Loyalty

Loyalty primo passo per il free to play

Possiamo dire addio al modello “paga in anticipo per qualcosa che fruirai successivamente” nel mondo digitale, ma non mancano esempi di disruption anche nell’industria retail fisica. Chi di voi si è ritrovato a navigare tra le Apps di Facebook avrà notato come tutta l’offerta è integralmente gratuita. Spesso in riunione con figure chiave in importanti aziende italiane mi vien posta ciclicamente la domanda “ma come fanno a guadagnare se il gioco/servizio viene fornito gratuitamente?

La risposta è modello free to play, più semplice l’offerta gratuita di un servizio che, dopo aver fidelizzato un giocatore, gli propone la possibilità di spendere soldi reali per acquisire moneta/oggetti virtuali utili per migliorare/velocizzare/rendere unica l’esperienza. Solitamente si tratta di microtransazioni, piccoli esborsi nell’ordine di una manciata prelevati direttamente dalla propria carta di credito piuttosto che account telefonico o forme indirette come le Offers. Questo modello non si sta diffondendo a macchia d’olio unicamente nel mondo online, ce lo testimonia anche Screen Digest che nel suo ultimo report ha analizzato il mercato delle mobile apps. Il mondo dei mobile application store è stato caratterizzato da una prima fase modellata sulla falsariga del retail con una esperienza di stampo “pay per download”. Apple è stata ancora una volta pioniera dell’innovazione consentendo dal 2009 l’ “in-app purchase” già citato prima come microntransazioni/free to play.

Dati di vendita In-App purchase vs Pay Per Download

Il grafico mostra l’ascesa del nuovo modello a scapito di quello ad oggi imperante con una proiezione di 5.6 miliardi di dollari generati nel 2015 contro i 970 dell’anno appena conclusosi. Già oggi basta recarsi sull’Apple App Store per verificare con mano la presenza di 3-4 giochi free to play nella TOP 10 delle applicazioni più redditizie.

Ma è bene soffermarsi sulle ripercussioni profonde di questo slittamento di business model. Generare transazioni nel corso del limite cycle di un utente significa ripensare totalmente il modo di sviluppare e gestire una applicazione. La strada è quella dell’ongoing product, miglioramenti continui e quotidiani dell’app sulla base dei feedback utenza e metriche analizzate costantemente perché per trasformarli da utenti non paganti a paganti sarà necessario primariamente fidelizzarli. Il lavoro inizia non all’atto del download ma in seguito!

La maggior parte degli in-app purchase avviene dopo 10 sessioni!

Uno studio condotto da Localytics nel 2011 su un campione di 30 milioni di app user fornisce alcuni approfondimenti interessanti. Il grosso della torta arriva solo dopo la decima sessione di gioco, un lasso di tempo sufficiente al giocatore per sentirsi emotivamente coinvolto nel progetto. Meno incline al pagamento il giocatore alla sua prima partita (22%) sebbene il primo impatto rivesta un ruolo fondamentale.

Disegnare una esperienza per essere godibili nel corso del tempo trova ulteriore giustificazione economica nel lifetime value di coloro che hanno effettuato il primo acquisto dopo un certo lasso di tempo invece che alla prima sessione. Questi ultimi effettuano in media 2.8 acquisti mentre i fidelizzati 3.5.  Le ripercussioni sono profonde anche nel campo della gamification dove il business model diretto imperante è proprio quello del free to play.

E’ fondamentale ridurre il più possibile il tasso di abbandono del nuovo utente dopo la prima sessione, le statistiche non sono generalmente incoraggianti con un 26% di utenti mobile apps che non ritornano dopo la prima esperienza. E’ sicuramente un problema enfatizzato dall’accesso gratuito al prodotto, molti utenti installano tutto per poi decidere dove focalizzare le proprie attenzioni e risorse.

 

Quattro classi di Loyalty

Il concetto di fidelizzazione del cliente è rimasto sostanzialmente immutato nell’ultimo secolo. Catene commerciali o compagnie aeree premiano l’acquisto di un prodotto con dei punti utili per ottenere un bene reale o virtuale con la speranza di legare a se l’utente nel tempo. I loyalty programs attuali mancano però di profondità ed engagement premiando unicamente la spesa effettuata e non una serie di altri comportamenti che l’utente assume nei confronti del brand. In questo sito abbiamo dedicato una intera sezione all’argomento, inclusi esempi innovativi come il programma intrapreso da Starbucks o alcune innovazioni provenienti da compagnie aeree pioneristiche.

Un interessante contributo alla discussione lo ha fornito Barry Kirk, solution vice president consumer loyalty a Maritz, con un guest post apparso su Chief Marketer. Viene proposta una tassonomia della fidelizzazione basata su quattro livelli:

Inertia Loyalty (Fidelizzazione Passiva): E’ un tipo di loyalty passiva dove l’utente resta legato al prodotto solo per le difficoltà ad uscirne. Nessun appealing a restarci, ma l’impossibilità di avere un altro supermercato nelle vicinanze o una compagnia aerea in grado di offrirmi lo stesso volo inducono l’utente a fermarsi. Ma qualore si presentasse un competitor senza barriere, gli utenti abbandonerebbero volentieri il programma in corso.

Mercenary Loyalty (Fidelizzazione Mercenaria): I marketers pagano i clienti per la loro fedeltà. La stragrande maggioranza dei programmi basati su punti e sconti opera su questo livello sulla scorta della tradizione, ma i dati mostrano un livellamento verso il basso dei tassi di partecipazione a causa della scarsa partecipazione emotiva generata. Inoltre permane la facilità per un competitor di portar via il cliente pagandolo semplicemente di più.

