L’arte del Coinvolgimento – Il nuovo libro di Fabio Viola
BRAINSTORMING
Organizziamo sessioni full day, utilizzando il mazzo di carte dell'engagement designer ed altri metodi gamificati, per generare e collezionare all'interno di un processo collettivo, le migliori idee provenienti dal team. Questo processo è adatto sia ad obiettivi consumer che enterprise!
Utilizzando il nostro Motivational Design Framework lavoriamo insieme su una griglia che individua gli obiettivi short e long term, la tipologia degli utenti/giocatori, le motivazioni per creare engagement e le meccaniche e dinamiche di gamification indispensabili per le vostre finalità di business.
Per migliorare soluzioni già esistenti o nella fase di costruzione di un nuovo progetto, realizziamo un gamification design document (GDD) e wireframe continuamente iterato fino all’approvazione del cliente.
Dopo decine di esperienze di sviluppo per marchi internazionali, conosciamo le esigenze IT delle aziende e le aiutiamo a scegliere la giusta architettura tra sviluppo ex-novo e utilizzo di api dei gamification vendors.
Abbiamo spesso parlato in questo blog di come le routine lavorative, che ineluttabilmente si abbattono nella quotidianità degli uffici, possano essere rimodellate tramite la gamification assumendo un valore diverso agli occhi dei dipendenti.
Mentre in articoli precedenti ci siamo soffermati su strumenti ed idee che meritano maggiore attenzione, per una volta siamo entusiasti di parlare di una realtà up and running, perfettamente sviluppata e funzionante, un esempio reale, non potenziale, di cosa significhi recarsi ogni mattina in un ufficio “gamificato”.
L’esempio a cui ci riferiamo è l’azienda zappos.com, uno store online di prodotti sportivi e fashion, che ricorda Zalando, più conosciuta in Italia; è che è stata prima partecipata poi acquisita da Amazon.
L’ambito in cui investe Zappos non è rilevante per noi, quanto invece la sua cultura aziendale: lavorare da zappos significa essere parte di una famiglia, e come tale i valori e i risultati vengono condivisi in ogni momento. Quante volte avrete sentito slogan simili, senza crederci più di tanto, ma in questa azienda non ci si è fermati al predicato ma si è passati ai fatti mediante una profonda rivoluzione gestita da esperti di gamification.
La gamification viene applicata ai premi aziendali ed altre meccaniche di rewards che evolvono nel tempo tenendo in considerazione il feedback dei lavoratori, che sono direttamente coinvolti.
L’azienda ha introdotto una moneta virtuale, lo Zollar (beh il nome non è che non sia un po’ cacofonico, ma ci passiamo sopra). Questa valuta è utilizzabile solo dentro l’azienda e quindi solo dai dipendenti, e serve a comprare premi tecnologi o servizi alla persona come abbonamenti alla palestra o biglietti per il cinema. Per ottenere degli zollars bisogna impegnarsi nella formazione personale o si devono dedicare alcune ore di lavoro all’assistenza ai colleghi.
E’ possibile perfino donare degli zollars a colleghi che si siano dimostrati collaborativi, gentili e utili. Ogni mese si può donare l’equivalente di 50 dollari ad altri dipendenti che non siano i propri superiori.
Il riconoscimento della propria qualità del lavoro viene quindi effettuato non dall’entità astratta rappresentata dal datore di lavoro, ma dalle stesse persone con cui svolgi le mansioni, questo è un concetto di gamification molto originale e oggetto di studio come forma di automotivazione a lungo termine, che una volta introdotta vive di vita propria.
Un esempio di riconoscimento è il parcheggio vicino all’ingresso in azienda, che culturalmente in America è identificato come un benefit per dirigenti, e che viene invece in parte concesso ai dipendenti generici nominati dai colleghi come persone positive e produttive, allegando alla nomination una descrizione dell’episodio che ha motivato la scelta.
Provate a fare mente comune per comprendere il concetto rivoluzionario che esiste dietro a questo meccanismo: laddove negli ambienti di lavoro spesso le risorse sono messe in competizione e per questo motivo cercano di sovrastare o sminuire l’operato altrui, ora invece si incentiva ad evidenziare la qualità degli altri, e di conseguenza si cerca di imitare chi opera in modo condiviso per poter usufruire in futuro di segnalazioni e zollars anche per se stessi.
