 55.000 componenti aggiuntivi (in gergo “plugins“) per adattare le funzioni della piattaforma a qualsiasi tipo di esigenza.
Immagine tratta da https://it.wordpress.org/
GamiPress si propone come punto di riferimento per chi intende sfruttare le potenzialità della piattaforma WordPress per creare siti web secondo logiche di gamification.
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Se ti è capitato di progettare e dover gestire esperienze in cui sono previste logiche di ricompensa e di progresso, ti sarai accorto di quanto sia complesso tenere traccia degli eventi e dei riconoscimenti assegnati. La tecnologia è uno strumento fondamentale per automatizzare o comunque semplificare questo aspetto, tanto per esperienze da svolgere esclusivamente online (creazione o fruizione di contenuti, accessi ricorrenti al sito web, attività di interazione con altri utenti) quanto per esperienze che gli utenti vivono offline (partecipazione ad un evento).

Gamification del Sito Web e… Non Solo

In sintesi, GamiPress nasce con l’intento di progettare siti web secondo logiche di gamification ma si adatta comodamente a diventare una piattaforma per la gestione di ricompense o progressione a livelli in esperienze online e offline. Il plugin è gratuito e consente di sperimentare diverse meccaniche. Per esperienze più complesse e complete c’è da prevedere un investimento che oscilla da circa 50 dollari per l’acquisto di una singola estensione (ad esempio, l’estensione o “add-on” per la gestione di una classifica costa 49 dollari, licenza per un solo sito web) a circa 700 dollari per l'”All Acces Plan” che consente di accedere a tutte le estensioni. C’è però da considerare un aspetto chiave: GamiPress è rilasciato con licenza AGPL-3.0. Questo significa che chiunque può accedere al codice sorgente, modificarlo ed estenderlo secondo le proprie necessità. Questa possibilità rende questo software unico nel suo genere. Se hai la possibilità di contare sul supporto di uno sviluppatore, puoi decidere di integrare qualsiasi tipo di funzione di cui il tuo progetto possa avere bisogno. Se non sei uno sviluppatore ma hai dimestichezza con il codice, il sito web del progetto propone molti snippet (porzioni di codice per personalizzare il funzionamento del software) pronti per l’uso.

Come Funziona GamiPress in Breve

La logica di funzionamento di GamiPress si basa su tre elementi chiave per la ricompensa di azioni che si desidera che l’utente compia: i punti (points), i traguardi (achievements) e i livelli (ranks).
  • I punti possono essere assegnati in automatico o manualmente quando un utente compie azioni “trigger” come ad esempio la lettura di un post, l’autenticazione, la pubblicazione di un post o il commento a post scritti da altri
  • I traguardi possono essere assegnati in base al completamento di semplici azioni o di sequenze specifiche di esse
  • I livelli consentono all’utente di progredire in base al percorso, anche in relazione a punti e traguardi
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Un aspetto davvero interessante riguarda la possibilità di gestire diverse tipologie di punti, traguardi e livelli. Un’esperienza può prevedere che l’utente acquisisca diverse tipologie di punti (punti esperienza basati su performance specifiche e punti valuta virtuale che sarà possibile “spendere” per riscattare ricompense reali o virtuali), diverse tipologie di traguardi e di livelli.

Esempi di Utilizzo

Questo rende il sistema altamente personalizzabile e adattabile a diverse tipologie di esperienza. Per semplicità riporto alcuni contesti in cui GamiPress potrebbe supportare la progettazione e la gestione di esperienze coinvolgenti:
  • Coinvolgimento della redazione di un blog o sito web, le ricompense e le loghi di avanzamento possono essere collegate alla frequenza e alla qualità dei contenuti prodotti
  • Coinvolgimento del pubblico di un sito web, punti e traguardi possono essere previsti per la qualità delle interazioni con i contenuti del sito web
  • Coinvolgimento degli studenti, funzionale se si adottano logiche di gamification per la gestione del blog di classe o corso, o del giornale online della scuola
  • Coinvolgimento dei clienti, che possono accedere alla propria area riservata e visualizzare i progressi legati alla propria esperienza di acquisto (punti fedeltà, ricompense dedidate)
La possibilità di assegnare punti, riconoscere traguardi e il raggiungimento di un determinato livello manualmente (l’amministratore può selezionare uno o più utenti e stabilire la ricompensa da assegnare), rende il software adatto a consentire di tracciare anche eventi reali. Un determinato distintivo digitale, ad esempio, potrebbe essere assegnato agli utenti che hanno partecipato di persona ad un determinato evento o hanno effettuato uno specifico acquisto.

