Il ruolo degli occhi nell’Engagement e Acquisto

 

Ogni secondo che un videogiocatore spende all’interno di un gioco free to play è una opportunità di vendita per lo sviluppatore. Eppure molti degli attuali giochi non sono ancora strutturati per tracciare ed analizzare il percorso ed il tempo speso in ogni singola area/tab perdendo una mole di informazioni utilissime alla monetizzazione. La conseguenza è che molti secondi vengono letteralmente sprecati impedendo al giocatore di esprimere al meglio il suo potenziale economico perché noi a monte non gli rendiamo facile il processo.

Conoscere i Big Data interni al gioco significa poter organizzare al meglio il flow di navigazione diminuendo gli steps necessari per arrivare da un punto A ad un punto B, cancellando tab e aree di scarso peso in termini di monetizzazione ed in generale ottimizzando il rapporto tra durata di un sessione di gioco/ARPU. L’industria retail tradizionale da tempo ha iniziato a ragionare su questo problema partendo da un dato drammatico: circa l’80% del tempo speso in un grande centro commerciale non produce alcun reddito per la catena. In questo ambito ci sono problemi che non sono molto lontani dalla realtà gaming: tempo necessario per spostarsi all’interno dell’area, localizzazione del prodotto che ci serve, file in alcune zone (area salumi, pesce), attrito nel pagamento (cash, aree self service, carte varie) etc etc.

Tanto in un mall quanto in un videogioco il percorso dell’utente dovrebbe seguire tre passi conseuquenziali. Dapprima l’esposizione del prodotto al consumatore (quindi un giocatore che entra nel nostro gioco o un consumatore che entra nel Mall), poi una fase di engamenet nei videogiochi e stop dinanzi ad un prodotto del consumatore ed infine la transazione economica.

In questo paradigma gli occhi giocano un ruolo centrale. Sono loro inizialmente a guidare il nostro corpo / polpastrelli nell’esperienza all’interno della (game) area.  Sempre grazie a loro che si generano le prime impressioni sulla bontà visiva di un prodotto/gioco.  Gli occhi sfogliano migliaia di prodotti nel grande magazzino per poi posare l’attenzione solo su alcuni di essi. Al pari nel gaming essi vagliano centinaia di virtual items, decine di icone e tab per focalizzarsi solo su alcune.

E dagli occhi partono gli impulsi al cervello con l’imput a processare l’acquisto dell’item prescelto.

Cosa vedono gli occhi in un centro commerciale

Fin qui tutto sembra logico e poco utile nell’ottimizzazione della user experience di un nostro prodotto. Negli anni l’industria retail ha messo a punto degli strumenti di indagine molto sofisticati, una camera posta al livello visivo di un utente ha aiutato i ricercatori ad entrare nel campo visivo dello shooppers individuando alcuni patterns generali

1)      Il processo di acquisto è estremamente veloce. Su un’area con centinaia di oggetti similari, l’occhio in pochissimi secondi individua quello giusto e trasmette al cervello l’imput di inserirlo nel carrello.

2)      Una eccessiva complessità dell’offerta (prodotti diversi tra loro messi in contiguità) rende difficile la scelta

3)      Una eccessiva quantità di oggetti rende quasi impossibile la scelta. Il Dottor Barry Schwartz nel suo libro “The Paradox of Choice” cita un esempio esemplificativo che trova riscontri anche nella mia attività in ambito gaming. In un negozio è stata creata un’area per la degustazione di marmellata. Ad un primo campione di avventori è stata offerto un assaggio di sei tipologie di marmellata, ad un secondo cluster ben 24 tipologie.  Nel primo clusters sono il 3% ha poi acquistato un barattolo, nel secondo il 30%. Una differenza abissale spiegabile con “la decisione di non decidere” dettata dalla troppa scelta. Troppi prodotti mandano in panico i nostri occhi/cervello rendendo quasi impossibile la comparazione che è il processo che spesso precede l’acquisto.

