Marketing

Gamengagement: gamification presentazioni interattive

Quante ore di lavoro avete dedicato a slides e lunghe liste di definizioni nel tentativo di ridurre al minimo concettuale i contenuti che volevate trasferire nelle menti dei vostri attenti (?) e interessati (?) spettatori in un ufficio in penombra e davanti a una di quelle grandi lavagne cancellabili?

L’engagement dell’auditorio è da sempre una delle grandi sfide che istituzioni scolastiche, università, visionari di industria e manager del marketing hanno affrontato con alterne fortune.

Gamification presentazioni power point

Una recente applicazione della gamification affronta questo scenario facendosi strada sui social e nelle agenzie di marketing.
La commistione di videogioco e presentazione di contenuti, concetti o proposte non è intuitiva per tutti, ma lo è per gli esperti del gioco che già in passato hanno sperimentato varie soluzioni estemporanee. Per società come Viewhooo è ora giunto il momento di passare dalla sperimentazione al prodotto di mercato!

Viewhooo propone mini-avventure customizzate in forma di platform games con i quali indurre gli interlocutori ad esplorare dei concetti e delle meccaniche di ampio respiro: può trattarsi di complesse interazioni economiche, nozioni storiche o matematiche come un prodotto da lanciare in commercio. Loro lo chiamano gamegagement!

Il meccanismo prevede la scelta di un puzzle da risolvere secondo diversi livelli di difficoltà ma anche di durata della presentazione/esperienza interattiva.gamification engagement gamenegagement

 

 

Il cliente potrà quindi scegliere un avatar fra quelli preimpostati o richiedendone uno su misura, e l’ambientazione, in sostanza il fondale del gioco, anche questo personalizzabile.
Dopo queste semplici impostazioni sarà possibile cimentarsi con i puzzle del minigioco direttamente online, in quanto il prodotto è pensato per marketing social e diffusione su piattaforme come Facebook prima di tutto, oppure per una web page aziendale o scolastica dedicata a un servizio o un assignment.
Vediamo meglio questi due aspetti del concetto.
gamification marketing presentazioni

Presentazioni per business

Non sembra necessario evidenziare come le presentazioni professionali siano criticamente limitate dalla perdita di attenzione degli interlocutori. Esistono centinaia di corsi e autoreferenziati guru delle presentazioni “efficaci”, e tutto lo sforzo profuso dai professionisti si concentra su una questione di base: le presentazioni sono passive e impersonali, puoi renderle dinamiche e divertenti fino a un certo punto ma non possono essere coinvolgenti perché non sono contribuite dagli spettatori.
Questo a meno che non sia lo spettatore stesso a condurre lo svolgersi della presentazione con la velocità e l’interazione che lui stesso decide.

E’ il concetto della gamified presentation per business, che forse oggi mostra più promesse che efficacia ma merita sperimentazioni approfondite che certamente sono in corso d’opera da parte non solo di Viewhooo ma anche di altre società che ne hanno intravisto la richiesta di mercato.

Panel per studenti

Mentre le presentazioni professionali si dimostrano un campo di battaglia ostico da conquistare per il gamegagement, l’ambito educativo appare invece la sua naturale applicazione.

La motivazione di uno studente è estremamente cangiante e proporre lavori di gruppo o compiti a casa basati sulla realizzazione di un minigioco interattivo è apparentemente geniale.

Abbiamo provato il gamegagement sul sito di Viewhooo, traendone sensazioni positive per la facilità d’uso e la sfida modulabile. Non mancano interrogativi però: fino a che punto la qualità grafica deve essere spinta per non divenire preponderante rispetto al concetto veicolato? Come convincere una clientela solitamente molto “seria” ad adottare un linguaggio giovane tipico della gamification e che, soprattutto, riduce il suo senso di controllo assoluto sul “pace” della presentazione, regalandolo allo spettatore?

Quello a cui mi riferisco è un concetto molto più generalizzato contro cui questo tipo di prodotti va a scontrarsi: il potere della parola fine a se stessa; il virtuosismo dell’ ipnosi degli interlocutori basato su neologismi e dense esposizioni.
Questo tipo di potere è in mano ai manager e diviene un meccanismo di carriera che si alimenta da solo: in tutte le grandi aziende esistono svariati manager che giunti a un certo livello della gerarchia abbandonano la guida operativa della nave per divenire “predicatori” di presunte ineluttabili rivoluzioni veicolate dalle tecnologie o metodologie di cui sono esperti.