Statistiche e Integrazioni con Altri Servizi

GamiPress, nel momento in cui questo articolo viene scritto, è stato scaricato più di 130.000 volte ed è attivo in più di 6.000 installazioni WordPress. È disponibile in tre lingue fra cui l’inglese e lo spagnolo, propone più di 25 estensioni e si integra con servizi popolari come Vimeo, YouTube o Zapier. Nella prossima parte dell’articolo vedremo più da vicino le potenzialità delle estensioni di GamiPress e una panoramica delle funzioni principali del core. Se sei interessato ad approfondire questa tematica e apprendere le basi di configurazione di un progetto di esempio, lascia un commento a questo post!   A cura di Sergio Ligato

Gamification della spesa con Panorama Pam

La gamification sbarca nei supermercati in forze grazie a Pam Panorama.

Il gruppo veneto crede fortemente nei benefici che questa scienza può portare alla fidelizzazione dei clienti e ne ha utilizzato i principi per rivoluzionare l’uso della carta fedeltà.
Tutti noi ovviamente abbiamo avuto a che fare con un supermercato e sappiamo che esistono per ogni catena apposite carte fedeltà con le quali raccogliere punti per ottenere sconti o premi. Questo è il “vecchio” concetto di gestione del rapporto con il cliente, la cui efficacia è andata con il tempo affievolendosi per diversi motivi.
Innanzitutto l‘uso di un’ennesima carta nel nostro portafoglio non è sempre gradito, perchè finiamo spesso con averne a decine fra palestre, banche, posta, carte di credito virtuali e poi, certamente una card per ogni supermercato dove mi capita di fare acquisti! Decisamente scomodo, almeno per una parte dei clienti.
Un altro motivo che inficia lo scopo della carta fedeltà è che i cosiddetti premi sono spesso monotematici, non interessanti, o necessitano addirittura di un esborso addizionale per ottenerli!

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Pam Panorama si differenzia da questa noiosa fotografia e trasforma le raccolte punti in un vero e proprio gioco a premi.

La sua app Perte Plus (perteplus.pampanorama.it/) si aggiunge alla tradizionale carta fedeltà e elargisce punti rendendoli un obiettivo di giochi a quiz e missioni in veri minigiochi per il cellulare.

Se non si ha la carta fedeltà, ci si può registrare direttamente dall’app e attivarne una, dimenticandosi della fastidiosa card plastificata che non entra più nel vostro portafoglio.

Tutti i punti accumulati durante gli acquisti, utili a ottenere sconti sulla spesa, vengono caricati anche sulla app, da cui è più facile tenerne d’occhio il saldo. La cosa più importante è ottenere altri punti partecipando ai giochi presenti nella app oppure completando missioni di acquisto secondo determinate soglie o tipologie quando si fa la spesa.

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I giochi proposti sono di vario genere, ma principalmente basati su quiz a risposta multipla. L’aspetto più originale proposto è la gestione delle vite, inizialmente tre ma aumentabili tramite il superamento delle missioni di acquisto.

 

Le missioni sono la componente gamification applicata al mondo reale: superando alcune challenge basate su acquisti mirati (un solo tipo di prodotto, o il superamento di un limite di spesa) si ottengono premi reali detti esperienziali, cioè l’accesso ad esperienze di benessere come saloni di bellezza, trattamenti in spa o prove di palestra, addirittura una sessione con personal trainer.

 

Esiste infine anche una classifica generale degli utenti calcolata in numero di “foglie” vinte con le missioni completate. La classifica si aggiorna mensilmente e i primi cento vinceranno punti fedeltà che si traducono come sconto sulla spesa. Non solo ma i primissimi in classifica, tipicamente i primi 20, vengono scelti per estrarre premi speciali come smartphone o piccoli elettrodomestici.

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Nella app infine, vengono saltuariamente elargiti coupon sconto personalizzati, creati in base alle scelte abituali dei prodotti.
Insomma, Pam Panorama ha pensato ad ogni possibile angolatura della fidelizzazione ed ha creato un perfetto sistema autoreferenziante, dove si spende per ottenere punti, si vincono premi perchè si hanno più punti degli altri, si partecipa alle missioni per risalire in classifica, e per partecipare alle missioni si deve spendere ulteriormente in modo mirato.

 

Il coinvolgimento accresce perchè la sfida è diretta anche verso gli altri utenti tramite le classifiche, e il concetto di mera raccolta punti per accedere ad oggetti generici non scelti da noi è completamente superato, anzi stravolto.

Questo caso di gamification proposto in Perte Plus è probabilmente la sua più efficace applicazione in Italia nell’ambito della grande distribuzione alimentare.

