I dati del 2013 mostrano una tendenza ormai irreversibile, il numero di lavoratori che cambia occupazione sta salendo anno dopo anno. Questa costante instabilità ha profonde ripercussioni sull’economia di una azienda costretta a dover ricorrere sempre più frequentemente ai momenti di assunzione e formazione rispetto al passato con i relativi costi in mancata produttività. Le cause sono ovviamente molteplici e non è questo il luogo deputato ad analizzarle, ma sicuramente vi è il concorso di due macro-fattori: l’avvento della generazione dei Millenium profondamente diversa nei modi di fare e comportarsi rispetto alle generazioni precedenti e dall’altro la congiuntura economica che ha spinto molte aziende a ricorrere, soprattutto qui in Italia, sempre più spesso a contratti di tipo occasionale ed interinale rispetto alle tradizionali forme a tempo determinato/indeterminato.
Nel settore privato il tasso di turnover è arrivato al 42.2% con una crescita di oltre un punto percentuale rispetto al 2012. Questi numeri stanno modificando in profondità il modo di gestire le “Risorse Umane” nelle aziende, spingendo molte realtà ad aggiornare i propri software e programmi di motivazione e gestione del personale adattandoli alle nuove sfide.
Oltre al drammatico problema del tasso di abbandono, si aggiunge la cronica mancanza di connessione all’obiettivo aziendale. I dati parlano di un 70% di impiegato totalmente “disingaggiati” rispetto alla mission, si calcolano 200 miliardi di dollari in mancata produttività nei soli Stati Uniti. Altre ricerche, ad esempio Gallo, indicano sotto il 10% il tasso di lavoratori “altamente ingaggiati”. Ma concretamente come avvicinare il lavoratore all’azienda?
Io credo che il valore aggiunto della gamification possa arrivare con maggiore incisività nei tanti settori dove, invece, è ancora più alto questo tasso di turn over ed è altissima la percentuale di lavoratori occasionali. Pensiamo, ad esempio, a tutta l’industria dell’ospitalità: ristoranti, bar, hotels. I numeri parlano di un drammatico 62.6% in salita per il terzo anno consecutivo. Bassi salari, stagionalità del lavoro, condizioni di lavoro spesso stressanti, inefficaci programmi di sostegno sono alcune delle spiegazioni per questi numeri. Eppure paesi come l’Italia, che dovrebbero fare dell’ospitalità un core business nazionale, potrebbero enormemente giovare dell’adozione di soluzioni gamification based per incentivare la professionalità e specializzazione dei front end turistici.
Una interessante esperienza arriva dalla società americana RMH Franchise Corporation, nota per gestire centinaia di punti vendita della catena di casual dining bar & restaurant Applebee.
I dipendenti dei punti vendita Applebee possono accedere e loggarsi sul sito corporate Bee Block realizzato sfruttando l’engine di BunchBall. Come mostra l’immagine in alto, la home è divisa in diverse aree con differenti funzionalità. Nella parte centrale è selezionata la componente Your Missions, scrollando l’area è possibile partecipare ad una serie di missioni prestabilite dalla catena come vendere 6000 bevande alcoliche o 1000 soft drinks. Ogni missione presenta una componente di storytelling divertente ed una progress bar (freccia rossa) che indica in tempo reale lo stato di avanzamento rispetto all’obiettivo e quanto sforzo manca per portarlo a termine. Una volta espletata, ogni missione assegna un quantitativo di punti che varia in base all’importanza data ad essa dall’azienda.
In alto a destra appare l’area profilo personale del dipendente con tanto di foto e punteggio fin qui ottenuto. Sulla destra l’immancabile newsfeed con le ultime attività portate a termine dall’utente e le ultime riguardanti il proprio ristorante. Il newsfeed aiuta a contestualizzare il proprio sforzo consentendo visivamente di sapere cosa stanno facendo i propri colleghi socializzando l’esperienza.
In un contesto aziendale le missioni, laddove ben disegnate e strutturate, aiutano il lavoratore a sentirsi parte di un obiettivo comune più grande. Il lavoro da svolgere deve essere ottimamente frammentato in missioni via via più complesse stando attenti a renderle qualitativamente diverse e, nei limiti del possibile, anche imprevedibili rispetto alla routine giornaliera. Il lavoratore sentirà che il proprio sforzo quotidiano ha un senso e un significato.
E’ interessante notare come l’implementazione delle missioni non abbia una mera funzionalità di creare engagement ed interazione, di per se cosa già meritoria, ma ambiscono a trasformare i dipendenti da puri esecutori di ordini in venditori. E’ un cambio di approccio e mentale fortissimo che, laddove riuscisse, significherebbe un vantaggio economico enorme per l’azienda.
La piattaforma genera una serie di classifiche che monitorano 3 macro-aree. I migliori ristoranti (sommatoria dei punti dei dipendenti in quei punti vendita) mettendo quindi le locations delle diverse città in diretta competizione tra di loro, i migliori lavoratori ed infine determinate azioni ritenute importanti come vendere un certo prodotto piuttosto che adempiere alle ordinazioni nel minor tempo possibile. Queste leaderbords, come in figura sovrastante, sono suddivise su scala giornaliera, settimanale, mensile ed all time.
A due anni dal lancio della piattaforma, Dicembre 2013, circa 60 punti vendita hanno deciso di implementare l’iniziativa con oltre 3000 dipendenti iscritti. I return visitors sono il 90% delle visite al portale, e l’85% dei lavoratori accede da mobile.
Credo che uno dei punti di forza del progetto, risieda nell’esaltazione di status collegata alla partecipazione. Come parte integrante della strategia in tutti i punti vendita sono stati installati dei televisori che mostrano in tempo reale i data analytics risultanti dall’iniziativa, inclusi i profili dei lavoratori partecipanti. Ho parlato spesso di come lo Status sia uno dei motivatori più forti su cui far leva, un reward di tipo non economico ma dal fortissimo impatto soprattutto per la generazione dei nati dopo il 1980.
Gli schermi hanno anche una funzione di formazione del personale e di promozione dell’iniziativa.
Non è facile implementare una strategia simile, non lo è stato nemmeno per RMH. In molti casi significa passare dal vecchio software ad una nuova soluzione facendo cooperare il proprio reparto IT col reparto vendite e con quello comunicazione. Ma i risultati, se si ha chiara la strategia e gli obiettivi, arrivano. Bee Block ha portato una diminuzione del 20% in turn over!!!!
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