Ne avevamo parlato in merito alla “piramide irrazionale“, ed è facile trovarne traccia se andate a scorrere gli articoli di piattaforme come linkedin, ricca di rimbombati annunci sulla dittatura dell’intelligenza artificiale che cambierà tutto nella nostra vita (eccetto quello che aveva promesso di cambiare già un decennio fa).
La gamification si distingue in questo caso perché, come tante volte dimostrato in questo blog, non è una esposizione di concetti per amanti del pulpito, ma la definizione di strumenti con i quale realizzare effectiveness e innovation.

A cura di Valter Prette

Gucci Game Based Marketing

Negli ultimi anni Gucci e’ stato uno dei brand della moda più attivi nell’utilizzo della gamification per promuovere i suoi capi d’abbigliamento ed accessori. Il celebre marchio guidato dallo stilista Alessandro Michele ha iniziato con la produzione di un’ app propria con all’interno diversi giochi sviluppati per intrattenere l’utente durante la navigazione: all’interno della sezione Gucci Arcade troverete Gucci beeGucci aceGucci gripGucci lipsGg psychedelic e Gucci mascara hunt, che hanno impegnato centinaia di migliaia di utenti venuti a contatto con il mondo Gucci grazie ai videogiochi.

In Arcade si gioca con simboli di Gucci - MFFashion.comI feedback positivi giunti da questo approccio comunicativo per un nuovo pubblico di utenti giovani e meno giovani hanno spinto la maison di Kering a spingersi alla ricerca di collaborazioni anche al di fuori della propria app. L’ultima in ordine cronologico e’ stata siglata con Tennis Clash, un gioco mobile molto famoso costantemente presente nella top 5 dei giochi sportivi più scaricati su dispositivi Android e iOS. 

 

In accordo con lo sviluppatore del gioco Wildfire, dal prossimo 18 giugno i due personaggi del gioco Jonah e Diana potranno utilizzare quattro outfit firmati Gucci. Nel guardaroba virtuale i videogiocatori troveranno sia capi d’abbigliamento, che accessori. Saranno incluse anche delle sneakers e, sempre tramite il gioco, gli utenti potranno anche accedere direttamente al sito di Gucci per acquistare le versioni reali degli oggetti virtuali. “Fare shopping giocando” e’ la nuova moda, che coinvolge il videogiocatore immergendolo in un’esperienza parallela a quella del gioco puro, ma affiancando l’idea dell’acquisto.

 

E non e’ finita qui! All’interno del gioco sara’ presente anche una nuova modalità che permetterà ai videogiocatori di partecipare al prestigioso GUCCI OPEN, il torneo virtuale a tempo limitato in cui tra le altre cose sara’ possibile utilizzare una speciale racchetta disegnata da Gucci.

Gucci partners with Tennis Clash, the famed sports game created by ...

Per approfondimenti sul tema potete anche leggere questo interessante articolo che esamina altri esempi legati ai videogiochi nel mondo della moda:

Videogame e Gamification per brand del lusso

luxury brands videogame

Se volete ricevere maggiori informazioni sull’inclusione di servizi e prodotti all’interno di un videogioco o sviluppare un gioco per promuoverli, potete utilizzare il box qui sotto per scriverci. Saremo felici di rispondere a tutti i vostri quesiti

 

Fare marketing con la gamification

La Nike non ha bisogno di presentazioni essendo uno dei brand più riconoscibili a livello mondiale, specializzato in scarpe da performance.

Abbiamo già esposto in precedenza come questa azienda usi la gamification per coinvolgere i clienti nell’atto della scelta e personificazione del prodotto, ma non ci siamo ancora soffermati sul capolavoro di gamification installato a Shangai (ed altrove in Cina) nel 2018.

installazione gamification nike

 

Nike è consapevole che nonostante l’ampia colorazione e stimolazione musicale dei suoi shop, l’esperienza nei retail è sempre molto passiva e distratta e che i metodi aggressivi adottati dalle venditrici, per quanto duri a morire, sono ormai preistorici.
L’esperienza reactland è nata per rispondere a questi problemi con tutte le armi fornite dalla gamification: in occasione del lancio della linea running React, gli store cinesi hanno beneficiato di un vero e proprio videogioco interagibile mediante la corsa.

Vediamo come funziona Reactland: per partecipare all’esperienza di 3 minuti si esegue uno scan della testa così da creare un avatar, si indossano le Nike React e un wearable button, si sale sul tapis roulant e si corre!
Lo scopo è avanzare il più possibile nel livello mediante la corsa ed evitando ostacoli con i salti: più lontano andrete e più salirete nella leaderboard.