4)      L’attenzione nei mall è attratta da segnalatori, cartellini di prezzo, espositori ed altri stratagemmi.  Guiness, in collaborazione con l’agenzia ID Magasin ideò anni addietro delle speciali alette in cartoncino che sporgevano per una ventina di centimetri dagli scaffali dove erano presenti i suoi prodotti. Una forma non lineare con evidenti richiami al brand venne collocata in una serie di esercizi commerciali ed il comportamento dei passanti venne tracciato mediante l’ausilio di filmati, questionari ed eye tracking systems. Questi “espositori” modificarono totalmente i behaviors rompendo la linearità delle scaffalature dell’area birra & wine dei centri commerciali campione. I risultati di questo test han dimostrato un aumento delle vendite del 24%. A beneficiare non è stato solo il singolo brand, tutta l’area ha visto crescere il fatturato del 4% e l’area birra del 10%.   Nei videogiochi questo è ampiamente utilizzato ma sicuramente migliorabile.  Animazioni, frecce che invitano a cliccare un determinato bottone, effetti di mouse over, trasparenze, illuminazioni speciali sono pratiche utili per fermare l’attenzione del giocatore su una opzione piuttosto che un’altra.

5)      Difficilmente gli occhi effettuano calcoli mentali. Ne ho scritto spesso, è possibile giocare su promozioni con % di peso o sconto che potrebbero anche non riflettere la realtà. Nei videogiochi questo avviene sempre, le pop up che presentano offerte speciali nell’acquisto di moneta virtuale presentano spesso indicazioni con % di sconto pazzesche ma che non riflettono assolutamente lo stato dei fatti. Ma questo poco importa, l’utente al massimo effettua paragoni relativi e non assoluti (Decoy Effect) col risultato che molte di queste promozioni sortiscono boost reali.

6)      Gli occhi sono portati, può sembra paradossale, a reagire poco alle scritte. Assorbono molto più facilmente colori, forme, immagini. La lezione nel gaming è evitare di scrivere lunghe background storie testuali, di riempire sezioni con lunghi caratteri esplicativi. Emozionare l’utente con immagini e colori per istruirlo in qualcosa anche a scapito di perdere qualche pezzo di informazione. L’utente vuole giocare non imparare!

7)      Le comunicazioni (display, annunci, volantini) al’interno dello store funzionano pochissimo e sono scarsamente assorbite. Lo stesso nei videogiochi, è difficile trovare il modo per comunicare qualcosa all’utente (newsletter, area news etc). Il posto migliore nel punto vendita è direttamente sullo scaffale, precisamente sul suo bordo. Nei giochi l’informazione dovrà essere collegata direttamente al campo visivo del giocatore. Un esempio è la soluzione di interfaccia utilizzata in sempre più giochi dove passando il mouse sull’avatar del giocatore la sua cornice si riempie di iconcine ognuna con una sua call to action.

8)      L’entrata di un centro commerciale è un momento nevralgico per le vendite. Dall’ingresso tutti dobbiamo passare, contrariamente ad aree interne, qui spesso sono ubicati i cestini da andare a prendere e spesso è qui che ci fermiamo per consultare la nostra lista della spesa prima di iniziare il viaggio. In definitiva sono molti i secondi che spendiamo in quest’area ed è per questo che sempre più centri commerciali iniziano ad ubicarvi aree promozionali. Da circa un anno nel punto Carrefour dove sono solito servirmi l’ingresso è stato riempito con un’area larga 5 e lunga 20 metri piena di prodotti in promozione. Essi vengono turnati (alimentari, bevande, merende, prodotti per la casa…) ogni 7 giorni per dare un continuo senso di novità e sorpresa. In molti giochi essa è paragonabile alla Game Lobby che rappresenta il primo contatto cruciale col potenziale giocatore. In ottica monetizzazione essa offre l’accesso diretto alla pagina di monetizzazione e sempre più spesso riporta offerte speciali ed uniche tramite pop up o tab ben visibile.

 

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