Il mondo dei videogiochi, ed in generale dei prodotti digitale, è totalmente cambiato nell’ultimo quinquennio. A fronte della disarticolazione del tradizionale modello di business “pay per something”, molte aziende sono ancora oggi altamente impreparate ad accogliere, e peggio, a gestire un modello di monetizzazione free to play. La non conoscenza spesso si trasforma in puro terrore, non capendo le sfide ma anche i vantaggi che il passaggio al freemium porta in ottica aziendale. L’iniziale gratuità del prodotto rappresenta una potentissima leva marketing che consente di creare bacini di utenza con bassi o bassissimi costi di acquisizione. La moltitudine dettata dalla gratuità potrà andare di pari passo con design estremamente virali in grado di dar vita ad applicazioni in grado, parzialmente, di auto alimentarsi. Una formula matematica consente di calcolare il K-Factor, diluendo ulteriormente il costo di acquisizione. Senza entrare in tecnicismi, se il CPA è di 1 euro per individuo e ciascuno di essi sarà in grado di trainare nel sistema altri 2 utenti il CPA reale diventa di 0.33. Creata massa critica è il momento di rendere altamente costoso il servizio molto più di quanto il cliente avrebbe pagato in up-front se avessimo optato per una formula pay per something. E’ il caso di numerosi social games dove i giocatori arrivano a spendere centinaia di euro al mese, in molti casi migliaia, per godere di un prodotto che avrebbero potuto far loro a EURO 60. Si pensi al caso di The Sims Social vs The Sims pacchettizzato.
Nicholas Lovell schematizza il modello free to play
Mi sono già soffermato in uno specifico post sul concetto di “Consumer Funnel“, quanto mai valido al giorno d’oggi per capire la piramide della relazione col cliente digitale in un’era in cui la relazione non è più focalizzata nel momento della prima interazione ma sulla capacità di tenere in piedi questo rapporto nel corso dei mesi al fine di trasformare l’utente da free in pagante e magari alto-spendente. Il visitatore arriva principalmente mediante acquisizione e secondariamente attraverso meccaniche virali. La differenza rispetto alle dinamiche precedenti risiede nella non immediata capacità di recuperare il denaro speso nell’acquisizione. In passato a fronte del costo per acquisizione si era in grado di valutare in tempo reale il ritorno, era facile contabilizzare le spese e le entrate per utente.
In questo nuovo mondo fatto di ongoing product sulle più svariate piattaforme (mobile, social, online, interactive tv) diventa sempre più dirimente comprendere che le metriche sono tanto importanti quanto il design ed il marketing perchè saranno loro a farci capire chi e perchè sta utilizzando il nostro prodotto. Questi dati non hanno una valenza demoscopica o conoscitiva ma sono il PUNTO DI PARTENZA per poter mettere in campo una adeguata strategia di monetizzazione. Il business plan è cambiato, un tempo bastava prevedere quante copie avrebbe venduto il nostro gioco o quanti abbonati al nostro servizio per calcolare le revenues. Oggi è tutto profondamente cambiato, bisogna capire non solo quanti utenti entreranno gratuitamente nel nostro servizio ma anche quale sarà la nostra capacità di retention, l’ARPU in grado di generare e il life time value.
E’ bene prendere dimestichezza con molte delle sigle che faranno parte del business plan partendo dalla fase di acquisizione per giungere a quella di monetizzazione:
CPA/CAC: come già detto in precedenza è il costo per acquisizione, quanto io azienda spendo per portare nel mio sistema un utente. Sono tanti gli strumenti utilizzabili: classici banner pubblicitari pagati per 1000 impression (CPM), cost per install (CPI) o cost per engagement (CPE). Indipendentemente dalla strategia messa in atto se io pago un referral program 1 euro per ogni cliente che scarica la mia app su App Store o installa la facebook app avrò un CPA di 1 euro. Per dare dei benchmark spannometrici acquisire un utente all’interno di app free to play può avere un costo dai 0.6 ai 3 euro in base alla categoria merceologica, periodo dell’anno, nazionalità e abitudini utente.
eCPA: Le applicazioni 2.0 portano in grembo sempre più meccaniche virali dal semplice sharing a incentivi per ogni amico invitato. In questo caso è bene parlare di eCPA che include la capacità di ogni utente portato a pagamento nel sistema di trainare spontaneamente altri utenti. Di conseguenza se io spendo 1 euro per acquisire un cliente e questi me ne porta altri tre, l’eCPA sarà di 0.25 euro.
