Gamification

Bere acqua con Plant Nanny

Idratarsi e consumare almeno due litri d’acqua al giorno non è solo uno dei tanti consigli che si trovano navigando su internet e nei quali si incappa durante i periodi caldi dell’anno: è un aspetto fondamentale per l’equilibro del nostro corpo. Uno scarso consumo di acqua può portare a frequenti emicranie, ma anche a stanchezza, dolori muscolari, oltre che a problemi di digestione: la mancanza di liquidi rende l’intero processo digestivo molto più lento, rischiando non solo che si creino delle bolle d’aria nell’intestino, ma che a lungo andare si possa arrivare anche a delle infezioni causate dall’accumulo di materiale di scarto e feci nel crasso. Insomma bere è fondamentale per mantenere sano il nostro organismo, ma ricordarsi di farlo non sempre è immediato. Per questo nasce Plant Nanny, l’app che ti invoglia a bere e che fa della gamification l’aspetto principale della sua missione.

Imparare a bere con la gamification

Plant Nanny è un’app, pensata sia per iOS che per Android, che da alcuni anni vi permette di misurare il vostro consumo di acqua e berne la giusta quantità giornaliera. Dopo aver, infatti, indicato all’app il vostro peso e il vostro livello di attività fisica, si arriva al dover scegliere una pianta virtuale da accudire: non siamo dinanzi a un gioco di giardinaggio virtuale, bensì a una pianta che, così come il nostro corpo, ha bisogno di idratarsi. Il sistema, inoltre, calcolerà per voi anche la quantità necessaria di acqua necessaria quotidianamente: se, per esempio, pesate 76 chili e la vostra attività fisica è orientata sull’essere sedentari, Plant Nanny vi farà sapere che sarà necessario per voi bere almeno due litri e mezzo di acqua al giorno. Per gli amanti della botanica, l’offerta di piante è abbastanza variegata: si va dal Pothos del Pacifico, la pianta di default, fino al Dandelion dell’Eurasia, chiaramente tutte disegnate in stile cartoon, per restare in linea con l’aspetto giocoso dell’app.

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L’obiettivo è quello di prendersi cura della pianta annaffiandola costantemente: ogni volta che berrete, quindi, dovrete selezionare nell’app il relativo volume di acqua che avete appena bevuto e versarlo all’interno del vaso. La pianta, così, avrà il necessario apporto di acqua dalla sua, inoltre potrete anche impostare dei pre-set di quantità, così da non dover ogni volta misurare precisamente quanti ml di acqua state bevendo e state facendo bere alla vostra pianta. Le dimensioni previste sono dieci, dalle bottigliette che potete trovare presso i distributori automatici fino al classico bicchiere di vetro, passando anche dalle borracce: così facendo si evita anche quella che per alcuni potrebbe diventare una perdita di tempo, ossia la misurazione dell’acqua bevuta. Al termine della giornata, inoltre, Plant Nanny vi farà sapere se avete effettivamente bevuto il quantitativo suggerito e se potete, quindi, dormire sonni tranquilli, guidandovi bevuta dopo bevuta all’obiettivo che è stato prefissato.
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Oltre questo Plant Nanny si preoccuperà anche di indicarvi la strada corretta da seguire attraverso un sistema di achievments: i primi due li sbloccherete senza alcuna difficoltà, perché basterà bere il vostro primo bicchiere d’acqua e completare il tutorial, ma tutti quelli che verranno dopo – quasi cinquanta – vi chiederanno di portare a termine azioni anche sul lungo periodo, così da spingervi a non abbandonare l’app neanche per un giorno. Bere abbastanza acqua per tre giorni consecutivi, arrivare ad avere tre tulipani nel vostro giardino portando almeno due di essi a essere rigogliosi e ricchi di acqua, ma anche condividere almeno 50 foto della vostra pianta sono alcuni degli obiettivi da raggiungere. D’altronde il modo più facile per far conoscere un’app, in questi casi, è quella di far girare il proprio marchio sui social: premendo sull’icona della macchina fotografica, quindi, avrete la possibilità di scattare una foto alla vostra pianta e condividerla ovunque vogliate, da Facebook a Twitter: a molti dei vostri amici verrà indubbiamente la curiosità di sapere da dove arriva questa pianta e cosa state facendo per curarla. Assicuratevi, però, che la vostra protetta sia adeguatamente idratata, altrimenti vi ritroverete a condividere un’immagine non proprio accattivante e in quel caso significa che anche il vostro organismo ne sta risentendo.