Questo esempio e in generale tutto il modus operandi che vige negli uffici di Zappos è stato modellato secondo la metrica dei social treasures: donare ai colleghi un riconoscimento accresce l’interazione, la motivazione e la disponibilità verso la routine lavorativa. Il riconoscimento si può ottenere non come scambio concordato ma solo tramite donazione di altri giocatori.
In Zappos infine viene anche eletto un “eroe”, un impiegato che si è distinto più di altri per qualità umane e produttive, ed ottiene un bonus in denaro, una standing ovation e.. un mantello! Si un mantello con cui dovrà lavorare tutto quel giorno. Lo scopo del mantello è duplice: evidenzia il merito rendendolo riconoscibile a tutti ma al contempo ridimensiona l’ego tramite un atteggiamento buffo che stempera l’invidia e “ricompensa chi non ha vinto il bonus” concedendogli il sorriso “a danno del vincitore”.
Reward, atti motivazionali, ricompense emotive, social treasures: avete intuito anche voi di come la gamification sia viva e pulsante in questi uffici?
Rendere la gamification una parola d‘ordine in Zappos, ha fatto si che l’azienda scalasse le classifiche fra le migliori aziende al mondo in cui lavorare (si, queste classifiche esistono, e in cuor nostro vorremmo che certe metriche divenissero obbligatorie anche nei processi di recruiting). La gamification applaude Zappos, e Zappos ringrazia la gamification.
Cos’è la gamification? Esistono certamente molteplici risposte a questa domanda. Le diverse prospettive suggeriscono che diversi sono i percorsi di apprendimento e i punti di vista su questa tematica. Una delle cose certe è che la progettazione di un’esperienza non possa prescindere da un elemento fondamentale: il coinvolgimento.
Il crescente interesse attorno alla tematica della gamification ha favorito la nascita e lo sviluppo di iniziative finalizzate all’insegnamento dei concetti teorici di base e delle tecniche per la loro applicazione praticamente in qualsiasi contesto. Online sono disponibili molti percorsi di formazione in italiano e in inglese (anche gratuiti), spesso erogati come MOOC, ovvero Massive Online Open Courses, o come semplici itinerari lineari:
Nel 2016 Yu-Kai Chou, esperto di gamification e ideatore del framework Octalysis, ha lanciato su Kickstarter una campagna di finanziamento collettivo per supportare la creazione di Octalysis Prime, presentato come un viaggio progettato secondo logiche di gamification, alla scoperta della gamification.
Il progetto, su un obiettivo di 15.000 $, ha raccolto ben 51.529 $ e coinvolto 370 sostenitori.
Cos’è Octalysis?
Octalysis è un modello di riferimento per la valutazione e la progettazione dell’impatto di un’esperienza sulla motivazione degli utenti. Il framework, in sintesi, identifica 8 leve in grado di motivare le persone a fare quello che fanno, in qualsiasi ambito della vita. Ogni leva è poi associata a una o più “tecniche di gioco”, ovvero elementi di progettazione in grado di stimolare la motivazione in relazione a tale leva.
Il conto alla rovescia che comunica al visitatore di una pagina web l’imminente scadenza di un’offerta speciale, ad esempio, è una “tecnica di gioco” -o più semplicemente “meccanica”- in grado di stimolare la potente leva 6, associata alle sensazioni di scarsità e impazienza.
Cos’è Octalysis Prime, oggi?
In quattro anni Octalysis Prime è diventata una vera e propria comunità di apprendimento animata da centinaia di utenti provenienti da 22 paesi del mondo. Il punto di accesso al programma di formazione e mentorship guidato direttamente da Yu-kai Chou è l’iscrizione a una lista di attesa.
Una volta disponibile, l’accesso consente di “atterrare” sull’isola, il luogo virtuale in cui ogni utente può disegnare un percorso di apprendimento unico e può sperimentare direttamente l’influenza che alcuni elementi di design dell’esperienza hanno sulla motivazione a proseguire nel viaggio. L’isola è suddivisa in regioni, ciascuna delle quali raccoglie risorse per l’apprendimento collegate a un ambito specifico e a loro volta organizzate in sezioni. L’interfaccia è animata e offre l’impressione di un luogo “vivo”: una fitta coltre di nubi si disperde nei secondi successivi alla procedura di login, svelando l’aspetto dell’isola e i vari elementi che la compongono.