 

A cura di Valter Prette

Gamification per la Selezione del Personale: Glickon

Le faremo sapere“. Questa espressione ha caratterizzato per molte persone la fase finale del contatto con un’azienda, in occasione di una candidatura per un’opportunità lavorativa. La frase genera la sensazione di entrare in un limbo o in una condizione in cui, è chiaro, le redini sono nelle mani di chi seleziona e deciderà se, come e quando dare anche solo un riscontro, sia esso positivo o negativo. La gamification per fortuna offre interessanti opportunità per le aziende che intendono progettare e gestire una candidate experience più coinvolgente ed efficiente, anche grazie a servizi come Glickon. glickon-gamification-dipendenti

Un nuovo modello di candidate experience

Glickon è una piattaforma web nata nel 2013 con l’obiettivo di rendere rapido e coinvolgente il percorso di recruiting di candidati. Il progetto, che nel frattempo è cresciuto e si è ampliato, favorisce il contatto fra persone di talento e aziende, permettendo potenzialmente a chiunque di realizzare uno dei sogni più comuni: trovare il lavoro dei propri sogni. Il servizio propone un nuovo paradigma di candidate experience, intesa come esperienza che porta un utente a candidarsi, a procedere nella fase di preselezione per essere poi selezionato. Glickon propone una suite di strumenti utili ad aziende e professionisti per attirare in modo organico candidati, verificare le loro competenze, raggiungere i migliori talenti e farlo nel minor tempo possibile. Glickon può essere utilizzato tanto da chi cerca lavoro quanto da chi intende progettare e proporre opportunità di lavoro in modo coinvolgente.
Immagine tratta da https://www.glickon.com/it/

Glickon per chi cerca lavoro

Il sito web ufficiale di progetto offre un’interessante vetrina di aziende e opportunità lavorative con l’indicazione delle competenze più richieste. Il portale consente agli utenti di effettuare una registrazione gratuita e di iniziare con pochi click a selezionare annunci per i quali candidarsi o sfidare i migliori utenti mettendo alla prove le proprie competenze. Il menu di navigazione principale, disponibile per gli utenti registrati, consente infatti di effettuare ricerche per challenge (sfide), aziende o competenze. Le opportunità sono organizzate in categorie che vanno dalla contabilità al business development, dall’informatica al marketing, passando per arte, scienze e formazione. La sezione aziende presenta una vetrina di realtà che hanno deciso di investire su Glickon per raggiungere i propri candidati. La pagina di dettaglio di ogni impresa consiste in una vetrina di posizioni aperte e di sfide che consentono di valutare in modo semplice e volce il proprio livello di preparazione attraverso quiz e questionari. Le sezioni come “Chi siamo” o “Mission e valori” raccontano in modo essenziale i tratti peculiari di ogni realtà. Il profilo personale, una volta effettuata la registrazione, consente di impostare i propri dati e di tenere traccia dei progressi sulla piattaforma, di creare la propria rete di aziende e persone seguite e di caricare il curriculum vitae. L’esperienza e le attività svolte sulla piattaforma consentono di collezionare badge e guadagnare punti, elementi pensati per stimolare la componente estrinseca di motivazione legata alle dimensioni di sviluppo e realizzazione. Le componenti di sfida di altri utenti e di dinamiche social integrano elementi legati alla leva di influenza sociale e relazionalità.

Glickon per chi offre lavoro

Il sito web offre alle aziende la possibilità di richiedere una dimostrazione o “demo” delle funzioni per creare una nuova community e progettare un’esperienza di candidatura su misura per ogni esigenza. Non è apparentemente disponibile un prospetto dei costi del servizio ma è possibile dare un’occhiata all’area riservata visionando le numerose risorse video disponibili sul canale YouTube ufficiale del progetto. La playlist “Webinar | Glickon Candidate Experience” in particolare offre una panoramica completa delle fasi necessarie per creare sfide o “challenge” con Glickon, creare quiz, sondaggi o personalizzare i form per la raccolta dei dati. Le sfide e le opportunità di lavoro dell’azienda che ha progettato la propria candidate experience diventano immediatamente disponibili nella pagina pubblica su Glickon e consentono di iniziare a raccogliere informazioni preziose per l’individuazione dei candidati ideali. Interessante è inoltre la possibilità di inserire nell’esperienza del candidato anche dei video assesment, ovvero una modalità di interazione che richiede all’utente di registrare un video in cui si presenta e risponde a domande o stimoli specifici.

Non solo candidate experience

Come si legge sul sito web di Glickon, gli strumenti avanzati disponibili in piattaforma consentono di personalizzare non solo una esperienza di candidatura ma anche percorsi di valutazione delle competenze e di formazione per dipendenti. La candidate experience in questo caso diventa employee experience e consente di gestire sfide e quiz per i propri dipendenti. Un’altra funzione molto interessante è rappresentata dalla modalità “Live Game“. Questa modalità consente di sfruttare le potenzialità delle sfide e degli strumenti per l’acquisizione di informazioni strategiche in contesti particolari quali eventi dal vivo e momenti di incontro sia in presenza di candidati che di dipendenti. Gli utenti possono prendere così parte a un vero e proprio game-show interattivo semplicemente scaricando sul proprio smartphone l’apposita app (in fase di sviluppo nel momento in cui questo articolo viene pubblicato) dallo store di riferimento.
Il progetto propone infine un servizio chiamato GlickonX che consiste in un software di people analytics per l’analisi dei dati aziendali, la simulazione di scenari tramite algoritmi predittivi e l’idenfiticazione di ruoli strategici o critici per l’organizzazione.