I fondali del gioco spaziano fra metropoli, la Grande muraglia, la landa dei panda e perfino la torre di Pisa, moltiplicando il divertimento in più e più sessioni tanto da dover limitare l’accesso agli utenti che volevano sperimentare il gioco!

Al termine ogni partecipante riceve anche un video di 10 secondi che lo mostra in azione, da condividere sui social media.

reactland augmented reality

 

Reactland fece parlare molto di se ed ottenne un uniforme apprezzamento di pubblico e addetti ai lavori, ed il motivo di tanto successo è il fatto di aver applicato con intelligenza, immediatezza e leggerezza, la gamification.

In questa installazione inventata da Nike viene utilizzata in modo intuitivo ed efficace, una moltitudine dei suoi precetti:

  • il divertimento qui tradotto tramite esercizio fisico
  • l’effetto wow prodotto dal grande schermo
  • l’immedesimazione tramite creazione di un avatar
  • la competizione per comparire sulla leaderboard
  • la gratificazione tramite video da condividere

running gamification

 

 

Se ne ricavarono inoltre benefici effetti collaterali veicolati dalla gamification:

  • la gratitudine verso il brand (che ha sorpreso e divertito)
  • l’ immedesimazione con la filosofia del brand (benessere e competizione)
  • Il desiderio di reiterare l’esperienza (e quindi tornare nel retail)

I risultati dell’esperimento in termini promozionali furono eccezionali in quanto il 48% dei giocatori decise poi di acquistare il prodotto.

Un esempio splendido di interpretazione della gamification che vorremmo vedere moltiplicato in mille modi e diffuso ovunque.

 

A cura di Valter Prette

 

 

 

Burberry Wechat gamification marketing

Burberry è sicuramente uno dei brand luxury più intraprendente e convinto nella realizzazione di campagne di gamification e-shopping, particolarmente in Cina dove abbiamo già avuto modo di vedere che la popolazione è sensibilissima ed attenta al canale WeChat ed analoghe iniziative.
L’azienda britannica ha iniziato dal 2018 a proporre interazioni sul mobile ed è talmente lanciata in questa direzione da aver spostato una porzione importante delle vendite sul canale digitale chiudendo alcuni celebri shop retail tradizionali, in particolare a L’Avenue, nel K11 Art Mall Shanghai, nel Westgate Mall e quello all’interno dell’Hongqiao Airport.
Secondo alcuni report di analisti del mercato, tra cui il Jing Daily, l’intero fatturato perso dalle chiusure è riemerso, se non addirittura accresciuto dal taglio dei costi, sulla piattaforma WeChat.

Vediamo allora come Burberry sta scalando il mercato virtuale dei mini games.
Il primo lancio di successo è stato legato nel 2018 ai festeggiamenti di San Valentino cinese, meglio definito come Qixi, che diversamente dal nostro ha una data variabile in Cina, e cade il settimo giorno del settimo mese del calendario lunare.
burberry-gamification-wechat-sanvalentino

Il programma 520 WeChat Mini Program di Burberry incoraggiava i follower a partecipare ad un gioco con i loro partner, scoprendo delle relazioni e affinità tramite quiz: con domande del tipo: “Quale maglietta vorresti che il tuo partner indossasse per un appuntamento?” le coppie sono abbinate a uno di 27 diversi profilifantasiosamente chiamati”quando i gatti incontrano i cani”o”la storia di ghiaccio e fuoco”.
Tutte le domande sono forzatamente ispirate a prodotti della linea ed inoltre il completamento del gioco consentiva di acquistare due nuove borse Qixi in esclusiva per la Cina, la “Marsupio” rossa e la “Pin Clutch” rossa.

burberry-gamification

Il successo di questa campagna con introiti di vendite nell’ordine del 50% ha convinto Burberry a replicare nel 2019, offrendo un’esperienza di social commerce che consente ai clienti di acquistare regali per i loro amici e familiari, scrivere una nota personale Love Day e inviarla via WeChat.