gamification achievement layout

Se dopo qualche giorno avrete mantenuto la vostra attività in maniera regolare e vi saremo idratati come indicato, la pianta inizierà a darvi soddisfazione crescendo e diventando sempre più rigogliosa. Come d’altronde anche il vostro corpo, che beneficerà del vostro nuovo stile di vita. In ogni momento, inoltre, potrete anche decidere di cambiare la pianta, accedendo allo store integrato: qui troverete una ricca scelta di piante e anche di decorazioni che serviranno per abbellire l’intero davanzale sul quale si posano i nostri risultati. Ovviamente anche in tal caso entra in gioco l’aspetto delle microtransazioni, là dove la moneta virtuale sarà quella dei semi, utili per sbloccare alcune caratteristiche aggiuntive delle nostre piante: i semi, però, possono esser sbloccati anche guardando dei video pubblicitari, così da azzerare il pericolo della spesa. Va da sé che Plant Nanny va presa per quello che è il suo scopo principale, ossia tracciare il vostro consumo di acqua e fornirvi uno storico della vostra attività recente, arrivando persino ad attivare un drinking reminder, interamente da personalizzare. Senza dilungarvi nell’acquisto di accessori e facezie, sarà fondamentale cogliere l’approccio giocoso dell’app, così da non dovervi trovare dinanzi a un mero misuratore di acqua ingerita, ma a una pianta che va accudita e della quale dovrete prendervi cura, proprio come dovete fare con il vostro organismo.

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La scuola del futuro!

Avevo preparato una scaletta mentale ma, come sempre più spesso mi accade, gli interessanti interventi che mi han preceduto ed un incontro avvenuto stamane, mi portano a stravolgerla. Mi scuso sin da ora se non sarò lineare, quando il proprio lavoro coincide con una grande passione è difficile seguire fili logici.

la scuola del futuro

Nel tragitto dall’hotel al teatro Gianì ho avuto la fortuna di aver come autista un gentilissimo ragazzo, il feeling è stato immediato coadiuvato dalla comune passione per i videogiochi. Chiacchierando del più e del meno, una suo flusso di pensiero ha immediatamente catturato la mia attenzione. Nel raccontarmi di un gioco nel quale ha “investito” centinaia e centinaia di ore, Assassin’s Creed II, ho scoperto che questa produzione Ubisoft ha travalicato i confini nel puro intrattenimento per diventare un linguaggio di trasmissione di conoscenze. Assassin’s Creed è una saga ambientata in diverse epoche storiche, ricostruite in maniera verosimile con ambientazioni, personaggi, architetture e modi di vivere vicini alle controparti d’epoca. In particolare un paio di capitoli sono stati ambientati in Italia durante il Rinascimento e proprio grazie ad essi, il mio ottimo autista, ricorda ancora la famiglia dei Medici, la congiura dei Pazzi, l’organizzazione politica di Venezia, il simbolo di Firenze e tanto tanto altro ancora. Prontamente gli domandai, cosa ricordava delle lezioni che il professore di storia dedicò a questa tematica. Non senza un qualche imbarazzo mi ha confessato di non ricordare assolutamente nulla.

Come è possibile che, a distanza di 7 anni avesse ricordi così nitidi della Firenze rinascimentale vissuta nel videogioco ed il vuoto totale dei testi letti nei libri scolastici? Questo non è un caso isolato, oltre un miliardo di persone nel mondo (e circa 20 milioni in Italia) utilizza abitualmente videogiochi e giornalmente conosce, impara, sperimenta in prima persone concetti fino a ieri unicamente ad appannaggio della didattica tradizionale.

Vi rubo ancora un minuto per raccontarvi un altro aneddoto, legato alla mia vita pisana. Ho un amico, di nome Umberto, che attualmente frequenta il quarto anno di un istituto secondario superiore in Toscana.

I voti in pagella ed i giudizi di alcuni dei suoi professori lasciano passare una immagine alquanto desolante del suo rendimento scolastico. Ha insufficienze piene in un paio di materie, ha perso già un anno e, onestamente, pochi sarebbero disposti a scommettere su una sua riuscita a livello universitario.

Videogiochi nella didattica

kids playing video game

Venni casualmente a sapere delle sue performance accademiche dopo oltre un anno di frequentazione quando la mamma, estremamente preoccupata, mi confidò questa situazione. Feci enorme fatica a crederci, la reazione iniziale fu di sorpresa e credetti si trattasse di uno scherzo. Come era possibile che lo stesso ragazzo che avevo conosciuto ed ammirato per le sue doti in un altro contesto potesse avere un rendimento così fallimentare a scuola?

E’ doveroso un passo indietro, dovete sapere che i videogiochi prima ancora di essere il mio lavoro da ormai quindici anni continuano ad essere una mia grande passione. Quando posso mi piace cooperare e competere online con altri giocatori sparsi per il mondo, e proprio in una di queste circostanze conobbi Umberto. Lui era il capo di un “clan” in un gioco online, a lui spettava coordinare le mansioni di quasi un centinaio di persone di ogni età ed estrazione sociale. Pianificava le missioni, delineava le strategie, studiava le nuove funzionalità del prodotto e ce le riassumeva, risolveva costantemente i problemi del gruppo comunicando in tempo reale in italiano ed inglese. Quando appresi la sua età rimasi alquanto sorpreso, a 17 anni aveva sviluppato una serie di capacità e competenze ambitissime in ambito aziendale.

