Il videogioco è storicamente stato osteggiato da un’ampia schiera di sociologi o psicologi che identificavano nelle meccaniche di fruizione degli adolescenti una risposta alla ricerca di isolamento ed evasione dalle responsabilità per prendere le veci di ruoli virtuali irrealistici e per questo dannosi per la psiche.
La mancanza di confronto sistematica che i genitori hanno per decenni portato avanti nei confronti del fenomeno videogioco era, ed in parte è ancora, terreno fecondo per queste teorie per benpensanti catastrofici.
Ma queste teorie del videogioco fonte di “alienazione” su quali dati si sono fondate in questi anni? Verrebbe da dire sul nulla, ma più benevolente ipotizziamo su questionari ed estrapolazioni di dichiarazioni spontanee dei giocatori o dei loro famigliari in merito alle ore passate davanti agli schermi.
Non ci sono mai stati studi organici che differenziassero le tipologie di prodotto e le strategie linguistiche e socializzanti dei giocatori impegnati nel multiplayer con il supporto anche di cuffie e microfoni per esempio.
Oggi si stanno diffondendo i primi approcci accademici “seri” in merito ad una fenomenologia che come abbiamo visto in questo articolo coinvolge ormai miliardi di soggetti.
I primi risultati sono sconvolgenti per quella parte di commentatori che tentano ancora di rimanere ancorati al mito del videogioco nemico della crescita emotiva e della salute mentale dei giovani.
La verità sembra essere addirittura l’opposto.
Questo è ciò che documenta l’università di Oxford nello studio condotto su dati “reali” in merito alla fruizione di due giochi di grande successo fra i teenagers quali Nintendo Animal Crossing e Plants vs Zombies battle for neighborville.
Lo studio tende a dimostrare come i giocatori esprimano un senso di maggiore benessere e di riduzione dello stress e delle meccaniche mentali negative ed aggressive dopo lunghe sessioni di gioco.
Lo studio di Oxford è forse il primo al mondo a documentare questi risultati con dati certi sulla durata delle sessioni ed il primo a certificare come i questionari psicologici siano stati proposti in correlazione a iterazioni videoludiche su titoli certi e in condizioni certe.
Studi precedenti, affermano i ricercatori di Oxford, erano basati su autodichiarazioni e non erano attendibili.
Andrew Przybylski, coordinatore della ricerca, ritiene che uno studio condotto con metodo scientifico come quello di Oxford permetta di fornire dati sensibili ad istituzioni di natura socio sanitaria, che stanno moderatamente avvicinandosi a questo ecosistema come ha dimostrato la Food and Drug Administration autorizzando il primo videogioco a scopi curativi.
La parte dello studio di Oxford che aumenta ulteriormente la veridicità di questa conclusione è il monito a non applicare questi dati in modo generalizzato a tutto il fenomeno del videogioco come piattaforma social dei giovani, in quanto esistono tipologie ludiche molto diverse dai due titoli presi in considerazione che andrebbero studiate in maniera analoga con particolare attenzione ad anomalie quali il bullismo informatico e il follow the leader come presupposto all’alienazione di gregge solo trasposta dalle aule scolastiche ai mondi virtuali.
Si tratta insomma di uno studio approfondito e serio, che apre una porta schiaffeggiando certi credi obsoleti e che speriamo sia il primo di una nuova tendenza.