Il destinatario riceve quindi il messaggio personale Love Day che mostra il regalo e gli viene chiesto di inserire il proprio indirizzo e i dettagli per il pacco da consegnare. Questa esperienza personalizzata offre agli utenti l’opportunità di inviare qualsiasi regalo Burberry a qualsiasi destinatario, mentre necessita solo del loro nome utente WeChat.
Questo stesso meccanismo è stato replicato in occasione del New Year cinese, con risultati questa volta controversi a causa di alcune polemiche sul rispetto o meno delle tradizioni culturali cinesi.
burberry-wechat-marketing
L’efficacia della campagna WeChat di Burberry è significativa a nostro avviso solo in parte come esempio di gamification in quanto le potenzialità di questa metodologia sono state esplorate solo minimamente e non si possono sicuramente ergere ad esempio, ma quello che è veramente importante è lo sforzo mastodontico di marketing e deviazione delle risorse produttive verso un nuovo media, che apre le strade non solo a più complesse applicazioni (come il B Bounce di cui parleremo in altro articolo) ma soprattutto incoraggia la concorrenza a scendere nello stesso campo di battaglia e a ricorrere quindi ad esperti di gamification con frequenza e inventiva sempre maggiori. Come dire, Burberry ha mostrato più di altri che l’e-shopping gestito con la gamification rende, e deve essere prioritario perlomeno in alcuni mercati strategici, e tutti i brand del lusso hanno fatto tesoro di questo insegnamento.

A cura di Valter Prette

Kenzo Shopping League per acquisti gamification

Il debutto di Kenzo nei WeChat games è stato un successo inaspettato e clamoroso, un autentico caso da studiare per capire quale siano le basi da cui partire nella realizzazione di un esperienza di vendita interattiva.

Kenzo Shopping League è nata come un esperimento a fine 2018 e come tale è stato limitato ad un singolo particolare prodotto: le sneakers denominate Sonic. Il concetto testato da Kenzo è stato quello dell’esclusività estrema dell’acquisto non pilotata da un costo ingiustificabile ma da due componenti totalmente ispirate alla gamification: il tempo limitato per intervenire nel processo di acquisto e l’azione richiesta al cliente sul cellulare.

kenzo shopping league

Sostanzialmente, la shopping league non garantiva alla persona interessata di poter acquistare questo modello di scarpe, ma solo di venire avvertita quando e per quanto tempo (12 ore nel caso delle Sonic) poter “tentare” di finalizzare l’acquisto di una delle 100 sneakers disponibili, limitando oltretutto l’accesso ad un numero prefissato di utenti.

 

Kenzo – Shopping league case study from Merci Michel on Vimeo.

Una volta loggati durante l’apertura della shopping league, visionato il prodotto ed espressa la volontà di acquistarlo, si vive una fase di competizione con altri acquirenti che hanno svolto le stesse azioni in contemporanea, e per aggiudicarsi l’accesso al buy si deve battere l’avversario ad un semplice e veloce gioco nel classico stile Fruit Ninja, colpendo quanti più loghi dorati e semi 3d di Kenzo sommandone un numero maggiore dell’avversario. Il vincitore ha il diritto di completare l’acquisto.

Per quanto la meccanica della sfida sia semplice se non ridotta ai minimi termini, e possa addirittura apparire infantile ad un generico cliente, l’esperimento ha avuto un grade successo registrando il sold out del prodotto in poche ore con una velocità di vendita sei volte superiore ad altri prodotti esclusivi venduti in precedenza da Kenzo con i metodi di e-shopping tradizionali!

kenzo_gamification

Avere utilizzato una meccanica basilare della gamification, cioè la sfida 1vs1, ed aver trasformato l’esperienza di acquisto in una conquista anzichè un’azione meccanica ha creato un valore percepito aggiuntivo al prodotto, in termini non sommatori ma addirittura moltiplicativi, sorprendendo gli stessi autori ingaggiati da Kenzo: l’azienda di digital consulting Artefact.
Artefact sostiene che lo sforzo tradizionalmente richiesto al cliente era quantificabile solo in termini di stress emotivo per la ridotta disponibilità del prodotto e le poche ore di accessibilità, e che l’applicazione della gamification abbia trasformato lo stress in thrill, ovverosia in adrenalina per il rischio, e come tale abbia addirittura aumentato la soddisfazione dell’acquirente.
E’ importante comprendere, affinchè questo esperimento sia produttivo, come questa soddisfazione aggiuntiva non nasca dall’aver battuto uno sconosciuto, ma dal rischio di non riuscire a completare l’ordine, in pratica spostando l’attenzione mentale su una meccanica mutuata dalle scommesse online, e riducendo invece il buy vero e proprio a mera giustificazione che spinge a loggarsi e  “giocare”.

