Sebbene siano due mondi distinti quello dell’industria dei videogiochi e quello della gamification è innegabile che quest’ultima affondi le sue radici nel crescente interesse, commerciale e sociale, che i videogames stanno riscuotendo negli ultimi anni. D’altronde la radice gamification ha una origine ben precisa e una buona parte delle sue logiche e pratiche derivano direttamente dal game design con le sostanziali differenze nell’ambito di utilizzo (contesti non ludici), negli obiettivi (creare engagement come atto di indirizzo dei comportamenti umani) e nell’intersezione con altre discipline (psicologia cognitiva, scienze comportamentali e neuromarketing).
Nel corso di questa settimana è apparso un corposo report denominato Italia Creativa. L’idea alla base è quella di fornire uno dei primi quadri organici dell’’Industria della Cultura e della Creatività italiana analizzando 11 diverse industrie. dalla televisione alle arti visive passando per libri e pubblicità. Il risultato complessivo parla di quasi 47 miliardi di euro generati nel 2014 in Italia e circa un milione di occupati con una incidenza del 3.5% sul prodotto interno lordo.
Ma non è il quadro di insieme ad interessarci in questo contesto. Tra le industrie creative non poteva mancare quella video-ludica con un rapporto specifico che ci aiuterà ad avere un quadro economico, demografico e sociologico interessante.
Nel capitolo dedicato ai videogiochi, si parla di un volume d’affari complessivo pari a 2.9 miliardi.
Stando alle stime di dettaglio, la vendita di hardware e software videoludico avrebbe generato 1939 miliardi di euro (non conteggiati altri ricavi e ricavi da device non ludici). Esclusa la voce molto forzata dei “Ricavi da vendita di devices utilizzati anche in ambito videoludico (deprecabile inserire smartphone e tablets nel computo economico del gaming), questa cifra appare spropositata e volutamente fuorviante. . Sempre relativo al 2014, è un altro dossier rilasciato da AESVI (associazione italiana editori software videoludico), partner anche di questo report, in cui il fatturato gaming 2014 si ferma a 893.3 milioni di euro. Una differenza di stime del 110% che risulta difficilmente comprensibile, cosa ne pensa AESVI in merito?
Ritengo che questa eccessiva enfasi, in una industria che comunque ha conosciuto i più alti tassi di crescita nell’ambito dell’intrattenimento, possa solo nuocere al mercato italiano ingenerando false speranze ed investimenti.
Molto più interessante risulta, invece, l’analisi demografica dei video-giocatori italiani. Un Italiano su due utilizza i videogiochi ben 29.3 milioni di individui. Il segmento demografico più attivo è quello dai 35 ai 44 anni (24% del totale) ed a seguire quello dai 45 ai 54 anni (20%) e solo al terzo posto il target che saremmo portati ad immaginare tra i 25 ed i 34 ani (18%).
Le donne che utilizzano questo medium sono il 49% riconfermando una parità di genere ormai conclamata da diversi anni. Sulla propensione al gioco emerge un futuro composto dalle nuove generazioni che hanno una forte predilezione per questo medium con i ragazzi dai 18 ai 24 anni primi con 85% di propensione.