C’era una volta il curriculum vitae

Aziende importanti hanno utilizzato il servizio con successo, aumentando in modo significativo il numero di candidature per posizioni aperte e ottimizzando la raccolta e l’analisi di informazioni. È il caso di Accenture, multinazionale di consulenza strategica, che grazie a Glickon ha progettato una candidate experience finalizzata alla raccolta di candidature di millenials con competenze in ambito STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), al consolidamento di una percezione positiva del brand e all’analisi di competenze legate alla cybersecurity. Le candidature ricevute sono state 209 con un’età media di 29 anni, di cui il 25% costituito da talenti laureatisi con una votazione di 110/110. C’è da aspettarsi che la gamification e la progettazione di esperienze sempre più coinvolgenti stravolgano nei prossimi anni le modalità attraverso cui le persone ricercano un impiego e le aziende selezionano i profili più adatti e competitivi. La tua azienda è pronta a raccogliere la sfida?   A cura di Sergio Ligato

Instagram gamification per Fendi

Un’esperienza tutta italiana quella ideata da Fendi, che si appoggia alla piattaforma Instagram Stories. Rispetto ad altre piattaforme viste in precedenza, in particolare Wechat, Instagram è notevolmente più diffusa nel nostro paese cosi come ormai si può considerare un riferimento in tutto il mercato occidentale in genere.

L’utente italiano quindi, accedendo tramite le  stories di Fendi a questo servizio, assiste ad una serie di filmati ideati dallo studio Sky Pie, molto belli e ben animati. L’utente interagisce compiendo varie azioni come giocare a tris o scoppiare bolle, e lo scopo dei giochi è in definitiva quello di accessoriare le borse della linea.

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Nonostante i limiti tecnici di questa interazione, che in pratica utilizza la feature pausa del video, non per stoppare la visione, ma per fare lo switch fra differenti video alternativi che simulano una effettiva azione in stile videogioco, l’effetto finale è egregio e merita il plauso ai realizzatori.

E’ evidente che chi sia abituato ad utilizzare un videogioco sul cellulare possa vedere questo prodotto come futile e limitato, ma il concetto da comprendere è che stanno convergendo tre modalità: il marketing tramite esposizione della linea di prodotti e comunicazione verso potenziali clienti, Instagram come canale per raggiungere più persone possibile e la gamification tradotta nel modo più “tradizionale” o standard che dir si voglia, cioè con un (basilare) videogioco.

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Non è interesse da parte di Fendi di realizzare un videogioco gratuito vero e proprio, che andrebbe distribuito attraverso i canali degli store apple e android, risultando in molta meno visibilità e che necessiterebbe di ben più complessa realizzazione per suscitare interesse.

L’obiettivo del marchio romano che già dal 2017 ha introdotto contenuti su Instagram, è quello di creare un canale comunicativo con potenziali clienti che funzioni in due direzioni: Fendi invia contenuti visivi e ludici, l’utente interagisce giocando.
La condivisione da parte dell’utilizzatore dei propri risultati in Stories, espande poi esponenzialmente la visibilità dei minigiochi la cui grafica è completamente realizzata con complementi delle borse di Fendi.

 

Mediante nuove challenge anche quotidiane, si crea una affinità ai colori e stili del brand che aumenta inconsciamente. Inoltre l’utente può inviare uno screenshot con la risposta corretta, al fine di ottenere visualizzazioni di pagina e like come reward.


Per completezza di analisi, qualche parola va spesa anche sui punti deboli, o meglio inespressi di una campagna di questo genere.

Innanzitutto manca un obiettivo finale, o un obiettivo diciamo “mascherato” che invece si è visto in altre realizzazioni di gamification espose in questo blog.  L’obiettivo dovrebbe logicamente essere quello di convogliare l’attenzione ottenuta verso un appuntamento di acquisto online o in uno specifico store, per poter partecipare al lancio di un nuovo prodotto o eventualmente di una versione limited edition di un prodotto esistente o ancora per usufruire di un più semplice sconto a seguito del risultato ottenuto nel minigioco. L’assenza di uno scopo finale rende presto ripetitiva l’interazione e quindi il ritorno quotidiano sulle stories di Fendi va a concludersi abbastanza in fretta.

 

Il secondo aspetto che merita approfondimento è la tipologia di prodotto, tipicamente femminile e di fascia medio alta, quindi border line rispetto ad una parte della comunità dei teenager che sono però anche quelli più propensi ad interagire con il linguaggio del minigioco. Essendo l’interfaccia splendidamente realizzata avrebbe meritato un ulteriore run con una story dedicata anche ad una fascia di età piu bassa, oppure a prodotti come kit baby. Concludiamo quindi dicendo che Fendi Strap You è in parte una campagna abbastanza efficace di simpatizzazione del prodotto e in toto una sperimentazione tecnica ben riuscita, il tutto sotto vidimazione della gamification.