 

Un successo insomma significativo su cui Kenzo ha tratto le sue considerazioni per future altre campagne e per il secondo round nominato Shopping League 2.0 nel 2019 che avremo modo di visitare.
Kenzo Shopping League dimostra l’efficacia estrema dei principi della gamification nell’ambito dell’e-shopping, ancora tutti da approfondire.

 

A cura di Valter Prette

 

 

Il gioco nell’era della Touch Generation

Forse è arrivato il momento di andare oltre la Generazione Millenium, anche chiamata G(aming) Generation dagli addetti ai lavori. Ne ho parlato approfonditamente nel blog, in quanto questo è un segmento di mercato che si differenzia terribilmente nei modi, stili di vita e desideri rispetto alla generazioni X e baby boomers. Ma ancora più interessante dal mio punto di vista è la loro (mia in qualità di 30enne) sincronia con l’industria del gaming, una fascia di individui nati dopo il 1980 che trovano nei videogiochi (principalmente console) il loro primario passatempo. E’ naturale che l’attenzione sia posta su di loro, perchè è un’ampia fetta di popolazione con capacità di spesa e le aziende stanno ancora cercando di capire come relazionarsi con loro all’insegna dell’engagement e dialogo costante.

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Atlantis Fantasy: un esempio di social game design

Non si vive di sola gamification! Abbiamo visto più volte come i social game rappresentino il serbatoio principale di meccaniche e dinamiche a cui attingere in un progetto gamificato. Per non perdere la mano, il nostro Fabio Viola è al lavoro sul lancio italiano di Atlantis Fantasy, uno splendido facebook game che farà parlare di sè. Di seguito il comunicato stampa:

Kobojo, editore numero uno in Francia e fra i primi in Europa di social game su Facebook, annuncia il lancio internazionale del suo nuovo gioco, Atlantis Fantasy disponibile integralmente in lingua italiana. Questa nuova opera si ispira al mito della città di Atlantide e propone ai giocatori di ricostruire la città perduta. I giocatori sono invitati a immergersi in questo universo, gestirne le risorse, ripopolare la città e compiere determinate missioni per svilupparla e soddisfare così Poseidone e il suo popolo.

 

Un gioco di gestione sociale completo e di facile fruizione

Tutto è stato pensato per migliorare l’esperienza di gioco: la grafica particolarmente curata di Atlantis Fantasy sarà una gioia per gli intenditori. La navigazione nel gioco, l’esplorazione e la scoperta di tesori nascosti terranno col fiato sospeso sia i giocatori esperti che quelli novizi.

Un artwork di Atlantis Fantasy

Ognuno di essi diventerà l’amministratore della propria città. Sarà suo compito destinare gli atlanti a delle missioni specifiche e gestire la popolazione e le priorità di sviluppo. I tempi di fabbricazione delle risorse potranno essere accelerati per rendere l’esperienza di gioco sempre più ricca e collettiva. Atlantis Fantasy vede coinvolti 8 personaggi della mitologia greca e propone da subito 200 missioni, fra cui il restauro delle rovine.

 

«I social game sono diventati un mezzo di divertimento di massa e attraggono giocatori e non giocatori di tutte le età. Siamo fieri del nostro ultimo gioco il cui scopo è far divertire e soddisfare le esigenze dei nostri giocatori in termini di semplicità e interattività. Grazie al contributo dei migliori partner, ci impegniamo affinché l’esperienza di gioco diventi un’avventura umana e sociale facendo immergere il giocatore in uno scenario e in universo grafico straordinari», commenta Vincent Vergonjeanne, vice presidente della divisione prodotti e strategie di Kobojo.

 

Una perfetta padronanza di tecnica e tecnologia

L’esperienza di Kobojo nel campo dei giochi è ormai comprovata. Lo dimostra il successo strepitoso che hanno ottenuto i suoi «gioielli» Goobox e PyramidVille. Grazie al suo motore di gioco unico e alla totale padronanza dei meccanismi di gioco, Kobojo ha realizzato Atlantis Fantasy in soli quattro mesi e mezzo e punterà sulla sua esperienza in materia di meccanismi di diffusione e di permanenza sulla piattaforma di Facebook per fare di Atlantis un vero successo.

 

Kobojo ha anche lavorato a stretto contatto con Microsoft affinché il suo nuovo gioco potesse beneficiare degli ultimi ritrovati tecnologici in materia di cloud computing. Atlantis Fantasy è infatti ospitato su Windows Azure per consentire agli ingegneri di Kobojo di concentrarsi sul gioco e sul fascino che esso potrà esercitare sui giocatori.

