Sebbene sia uno dei termini più gettonati dell’ultimo anno, “Gamification” è ancora poco compresa in Italia non solo nei suoi risvolti pratici ma anche in una definizione metodologica condivisa.
COSA E’
– Gamification è un termine recentissimo utilizzato per la prima volta in pubblico nel Febbraio 2010 da Jesse Schell, professore universitario e famoso game designer americano nel corso della Dice Conference 2010 tenutasi a Las Vegas.
– L’utilizzo di meccaniche e dinamiche gaming per risolvere problemi e creare engagement (o loialty per chi mastica marketing) con l’utente finale all’interno di contesti esterni ai videogiochi. Siti di intrattenimento, community, salute, catene alimentari, campagne marketing, servizi b2b sono solo alcune delle aree di applicazione.
– E’ potenzialmente applicabile in contesti fisici e digitali. L’implementazione può avvenire all’interno di siti web, community, punti vendita già esistenti o in fase di progettazione.
– Le meccaniche base integrabili sono: punti,livelli, virtual good, virtual currency, badge, leaderboard, gift. Su questa struttura principale è possibile innescare ulteriori game mechanics direttamente relazionate ad un cambiamento prestabilito delle abitudini del consumatore.
– Gamification colpisce direttamente alcuni istinti umani primari: reward, status, achievement, auto espressione, competizione ed altruismo
– Componente fondamentale per una buona applicazione è la community. La gente ama condividere i propri successi, sentimenti, generosità o competizione con altri individui.
– Il fenomeno è facilitato dall’adozione in massa di tecnologie come iPhone e Facebook. Lo smartphone Apple consente di rendere mobile e potenzialmente h24 il prodotto mentre Facebook, sia se implementato come specifica APP sia mediante Facebook Connect, agevola enormemente i processi di viralizzazione.
COSA NON E’
– Non bisogna confondere Gamification con Game Design. Nel nostro caso si aggiunge un overlayer di meccaniche gaming su un prodotto pensato per finalità differenti. Gamificare ha come scopo unico quello di migliorare le metriche nell’utilizzo di quel dato servizio migliorando la partecipazione dell’utente/giocatore. Un game designer, invece, si occupa di dar vita ad un videogioco vero e proprio, un prodotto profondo ed immersivo.
– Gamification non è in grado di risolvere problemi strutturali. Se il prodotto/servizio centrale è stato mal pensato o implementato, aggiungere meccaniche gaming non renderà appealing il tutto.
– L’azienda deve resettare il proprio modo di pensare, non si offre più qualcosa ad un “cliente” ma ad un “giocatore”. Cambiano le regole del gioco ed il tipo di relazione che si deve instaurare. I videogiochi sono un medium attivo, non si fruisce passivamente di un film o libro ma si partecipa con le proprie abilità e fortuna al dipanarsi della storyline, spesso modificandone il corso.
– Non può esistere Gamification fai da te. E’ necessario rivolgersi a figure professionali che non sono ne esperti marketing a 360° ne game designer provenienti dai videogiochi console e PC.
– L’utilizzo del gaming in settori esterni non nasce certo nel 2010. Alcuni di voi avranno sentito parlare di “serious games” o “alternative reality games (ARG) o di “advergames”, differenti tipologie di commistione tra videogiochi ed attività quotidiane o marketing. Pur avendo molti punti di contatto con la Gamification, sussiste una profonda differenza. ARG, serious e advergames sono dei videogiochi di senso compiuto con una trama ed obiettivi pur essendo nati con finalità educative o promozionali.
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