La fase di addestramento consente di comprendere quali funzioni l’utente possa attivare per compiere specifiche azioni. Un semplice tutorial e indicazioni esplicite invitano a scoprire le caratteristiche di ogni regione, soprattutto di quelle “speciali”. Come anticipato, Octalysis Prime non è una semplice repository di materiali video ma una vera e propria comunità di apprendimento progettata per spiegare come funzioni la motivazione attraverso stimoli coinvolgenti.
Risorse per l’Apprendimento
La prima opportunità attraverso cui è reso possibile l’apprendimento dei fondamentali del modello Octalysis e di altri ambiti tecnologici o psicologici relativi al coinvolgimento, è quella costituita dalle innumerevoli risorse video disponibili nel progetto. I video in lingua inglese sono di breve, media e lunga durata e consentono all’utente di guadagnare punti esperienza, solo se guardati integralmente. Al termine di molti dei video è disponibile una domanda a risposta chiusa (selezionata casualmente fra una rosa di alternative) che consente di mettere subito alla prova le conoscenze acquisite. La pubblicazione di un commento al video o la proposta di un nuovo quesito consente di guadagnare ulteriori punti esperienza.
Sfide per l’Apprendimento
La seconda opportunità di sviluppare le competenze deriva dalle occasioni di sfida presenti sulla piattaforma. La sezione “Quest List” propone agli utenti più indaffarati la possibilità di concentrare piccoli sforzi nella fruizione di un breve elenco di video con frequenza giornaliera: su Octalysis Prime il numero di video è in continua crescita e il completamento di una sezione può richiedere anche diverse ore di impegno.
Ogni sfida è caratterizzata dall’opportunità di ottenere ricompense, naturalmente proporzionate rispetto alle risorse investite. Completare la visione dei video proposti nella Quest List, ad esempio, consente all’utente di guadagnare i punti esperienza relativi a ogni video e una quota aggiuntiva di Chou Coins, la moneta virtuale utilizzabile sull’isola per acquistare beni virtuali o oggetti per potenziare gli effetti di specifiche azioni.
Un altro importante elemento di sfida è proposto dalla sezione Challenges, raffigurata da un castello medievale insidiato da enormi draghi. In questa sezione vengono periodicamente pubblicate sfide che invitano gli utenti della comunità a mettersi in gioco e proporre soluzioni per integrare in progetti esistenti nuovi elementi di design, sulla base dei modelli Octalysis e di un processo di design in cinque passi -denominato 5 Steps Octalysis Process– utilizzato per analizzare e ottimizzare progetti nuovi o esistenti.
Un esempio di sfida è quello proposto qui di seguito, in cui gli utenti sono stati chiamati a lavorare su Food Heroes, un programma di educazione alimentare sviluppato dall’organizzazione JUCCCE per i più piccoli e per contrastare problemi come diabete e obesità.
Le sfide prevedono una data di scadenza per la consegna degli elaborati, una logica di espressione di preferenze e gradimento per la comunità, la proclamazione di un vincitore e due finalisti. I materiali consegnati restano a disposizione anche dopo la data di scadenza perché costituiscono una risorsa utile all’approfondimento delle tematiche trattate. Alcune sfide non hanno una scadenza e consentono agli utenti di accedere al programma di certificazione organizzato in diversi livelli di padronanza: attualmente sono disponibili le modalità per il conseguimento delle certificazioni di primo e secondo livello.
Solo chi dimostra un adeguato livello di conoscenza del modello Octalysis e capacità di applicarlo per l’analisi e il miglioramento di un qualsiasi progetto (sia esso online o offline), può ambire a questo riconoscimento. Il certificato ottenuto è accompagnato da una menzione sul sito web ufficiale della società The Octaysis Group, nella sezione dedicata a tutti coloro che hanno ottenuto il riconoscimento.