 

A cura di Valter Prette

La Gamification delle ricette mediche

Un ambito in cui la gamification sta velocemente imponendo la sua filosofia è quello del supporto alla salute. I motivi di questo matrimonio sono da ricercarsi in due fattori. Innanzitutto la salute è imprescindibile: curarsi assumendo le medicine prescritte da un medico non è una scelta distratta fatta da un generico utente annoiato, ma un dovere vero e proprio. In secondo luogo, come ogni obbligo, l’assunzione di medicinali viene spesso vissuta male e controvoglia. Si potrebbe anzi dire che la mente inconsciamente desideri dimenticare certi appuntamenti sgradevoli con la pastiglia o la puntura quotidiana. Qui può intervenire efficacemente la gamification.

La prima parte del compito, e forse la più gravosa, cioè convincere una persona a partecipare all’esperienza di gamification, è assolta in principio senza necessità di escogitare strategie che attirino l’attenzione: sarà l’utente stesso ad iniziare l’interazione in quanto, beh è necessitato a farlo.
Il compito che la gamification deve assolvere una volta che ha l’attenzione del paziente diventa però ora abbastanza ambizioso: rendere piacevole, o addirittura divertente, un’attività sgradevole!

gamification medicine mango health

Questo contributo può essere poi portato a limiti più alti pensando alla prevenzione prima ancora che alla cura della patologia.
La prevenzione si può ottenere attraverso comportamenti quotidiani: mangiare sano, seguire in modo scrupoloso le prescrizioni mediche e introdurre abitudini virtuose.

Mantenere questi impegni da soli a lungo diventa difficile. Ecco quindi l’utilità di introdurre strategie motivazionali.

Un esempio ben riuscito di trasformazione dell’abitudine sanitaria da compito gravoso a incentivo e divertimento è nata in America con il nome di Mango Health App.

Questa app per iOS e Android si focalizza principalmente, ma non solo, sul problema di assumere farmaci quotidianamente ad orari prefissati, lottando con gli impegni della vita quotidiana, il lavoro e la distrazione.

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Il primo passo  che viene proposto è quello di creare delle routine personalizzate, come pesarsi, assumere pastiglie o misurare la pressione, azioni che tutti noi prima o poi abbiamo fatto e che immancabilmente prima o poi saranno trascurate e sottovalutate.

L’applicazione vi seguirà nella vostra cura mandandovi remind e registrando l’esecuzione delle azioni previste. Il recording della routine permetterà di valutarne l’efficacia reale e capire se e quando siamo carenti nei nostri gesti quotidiani. Non solo, ma la app aggiunge informazioni aggiornate sulla funzionalità, lo scopo, i benefici e le controindicazioni di ogni routine o farmaco rendendoci così costantemente motivati. La conoscenza del valore di un trattamento è infatti il fattore motivante più forte che ci possa essere: a quanti di voi è capitato di assumere una medicina per sentito dire, seguendo una pubblicità o vedersela prescrivere dal medico senza mai leggere ne ingredienti ne controindicazioni?

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Una volta inviati i promemoria l’applicazione permette ai pazienti di guadagnare punti e premi monetari se rispettano i compiti.

Assumendo i medicinali si accumula uno score da trasformare settimanalmente in gift card oppure in micro donazioni monetarie che si possono inviare ad organizzazioni di beneficenza.
Questo meccanismo motivazionale, sommato al beneficio alla salute di cui l’utente è già consapevole, è risultato di grande efficacia garantendo a Mango Health un successo molto longevo tanto da creare una comunità di utenti anche su Facebook. Migliaia di persone hanno cambiato in meglio le loro abitudini sanitarie, tutto grazie alla gamification!

 

A cura di Valter Prette

Kenzo Shopping League per acquisti gamification

Il debutto di Kenzo nei WeChat games è stato un successo inaspettato e clamoroso, un autentico caso da studiare per capire quale siano le basi da cui partire nella realizzazione di un esperienza di vendita interattiva.

Kenzo Shopping League è nata come un esperimento a fine 2018 e come tale è stato limitato ad un singolo particolare prodotto: le sneakers denominate Sonic. Il concetto testato da Kenzo è stato quello dell’esclusività estrema dell’acquisto non pilotata da un costo ingiustificabile ma da due componenti totalmente ispirate alla gamification: il tempo limitato per intervenire nel processo di acquisto e l’azione richiesta al cliente sul cellulare.

kenzo shopping league

Sostanzialmente, la shopping league non garantiva alla persona interessata di poter acquistare questo modello di scarpe, ma solo di venire avvertita quando e per quanto tempo (12 ore nel caso delle Sonic) poter “tentare” di finalizzare l’acquisto di una delle 100 sneakers disponibili, limitando oltretutto l’accesso ad un numero prefissato di utenti.

 

Kenzo – Shopping league case study from Merci Michel on Vimeo.