True Loyalty (Fidelizzazione Reale): Brand raggiungono questo livello quando un cliente ha una ragione avvincente, un connubio emotivo che li spinge a restare fedeli nonostante quello che accade intorno. Alla base vi è una fiducia reciproca e valori comuni. Tra i migliori esempi Starbucks (la gente fa molta strada per raggiungerli e pagare più che altrove la colazione) e Chipotle, catena di ristoranti specializzati in cucina messicana diventata popolare per le scelte di di approvigionamento alimentare legate a cibo organico.  Questa fidelizzazione reale avviene quando si crea una confizione “win win”, un mutuo beneficio tra le due parti.

Cult Loyalty: Alcuni brand come Harley Davidson, Apple e Coca Cola sono riusciti a creare un rapporto simbiotico con l’utenza dettandone i principi  e stili di vita. E’ un livello di fidelizzazione non inducibile artificialmente, ma può solo essere coltivato attraverso una valida social media strategy.

Secondo Barry il livello a cui puntare in fase di pianificazione è il True Loyalty e di conseguenza i programmi vanno calibrati in relazione di questa “personas”.

 

CrowdTwist loyalty gamified platform 2.0

La fidelizzazione dei clienti è uno dei campi d’azione dove la Gamification può apportare reali benefici. Il mondo dei loyalty programs è rimasto sostanzialmente statico negli ultimi 80 anni con tecniche e meccaniche lungamente collaudate ma ormai insufficienti a cogliere le istanze di una nuova generazione di individui nati nell’era del gaming e connessione h24. L’asse si sta lentamente spostando dal premiare l’utente che compie un acquisto a dare valore e rewards a tutta una serie di azioni compiute dovunque il brand è presente, e tutti noi sappiamo come una strategia cross platform sia sempre più implementata: punto fisico, sito web, presenza sui social network e mobile. L’obiettivo diventa non più stimolare unicamente l’insorgenza dell’atto di acquisto ma un engagement di lunga durata, un rapporto di interazione costante che a sua volta favorirà acquisti ripetuti.

Negli ultimi due anni sono nate diverse start up focalizzate sulla rivoluzione di questo comparto, tra le altre CrowdTwist che proprio nei giorni scorsi ha ricevuto un round di finanziamenti dal valore di $6 milioni. Questa piattaforma americana consente ai brand di tracciare i propri utenti sparsi tra negozi, sito web e vari social networks capendone i comportamenti e favorendone l’interazione offrendo loro azioni da compiere in cambio di punti, badge e livelli. Queste meccaniche gaming aiutando l’insorgenza di engagement rivolta non solo allo status o competizione ma soprattutto all’ottenimento di premi sia digitali che reali. Entrando più nel dettaglio la piattaforma consente di:

Gamification factor: Una serie di meccaniche come punti, livelli e badge vengono automaticamente gestiti dalla piattaforma per creare engagement. Gli utenti vengono stimolati a interagire in vario modo col brand entrando in competizione con se stessi (status) e con gli altri giocatori (classifiche).

Una serie di meccaniche gaming per incentivare loyalty

Reward: La piattaforma gestisce mediante algoritmi il viaggio dell’utente nel contatto col brand assegnando punti in base a specifici task con differenti livelli di priorità. Questi punti possono poi essere riscattati con virtual goods, sconti e premi reali.

I punti necessari per il premio si guadagnano partecipando o si acquistano

Monetizzazione: CrowdTwist offre al brand una possibilità di monetizzazione diretta, questo avviene mediante la possibilità di acquistare punti pagandoli con soldi reali mediante micro-transazioni. La logica lato utente è poter progredire più velocemente ed ambire a premi di maggior interesse e valore.

Metriche: Non c’è gamification senza un pannello di controllo metriche completo. L’azienda di 10 dipendenti con sede a New York ha realizzato una dashboard ricca di parametri in grado di tracciare tutte le interazioni tra utente/brand indipendentemente dalla piattaforma di contatto (twitter, facebook, online…)

Le Analytics offerte da CrowdTwist

L’implementazione di questa soluzione, stando a quanto riportato in una specifica pagina, porterebbe vantaggi come:

+ 200% engagement nel sito web

+ 200% tempo speso nel sito

+ 50% interazione dell’utente con la fan page facebook e account twitter del brand

+ 40% di campaign open rate (ovvero apertura della newsletter mail gestita mediante piattaforma)

Questi numeri generali trovano riscontro in case history specifiche generate nel corso di questo 2011 da Crowdtwist. Per il client LiveNation è stato allestito il minisito BoozleTwist legato al’omonimo festival musicale. Una serie di azioni vengono proposte in home page ricompensando il visitatore online con dei punti. Ad esempio 500 per visionare foto del festival, 25 punti per leggere il blog, 100 per mettere MI PIACE etc etc.

Questi punti poi erano spendibili per ottenere premi memorabili come magliette autografate dagli artisti del festival, pass per il backstage ed altre utilities di scarso valore economico ma forte impatto emotivo.

Nel mese di vita attiva il portale ha fatto segnare 10.500 nuovi iscritti, l’engagement è passato da una media di 3 pagine viste a settimana a 26 (+900%), i visitatori ora spendono 8 minuti e 30 secondi sul sito contro i 2 precedenti.

Una case history per CrowdTwist

Come introdurre i Reward?

Nell’ultima settimana sono stato contattato da due studenti, provenienti da facoltà diverse, alle prese con una tesi sulla Gamification. E’ stato interessante notare le diverse angolature con le quali stanno approcciando questa nuova disciplina, da una parte una ricerca focalizzata sull’applicazione di meccaniche, dinamiche ed in generale game thinking all’interno di uno specifico segmento di mercato, dall’altro un approccio molto più marketing oriented dove Gamification rappresenta l’ultima tappa evolutiva del percorso che ha portato brand ed agenzie ad utilizzare i giochi come strumento promozionale.