Interessante notare che la quantità di certificati rilasciati è connessa allo sblocco dei livelli successivi di certificazione per tutti gli utenti. Questa meccanica incentiva gli utenti a conseguire la certificazione per scoprire in cosa consistono i livelli successivi ma anche a supportare i nuovi arrivati affinché si raggiunga il prima possibile la soglia necessaria per rendere disponibile un nuovo livello.
Un altro elemento di sfida molto coinvolgente è rappresentato dai Geomons. Si tratta di creature di fantasia che rappresentano metaforicamente elementi di design (“game techniques” su Octalysis Prime) utili in fase di progettazione. I Geomons compaiono sull’isola in posti casuali e con frequenza proporzionale alla rarità degli stessi: quando compare un Geomon l’utente può sfidarlo semplicemente cliccandoci sopra.
Sfidare un Geomon significa rispondere a una domanda che propone un piccolo caso studio in cui l’applicazione dell’elemento di design è la chiave per aumentare il coinvolgimento; se la risposta selezionata fra quelle disponibili è corretta, il Geomon è sconfitto e può essere catturato. In caso contrario fugge e potrà essere catturato solo successivamente. Ogni creatura catturata consente di alimentare e ampliare la propria collezione di Game Techniques e di avere quindi un riferimento importante in fase di progettazione.
Strategia per l’Apprendimento
L’apprendimento nel programma Octalysis Prime non segue uno schema lineare. I progressi sono resi evidenti attraverso un grafico radar che rappresenta il totale dei punti esperienza acquisiti in base a specifiche azioni. Gli utenti hanno però la possibilità di svolgere attività in modo più efficiente sbloccando poteri e acquistando oggetti. Questo elemento apparentemente superfluo è la base della dimensione strategica del programma: ogni utente ha la possibilità di scegliere il momento giusto per attivare uno specifico potenziamento o il modo per investire parte del proprio saldo di moneta virtuale.
L’utente può gestire autonomamente un inventario di oggetti e accedere in qualsiasi momento al negozio in cui spendere la moneta virtuale per acquistare pozioni (aumentano il guadagno di punti esperienza per un periodo limitato di tempo), oggetti magici (oggetti che consentono di superare alcune limitazioni dell’esperienza), gabbie (consentono di catturare più agevolmente i Geomons, anche quando si sbaglia a rispondere alla domanda) e altri materiali scaricabili (guida per nuovi utenti, elaborati di utenti esperti).
Questi elementi consentono di affermare che Octalysis Prime sia un eccellente esempio di gamification di un sito web e, più in generale, di quello che ogni esperienza di apprendimento dovrebbe rappresentare: non un percorso lineare precostituito in modo generico ma un viaggio di scoperta in cui ciascuno è protagonista e può compiere scelte significative che influenzano il corso delle cose.
Community per l’Apprendimento
Le occasioni di apprendimento non sono finite. Uno degli elementi più competitivi del programma Octalysis Prime è certo costituito dal fatto che il “viaggio” è guidato da Yu-kai Chou in persona. Non si tratta quindi di un format gestito da profili esperti e accreditati ma di un canale di comunicazione diretto con l’ideatore stesso del modello Octalysis.
Come si traduce tutto questo nella realtà?
Accedere al programma significa avere la possibilità di essere inseriti in uno specifico ed esclusivo spazio di lavoro Slack, grazie al quale si può interagire (rigorosamente in lingua inglese) con gli altri membri della community e con Yu-kai stesso. Lo spazio è suddiviso in diversi canali per gestire in modo organizzato i messaggi, sia che si tratti di segnalazione di bug, sia che si tratti di richieste di supporto o semplice condivisione di risorse utili a tutti.
Un’altra iniziativa molto interessante per gli utenti del programma è costituito dalle Office Hours. Ogni settimana Yu-kai Chou incontra virtualmente tramite una call su Zoom della durata di un’ora, i membri che volontariamente partecipano e interagiscono in modo diretto.
Le call talvolta sono focalizzate su specifici argomenti o eventi (ad esempio in prossimità della scadenza di una challenge), altre volte sono confronti che si sviluppano attorno alle domande poste dalla community.
Conclusioni
Per tutti coloro che si occupano di formazione e cercano idee su come aumentare il coinvogimento nel pubblico di riferimento, Octalysis Prime è un caso studio che suggerisco di analizzare e sperimentare.