Una volta loggati durante l’apertura della shopping league, visionato il prodotto ed espressa la volontà di acquistarlo, si vive una fase di competizione con altri acquirenti che hanno svolto le stesse azioni in contemporanea, e per aggiudicarsi l’accesso al buy si deve battere l’avversario ad un semplice e veloce gioco nel classico stile Fruit Ninja, colpendo quanti più loghi dorati e semi 3d di Kenzo sommandone un numero maggiore dell’avversario. Il vincitore ha il diritto di completare l’acquisto.

Per quanto la meccanica della sfida sia semplice se non ridotta ai minimi termini, e possa addirittura apparire infantile ad un generico cliente, l’esperimento ha avuto un grade successo registrando il sold out del prodotto in poche ore con una velocità di vendita sei volte superiore ad altri prodotti esclusivi venduti in precedenza da Kenzo con i metodi di e-shopping tradizionali!

kenzo_gamification

Avere utilizzato una meccanica basilare della gamification, cioè la sfida 1vs1, ed aver trasformato l’esperienza di acquisto in una conquista anzichè un’azione meccanica ha creato un valore percepito aggiuntivo al prodotto, in termini non sommatori ma addirittura moltiplicativi, sorprendendo gli stessi autori ingaggiati da Kenzo: l’azienda di digital consulting Artefact.
Artefact sostiene che lo sforzo tradizionalmente richiesto al cliente era quantificabile solo in termini di stress emotivo per la ridotta disponibilità del prodotto e le poche ore di accessibilità, e che l’applicazione della gamification abbia trasformato lo stress in thrill, ovverosia in adrenalina per il rischio, e come tale abbia addirittura aumentato la soddisfazione dell’acquirente.
E’ importante comprendere, affinchè questo esperimento sia produttivo, come questa soddisfazione aggiuntiva non nasca dall’aver battuto uno sconosciuto, ma dal rischio di non riuscire a completare l’ordine, in pratica spostando l’attenzione mentale su una meccanica mutuata dalle scommesse online, e riducendo invece il buy vero e proprio a mera giustificazione che spinge a loggarsi e  “giocare”.

 

Un successo insomma significativo su cui Kenzo ha tratto le sue considerazioni per future altre campagne e per il secondo round nominato Shopping League 2.0 nel 2019 che avremo modo di visitare.
Kenzo Shopping League dimostra l’efficacia estrema dei principi della gamification nell’ambito dell’e-shopping, ancora tutti da approfondire.

 

A cura di Valter Prette

 

 

Hermès H-pitchhh e i WeChat games

Il mercato cinese, non è un segreto, è in costante crescita da anni. Tra i settori in maggiore espansione bisogna annoverare l’ambito dei prodotti di lusso, con i quali i giovani attuali, che dispongano di risorse e crescente stabilità economica, vogliono identificarsi per un istinto di rottura verso il passato, memore ai loro occhi di restrizione, uniformità di costumi, regole socialmente imposte e senso del sacrificio.
Questo fenomeno di modernizzazione e consumo è alle soglie di un’autentica esplosione, tanto che si potrebbe dire che le aziende di prodotti fatichino a identificarlo e direzionarlo; è piuttosto la domanda dei consumatori, e la sua vertiginosa velocità in termini di rinnovo ed innovazione, che ha invertito i ruoli divenendo il fattore driving delle scelte di marketing delle aziende.
Questo scenario è naturalmente imprescindibile per le ditte del lusso, anche se non solo per loro, e molte hanno capito finalmente che la generazione Z è il nuovo target da studiare, e che è fortemente bisognosa di personalizzazione, coinvolgimento e intrattenimento.

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Il concetto alla base del colloquio con questa consistente massa di potenziali acquirenti è la necessità di aggiungere un’esperienza al prodotto stesso, inoltre questo metodo di marketing deve diventare non più una sperimentazione per attirare una momentanea copertura sulle riviste, ma una costante del messaggio aziendale.

Quello che un tempo la pubblicità tradizionale, cartacea e televisiva, faceva immaginare, ora deve diventare un senso di partecipazione costante e interattivo. Inoltre messaggio sta divenendo bidirezionale, cioè il prodotto attira l’attenzione dell’acquirente, ma al contempo il prodotto si adatta alle esigenze dell’acquirente mediante personalizzazione ed edizioni limitate pensate sulle tue specifiche scelte e reazioni all’interno dell’esperienza interattiva che il brand è in grado di creare.

L’esperienza è quindi il target su cui alcune aziende stanno investendo in questo momento, con idee originali, a volte interessanti e profonde, più spesso limitate e embrionali, e sulle quali è cruciale per loro individuare le piattaforme dove la generazione Z accede più spesso e più efficacemente.