Ma come è possibile che la stessa persona dalle 8 alle 13 fatichi enormemente a mettere in mostra le proprie capacità e creatività e poi dalle 18 alle 23, per giunta pagando, indossi i panni del leader in un sistema complesso?  

Io credo che sia arrivato il momento di mettere in discussione una larga parte della nostra quotidianità. Siamo proprio sicuri che nel 2017 il mondo della scuola, del lavoro, le istituzioni pubbliche siano realmente progettate e disegnate per consentire alle nuove generazioni di esprimersi al meglio?

scuola noiosa

Tra le due antitetiche esperienze portate avanti da Umberto credo vi sia un punto di rottura, più di altri, la capacità di generare coinvolgimento. Come molti di voi sanno, ed è il motivo per il quale mi avete invitato (o almeno spero) ho recentemente dedicato il mio ultimo libro – L’arte del Coinvolgimento edito da Hoepli – , scritto insieme all’amico Vincenzo Idone Cassone, alla centralità del coinvolgimento come motore pulsante delle relazioni sociali ed economiche del XXI secolo. Un libro basato sull’idea di mondo in cui si attui il passaggio dal “dover fare” al “voler fare”.  Nel nostro racconto la scuola rappresenta il dovere, il videogioco il volere.  Senza partecipazione emotiva e coinvolgimento diventa molto più complesso e faticoso immagazzinare le informazioni nella memoria a lungo termine. D’altronde basta fermarsi ad osservare le espressioni facciali ed il body language di persone nell’atto di giocare e confrontarle con le espressioni di studenti sparsi per il mondo al termine di una giornata scolastica, è plasticamente evidente un corto circuito in atto.

Badate bene, non sto suggerendo di sostituire la scuola con i videogiochi. E’ l’amore per l’istituzione scolastica che mi spinge a pungolarla, convinto che sia possibile ribaltare logiche di trasmissione del sapere inveterate da secoli e non più allineate alle aspettative, necessità e stati di animo delle nuove generazioni.

terza rivoluzione industriale

Purtroppo i dati ci restituiscono una situazione allarmante, secondo numerosi studi abbiamo circa 2/3 dei nostri studenti, ma percentuali similari si riscontrano anche nel mondo del lavoro, sono poco o scarsamente coinvolti in classe. Questo non è un dato da sottovalutare, soprattutto perché è in aumento generazione dopo generazione. Senza dilungarmi troppo, non è questa la sede, vorrei provare a inquadrare a grandi linee chi sono coloro che stanno  minando dalle fondamenta un sistema che nasce durante la rivoluzione industriale del settecento e subisce gli ultimi scossoni all’inizio del secolo scorso.

La generazione Z, i nati dopo il 2000, presenta fortissimi distacchi rispetto ai propri padri e nonni. Sono la prima generazione ad essere nata dopo la terza rivoluzione industriale di cui internet è l’emblema. Hanno accesso in tempo reale a tutte le informazioni, prodotti ed esperienze: stampanti 3d, netflix, youtube, social network, kindle…

Sono esposti in 24 ore ad una marea di stimoli che mio nonno non ha ricevuto in tutta la sua esistenza. Una generazione predisposta al multitasking, abituata ad esser premiata per la sola partecipazione,  che si aspetta ad una azione un feedback velocissimo, molto meno incline alla competizione e maggiormente propensa alla creazione, costantemente bisognosa di esser stimolata e sorpresa, con una curva media di attenzione di 8 secondi persino inferiore a quella di un pesciolino rosso.

Milioni di giovani e giovanissimi estremamente complessi da comprendere e decriptare attraverso le lenti di generazioni come quelle dei baby boomers (nati tra la seconda guerra mondiale ed il 1960) e generazione X (1960-1980). Per dare una idea della criticità da affrontare, negli ultimi 50 anni il tassi di suicidi è aumentato del 60% su scala mondiale, con un incremento notevole nei giovanissimi, ed al contempo il quoziente intellettivo è cresciuto di quindici punti.

Dal mio piccolo osservatorio è probabilmente un tipo di intelligenza meno creativa nel senso puro del termine, meno capacità di immaginare ma una amplificazione spasmodica della velocità e capacità di connettere i punti da parte delle nostre sinapsi. In fondo rispecchia il passaggio da generazioni cresciute in un mondo largamente testuale, che necessità di immaginazione per dar forme e colori a ciò che si legge, ad altre cresciute in un mondo quasi esclusivamente basato su foto, video, testi intrecciati velocemente tra di loro.