Altri progetti stanno contribuendo a sviluppare nuovi modelli per l’apprendimento, meno rigidi e più focalizzati sul coinvolgimento.
Khan Academy o Code.org sono solo due esempi di come sia possibile superare il concetto di percorso di apprendimento lineare a favore di esperienze in cui sia l’utente stesso a scegliere tempi e modalità per raggiungere il proprio obiettivo.
C’è da augurarsi quindi che anche nell’ambito dell’apprendimento si passi da modelli basati su “dover fare” a modelli basati su “voler fare“.
Mentre scriviamo queste righe l’impennata di contagi da coronavirus è ancora in corso e nessuno ha una chiara idea di quando si raggiungerà il picco. Tra le tante abitudini di vita sconvolte da questo momento tragico, quelle che impattano contemporaneamente i ragazzi e i loro genitori, quindi di fatto tutte le famiglie italiane, sono legate all’organizzazione scolastica. Garantire una continuità agli studi e alle lezioni comporta necessariamente l’uso di strumenti online e questo è stato rivoluzionario per la maggior parte dei professori e di molti adulti che hanno, specialmente in Italia, una conoscenza delle basi informatiche minimale. Da questo punto di vista l’epidemia costituisce un acceleratore straordinario dell’alfabetizzazione tecnologia in un paese dove un 30% delle famiglie si scopre improvvisamente privo di connessione internet se non addirittura del computer e deve correre ai ripari. Laddove determinati servizi si possono comprare in fretta e furia, ci sono però altri aspetti difficilmente colmabili in tempi cosi brevi. Spostare la quotidianità scolastica dai banchi di legno al remote learning significa infatti trasferire pesantemente la gestione del tempo e degli strumenti ai teenagers, che sono molto più abituati all’utilizzo della tecnologia. Non è ragionevole pensare che i genitori imparino a creare login e stampare spreadsheet di compiti se non hanno mai fatto prima certe esperienze.
Il risultato che ne deriva è un conflitto che gli studenti dovranno affrontare fra la sensazione di libertà improvvisa (non ci sono più gli orari) e la frustrazione di veder trasformato lo strumento che solitamente significava per loro svago e socializzazione (ovvero i computer e gli smartphone) in tedioso dispensatore di studio ed esercizi. Affinchè questa piccola rivoluzione possa funzionare, e per venire incontro ai genitori in difficoltà nel controllare se il tempo dei figli dedicato alle lezioni sia quello corretto, ancora una volta esiste una sola risposta valida: la gamification. Lo schermo si sostituisce al libro stampato e moltiplica enormemente le possibilità di interazione, per questo motivo è veramente tragico constatare come la maggior parte delle scuole si limitino ad utilizzare il browser come un canale per dire ai ragazzi “fate gli esercizi del libro numero x,y e z e scrivete i risultati in una email”… veramente disarmante non credete? Per fortuna esistono alcune realtà illuminate e alcuni strumenti avanzati per rendere questa costrizione una vera opportunità! In Italia l’azienda che più di tutte ha sviluppato un bagaglio di contenuti interattivi pronto all’uso è probabilmente redooc.com in collaborazione con Global Thinking Foundation
Questa piattaforma, nata principalmente per l’esercizio matematico, offre oggi una quantità di contenuti di ogni materia pensati per tutti i livelli scolastici, dalle elementari in su, ed aggiornati ai programmi del ministero dell’istruzione. I docenti possono collegarsi e selezionare esercizi e prove con voto, cadenzando il ritmo dello studio e delle valutazioni, e monitorare in maniera semi automatica il rendimento scolastico degli studenti pensando quindi a interventi specifici in aiuto di chi è in ritardo.
Gli studenti.. beh per loro principalmente è stata pensata la piattaforma: utilizzando a piene mani i principi della gamification, le lezioni sono state tradotte in esperienze visive più divertenti, e gli esercizi vengono svolti come vere e proprie sfide da cui si ottengono riconoscimenti e punti che creano classifiche di rendimento! Molti esercizi non appaiono neppure tali perché sostituiti da mini-giochi dove per esempio sfruttare concetti di geometria o matematica per superare un livello.