Nei limiti delle mie capacità e possibilità sto fornendo un minimo di tutorial e possibilità di collaborazioni col nostro progetto, e spero che sempre più studenti contribuiscano alla formazione del sapere in un segmento ancora così giovane e volatile. Tutti gli interessati non esitino a contattarmi!

Dopo questo doveroso incipit, passiamo ad un tema su cui ci stiamo tutti arrovellando. Ogni approccio alla Gamification non può prescindere da un corretto ragionamento, design e applicazione del concetto di Reward.

Inserire dei premi è un fattore che aumenta l’egangement o può diventare penalizzante?

Quanto grande dovrebbe essere il valore dei premi?

E’ possibile far leva sia su premi fisici che digitali?

Queste ed altre domande nascondono interrogativi la cui soluzione è propedeutica alla corretta implementazione di un Reward Schedule in un progetto gamificato. Se andassimo ad analizzare nel dettaglio la maggior parte delle iniziative italiane basate sull’assegnazione dei premi noteremmo la costante formula del concorso a premi. E’ questa la strada giusta o è possibile migliorare l’esperienza utente?

Nella mia pratica quotidiana e nella teoria in fase di evoluzione associata al concetto di Gamification il premio rappresenta una base ma non il perno attorno a cui far ruotare la campagna marketing. Pur risultando estremamente appetibile ad una larga fascia di utenza, il benefit reale presenta alcune criticità riassumibili nel paradigma MAC

Motivazione: Un utente potrebbe abbandonare subito la pagina dell’iniziativa vedendo premi non giudicati interessanti ottenendo un effetto peggiore rispetto ad una non introduzione del Reward. Estremizzando se il contest prevede oggetti hi tech, probabilmente andrò a tagliarmi fuori un bacino di persone in là con gli anni.

Appealing: Premi di scarso valore economico abbattono l’appealing dell’iniziativa. Paradossalmente anche la sostenibilità nel tempo di ricchi premi è destinata a declinare. Se io brand XX lancio un contest da 300.000 euro abituo gli utenti a ragionare in una certo ordine di grandezza che sarà ritenuto base minima per la campagna successiva

– Costo: Mettere in palio denaro, viaggi, automobili e qualsiasi altro bene materiale rappresenta un costo di gestione significativo. Nel tempo le aziende hanno optato per forme di co-marketing per ammortizzare al massimo l’investimento ma anche in questi casi restano alti i costi di fidejussione per far partire legalmente l’iniziativa o il delivery dei premi. Immagiamo 100 magliette, vi saranno dei costi diretti di spedizione ed indiretti nel tempo speso per imballare e organizzare la pratica col corriere.

 

Eppure nell’ultimo anno sempre più aziende e centri media stanno capendo l’importanza di una serie di altri fattori che offrono un rinforzo positivo all’utente pur in assenza di un diretto coinvolgimento di un sistema di Reward. Gabe Zichermann ha brillantemente sintetizzato questi nuovi paradigmi sotto l’acronimo di SAPS. Questo nuovo modo di pensare, attinto direttamente dal game thinking, è stato già ampiamente sdoganato in queste pagine ed approfondito nella Guida Pratica alla Gamification. Ma vediamo i quattro punti che dovrebbero essere alla base di ogni iniziativa in cui venga completata uno schema premiante:

Status: E’ di importanza vitale nel paradigma della Gamification. Lo status è ciò che differenzia un utente da un altro ed aiuta a formare il suo stato di appartenenza. Nella società moderna sempre più fattori esterni aiutano ad identificare un individuo: un auto potente, una grande villa, un gioiello sgargiante o un capo firmato mostrano esteriormente un certo modo di essere. Questo fattore psicologico dovrebbe rappresentare la prima, e in molti casi più importante, forma di reward. L’esempio più comune ci viene offerto dalle aziende coinvolte nel mercato delle carte di credito. Gli utilizzatori di Visa piuttosto che American Express vedono i propri comportamenti di spesa premiati con una visibilità immediata all’interno della community. Una tessera Platinum incarna alcune abitudini mentre una base altre.

Lo Status espresso dalle carte di credito

Access: Un premio di questo tipo abilita il vincitore ad interagire in maniera esclusiva, speciale o privata col brand o prodotto.  E’ un premio di indubbia utilità per i fruitori ed ha un non costo per l’azienda. Per non rimanere nel vago, una implementazione italiana arriva da Privalia. Il popolare servizio di personal shopping offre la possibilità ai Fan su Facebook di accedere alla pre-vendita di un marchio con ore di anticipo rispetto all’utenza. Mentre io dovrò attendere le 7 per accappararmi maglie Nike a prezzo vantaggioso, agli utenti iscritti su Facebook dò la possibilità di acquistare sin dalle 19 del giorno prima. Il vantaggio è indubbio, essere tra i primi ad accedere all’offerta mi consente una scelta ampia di modelli e taglie che l’indomani non avrò.

Privalia ha introdotto un "reward di accesso"

Power: Un premio che conce all’utente un avanzamento di “carriera” rispetto ad altri utenti. Così’ facendo si è in posizione di forza sugli altri o si ha la possibilità di accedere a feature ad altri precluse. La popolare testata editoriale americana The Huffington Post ha inserito il Badge Moderator. Gli utenti che investono il proprio tempo nel segnalare i commenti inappropriati pubblicati nel sito vengono ricompensati con questo premio di status che non ha solo valenza di status ma anche Power. Gli utenti diventati “moderator” hanno il potere di cancellare direttamente i post degli altri utenti!