Non è un caso se per le ultime due generazioni, qui includiamo anche la Y composta dai nati tra il 1980 ed il 2000, i videogiochi siano diventati, per tempo e soldi spesi, il media di riferimento superando libri, cinema e musica. La spiegazione è molto semplice, creano esperienze largamente allineate alle aspettative delle persone di cui sopra.  Non voglio scaldare ulteriormente gli animi, ma sono profondamente convinto che i videogiochi non siano solo creatività ma anche cultura; ma questa è un’altra storia!

La scuola del futuro

Comprendere i cambiamenti generazionali in atto è, secondo me, una conditio sine qua non per riprogettare l’offerta formativa. Noi “adulti” abbiamo il compito di creare un mondo a misura delle nuove generazioni, e se le nuove generazioni presentano accelerazioni nei cambiamenti dobbiamo strutturarci per muoverci alla stessa velocità.

Le scuole non dovrebbero più guardare a loro stesse, ma pensare a Youtube o ad Angry Birds come modelli e rivali nell’attenzione, temporale e formativa delle nuove generazioni. Se questo può apparire ai più un triplo salto carpiato nel vuoto, basta guardare ai modelli formativi che negli ultimi 20 anni hanno ottenuto i migliori risultati, ad esempio nei test PISA,  a livello mondiale. Tra questi sicuramente il caso della Finlandia, dove le flipped classroom, l’inizio della scuola obbligatoria posticipata a 7 anni e una costante inclusione del gioco sin dall’asilo come momento di crescita dell’individuo concorrono a corroborare una idea diversa di scuola.

Quello che auspico è che si ritorni a scoprire il gioco come elemento centrale di crescita dell’individuo. In fondo non è quello che accade a tutti noi nei primi anni di vita quando giocare è il nostro lavoro? Impariamo larga parte di quello che conosciamo del mondo giocando, esplorando liberamente, divertendoci senza alcuna imposizione alcuna o obiettivo. E poi misteriosamente accade che il gioco scompare totalmente dalla esperienza scolastica, inizia ad assumere addirittura una accezione negativa con frasi del tipo “questo non è un gioco” o ancora “smettila di giocare”. Negli ultimi anni qualcosa sta fortunatamente cambiando ed è collegata, in parte, allo straordinario movimento di animatori digitali, insegnanti ed operatori che stanno introducendo il mondo del coding ed altre modalità di interazione e partecipazione attiva. Tra i tanti, non posso non citare il lavoro di evangelizzazione e sperimentazione condotto dal prof. Alessandro Bogliolo dell’Università di Urbino!

Questa lunga ma doverosa premessa resterebbe vuota senza alcune chiavi pratiche di azione per migliorare da domani le nostre classi ed il rapporto con i nostri studenti.

Sebbene il titolo di questa conferenza sia legato alla gamification ed in generale larga parte della mia vita sia legata alle tecnologie  non voglio partire da queste in un elenco di priorità.

Al centro di ogni processo di cambiamento restano le risorse umane, gli insegnati! La passione, al pari delle competenze, dovrebbe essere uno dei criteri che guidano all’assunzione e alla valorizzazione del corpo docente. Una persona appassionata, ed essa stessa coinvolta, diventa contagiosa. Si pensi al professore americano Barry White Jr., insegnante di inglese in una problematica scuola “elementare americana”. All’inizio di ogni giornata scolastica, saluta individualmente ogni studente con uno saluto personalizzato che hanno progettato insieme. Questo semplice gesto ha contribuito non solo ad una ampia empatia studente/insegnante ma anche, e soprattutto, ad un innalzamento del rendimento scolastico nelle sue classi. Vi lascio allo straordinario video

Lo spazio in cui avviene l’apprendimento deve essere concepito intorno agli studenti dando loro modo di poter cooperare, muoversi, esplorare, essere autonomi, cambiare posizione. L’impatto sull’apprendimento, secondo molti studi, arriva al 25%. Spazi ampi, colorati, possibilità di sedersi su sedie, divanetti o palle mediche, vetrate che creino una continuità tra esterno ed interno, spazi ricreativi comuni e laboratori sempre accessibili. La foto è stata scattata ad Espoo in Finlandia.

scuola finlandia

Infine la tecnologia, il digitale visto non più come una alternativa alla componente fisica ma piuttosto come due facce della stessa medaglia, l’individuo.  E qui penso alla straordinaria esperienza che stiamo portando avanti con la cooperativa Formatica per ristrutturare la gestione della classe e la relazione studenti (drop out)/insegnanti utilizzando un software come Classcraft.
O ancora gli esperimenti portati avanti utilizzando strumenti che abbracciano l’arco fisico e digitale come Bloxels fino ad arrivare a sofisticazioni come i curricula scolastici interamente game based, come ci ha mostrato il prof. Ananth Pai nel suo straordinario Ted Talk.