 

Una foto in-game di Atlantis Fantasy

«La nostra piattaforma Windows Azure consente a Kobojo di beneficiare di una flessibilità ottimale, sul piano della scalabilità di carico e del dispiegamento geografico, adattata al loro modello economico. Siamo molto fieri di questa nuova dimostrazione di fiducia da parte di un’impresa che abbiamo avuto la fortuna di conoscere in occasione di Imagine Cup e di accompagnare fin dalla sua nascita con il nostro programma di sostegno BizSpark One», precisa Jean Ferré, direttore della divisione piattaforme ed ecosistemi di Microsoft France.

I giochi nelle strategie commerciali

Il 2011 sarà ricordato come l’anno in cui i videogiochi sono finalmente usciti dal volontario esilio dorato in cui si erano ricacciati sin dai loro albori. Non nego le contaminazioni avvenute sporadicamente attraverso forme di advergames e più recentemente in-game advertising, ma mai le aziende avevano posto al centro delle proprie strategie un approccio gaming oriented come nell’anno appena trascorso. Riprendendo un interessante pezzo apparso su Mashable, vediamo insieme come importanti aziende hanno sfruttato i videogiochi per migliorare le proprie performance commerciali:

Nike Winter Angry: Lo scorso Dicembre Nike ha dato il via ad una innovativa campagna pubblicitaria volta a promuovere alcuni suoi prodotti in grado di proteggere dal freddo invernale. Dopo una splendida introduzione realizzata in collaborazione con 3 atleti professionisti americani, è possibile giocare con oguno di essi guidandoli nelle rispettive discipline: calcio, corsa e football. L’engagement della campagna passa attraverso un vero e proprio videogioco in cui l’utente può compiere azioni attraverso le frecce direzionali sincronizzando i movimenti in stile Bust a Move o pigiando velocemente destra/sinistra alla Track’n Field. Ad ogni sessione è associato un punteggio, i migliori di Dicembre si son aggiudicati un soggiorno pagato per incontrare uno di questi atleti.  Il mix di sequenze introduttive e mini-games è particolarmente calzante e conferisce un alto tasso di emotività alla campagna, connessione ulteriormente rinforzata da un premio esclusivo non tanto per il suo valore economico quanto per la possibilità di incontrare gli idoli dell’iniziativa.

Il mini-gioco calcistico con Alex Morgan

 

Norma Kamali 3D Movie: La fashion designer Norma Kamali è tra le pioniere di una nuova modalità di fruizione dello shopping online, è fermamente convinta che il 3D possa apportare reali benefici all’esperienza di acquisto. All’interno del sito è presente un “hidden game”, ovvero scova gli oggetti non collegati al film della designer. Tra tutti coloro che individueranno i 6 intrusi saranno estratti dei vincitori random. Sicuramente questo è un caso in cui il gioco è debolmente compenetrato con l’intera esperienza di navigazione (il reminder degli oggetti col film) ed offre una praticamente nulla ripetibilità perchè una volta individuati i 6 items non si ha nessuno stimolo a migliorarsi come invece avviene nei giochi Nike precedentemente raccontati. Nonostante questo “difetto” è interessante notare come i giochi vengano ormai utilizzati come strumenti di appealing ed engagement in progetti apparentemente lontani per target e obiettivi.

In NormaKamali 3D è stato inserito un Hidden Game

Valentino 3D Museum: Non è un gioco, ma sicuramente una pietra miliare nella convergenza tra fashion e tecnologia. Un vero e proprio mondo virtuale lanciato dalla casa di moda Valentino nel 2011, i visitatori possono percorrere la storia della casa di moda, visionare oltre 300 capi, campagne pubblicitarie ed altro ancora secondo il princio dell’AUTONOMY, massima libertà di esplorazione senza sentieri prestabiliti.

Il Museo 3D lanciato da Valentino nel 2011

CityVille e Best Buy: I social games hanno rivestito un ruolo fondamentale per la nascita della Gamification offrendo un bacino di soluzioni e meccaniche. Ma il loro ruolo va ben oltre quella di mero serbatoio, aziende come Zynga sono state pioniere nello sperimentare nuove forme di contaminazione tra reale e virtuale ospitando innovative campagne di virtual goods advertising. Tra gli esempi più recenti la collaborazione iniziata ad inizio Settembre tra il popolare CityVille e la catena di elettronica americana Best Buy.  I giocatori del simulatore cittadino hanno avuto la possibilità di inserire nel proprio mondo virtuale un punto vendita brandizzato Best Buy ricevendone in cambio monete ed oggetti esclusivi. La catena americana è stata una delle prime a posizionarci in quello che attualmente è ancora il social game più popolare al mondo ricavandone un forte incremento dei fans nella propria fan page ed una visibilità duratura del brand all’interno dell’ecosistema di ogni giocatore.