Un reward può essere basato sul dare Power ad un utente

 Stuff: Solo in ultima istanza, dopo aver attentamente vagliate le precedenti tipologie, è opportuno prendere in considerazione l’assegnazione di premi diretti. Abbiamo visto ad inizio post le criticità che accompagnano l’implementazione di premi reali, ostacoli difficilmente sormontabili da piccole/medie aziende che non possono contare su budget elevati e opportunità significative di co-partnership.

Start up e società low marketing budget, ma anche grandi firme che intendono esplorare nuove modalità interattive e dinamiche, dovrebbero prendere in considerazione l’idea di erogare premi digitali siano essi dei virtual goods spendibili in un social game piuttosto che benefits digitali sfruttabili online o su cellulare.

Un esempio, tra i tanti, è arrivato nel 2010 dall’azienda Green Giant, grande produttore di frutta e verdura biologica venduta imballata nei negozi americani. Su ogni confezione acquistata campeggiava un adesivo con un codice riscattabile nel gioco Farmville disponibile su Facebook. Il vantaggio di questo tipo di iniziative è poter ricompensare un numero infinito di utenti senza le limitazioni di pochi vincitori dettate dalla modalità contest. Il costo di produzione dell’iniziativa è estremamente limitato e consente di fare una retention non dispersiva. Nel caso specifico al target tipo dell’azienda, una donna che va a fare la spesa, viene offerto un virtual reward rappresentato da cash virtuale spendibile nel simulatore di fattoria che, non a caso, ha come giocatore tipo una donna sui 43 anni.

Ricapitolando i benefici di un possibile spostamento dall’asse del premio fisico ad uno digitale:

– Nessun costo di acquisizione premio (se si esclude la creazione di eventuali virtual goods)

– Delivery in real time: il vincitore riceve instantaneamente comunicazione di vincita e di conseguenza il premio

– Non necessitano di infrastratture logistiche

– Numero illimitato

– Sempre più appealing alla generazione dei nativi digitali

Spostare l'asse dal premio fisico al digitale

 

In un prossimo post daremo spazio ad una forte corrente di pensiero secondo cui il Reward è, quasi sempre, nocivo e controproducente nello stimolo alla modifica di un comportamento. La teoria del Motivations 3.0, ma quella è un’altra storia!

 

Airlines Gamification – Il Passato

I lettori più attenti avranno notato nel corso degli ultimi mesi numerosi accenni al mondo delle compagnie americane. Questa esigenza è dettata dal ruolo leader che esse hanno svolto negli ultimi 30 anni nel mondo dei loyalty program, programmi di fidelizzazione dove tecniche gaming hanno svolto un ruolo preponderante nelle strategie delle grandi multinazionali del settore. Studiare i Frequent Flyer Programs (FFP) significa non solo capire le origini della Gamification ma anche aprire uno squarcio su un universo dove game mechanics e business si sono integrati splendidamente dando vita ad un business da miliardi di dollari che coinvolge attivamente decine di milioni di individui giornalmente.

 

Nel Maggio 1981, American Airlines lanciò il secondo FFP mondiale denominato AAdvantage. Questa rivoluzione fu resa possibile dalle mutate condizioni tecnologiche e di mercato createsi sul finire degli anni ’70; la deregulation del mercato aereo, imposta nel 1978 (nel 1997 in Europa) dal presidente americano Carter, pone fine al monopolio delle compagnie di bandiera uniche autorizzate a solcare i cieli per conto degli stati nazionali. Nasce la concorrenza e le nuove società aeree si contendono a colpi di ribassi, migliori servizi e promozioni i clienti “statali”. In quel contesto storico si ascrive anche l’avvento dei Personal Computer in ambito lavorativo, condizione propedeutica alla nascita dei FFP. Senza la digitalizzazione dei dati e l’archiviazione dei profili viaggiatori sarebbe stato impensabile dar vita ad un gioco con milioni di individui.

American Airlines (già nel 1979 vi fu il programma della Texas Airlines International che purtroppo non riuscì a trainare successo a causa della situazione societaria – si fuse nel 1982 con la Continental Airlines- e della mancata computerizzazione dell’azienda) capì quanto fosse importante premiare i propri utenti più fedeli offrendo loro biglietti gratuiti ed altri benefits sulla base delle miglia volate. Il programma partì automaticamente per i 150.000 top viaggiatori, la società li cercò nel proprio database di prenotazioni Sabre dove al nome era associato il numero di telefono. Ah, un pizzico di italianità in questo pionieristico programma lo si deve a Massimo Vignelli che disegnò il logo dell’iniziativa!

Lentamente ma progressivamente iniziò una rivoluzione nei comportamenti dei viaggiatori, un nuovo parametro doveva esser preso in considerazione nella pianificazione di una vacanza o viaggio di lavoro. Accumulare punti diventa per milioni di individui un imperativo trasformando una azione di routine in un sistema “game friendly” con tanto di strategie per “mastering the system”.

Ad una sola settimana dal lancio di AAdvantage, arrivò sul mercato anche la United Airlines con il suo programma Mileage Plus. Un vero e proprio clone con l’aggiunta di un paio di migliorie significative: un bonus per il raggiungimento delle 5000 miglia e nessuna scadenza temporale per le miglia acquisite. Nel corso dell’anno seguirono le iniziative di Delta e TWA dando vita ad una competizione senza confini per l’acquisizione e retention dei viaggiatori.

La storia non è solo per gli amanti dell’antichità (e lo dice uno che ha studiato Beni Culturali – indirizzo archeologico) ma aiuta a comprendere scelte e risultati. Emblematico il caso della Southwest Airlines, grande compagnia aerea americana che volontariamente decise di non lanciare un proprio programma di FFP agli inizi del 1980. I dirigenti valutarono negativamente l’impatto di un tale tool sia sotto un profilo economico (gestione, premi..) sia di engagement nel lungo periodo. Venne sottovalutato l’impatto riducendolo ad un mero fenomeno temporaneo in grado di garantire, al più, benefici nel brevissimo termine senza ritorni su un periodo più ampio.