Gli studenti possono confrontare i propri risultati gli uni con gli altri, e la cosa è trasferibile addirittura nell’ ambito dell’istituto confrontando fra loro differenze classi e sezioni, spingendo il concetto, laddove i docenti volessero, fino a confrontarsi con altre scuole! Molti esercizi proposti vengono spiegati, ma solo su richiesta dello studente che può cliccare sugli aiuti o velocizzare la lezione in modo da allinearla con la propria velocità di apprendimento, che chiaramente è differente da quella degli altri compagni.
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Non potremmo mai esagerare in elogi parlando di questa esperienza di remote learning che mostra nella maniera più chiara, visiva e tangibile l’efficacia della gamification nel distruggere le briglie della ripetitività e della noia liberando il potenziale di chi vuole apprendere. E’ un’autentica brezza di futuro che ci auguriamo possa gradatamente diffondersi: in fondo la storia ha insegnato come gli eventi traumatici o catastrofici abbiamo spesso favorito l’approdo verso nuove e più efficaci dinamiche sociali.
Difficile abbinare in questo periodo Coronavirus e gamification. Eppure ci proveremo, con il dovuto rispetto per la sofferenza che sta colpendo tutti, ma anche consapevoli che gli sforzi prodotti per mitigare l’epidemia vadano sempre evidenziati e lodati. Sappiamo come il problema della diffusione del coronavirus sia principalmente la sua eccezionale facilità di contagio, che ha raggiunto in alcune zone (Milano, Bergamo) addirittura un fattore R0 (il cosiddetto numero di riproduzione di base) pari a 4, vale a dire che ogni malato può indicativamente contagiare altre 4 persone (si veda per chi vuole studiare il fenomeno il sito dell’Istituto Superiore di Sanità).
Di fronte a un cataclisma sanitario per il quale non abbiamo vaccini, l’unica soluzione è limitare i contatti e quindi gli spostamenti. Per questo motivo stiamo vivendo questi giorni in quarantena per decreto. Ricordati questi spiacevoli punti, l’attenzione va rivolta alla difficoltà delle autorità nel limitare questi spostamenti. Lo strumento necessario per rendere efficace la disposizione sarebbe nelle tasche di tutti: il tracking del cellulare. Senza soffermarci su disquisizioni di principio nè etico in merito al livello di privacy che viene violato istituzionalmente in certi paesi come la Cina, nè morale in merito alla libertà o meno che spetti di diritto ad ogni individuo nel rendere pubblica la sua vita, ci limitiamo a evidenziare l’aspetto pratico: le persone che vogliano aiutare l’autorità a verificare l’efficacia della quarantena devono installare ed accettare di usare delle app che inviano informazioni sulla loro posizione. Queste informazioni dovrebbero naturalmente essere continuative 24h su 24h, ma difficilmente potete “ordinare” alla gente comune di inviarle per voi; semplicemente la maggior parte delle persone non lo faranno. Una soluzione a questo problema è stata studiata all’ Università degli Studi di Urbino, che tramite la società spin off Digit srl ha realizzato un prodotto open source chiamato diAry.
La filosofia di diAry è totalmente gamificata: rendere la quarantena un mezzo per ottenere punti. I punti vengono assegnati per ogni ora in cui l’app è attiva e per ogni ora aggiuntiva di permanenza in casa dopo che sono trascorse 12 ore. L’app invia i dati della posizione (su volontà dell’utente) a un database centrale che genera statistiche sugli orari in cui la quarantena è maggiormente a rischio.
Tra le varie statistiche offerte ci sono la percentuale di tempo trascorso a casa, il tempo complessivo degli spostamenti e la distanza massima raggiunta da casa. Per rendere la raccolta di punti significativa e quindi con effetto a lunga durata, servono dei riconoscimenti, e qui interviene il comitato WOM (worth 1 minute).
La piattaforma di questo comitato etico rilascia dei voucher a chi farà un uso sistematico dell’applicazione diAry. Si ottengono voucher se si rispettano i due criteri del mantenimento della app attiva e del soggiorno in casa oltre le 12 ore, e sommando i punti si possono ottenere fino a 48 WOM al giorno. I WOM sono certificati del proprio “impegno sociale”. Alcuni esercizi o fornitori di servizi in Europa riconoscono i WOM e li traducono in voucher per aderire a sconti e agevolazioni.