In Cina, dove la circolazione nevrotica di denaro e la crescita esponenziale di centri commerciali ha creato l’ambiente quasi ideale per questa sperimentazione, WeChat è stata individuata da un paio di anni almeno come una delle principali porte di accesso all’attenzione dei compratori: un ritrovo social conosciuto anche in occidente ma sicuramente meno diffuso e meno cruciale qui da noi.
Una delle prime aziende a investire su questa piattaforma è stata Hermès con l’applicazione “H-pitchhh”, facente parte di una campagna “let’s play” andata live solo per il 2018.

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Ispirato al tradizionale gioco del lancio del ferro di cavallo (chi lo avrebbe detto che era conosciuto in oriente?!) Hermès consente ai giocatori di lanciare virtualmente un ferro su iPhone o Android, non diversamente dal lancio di una Poké Ball in Pokémon Go, segnando punti in base alla vicinanza del loro ferro di cavallo a un palo virtuale.

Il concetto è semplice ma raggiunge il suo scopo di “educare” i giocatori allo stile estetico di Hermès proiettandoli all’interno di cinque livelli di gioco disegnati ispirandosi al logo, ai colori e alle finiture specifiche della gamma di prodotti dell’azienda. E’ un tipo di approccio legato alla contestualizzazione del messaggio veicolato in un contesto divertente, in cui il brand non è invasivo ma rimane impresso per contestualizzazione facendo da sfondo ad una esperienza playable.

Una fase di onboarding a cura di un cavallo amico aiuterà i nuovi giocatori a comprendere le meccaniche di gioco ed una serie di bonus, spesso collegati alla fondatrice del marchio Emilie Hermès, aggiungono un twist di imprevedibilità. Le modalità di gioco sono singleplayer o competizione contro amici.

 

“H-pitchhh” è un esempio di comunicazione visiva, priva di slogan ma ricca di interattività, basata sulla gamification. E’ un messaggio non ancora bidirezionale nel senso che abbiamo introdotto sopra, ma di penetrazione soft nelle abitudini quotidiane del target.
Avremo modo in prossimi articoli di conoscere altre ad anche più interessanti applicazioni nate su questo ambiente grazie a diverse aziende di lusso.

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Articolo di Valter Prette

 

Gamification del basket con PickRoll

Per ogni appassionato di basket che si rispetti, Pick-Roll è manna che piove dal cielo. Momentaneamente disponibile in forma gratuita solo su Play Store, ma in arrivo a breve anche su dispositivi iOS, si tratta di un’app ideata per organizzare facilmente tornei e partitelle, utilissima per conoscere nuovi campetti in cui sfoggiare le proprie doti atletiche e fare amicizia con altri fan della palla a spicchi.

Del resto, quante volte è capitato di mettersi il completo buono, raggiungere gagliardi il playground di fiducia e trovarlo deserto, senza nessuno con cui imbastire appassionanti tre contro tre?

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Pick-Roll nasce proprio dall’esigenza di mettere in contatto tra loro quanti più giocatori amatoriali possibile, impepando il tutto con una spruzzatina di gamification che regala ad ogni match, ad ogni propria esibizione, un retrogusto ancora più saporito.

Al primo avvio del software, vi verrà chiesto di creare il vostro profilo, completando anche i campi relativi ad altezza, ruolo che generalmente ricoprite durante le partite e squadra NBA preferita. Accederete così alla home page vera e propria, chiara e dall’alta leggibilità in ogni sua parte costituente, divisa in poche, ma utilissime sezioni.

Da una parte troverete la mappa, strumento ideale per ottenere indicazioni stradali ai campi e palestre più vicine a voi. Tramite la relativa funzione, non solo potrete scoprire se c’è qualcuno che attualmente sta giocando nei dintorni, ma otterrete informazioni utili su ogni singola struttura. Per esempio, sarà segnalata l’eventuale presenza delle retine nei canestri, la qualità generale del terreno di gioco, se è prevista l’illuminazione per quei match che si protraggono ben oltre il tramonto.

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Ogni informazione è modificabile in qualsiasi momento dagli stessi utenti di Pick-Roll, così da tenere sempre aggiornato il database, che potrà naturalmente essere ampliato, segnalando nuovi playground della zona, indicandoli sulla mappa e aggiungendo anche qualche foto.

Sempre tramite il menù principale, con pochi e semplici passaggi, potrete creare eventi condivisi con tutti gli utenti dell’app. Da semplici partite, a tornei che si protraggono per diversi giorni, l’unico limite sarà l’effettiva partecipazione di chi garantirà la propria presenza agli orari e nei campi prestabiliti.

Anche per questo, in previsione dei futuri incontri che vi attendono,è sempre utile consultare i profili degli altri giocatori. Sia per scoprirne anticipatamente le doti fisiche, sia per consultarne il livello di fama.

Proprio attorno alla fama, ruota la componente gamification di cui si alimenta l’app. Per aumentare il proprio livello, come in un qualsiasi gioco di ruolo, ogni utente non dovrà far altro che sbloccare i tanti obiettivi previsti dal software stesso. Che si tratti di effettuare un certo quantitativo di check-in in un campo qualsiasi, piuttosto che di segnalare una nuova palestra, ogni volta che si ottiene un riconoscimento il livello di fama aumenta.