Ben presto l’azienda dovette ricredersi tant’è che oggi “Rapid Rewards” è uno dei migliori programmi mondiali con tanto di virtual currency acquistabile con soldi reali per salire di livello. Ma risuona ancora l’eco delle parole del presidente Herb Kelleher

“Non volevamo un FFP. Ma ho capito che essi stavano allontanando da noi i viaggiatori d’affari”

E’ interessante notare il parallelismo con alcune critiche attuali alla Gamification e su come essa manchi di ripercussioni nel lungo periodo. Il caso di Southwest mostra come un tool possa apportare benefici su specifici obiettivi e cluster di utenza (in quel caso gli high spender) e quindi una implementazione non solo è giustificata ma anche abbondantemente ripagata.

L’elevata presenza di game mechanics ha sicuramente apportato enormi benefici a questi programmi consentendo loro di compiere un enorme balzo avanti rispetto ai loyalty program vigenti in altri settori merceologici.

Gamification nelle tessere fedeltà delle compagnie aeree

Questa tabella, volutamente esemplificativa, mostra l’evoluzione intercorsa tra i tradizionali programmi fedeltà (punti benzina, ipermercato per intenderci) e gli ultimi programmi aerei dove è in atto un elevato livello di sofisticazione. Dal classico schema “più punti hai, premio di maggior valore ottieni” si è passati ad una struttura ludica in cui i punti aiutano a salire di livello. Salire di livello (bronzo, gold, platino, elite)  equivale ad acquisire benefits imamteriali ed uno status sociale diverso (accesso a lobby esclusive in aereoporto, sedili riservati).

Questo complesso ecosistema messo in piedi dai designer (alcune compagnie si sono specificamente avvalse di game designer) ha avuto negli anni un impatto impensabile nei comportamenti umani. In alcuni film vengono mostrati viaggiatori con bagaglio leggerissimo che partono per dei veri e propri tour de force di 1/2 giorni con lo scopo di accumulare miglia utili per il passaggio al livello successivo. Questa non è invenzione cinematografica, un sondaggio condotto sui premium member del programma Mileage Plus ha rivelato che circa l’80% ha compiuto un volo “inutile” o allungato intenzionalmente il tragitto. Migliaia di individui che investono tempo e risorse per partecipare ad un gioco collettivo dove la promessa del reward è importante almeno quanto la condivisione del proprio status con la community.

Ogni gioco di successo ha la sua community di riferimento dove gli utenti più attivi si radunano per socializzare, scambiarsi opinioni, condividere strategie e trucchi per migliorare il proprio avatar. FlyerTalk.com è il paradiso dei viaggiatori “fidelizzati”, una community da 1 milione utenti mensili con milioni di post inseriti. Ogni singola promozione, ogni piega del regolamento, ogni tattica utile per progredire più velocemente è inserita e commentata tanto da potersi considerare un immenso beta group dove i designer sondano l’opinione della customer base.

 

Nella seconda parte dell’articolo esamineremo nel dettaglio i migliori, da un punto di vista della gamification, frequent flyers programs mondiali sviscerando le meccaniche implementate. Appuntamento in settimana!

 

Gamification strumento di fidelizzazione

Sin dagli esordi di questo blog, mi sono spesso soffermato sui vocaboli Loyalty/Fidelizzazione come campi significativi di applicazione per la Gamification. Una intera sezioneriporta numerosi esempi e considerazioni su come i brand possano migliorare il rapporto col cliente facendo leva sui nuovi strumenti tecnologici d’uso comune, dagli smartphone always connected ai social network.

Le tre fasi di interazione tra utente e prodotto tra il passato e l'era 2.0 gamificata

L’immagine riassume splendidamente l’evoluzione delle tre fasi di commercializzazione: prima dell’acquisto, acquisto e post acquisto. Da una esperienza sostanzialmente passiva in cui il consumatore poteva unicamente scegliere se aderire o meno al “gioco”, si passa ad una richiesta costante di partecipazione sotto svariate forme; diventare promoter del gioco, commentare, votare e recensire i prodotti,  effettare check in o scansionare codici a barre.

Una rivoluzione digitale in grado di modificare radicalmente la decennale industria delle Tessere Punti apportando numerosi benefici:

– Costi minori dovuti alla scomparsa di cataloghi cartacei, bollini e documenti da firmare sostituiti da check in, website ed sms. A questi si accompagna una progressiva digitalizzazione dei premi, non più e non solo fisici ma anche punti virtuali, badge e trofei.

– Un cambio comportamentale che mira a premiare non solo l’avvenuta transazione ma anche l’interazione di un utente col prodotto o punto vendita. Non solo 10 punti per aver acquistato il pacco di biscotti, ma anche 2 punti per aver scannerizzato il barcode del prodotto ed averlo condiviso con gli amici.

Alle ampie possibilità offerte da internet, IM, geolocalizzazione e scansione codici a barre si aggiunge il tool della Gamification col suo set di meccaniche e dinamiche in grado di alterare il comportamento umano facendo leva su motivazioni intrinseche ed estrinseche. Questo ventaglio di nuove offerte nelle mani di agenzie specializzate, brand e catene commerciali è stato ben esaminato in una nuova presentazione disponibile su Slideshare. L’autore è l’inglese Mark Sage, director of Loyalty per Carlson Marketing.

Geolocalizzazione gamificata per le compagnie aeree

Gamification – The New Loyalty from Gamification Co on Vimeo.