P.S. Quella che avete letto è la trascrizione, approssimativa, del discorso tenuto da Fabio Viola all’evento di Gamification per la scuola promosso dall’istituto  IIS ORSO MARIO CORBINO presso il teatro Gianì di Partinico il 6 Giugno 2017

L’engagement loop spiegato da Fabio Viola

A margine del Salone del Libro di Torino dove il nostro Fabio Viola ha presentato “L’arte del Coinvolgimento” in un panel dedicato al futuro dell’editoria, è stata registrata questa video-intervista di 3 minuti a cura di Giacomo Lucarini.

Minecraft per musei e turismo

Il futuro dei nostri musei ed istituzioni culturali è nelle mani delle nuove generazioni che saranno i fruitori e curatori di domani. E’ innegabile l’evoluzione sociale ed antropologia delle nuove generazioni (a partire dalla Generazione Z dei nati dopo il 2000), cresciute nel corso o nate dopo la terza rivoluzione industriale portata da Internet negli anni ’90 in Italia. Il mondo che si sta plasmando intorno a noi è fatto di connettività h24, possibilità di accedere a notizie e contenuti in tempo reale, multitasking, velocità nei feedback, partecipazione attiva e protagonismo . Questi tratti non dovrebbero rimanere avulsi dai contesti culturali, andrebbero compresi e sinergizzati con la mission. I vantaggi possono essere ampli, tanto in chiave di accessibilità quanto in termini di audience engagement.

Passando da una chiave di astrazione ad una pratica e progettuale, una opportunità è offerta dall’utilizzo dei videogiochi come nuovi linguaggi per raccontare il nostro straordinario patrimonio, sviluppare tool didattici appropriati per le nuove generazioni, creare coinvolgimento su fasce di pubblico difficilmente raggiungibili ed, infine, dar vita a processi di co-creazione.

Come ormai saprete, noi di Tuomuseo crediamo fermamente nella integrazione di esperienze digitali e fisiche. E’ il caso di Father and Son, il primo videogioco al mondo pubblicato da un museo archeologico (il Mann di Napoli). In un prossimo articolo approfondirò i risultati a quasi un mese dal lancio avvenuto il 19 Aprile 2017, ma posso anticiparvi che stiamo traguardando i 200.000 downloads su App Store e Google Play a riprova dell’enorme potenziale di audience development che questi strumenti portano in dote.

Tra gli strumenti più facilmente e immediatamente integrabili nelle proprie strategie vi è Minecraft, un videogioco sviluppato nel 2009 da un gruppo di sviluppatori indipendenti (indie) per poi essere acquistato da Microsoft per 2 miliardi e mezzo di dollari. Disponibile a pagamento per PC, console, smartphone e tablet, conta oggi oltre 100 milioni di giocatori nel mondo prevalentemente ragazzi e ragazzi tra i 7 ed i 17 anni, con fette di utenza anche tra adulti.

Minecfraft come strumento storico e culturale

Immaginate un mondo virtuale aperto in cui potete creare e modificare qualsiasi cosa per plasmarlo all’infinito con l’unico limite dettato dalla vostra creatività. Un immenso gioco dei Lego in digitale, dove è possibile ricostruire attraverso dei cubi pixellosi città, macchine, ponti, piramidi, foreste per poi condividerle anche con altri giocatori in un mondo che non smette mai di evolversi. E’ straordinario vedere riproduzioni reali o realistiche di città come New York o di intere nazioni come la Danimarca, un lavoro che richiede competenze base di matematica, geometria, geografia, storia. E’ per questo che Microsoft ha lanciato anche una speciale versione EDUCATIONAL che sta entrando prepotentemente anche nelle scuole italiane come strumento didattico.

Ora pensiamo a quante opportunità possa offrire Minecraft applicato al mondo dei musei ed istituzioni culturali italiane. A titolo di esempio:

  • Laboratori didattici nei musei basati sul gioco Microsoft
  • Ricreare una riproduzione del museo da rilasciare su Minecraft per raggiungere milioni di nuovi potenziali visitatori
  • Creare dei mondi esplorabili a partire da alcune opere presenti nel museo. L’opera diventa una ambientazione in cui muoversi, esplorare ed ammirare i dettagli
  • Lanciare contest aperti a scuole e giocatori di tutto il mondo per ricostruire epoche storiche o situazioni specifiche per poi esporre le migliori elaborazioni direttamente nel museo

Scopriamo insieme alcuni progetti già realizzati dai musei mondiali.

  • NOME PROGETTOTate Worlds
  • ISTITUZIONE: TATE di Londra
  • OBIETTIVO: Realizzare mappe Minecraft da distribuire gratuitamente a partire da opere e storie contenute nella collezione. Un modo nuovo per raccontare l’arte rendendola partecipativa, interattiva ed immersiva ad uso e consumo di giovani e giovanissimi dislocati in ogni parte del mondo. Sono state prodotte 16 mappe.