MAU: I monthly active users sono gli utenti attivi su base mensile. Gli utenti che sono entrati almeno una volta nella mia app/sistema in un lasso temporale da me stabilito di 30 giorni. In generale è la metrica che più rientra nella logica precedente, paragonabile al numero di download o al numero di utenti registrati. Rischia di essere una vanity metric perchè non indica chiaramente come si sta sviluppando il rapporto col mio utente.
DAU: I daily active users sono gli utenti attivi su base giornaliera. Gli utenti che sono entrati almeno una volta nella mia app/sistema nelle 24 ore da me stabilite. E’ una metrica fondamentale perchè ci aiuta a capire cosa accade quotidianamente e consente ai designers di intervenire rapidamente a fronte di metriche in peggioramento. Ci tengo a ricordare che per me il game/gamification designer ha proprio il compito di mettere in piedi schemi in grado di abbattare il più possibile le frizioni.
Un piccolo consiglio pratico per avere una idea di come stanno performando in ambito MAU e DAU le applicazioni Facebook è consultare Appdata. Il portale mostra l’andamento mensile e giornaliero di migliaia di titoli. In ambito iOS non esiste uno strumento altrettanto potente e gratuito, lo stesso AppData offre un’area App Store dove è possibile tracciare il rankings delle app o in alternativa Appannie.
STICKY FACTOR: Nella mia esperienza, questo è uno dei parametri fondamentali perchè è in grado di indicarci il livello di engagement. Questo numerino viene fuori dividendo i MAU/DAU, il risultato mostrerà la propensione della customer base mensile a rientrare quotidianamente nel nostro progetto. Inutile dire che maggiore sarà il coefficiente, maggiore il tasso di engagement che rappresenta l’aprivia per ogni strategia di monetizzazione. Se la nostra app ha 100.000 utenti mensili, giornalmente ne entrano 10.000 lo sticky factor sarà del 10%.
Esistono differenze, a volte sensibili, tra progetti mobile/online e social con ulteriore differenziazione tra target mass market e di nicchia. A livello generale un punto di partenza è uno sticky factor del 15%, sotto questo numero si potrebbero avere reali problemi di monetizzazione successiva. Ho visto giochi arrivare ad un engagement ratio del 30% (Scrabble) ed altri attestarsi su valori molto bassi. Per aiutare il nostro progetto è possibile prendere esempio dalle decine di meccaniche e dinamiche oramai collaudate in numeri social games come appointment dynamic, time bonus etc etc.
Returning Users: Sono gli utenti che hanno effettuato almeno una sessione nel nostro sistema lo in un dato mese e nel successivo sono rientrati almeno una volta.
Churner Users: Sono gli utenti che hanno effettuato almeno una sessione nel nostro sistema in un dato mese ed il successivo non sono rientrati.
Concetti similari vengono indicati con le seguenti metriche.
Retention Rate: La percentuale di giocatori che rientrano il mese successivo nella piattaforma.
Churn: E’ il valore inverso alla retention. Il coefficiente si ottiene sottraendo 1-retention rate. Il primo mese la nostra app ha totalizzato 100 utenti, nel secondo sono rientrati 40 significa avere un churn rate del 60% ed un retention rate del 40%.