Gabe Zichermann ha tenuto in settimana una presentazione dal titolo “Gamification – The New Loyalty” presso la Social Media Conference in Copenhagen. Uno speech, in inglese, dalla durata di 45 minuti di cui vi consiglio la visione essendo lui una interessante fonte  di ispirazione per tutti coloro più marketing oriented.

Sulla tematica Loyalty mi sono spesso soffermato sia analizzando un possibile approccio concettuale e di sviluppo sia con case history in cui è palpabile una evoluzione rispetto all’immagine comune della tessera a punti che dà diritto a premi.

Oggi compiamo un passo avanti, o forse indietro, andando a vedere come Virgin America sta ampliando l’offerta di fidelizzazione rivolta ai propri viaggiatori. Una premessa è doverosa, son state proprio le compagnie aeree americane negli anni 80 a compiere il salto di qualità utilizzando game designer per migliorare i propri programmi e renderli non solo strumento di marketing ma vera e propria fonte di reddito. Le grandi compagnie americane concedono dei punti a prezzo scontato ad aziende partner (nolleggio vetture, ristoranti, hotel) guadagnando miliardi di dollari l’anno oltre al ricavo indiretto dalla maggiore propensione al volo degli utenti fidelizzati.
1981: American Airlines introduce il primo Frequent Flyer Program (FFP). Nei giorni successivi tocca a United Airlines e poi a ruota Delta e Trans
1983: Holiday Inn e Marriott, catene di hotel, lanciano i loro programmi di fidelizzazione
1985: Diners Club lancia il primo programma di fidelizzazione legato a carta di credito
1987: Anche la catena Hilton si convince e lancia un loyalty programs così come National Car Rental lancia il primo programma associato al nolleggio di vetture

Questa breve cronistoria per introdurre l’ultima iniziativa di Virgin America, compagnia aerea. Recentemente ha siglato una partnership con TopGuest, app gratuita scaricabile su iPhone che eroga un servizio di check in basato sulla geolocalizzazione agganciandosi a piattaforme come Facebook Places, Gowalla e Foursquare, per premiare i propri viaggiatori che effettuano appunto un check in (indicano la propria posizione utilizzando uno smartphone always connected con funzione di geolocalizzaziono) all’interno di punti sensibili come aereoporti, sale d’attesa e zona bagagli. Effettuato il check in virtuale si ottengono degli Elevate Points (moneta virtuale di Virgin), in media circa 25 che si vanno a sommare a quelli tradizionalmente ottenuti volando e acquisendo biglietti.

A questo livello social, si è aggiunta di recente una nuova feature di TopGuest a cui ha fatto seguito un contest in partnership con la compagnia aerea americana. E’ possibile linkare il proprio account Instagram sul software iPhone consentendo l’upload di foto in tempo reale. Le migliori fotografie scattate prima di decollare o dopo l’atterraggio, a patto che contengano il tag Virgin America, vengono premiate con 1000 Elevate Points.

Virgin America premia i check in negli aereoporti

Vedremo sempre più intersezioni tra mondo reale e digitale man mano che il ringiovanimento della popolazione porterà con se una dimestichezza con social network e geo-social network.

Meccaniche e dinamiche di gioco al servizio dei loyalty programs

Le catene commerciali sono da tempo alle prese col dilemma della fidelizzazione cliente e su come incentivare le vendite. Già sul finire del 1700 alcuni negozianti americani capirono la valenza della formula prendi “10 e paghi 9” con quale regalavano il 100 grammi di zucchero ogni chilo acquistato per favorire il ritorno in negozio dell’avventore, indeciso di fronte al moltiplicarsi delle botteghe cittadine. A distanza di oltre due secoli la formula “3X2”, in congiunzione a coupon sconto per l’acquisto di un secondo prodotto, è ancora in gran voga rispondendo a esigenze come customer acquisition e incremento vendite nel breve periodo.

Agli inizi del 900 le aziende aggiunsero una nuova freccia alla loro faretra marketing. Il sistema di raccolta punti consente di tracciare il comportamento utente nel corso del tempo premiando l’engagement di media durata (solitamente 12 mesi) e di conseguenza gli utenti fidelizzati fornendo loro una motivazione che va oltre l’atto di acquisto. In questa logica l’associazione tra punti accumulati e premio finale è stata indissolubile fino agli anni 80 con l’avvento di sistemi complessi come i Frequent Flyer Programs delle compagnie aeree americane, e tutt’oggi è ancora la prassi nella maggior parte delle iniziative di loyalty marketing.

La massificazione di device always connected, la geolocalizzazione e la popolarità dei social network sta mutando pesantemente questa industria. Su questo livello tecnologico sempre più aziende stanno capendo i vantaggi che le meccaniche e dinamiche dei videogiochi possono apportare nell’ambito della modifica dei comportamenti dei consumatori.

Un esempio arriva dal negozio online Soap.com specializzato nella vendita di prodotti per l’igiene e cura sia personale che domestica. Entrando nella sezione “Meet my 5 Faves” è possibile selezionare fino a 5 prodotti sui quali ottenere all’atto di acquisto uno sconto del 10%. Ogni 90 giorni è possibile modificare le preferenze!

In questa iniziativa sono state impiegate 3 dinamiche provenienti dal bagaglio del game designer:

  • Scarsità – Limitare il numero di oggetti selezionabili spinge l’utente a ponderare le proprie scelte ed offre un rinforzo alla propensione d’acquisto sapendo che si è all’interno di una occasione di risparmio.
  • Impegno – Permettendo la selezione di 5 prodotti desiderati, si forza psicologicamente l’utente ad acquistarli.
  • Pressione temporale – La possibilità di modificare i favoriti ogni 90 giorni spinge l’utente ad acquistare entro 3 mesi così da poter fruire a pieno dei nuovi sconti nel periodo successivo.