Costruisci un negozio Best Buy in CityVille

Home Shopping Network: Il canale televisivo americano interamente dedicato alle televendite ha deciso di adottare i videogiochi all’interno del sito web ufficiale. Una intera area denominata “HSN Arcade” ospita 25 giochi di vario genere realizzati con lo specifico obiettivo di aumentare la permanenza sul sito ed il tempo speso. Rispetto ad altre iniziative analoghe dove l’area gaming è un corpo estraneo rispetto al core business,  qui tutto è integrato e funzionale all’obiettivo. Nella pagina dei giochi è sempre presente uno streaming live del canale televisivo rendendo possibile giocare e sbirciare le televendite del momento. Nella medesima pagina inoltre sono sempre presenti richiami allo shopping online, di fatto i giochi fungono da calamita per i potenziali acquirenti, soprattutto pubblico femminile. Il sistema premia gli utenti con dei tickets che concorrono alla formazione di una Leaderboard ed allo sblocco di speciali Badge.

 

L'area giochi del network tv HSN

Los Angeles Kings prima squadra gamificata

Una ricerca condotta da Upstream presso la digital marketing conference ad:tech di Londra, tenutasi lo scorso Settembre, ha visto il 78% dei marchettari convinti che l’utilizzo di “game based marketing mechanics” sarebbe un fattore incentivante alla risposta nei propri clienti ed il 64% lo vede come uno strumento per migliorare le relazioni tra brand e consumatore. Nonostante questa semi unanimità, solo il 27% di loro ha mai utilizzato tecniche di Gamification nelle proprie iniziative.

Sempre Upstream ha chiesto alla platea di  100 responsabili marketing quale possa essere il miglior premio da veicolare all’interno di un progetto gamificato e la risposta è stata:

– 34% prodotti gratuiti ritenuti più “ingaggianti”

– 25% premi in denaro

– 24% un unico grande premio dall’alto valore (autovetture, viaggi…)

– 17% punti

Il senior vice president of innovation di Upstream, Guy Krief focalizza bene il nodo cruciale affinchè Gamification passi da uno stato di utilizzo superficiale ad uno più profondo e consapevole in grado di agire nel medio-lungo periodo sulle scelte dei consumatori:

Gamification può essere un fattore chiave per rendere ogni campagna marketing più interattiva, fidelizzante ed eccitante per il consumatore e maggiormente profittevole per il brand. Sebbene il concetto sia già entrato nei radar dei boss marketing, la maggiorparte di essi è ancora ferma al primo livello e non ancora pronta ad incorporare la gamification come parte integrante delle strategie di comunicazione.”

La tendenza emersa è quella di un progressivo aumento di budget nella ricerca e sperimentazione nei prossimi 12 mesi e di questo ne sono testimoni pionieristici i Los Angeles Kings. La franchigia professionista di hockey americano militante nella NHL, sarà la prima squadra pro al mondo ad implementare meccaniche e dinamiche gaming nel proprio website ufficiale. All’interno della nuova sezione “The United Kings Family”, realizzata in partnership con Bunchball, i fans potranno guadagnare punti compiendo azioni online ed offline come inserire commenti, guardare video, condividere notizie via social network ed altro ancora.

I Los Angeles Kings prima squadra ad abbracciare la gamification

Una leaderboard dei fans contribuisce a scatenare competitività tra gli utenti spingendoli a compiere azioni ricompensate sia virtualmente con trofei e badge sia con reward esclusivi che si collocano, a mio avviso, all’apice dei premi erogabili. Premi in denaro o in qualche modo quantificabili non mantengono appealing di lungo periodo e non sono intrinsecamente collegati al core product come in questo caso. L.A. Kings mettono sul piatto messaggi personalizzati dai giocatori, gadget firmati, tour privati nello stadio.

Questa case history sarà importante non solo perchè si tratta della prima squadra professionistica ad abbracciare la gamification ma anche perchè mostra il senso di questa scienza anche applicata in contesti dove i fans non mancano (unica squadra californiana in NHL).