NOME PROGETTOGreat Fire 1666

  • ISTITUZIONE: Museum of London
  • OBIETTIVO: In occasione dei 350 anni dal Grande Incendio che stravolse Londra, il museo cittadino ha realizzato una mostra speciale. E’ stato pensato di estenderla in chiave digitale commissionando 3 mappe di Minecraft per consentire ai giocatori mondiali di vivere Londra prima dell’incendio, durante i 4 giorni dell’incendio e successivamente.

NOME PROGETTOGallipoli in Minecraft

  • ISTITUZIONE: Auckland Museum (Nuova Zelanda)
  • OBIETTIVO: Ricostruire gli avvenimenti della battaglia di Gallipoli avvenuta durante la prima guerra mondiale in Turchia. Il progetto ha visto coinvolto il museo in collaborazione con gli studenti dell’Alfriston College e vede numerosi oggetti delle collezioni ricostruire fedelmente per aiutare i giocatori a comprendere l’epoca e gli sforzi dei soldati neozelandesi durante quell’avvenimento storico

NOME PROGETTO: DANIMARCA IN SCALA 1:1

  • ISTITUZIONE: Governo Centrale Danimara
  • OBIETTIVO: Realizzare una mappa Minecraft in scala 1 a 1 prevalentemente ad uso e consumo degli studenti per facilitare la conoscenza del territorio nazionale. Inoltre una base cartografica così accurata doveva esser il punto di partenza per urban planner ed architetti per immaginare la nazione del futuro. Purtroppo il progetto non è più disponibile, come tutti gli strumenti anche Minecraft può avere risvolti negativi se non ben governato. La totale libertà di azione ha portato alcuni giocatori a piazzare cariche di dinamite così da far saltare alcune città cambiando quindi la morfologia del territorio.

In Italia solo nel 2017 vedremo i primi progetti applicati alle nostre istituzionali, come il pilota del Museo del Novecento di Firenze che andrà live nel corso di Maggio consentendo ai ragazzi delle scuole fiorentine di costruire le “proprie opere d’arte” per poi esporle nelle sale virtuali del Museo presente su Minecraft. Il progetto, coordinato dall’amico Marco Vigelini in collaborazione con mappers e youtubers prestigiosi, Gustatevi il video della ricostruzione di Firenze

Questi esempi grattano solamente la superficie delle potenzialità di Minecraft nei contesti museali Il team di Tuomuseo è al lavoro sulle primissime sperimentazion in Italia, contattateci per ogni curiosità e progettualità comune!

 

Fabio Viola porta la gamification nel mondo

E’ un successo meritato, ha dedicato gli ultimi 7 anni a formare e sensibilizzare aziende ed enti pubblici sulla centralità dell’engagement nei loro processi e prodotti. Forte di un bagaglio nell’industria tradizionale dei videogames, ha sviluppato decine di progetti dal loyalty al marketing passando per l’enterprise, ed oggi l’agenzia inglese Rise assegna a Fabio Viola il quarto posto mondiale nella classifica dei migliori gamification designer.

Fabio Viola guru gamificationFabio Viola guru gamification

Tedx Talk: L’arte del Coinvolgimento di Fabio Viola

Il video del talk tenuto al TEDx Manciano dal nostro Fabio Viola lo scorso Marzo. Il titolo non poteva che essere L’arte del Coinvolgimento ripreso dal suo ultimo libro.

Speciale gamification su Il Corriere della Sera

Ne è passata di acqua sotto i ponti dalla nascita della gamification, oggi tutti ne parlano anche se ancora pochi la sanno progettare e disegnare (ma questo è un altro tema). Con grande orgoglio vi segnalo un intero dossier che il Corriere della Sera ha deciso di dedicare alla gmaification con una ampia intervista a Fabio Viola, pioniere italiano.

E’ fondamentale passare da prodotti ed esperienze basate sulla standardizzazione, razionalità, usabilità, ergonomicità verso la progettazione per empatia, emozioni e coinvolgimento.

Consigliamo di leggere tutta l’intervista e, per gli interessati, di approfondire il tema della gamification e del coinvolgimento dei pubblici sul libro “L’arte del Coinvolgimento” appena pubblicato da Hoepli.

 

L’idea alla base della gamification, termine introdotto nel 2010 dal game designer statunitense Jesse Schell, è quella di utilizzare le tecniche mutuate dal gioco e dai videogiochi in contesti non ludici, aziendali ma non solo. L’obiettivo è coinvolgere il pubblico e i lavoratori attraverso la logica dei videogame e del gioco in generale. «I videogiochi sono in grado di creare empatia tra software e giocatore», commenta Viola. «E rispetto allo storytelling consentono di fare un passo avanti: il protagonista sei tu, che alteri la storia in base a quello che fai, con la libertà di prendere decisioni e di vederne le conseguenze in tempo reale – fino ad arrivare a decretare il finale del gioco». Sono questi alcuni dei segreti che Viola svela alle aziende per cui lavora, anche se in realtà le competenze necessarie per svolgere la sua professione non sono solo quelle richieste a un game designer (ossia colui che nei videogiochi concepisce e scrive le regole, le logiche, le possibili interazioni, i dialoghi). «Semplificando, un gamification designer è un game designer che ha anche conoscenze di marketing, psicologia e scienze comportamentali», spiega il 37enne.