Una recente promozione lanciata da American Express sotto il nome di 25, offre la possibilità di risparmiare 25 sterline a patto che vengano fatti acquisti in almeno 8 catene tra le 18 elencate nel sito ufficiale. Basta registrarsi tra il 26 Aprile ed il 30 Giugno e sperare di rientrare tra i primi 7200.

  • Appuntamento-  Inserire una scadenza forza l’utente a compiere subito l’azi0ne richiesta.
  • Acquisti ripetuti – Si è obbligati ad una sequenza di 8 acquisti in un tempo limite.
  • Behaviour Change – L’operazione ha come obiettivo alfabetizzare i possessori di carta di credito all’utilizzo della stessa anche in contesti a basse transazioni. Le partnership con McDonald o Total mirano proprio a questo cambio di comportamento.
  • Collecting – Viene fornita una pagina dove spuntare le catene man mano che vi si compie un acquisto così da avere un veloce pro memoria di quanto manca alla conquista del premio.
  • Profilazione – Per prender parte all’iniziativa viene richiesta la mail,  fornendo un dato mancante ad American Express che pur già conosce i suoi possessori.

E voi come evolvereste le tessere punti in Italia??

 

Esperti di Gamification: Badgeville

Continua il nostro viaggio alla scoperta delle società che offrono piattaforme di Gamification facilmente applicabili a website e mobile site esistenti. Abbiamo già parlato di Bunchball e Big Door Media, oggi esploriamo la start up americana Badgeville.

CHI E‘: Società nata nel 2010 a Palo Alto, California, con la missione di rendere ubiquo il fenomeno dei Badge e reward offrendo una comoda soluzione per i gestori di siti e community online.  Sulla scia del successo di Foursquare,  l’azienda parte con 250.000 dollari di seed found aggiudicandosi nel primo anno di vita il premio della giuria al TechCrunch Disrupt. La soluzione white label di “social loyalty” ha subito colto i favori di alcuni grandi publisher come Comcast Sport e The Next Web, ed i suoi manager parlavano di un fatturato al primo anno vicino al milione di dollari. A fine 2010 una notevole spinta alla crescita ed internazionalizzazione arriva da una iniezione di cash pari a 2.5 milioni di dollari.

Nel 2011 Badgeville ha licenziato a Kettydo – agenzia digitale con sede a Milano – la gestione italiana, per cui tra i tre competitors fin’ora analizzati è l’unica con una presenza concreta sul nostro territorio.

Badgeville

LA PIATTAFORMA:  Le game mechanics applicate alle attività commerciali dei clienti hanno il potere di guidare e monitorare in tempo reale i comportamenti degli utenti. Sin da subito la business idea è stata chiara, evolvere il modello tradizionale di loyalty rendendolo più vicino al mondo dei social games. Badgeville è un mix tra Foursquare e Farmville in chiave B2B. Vengono richiesti simil check in ma non in location fisiche come Foursquare, ma solo ed esclusivamente all’interno del web il tutto all’interno di uno schema giocoso ricco di missioni, achievements e premi.

Lato utente l’esperienza non è traumatica, continueranno a visitare il loro sito web preferito entrando in sezioni o cliccando su dei link. Ora tutto questo conferirà basicamente dei punti coi quali accedere alla classifica generale, sbloccare trofei o magari ottenere premi reali pagati dal gestore del portale o da inserzionisti terze parti.

Il cuore pulsante si chiama Dynamic Game Engine, tool potente e flessibile facilmente integrabile attraverso meccanismi di API e Widget in servizi esistenti: editoriali, e-commerce, salute, entertainment, community e così via.

Analizzare i comportamenti utenti

Il primo compito svolto dalla piattaforma è analizzare e capire il comportamento degli utenti all’interno del portale.  Sapere come si comporta il navigatore, in che pagine si reca, quali azioni svolge (commenti, acquisti, condivisione social…) aiuta a elaborare strategie quadro nell’ambito della incentivazione e premialità.

Abbiamo pochi commenti in una community? La risposta al problema può essere assegnare rewards per sollecitare quel comportamento.

Premi Badgeville

L’engine consente di customizzare comodamente la tipologia di premio che vogliamo associare ad un determinato task. Il livello di sofisticazione è elevato, vengono riprese molte meccaniche tipiche di giochi social con premi assegnati ogni x volte o in un determinato range temporale ed altre opzioni personalizzabili. I rewards possono essere sia di natura intangibile (punti, livelli, badge) sia materiali come premium content o buoni sconto.

Utilizzare Badgeville è semplice e passa attraverso due strade maestre:

Widget Studio: è una soluzione ALL IN ONE che consente di partire da zero con una iniziativa sfruttando una serie di portali pre-realizzati tra i quali scegliere il più idoneo al proprio settore merceologico e partire con una struttura gamificata  già arricchita di moduli come leaderboard, achievements, newsfeed. E’ altresì possibile selezionare solo alcuni di questi moduli, chiamati “Gears”.

Badgeville API: Sistema maggiormente flessibile rispetto alla widget, ma richiede una certa propensione all’integrazione con la propria piattaforma e quindi uno staff tecnico in-house.

Ovviamente tutto ha un costo e Badgeville chiede un fee mensile al cliente, prezzo che varia in base alla quantità di utenti del portale e mai sotto i 2000 dollari/mese.

 

CASE HISTORY: Sono già molte le società utilizzatrici della piattaforma ed in generale Badgeville dichiara un 30% di aumento nelle performance degli obiettivi preposti. Ma analizziamo un caso concreto.