La piattaforma WOM è un progetto open source riconosciuto dalla Commissione Europea, il cui scopo nel caso specifico della lotta al coronavirus è rimettere in contatto le persone costrette in quarantena e gli esercizi danneggiati dall’assenza di clienti, che tramite l’accettazione dei WOM possono convogliare acquisti, anche online, verso i loro magazzini.
Per completezza di informazione, ammettiamo come una tale sperimentazione soffra dei tempi ristretti in cui applicarla e della difficoltà di diffonderne l’informazione, ma noi ben volentieri utilizziamo questo blog per complimentarci con i loro realizzatori.
Le applicazioni mobili in ambito medico hanno avuto un’impennata negli ultimi anni perché rispondono a tre esigenze di tutti coloro che hanno problematiche persistenti: sono trasportabili e accessibili ovunque, sono sempre disponibili contrariamente ad un medico che occorre prenotare giorni o settimane prima, e sono dedicate a sintomi o patologie molto specifiche, dandoci la sensazione di poter fare qualcosa di realmente concreto per affrontare un problema oltre che prendere una pastiglia e cercare di non pensarci. Le app forniscono insomma una forma di controllo, o perlomeno coinvolgono in modo attivo il malato.
Il discorso relativo a queste applicazioni diviene però molto fumoso quando si indaga la loro efficacia. Comprovata da istituti (spesso privati) più o meno coinvolti nella vendita, non sempre spiegata con chiarezza scientifica, magari associata a add-on da comprare per collegarli al cellulare? I dubbi sono leciti, ma l’importanza di queste sperimentazioni è tale per cui su questo sito non mancherà mai un’attenzione particolare alla gamification applicata alla salute.
Oggi esploriamo una soluzione per il tinnitus (acufene) molto discussa all’estero ed estremamente attuale, perché questo problema (il ronzio in varie intensità e frequenze avvertito ad un orecchio) era una volta incurabile e perfino non misurabile dalla medicina tradizionale, eppure colpisce milioni di persone!
Gli studi condotti negli ultimi 10 anni hanno individuato alcune frequenze tipiche ed ipotizzato alcune cause possibili, non senza contraddizione suscitando l’impressione che si brancoli nel buio, ma tutti concordano sulla necessità di mitigare il disturbo mediante l’uso di suoni in frequenza che mascherino quello patito, o lo replichino cercando di abituare il cervello a considerarlo una componente ambientale normale e trascurabile.
Il concetto della cura tramite frequenze mascheranti è complesso e forse ardito, non ci sono certezze, ma quello che distingue la soluzione di Tinnitracks (http://www.tinnitracks.com/en) e l’intuizione di applicare la gamification!
I precedenti sistemi prodotti sia con costosi auricolari sia direttamente tramite app per cellulari, utilizzavano lunghe pratiche di ascolto di frequenze per individuare la gamma di trattamento, costringendo poi l’utente a tentare di educare il cervello all’ascolto di “suoni neurali” o similari come una vera e propria sessione di training. Nulla di male (ammesso che qualche beneficio sia stato effettivamente documentato) ma certamente parliamo di approcci disagevoli, perché noiosi ed associati dal paziente ad “una cura” in senso tradizionale. Pensate per esempio al disagio di mostrare in pubblico l’uso di apparecchi acustici che vi mostrano come un ipo-udente, e al fastidio che una parte degli utilizzatori provano nel dover ascoltare frequenze continue (cosa diversa dalla rilassante gamma di White Noises, in quanto per la cura dell’acufene non siamo noi a poter scegliere il suono o rumore che ci aggrada).
L’uovo di colombo viene da Tinnitracks, il cui sistema è stato approvato in Germania dove è riconosciuto come una terapia rimborsabile dal sistema sanitario! Al momento questa app non è ancora sbarcata in Italia ed è anche costosa, ma speriamo presto che sia sdoganata, o che simili soluzioni vengano approvate dal sistema sanitario italiano, evidentemente ancora molto lento a recepire le intuizioni della gamification.
Tinnitracks usa la tua musica preferita! Questa app riprogramma la playlist del paziente insistendo su determinate frequenze per attivare modifiche nel sistema nervoso. Non si agisce sull’orecchio ma sull’inconscio, ed è necessario utilizzarlo solo un’ora al giorno (meglio due).