Games for Brands – Il caso di Reckitt Benckiser

Usciamo quest’oggi dall’alveo della Gamification propriamente detta per osservare da vicino una iniziativa appena lanciata dal gigante mondiale dei prodotti per la pulizia domestica Reckitt Benkiser. Questa corporation con fatturati miliardari possiede decine di marchi legati ai detergenti tra cui Calgon, Finish e tanti altri noti a chi si avventura nel reparto pulizia in un qualsiasi centro commerciale (per inciso ha anche acquisito la Durex, marca di profilattici…). Eppure non sono prodotti per sole donne, o almeno così lo pensa R.B. decidendo di approcciare pesantemente la Generazione Millenium, tutti i nati dopo il 1980, lanciando una campagna di brand awarness di lungo periodo focalizzata sui videogiochi.

Ebbene si, 8 giochi destinata ad un target di universitari e persone al primo impiego poco avvezze alle pulizie domestiche e non ancora fidelizzate ad un brand piuttosto che un altro. Recandosi in una specifica area del portale denominata crazieRBrands è possibile selezionare il mini-game, ognuno a tema con un determinato prodotto aziendale.

Reckitt Benckiser lancia 8 advergames

SPLAT ATTACK: Dovremo pulire col Vanish le bombe di inchiostro lanciate dal dr. Manic. Il gioco va in game over quando tre sfere colpiranno lo schermo.

CUT THE MUSTARD:  Utilizzando la French’s Mustard dovremo infarcire le pietanze salate che lo chef fa scorrere sul rullo evitando di cospargere anche i soldi.

FACE INVADERS: Con uno stick di Clearasil dovremo coprire i brufoli che appaiono sul viso prima che essi scoppino. E’ possibile progredire di livello con cambio di volto e progressivo aumento della difficoltà.

HIT THE SPOT: E’ un gioco legato al brand Durex. Scegliendo un uomo o una donna sarà possibile stimolare 5 zone erotiche utilizznado una serie di afrodisiaci come fragole, cubetto di ghiaccio, crema massaggio e ovviamente profilattici. Una volta individuato l’elemento giusto per la zona giusta bisognerà cliccare fino a riempire una barra. Tutte insieme porteranno all’orgasmo il fortunato/a

KITCHEN CHAOS: Sarà necessario utilizzare il Dettol spray per sconfiggere i germi che spunteranno da ogni angolo della cucina.

SMOOTH OPERATOR: Gioco davvero originale che consente di depilare le gambe di una impiegata al lavoro usando il metodo a strappo VEET. Per portare a termine l’obiettivo dovremo centrare una zona specifica all’interno di un cerchio dove scorre un segnalatore la cui velocità aumenta sempre più (meccanismo usato spesso nei giochi di golf).

IT’S A GAS: Dovremo ripulire l’aria utilizzando Air Wick. Il gioco ricalca il classico memory, dovremo ripetere sequenze via via più difficili dove al posto di gas tossico della fabbriza spruzzeremo il famoso deodorante.

DOWN THE PAN: Evitare che i germi cadano a fondo nel WC utilizzando il prodotto Harpic. Sono state realizzate quattro linee di colore diverso lungo le quali scendono i nostri nemici e dovremo cliccare sull’Harpic del medesimo coloro per farli fuori.

Questi titoli, disponibili sia online che su smartphone, presentano un sistema di punteggio ed una Leaderboard in cui i top avranno una chance di vincere fantastici viaggi dal valore di migliaia di dollari. Non manca una funzione di condivisione e invito agli amici.

L’idea è sicuramente interessante, utilizzare i giochi per veicolare un messaggio legato ad un genere merceologico solitamente poco incline a solleticare gli interessi dei giovani. Purtroppo tecnicamente parlando la realizzazione poteva risultare nettamente migliore con la semplice introduzione di pochi elementi: ad esempio tra un livello ed un altro utili suggerimenti su come pulire la propria casa o la possibilità di utilizzare come sfondo la propria abitazione o viso conferendo un maggior senso di auto-espressione. Inoltre l’aggiunta di qualche badge ben studiato avrebbe sicuramente favorito la viralità dell’app via social network.

Chiudo l’articolo riportandovi le parole di Claudia Bach, marketing and PR manager at RB said:

‘Game playing brings out people’s competitive spirits, and these are just the sort of people who would fit in at RB. We believe these mini-games will put RB top of mind amongst early careers people.’

 

Il mini-game per il marchio Durex "Hit The Spot"