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Non solo. Dopo esservi battuti con onore in partita, potrete valutare ed essere valutati da avversari e compagni di squadra, sia in base al vostro effettivo rendimento, sia per il grado di sportività dimostrato. Sebbene, di per sé, il proprio livello di fama non pregiudichi in alcun modo né l’utilizzo che potrete fare di Pick-Roll, né la partecipazione a tornei o partitelle, si tratta comunque di un fattore che invoglia l’utente sia ad utilizzare il più possibile l’app, sia a dare il meglio quando chiamati in causadirettamene sul campo di gioco.

Con più di 22mila iscritti, 6mila strutture registrate e il patrocinio della Federazione italiana pallacanestro, Pick-Roll, nella sua assoluta semplicità, è un software a cui nessun appassionato di basket può rinunciare. Pratica e di facile utilizzo, l’app si fregia di una componente gamification certamente secondaria all’economia del software, eppure fondamentale nell’invogliare l’utente a valutare e farsi valutare dagli altri giocatori, creando un circolo virtuoso che spinge ogni utente a dare il meglio di sé.

Un ottimo esempio di gamification applicata allo sport, insomma.

 

Lorenzo Kobe Fazio

Assicurazioni Generali sperimenta la gamification con MyGame

Nell’ambito di un globale, profondo e gradito restyling dell’applicazione di Assicurazioni Generali, il noto gruppo assicurativo che opera per lo più in Europa, America del Nord ed Estremo Oriente, tra le molte novità da segnalare, ben visibile già nella home page che vi accoglierà all’avvio del software, c’è anche MyGame.

Come il nome lascia intendere, si tratta di un modesto e rudimentale videogioco, poco più che un quiz che, declinando alle sue esigenze le basi concettuali della gamification, riesce tuttavia nel duplice intento di intrattenere l’utente, istruendolo al contempo su semplici, quanto fondamentali nozioni, tutte ovviamente inerenti ai numerosi centri d’interesse dell’azienda promotrice dell’iniziativa.

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Lo scopo, dichiarato a chiare lettere sin dalla prima schermata che vi introdurrà al menù principale, è puramente didattico, poco più che un espediente con cui comprovare il grado di conoscenza del fruitore su argomenti come il rispetto per l’ambiente, la salute, la conoscenza delle normative che regolano la circolazione di autovetture e moto.

Il cardine attorno cui ruota MyGame sono le 26 prove, divise in differenti categorie, che compongono quella che potremmo chiamare la campagna principale del titolo. Ognuna di esse propone cinque domande a risposta multipla tra cui scegliere. In base ai propri risultati, si viene premiati sia con un avanzamento delle statistiche che compongono il proprio profilo personale, profilo naturalmente inserito in una classifica globale, sia con un certo quantitativo di punti spendibili per potenziare progressivamente alcuni oggetti decorativi, come una casa, uno zaino o un mezzo di trasporto, azione che vi regalerà certamente piccole soddisfazioni, ma assolutamente fine a sé stessa.

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L’app di Assicurazioni Generali, difatti, per quanto intrigante anche sotto il profilo artistico, grazie a colori sgargianti e a figure stilizzate quanto basta, non si fregia di chissà quale concept che stimoli l’utente a migliorarsi o ad affrontare nuovamente una delle prove proposte in cerca di un punteggio più alto. Non si sbloccano nuove sessioni, né si viene effettivamente premiati per i risultati ottenuti.

Tuttavia, ha un indiscutibile pregio: pone sotto l’attenzione del fruitore alcune questioni piuttosto utili nella vita di tutti i giorni. A discapito della riposta scelta tra quelle disponibili, MyGame si preoccupa in ogni caso di visualizzare una breve didascalia, a commento del quesito appena sollevato, generosa di consigli, curiosità, precisazioni.

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Si (ri)scoprono, per esempio, i limiti di velocità in condizioni particolari, si viene informati su quali verdure sia meglio acquistare in base alla stagione, viene fatta luce sulla regolamentazione dei condomini. Piccole informazioni, insomma, che possono tornare sempre utili, apprese in un contesto ludico divertente, per quanto ridotto ai minimi termini.

MyGame, proprio per la sua basilarità, dimostra quanto la gamification possa essere efficace, anche a fronte di meccaniche di gameplay effimere ed elementari. Non si tratta certamente di un’applicazione che instrada l’utente in un percorso di crescita, virtuale o non che sia, sorretta da una progressione che si concretizzi in ricompense di qualche tipo, tanto più che la stessa classifica online non fornisce precise indicazioni per stabilire il proprio livello di abilità rispetto agli altri utenti.

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Eppure, nonostante i tanti limiti e la natura volutamente rudimentale del software, MyGame è un prodotto ideale per imparare qualcosa di nuovo divertendosi, tra una piccola pausa e l’altra.

 

Lorenzo Kobe Fazio