Il concepire un’espressione artistica nelle menti delle attuali generazioni è un processo mentale profondamente diverso da quello che per secoli ha contraddistinto la nostra società. L’arte, semplificata all’essenziale, è la manifestazione di un’emozione tramite l’uso di strumenti che le culture di ogni mondo hanno sempre catalogato in settori ben distinti: la pittura, la scultura, la musica, la scrittura e così via. La tecnologia è tradizionalmente vista come confinante con il mondo dell’arte perché priva di quell’aura di indefinito, spirituale, intuitivo che descrive gli “artisti”, e abbondante invece di praticità, efficacia, obiettivo… Eppure viviamo anni in cui la onnipresente industria del visivo digitale porta alla ribalta persone che si, hanno qualcosa da esprimere, ma che sono abituate all’uso del mezzo informatico e magari digiune di un’istruzione tradizionale.
Ha senso per l’arte percorrere questa strada? probabilmente si; sicuramente se lo chiedete ad artisti del messaggio social come Invader, anonimo urban painter di cui si sa solo che è originario di Parigi.
Il suo messaggio è in rottura con la tradizione sotto ogni punto di vista: i soggetti sono i videogiochi, in particolare Space Invaders, in generale quelli degli anni 80. Un fenomeno che tutti conosciamo ma che se torniamo a ritroso prima del 1970, beh non esisteva! L’idea poi che potesse divenire vocabolario artistico, era risibile se accennata agli artisti tradizionali. E invece Invader è un artista a tutto tondo, la cui forma d’arte è il mosaico, la cui tela sono i muri delle capitali (non solo Parigi ma mondiali, anche Roma per intenderci) e il cui messaggio è la gamification.
Gamification per Invader significa impadronirsi dell’immaginario del videogioco usandolo in zone strategiche delle città per creare mappe virtuali a loro volta inneggianti al gioco (unite le location sulle mappe e disegnerete personaggi degli invasori).
Siamo di fronte alla gamification dell’arte? È un’affermazione ardita, ma probabilmente il sunto del percorso di Invader è proprio questo: il videogioco è arte, fatevene una ragione! e ve lo dimostrerò incollandolo in tutti i luoghi dove andate a trascorrere il vostro tempo libero.
Quale è il passo successivo per diffondere il messaggio? L’app per Iphone e Android Flash Invaders!
Questo gioco disponibile per i cellulari fa palesemente l’eco a Pokemon Go, e consiste nel fotografare i mosaici di Invader che ritroviamo in varie location del mondo, per poi condividere la foto e veder confermato il nostro ritrovamento dalla app.
Le foto sono visibili a tutti gli utenti ed aggiornate costantemente: vedrete foto provenire da città di tutto il mondo! E’ una vera sfida nella quale chi si cimenta viene inserito in un ranking mondiale.
E’ anche l’occasione di esplorare sulle mappe quartieri e scorci di città a cui non avevamo pensato. Insomma l’idea funziona ed ha un grande successo.
La gamification prende il posto di pennelli e matite
La motivazione della scoperta, la gratificazione social che si ottiene pubblicando le foto, il ranking mondiale a cui si partecipa mano a mano che si scoprono i mosaici: Invader ha fatto bene il suo lavoro di gamificatore dell’arte. Esiste una definizione del genere o l’abbiamo inventata ora? Non lo so, ma so che il concetto di arte da oggi deve essere ampliato, e forse grazie alla gamification può raggiungere un’audience più giovane e sfuggente che prima ne viveva in disparte.
A Cura di Valter Prette
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