Fabio Viola gamification Corriere della Sera

L’arte del Coinvolgimento – Il nuovo libro di Fabio Viola

Scrivere un libro rappresenta per me il momento conclusivo di un ciclo di vita umano e lavorativo. L’arte del coinvolgimento, pubblicato da Hoepli e scritto da Fabio Viola, chiude cinque anni di ricerca e sperimentazione nell’ambito dell’engagement come nuovo motore nelle politiche pubbliche e private del XXI secolo. In questi anni, insieme al co-autore Vincenzo Idone Cassone, abbiamo intervistato centinaia di persone per comprendere la natura del coinvolgimento, come nasce, come cambia i nostri comportamenti, come si estingue. Quello che mi ha affascinato è stato scoprire che, a fronte delle differenze geografiche/anagrafiche/sociali, esistono degli schemi ricorrenti e degli oggetti/esperienze che rimandano a fattori che facilitano l’insorgenza ed il mantenimento di questo stato fisico e mentale.
L’idea che sia in qualche modo “ingegnerizzare” il coinvolgimento è alla base di questo libro che vuole essere non solo uno strumento teorico ma anche una chiave pratica di azione per marketing managers, designers, innovatori, makers e gestori di aziende ed enti pubblici.

A fronte dei repentini cambiamenti tecnologici, sociali ed economici è necessario ripensare dalle fondamenta il nostro mondo disegnando esperienze in grado di coinvolgere ed emozionare tutti noi. Un passaggio sintetizzabile in “dalla standardizzazione alla personalizzazione delle esperienze”.

Immaginate una giornata in cui studenti, lavoratori, consumatori, cittadini diventino super eroi, estremamente motivati e pro-attivi. Questo non avrebbe solo risvolti personali e sociali, basti pensare che nei soli Stati Uniti oltre 200 miliardi di dollari in mancata produttività sono collegati al basso coinvolgimento dei dipendenti.

Quello che prospettiamo nel libro non è uno scenario utopico, migliaia di realtà mondiali hanno iniziato a sperimentare il “design del coinvolgimento” come pratica centrale delle proprie politiche. Attraverso l’analisi di best practice provenienti da ogni angolo del mondo ed in ogni verticale possibile, vogliamo dimostrare che nuovi modelli organizzativi non solo sono possibili ma contribuiscono a cambiare in meglio i risultati.

In questo nuovo scenario la gamification diventa uno strumento attuativo da inserire, obbligatoriamente, in una più ampia cornice multidisciplinare in cui scienze sociali, psicologia positiva e marketing comportamentale diventano un completo set di frecce nell’arco dell’engagement designer.

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L'arte del Coinvolgimento libro Fabio Viola

Il libro si muove tra concettualizzazione teorica e numerosi esempi pratici che accompagnano gli 8 capitoli. Vi lascio con un breve estratto.

“ Le ultime ricerche della neuroscienza suggeriscono che l’essere umano sia spinto a perseguire comportamenti che attivano il circuito di ricompensa del cervello. I momenti della nostra vita carichi di valenze emotive e significato persistono più a lungo nella nostra memoria e sono richiamabili con maggiore accuratezza rispetto a quelli neutrali. È ormai attestato che la corteccia prefrontale è la parte del nostro cervello deputata a svolgere funzioni esecutive come il risolvere problemi, mantenere la soglia d’attenzione e inibire gli impulsi emozionali. Se la corteccia prefrontale può essere considerata l’amministratore delegato del corpo umano, la corteggia cingolata anteriore è la sua segretaria personale. Tra i suoi compiti c’è quello di fungere da filtro alle tante stimolazioni e svolgere azione di raccordo in una continua teleconferenza tra le altre parti del cervello, specialmente l’amigdala. Quest’ultima è deputata all’insorgenza e al mantenimento delle emozioni in virtù della presenza di neurotrasmettitori della dopamina. Ogni qual volta il cervello ravvisa un momento coinvolgente nella nostra vita, chiede all’amigdala di rilasciare dopamina nel sistema proprio come una segretaria personale lascia un post-it per ricordare un appuntamento importante all’amministratore. Gli scienziati hanno dimostrato, infatti, che la dopamina gioca un ruolo fondamentale nella memorizzazione a lungo termine di un’informazione.