Duration: Anche conosciuto come ciclo di vita indica il numero di mesi che un utente rimane nel nostro sistema. Il coefficiente si ottiene dividendo 1/churn rate. Nell’esempio sopra citato, con un churn del 40% la duration sarà di 2.5 mesi.
iOS e Android app user retention mese dopo mese
Come mostra l’immagine il tasso di retention ovviamente tende a diminuire progressivamente dall’installazione. Le applicazioni che riescono a tenere ingaggiato più a lungo l’utente sono quelle che beneficeranno di una migliore monetizzazione e dovranno sopportare inferiori costi di acquisizione.
Ora passiamo a metriche che identificano i parametri della monetizzazione.
ARPU: Average Ravenue per User è l’introito medio che ciascun utente porta al sistema in un determinato lasso temporale, solitamente si calcola su base mensile ma una buona abitudine potrebbe essere rivolgersi all’unità di tempo giornaliera. Il coefficiente nasce dividendo le revenue generate nel dato lasso temporale per il numero di utenti attivi nel mesedimo periodo. Se ho generato 50.000 euro di fatturato ed ho 100.000 utenti attivi nel mio gioco avrò un ARPU di 0.5 euro.
ARPPU: Average Revenue per Paying User è l’introito medio che ciascun utente pagante porta al sistema di un determinato lasso temporale. Il coefficiente nasce dividendo il numero di utenti paganti per le revenues generate nel medesimo lasso temporale. Riallacciandomi all’esempio precedente, su un base complessiva di 100.000 giocatori ho 20.000 utenti paganti. In questo caso l’ARPPU sarà di 2.5 euro
Conversion Rate: Il tasso di conversione è il numero di utenti che in un dato lasso temporale ha effettuato almeno una transazione. Il coefficiente si calcola dividendo il numero di utenti attivi per il numero di utenti con transazione. Se il 10 Maggio avevo 1000 utenti attivi e di questi 100 hanno effettuato una transazione avrò avuto un conversion rate del 10%.
Lifetime Value: A questo punto è utile introdurre anche il concetto di valore della vita nel sistema di utente. l’LFT è fondamentale in fase di business plan ed indica quanti soldi l’utente immetterà nel sistema durante la sua intera permanenza.
Prima di entrare nel dettaglio di un ipotetico business plan è bene considerare un ultimo fattore. Mentre nel quadro economico del pay per play ogni utente è uguale all’altro lato monetizzazione, nell’economia free to play ci troveremo di fronte ad abitudini di spesa notevolmente diversificate. Gli estremi sono rappresentati da giocatori che mai effettueranno una transazione nel periodo di attività ed altri che ne effettueranno svariate per importi consistenti, nel mezzo tutta una serie di altre casistiche.
Vikas Gupta: Cinque tipologie di utenti in un sistema virtual goods based
Vikas Gupta è il CEO di Social Good, società specializzata nella fornitura di infrastrutture per prodotti free to play. Analizzando i flussi economici in migliaia di app ha tratto fuori un quadro interessante della situazione ed utile nel programmare il quadro economico. Gli utenti sono stati suddividi in cinque categorie contraddistinte da differenti abitudini di spesa. Individuarli significa poter lavorare scientemente su meccaniche e dinamiche in grado di facilitare il salto di livello per tutti con innegabili benefici sugli introiti.
Peasants sono gli utenti che non effettuano mai una transazione e rappresentano la stragrande maggioranza in qualsiasi ecosistema si prenda a riferimento
Commoners effettuano solitamente una o poco più transazioni
Knights sono utenti che spendono un importo non marginale quasi sempre concretato esclusivamente nel primo mese di utilizzo
Lords sono gli utenti che si fidelizzano al sistema e spendono nel tempo un buon quantitativo di soldi
Kings sono dei consumatori pesanti che arrivano a spendere migliaia di euro nel sistema
In media il lifetime value in Europa si aggira sui 50 euro in progetti di social gaming. Il tasso di conversione è tendenzialmente uguale in ambito iOS e Facebook con valori che mai superano il 5%, mentre nell’online si assiste a casi estremamente positivi con una conversione che può superare abbondantemente il 10% in MMO e browser games.
Nei prossimi giorni spero di rendere disponibile per tutti uno schema generale utile per calcolare le revenues in un progetto free to play.