Allkpop.com è un sito con 3 milioni di lettori dedicato al mondo dei cantanti pop koreani con aggiornamenti costanti su gossip, notizie e tutto ciò che ruota attorno a quel mondo.  Pur essendo già un sito leader al mondo nel suo segmento, si è appoggiato a Badgeville  per gamificarlo in meno due settimane allo scopo di guidare alcuni comportamenti degli utenti attraverso implementazione di un sistema di badge, livelli e leaderboard. Il tutto è stato poi associato ad un reward/concorso che metteva in palio 10 maglie autografate da una cantante pop. Per avere una chance di vittoria bisognava preventivamente sbloccate il Girls Day badge.  I risultati archiviati sono stati:

– La funzione di social sharing degli articoli è aumentata del 104%, così facendo si otteneva il Girls Day badge

– I fans hanno lasciato il 36% dei commenti in più rispetto all’era pre-badgeville

–  Su scala giornaliera le pagine viste sono aumentate del 24%

Allkpop.com

 

Tessere fedeltà 2.0

Le aziende stanno capendo la necessità di trasformare lo strumento delle tessere a punti da un semplice strumento di loyalty ad un canale aperto di egangement costante col cliente. Milioni di euro ogni anno sono investiti per dialogare, ma basterebbe semplicemente evolvere uno strumento già onnipresente tanto che si stimano in 2 miliardi gli americani che possiedono un qualche tipo di loyalty card.

Ho ipotizzato la Loyalty Gamification e introdotto MyCoke Rewards e My Starbucks Rewards e ( dove il consueto schema point/reward è stato alterato dall’aggiunta di una infrastruttura online, livelli, progress bar ed altre meccaniche gaming.

Un fresco studio di ACI WorldWide ha messo in luce che la metà dei possessori americani di tessere punti non ha tratto alcun beneficio a cui si somma un 85% che non era a conoscenza del programma prima di segnarsi ed un 27% insoddisfatto dei prodotti attorno a cui far ruotare il tutto.

Insomma un atto totale, o quasi, di sfiducia attorno ad un mondo così capillare nella nostra vita quotidiana che non ha saputo rinnovarsi rispetto ai primi esperimenti moderni degli anni 30. E’ il fornitore del  servizio che individua cosa vendere, quanti punti assegnare e di conseguenza cosa far riscattare all’utente finale. Ma nell’ultimo biennio, ormai consapevoli del successo dei social games e del fenomeno Gamification, sempre più brand owner ed agenzie specializzate come Maritz Loyalty & Motivation stanno ragionando su come arrivare ad una versione 2.0 dei propri programmi attingendo a piene mani al patrimonio di know how psicologico e di meccaniche tipico dei videogiochi.

Ognuno di noi partecipa a un gioco, qualsiasi esso sia, in virtù di istinti umani come l’auto espressione, la voglia di primeggiare, gioia, condivisione e nessuno meglio di un game designer conosce le game mechanics utili per enfatizzare questo status personale incastonandolo in un contesto in cui il brand e l’utente/giocatore hanno un rapporto “win win”. Giochi come Farmville sono in grado di generare un tasso di retention altissimo creando una relazione quotidiana col giocatore a cui vengono proposte azioni non sempre direttamente riconducibili ai soldi spesi. Il nuovo paradigma dovrebbe portare i fidelizzati a guadagnare punti non solo acquistando prodotti ma anche interagendo col brand: visionare video, partecipare a sondaggi, evangelizzare il brand tra amici, condividere sui social network un prodotto e così via.

Se diverse società hanno compreso l’importanza di aggiungere un livello online alla loro tessera fisica, il prossimo step sarà accogliere la tecnologia mobile  come ulteriore strumento di comunicazione tra il programma e l’utenza. Possibilità di check in nella location grazie alla funzione GPS, rewards in real time come contenuti digitali e mobile coupon ed inoltre una comunicazione sostanzialmente h24 e one to one per avere un recap del proprio status inviando un sms ad uno short number. Sul tema ci torneremo con un post specifico!

Le tessere fedeltà 2.0 si troveranno a far ampio uso di tecnologie come online/mobile e di tecniche di Gamification così riassumibili:

  • Guadagnare badges & achievements,
  • Analisi e premio per le attività online
  • Competizione stimolata da Leaderboard
  • Creazione di identità virtuali
  • Collaborare e competere come parte di un team
  • Diffondere il messaggio via social network come Facebook e Twitter,
  • Fornire gratificazioni istantanee

Warner Bros loyalty program

Worner Bros si è velocemente inserita in questo trend con il suo nuovo programma di fidelizzazione online. Con l’aiuto di Bunchball ha lanciato un doppio sistema: da una parte i classici punti in cambio di acquisti di dvd ed altro materiale, dall’altra Consumer Credits ottenibili compiendo alcune azioni all’interno del sito web come guardare trailer, utilizzare mini giochi e partecipare ai concorsi. I credits sono riscattabili ottenendo reward psicologici e digitali come badge e suonerie mentre i punti danno diritti a premi fisici come DVD e BluRay.

Starwood Hotel è una popolare catena di hotel extra lusso che da anni ha implementato una tessera denominata Starwood Preferred Guest (SPG) che premia gli utenti più fedeli con soggiorni gratuiti ed altro ancora. Nel mese di Maggio è stata lanciata una pioneristica partnership con Foursquare. Una volta interconnesso i due account è possibile ottenere 250 Starpoints extra per ogni check in un hotel del gruppo dove si è effettuata una prenotazione con validità al 31 Luglio 2011. La valenza di questa partnership è nella pletora di user behaviour che da Foursquare transiteranno verso Starwood. La catena sarà in grado di analizzare le abitudini dei suoi utenti entrando a conoscenza dei loro viaggi e dei punti di interesse in cui sono transitati, compresi hotel rivali.

Starwoord sposa Foursquare