Non è forse quello che ogni azienda, istituto scolastico e pubblica amministrazione sogna? Eppure, nonostante il grande aiuto portato negli ultimi anni dalla neuroscienza, non è certo semplice comprendere, e di conseguenza stimolare e alimentare il coinvolgimento: è un processo in cui si mescolano razionalità e irrazionalità. Come spiegare del resto l’ascolto ossessivo in loop di un brano che ci ha particolarmente catturato? Il coinvolgimento è uno stato, individuale o collettivo, che muta nel tempo per manifestazione e intensità, difficile da spiegare anche per chi lo sta provando. Moltissimi autori e studiosi, ricercatori e designer hanno tentato di definire quali siano i caratteri che emozionano, affascinano, creano piacere e coinvolgono in un prodotto, una relazione o un evento. Per questo motivo, il nostro libro ha lo scopo di porre domande e non solo di dare risposte: d’altronde, come potremmo pensare di chiarire perfettamente, in poche centinaia di pagine, un fenomeno così complesso, largamente influenzato dall’ambiente nel quale si cresce e vive ancor più che dal patrimonio genetico, soggetto a mutamenti nel tempo e nell’intensità, alle interazioni con le personeche ci circondano?”

Solo per i lettori del blog un piccolo regalo. Tutti coloro che acquisteranno il libro ed invieranno a info[at]gameifications . com una foto del libro o dell’ordine di acquisto riceveranno gratuitamente 30 carte contenenti altrettanti logiche di coinvolgimento da utilizzare subito nei brainstorming e in fase di progettazione.

Videogiochi strumento turistico

Lo scorso Febbraio il nostro Fabio Viola è stato co-protagonista di un interessante panel istituito all’interno della programmazione della Business Tourism Management di Lecce. In un evento di ampio respiro dedicato al turismo, per la prima volta il gaming e la gamification diventano momenti centrale del dibattito nella sessione #Gameyourplace: Tecniche di coinvolgimento e partecipazione.

In compagnia di Lara Valente e Anna Paola Paiano, il nostro gamification designer Fabio Viola ha raccontato di come milioni di persone nel mondo giornalmente entrino in contatto con le bellezze italiane attraverso i videogiochi. Sono sempre più i giochi pc, console, mobile che sono ambientati  – totalmente o in parte, in Italia. Da nord a sud, città metropolitane e piccoli borghi i nostri luoghi sono uno scenario largamente riproposto digitalmente da parte di aziende produttrici provenienti da tutto il mondo.

Ora è arrivato il momento che le istituzioni pubbliche e le aziende della filiera turismo comprendano il potenziale e lo incanalino per veicolare una immagine cartolina dell’Italia anche attraverso questo formato per molti inusuale.

Fabio Viola da anni è portatore dell’idea di una GameCommission.

Tecniche negative di gamification

Larga parte delle nostre esperienze quotidiane partono dal presupposto di trovare corrispondenze persone-persone o persone-oggetti basate sulle affinità. Nelle community di incontri cerchiamo le caratteristiche fisiche e caratteriali dei potenziali partner, sui siti di e-commerce vengono somministrati questionari per comprendere cosa ci piace così da indirizzarci più facilmente verso i prodotti giusti.

Al tempo stesso se vi chiedessi di ricordare come siano nate le vostre migliori amicizie, tendereste a ricordare fattori accomunanti come una passione per il calcio o per un genere musicale o la frequentazione di un pub specifico.

Un modo alternativo per progettare e disegnare esperienze sociali è possibile. Già nel 2006 la psicologa sociale Jennifer Bosson pubblicò, insieme a 3 colleghi, il paper ““Interpersonal Chemistry Through Negativity: Bonding by Sharing Negative Attitudes About Others” sul Personal Relationship Journal. Al centro di questo studio una idea diametralmente opposta sulla formazione dei rapporti sociali: quando due persone odiano la stessa persona è facile che tra loro nasca un rapporto ancora più forte rispetto a due persone che ammirano un terzo soggetto.

Tendenzialmente noi umani troviamo piacere nell’incontrare persone a cui non piaciono le nostre medesime persone siano esse nostri amici o celebrities. Il punto non è nell’odiare il prossimo quanto piuttosto nel trovare una comunanza e terreno comune nel riportare tratti negativi di terzi. Per estensione è il fenomeno psicologico alla base della creazione di numerose community web e social nelle quali i partecipanti spettegolano, o peggio, verso terze persone dando vita ad una forte coesione tra di loro.

Hater app basata sul dislike

La mia attenzione è stata catturata da una nuova app rilasciata sul mercato mobile, Hater. Partendo da questi principi di gamification ed engagement negativo, ribalta la logica delle dating apps. Disponibile su App Store gratuitamente, consente di trovare l’anima gemella partendo da 3000 argomenti selezionabili secondo la logica di quello che odiamo invece di quello che amiamo. Ad ogni schermata è possibile scorrere il dito verso il basso per confermare l’odio ed a sinistra il non gradimento.

La profilazione serve al sistema per consigliarti persone che non amano lo stesso partito politico, soubrette, cibo, film e tanti altri parametri.

hater gamification tecnica