Il concetto di gamification raramente ha avuto applicazione cosi immediata, addirittura ovvia, ed efficace come in questo caso: applichi la cura facendo una cosa divertente! E che già facevi prima! E che non ti costa nulla fare! La user experience raggiunge i livelli massimi in questo trattamento perché non viene studiata un’interfaccia che possa risultare coinvolgente per l’utilizzatore, ma utilizzata un’esperienza ludica preesistente e già perfettamente accettata che maschera un trattamento medico. Non ci sono tutorial ne tempi di adattamento, a parte l’analisi iniziale delle frequenze.
Vediamo meglio quali sono gli step da seguire.
Tinnitracks individua le frequenze di disturbo del tuo acufene tramite un test online.
Successivamente viene analizza ogni singola traccia musicale della tua playlist per individuare le frequenze ripetute e confrontarle con quelle consigliate per te. Ti saranno quindi necessarie solo la tua raccolta musicale e le cuffie collegate al cellulare (o al tuo mp3 player se ancora lo usi)!
Mentre diversi tipi di terapia usati in passato generalmente trattano solo i sintomi, Tinnitracks prende di mira la causa dell’acufene semplicemente lasciandoti ascoltare la tua musica dopo che è stata filtrata. Si ritiene che l’acufene sia causato da cellule nervose anormalmente iperattive nel centro uditivo del cervello. Questa iperattività può essere calmata ascoltando la musica filtrata.
La durata del trattamento non è ancora chiara, per cui consigliano di farlo per un anno. Naturalmente si demanda alla pazienza delle singole persone il dedicarsi alla terapia, ma il concetto che a noi preme è come l’applicare la gamification creando una motivazione intrinseca all’uso e utilizzando l’interfaccia più immediata e piacevole possibile, abbia per la prima volta in anni reso tollerabile e quindi si spera efficace un trattamento medico di lungo periodo. Perchè precedenti cure non hanno individuato questa strada per semplificare la soluzione e motivare il paziente? Semplicemente perchè non hanno applicato la gamification, che come dicevano all’inizio, è davvero l’uovo di colombo!
Il potere forte e i profili forti sono da sempre alla guida delle aziende più imponenti. Non una grande scoperta vi concedo di dire, eppure in questo articolo cercheremo di comprendere come questa assunzione non sia sempre veritiera o auspicabile, cercando di spiegare perchè la gamification stia portando avanti da alcuni anni una rivoluzione più o meno silenziosa sotto le fondamenta della cultura imprenditoriale. Affrontare certi argomenti aiuta tutti noi che della gamification abbiamo fatto la nostra ispirazione, a comprendere perchè sia necessaria al progresso di tutti gli ambiti, e che prima questo avverrà meglio sarà.
Un’azienda ideale nel nuovo millennio dovrebbe avere una struttura autonoma basata sull’innovazione e su best practices che si auto-alimentano in base ai risultati, ponendo gli attori umani che la realizzano in un piano, importante per quanto si voglia, ma secondario; rendendoli cioè intercambiabili.
Per quanto sia romantico ed entusiasmante assistere alla cavalcata di qualche rara industria capitanata da uno o pochi geniali visionari, dobbiamo intuire invece che più le aziende crescono in dimensioni, più si complicano le dinamiche interne, lo spostamento dei capitali, lo scontro di prospettive ed idee. E’ successo per esempio alla Microsoft di Bill Gates che ormai vive di vita propria, ed anche alla Disney, che ha perso totalmente il suo ruolo di creatrice di sogni ed è in mano agli analisti economici.
Il fondamento storico delle grandi aziende è stato quello di perseguire un obiettivo industriale, ed una volta raggiunto il successo ed ottenuta una porzione dell’oligopolio in qualsivoglia settore, investire sempre più non in innovazione ma nella difesa delle posizioni ottenute. La mancanza di dialogo, il vedere il progresso delle tecnologie sociali non come un obiettivo comune da perseguire ma come la terra di conquista affossando gli altri, hanno reso nei decessi le industrie fragili, soggette a ridimensionamenti o addirittura acquisizioni a seguito di anche una sola semplice annata sfortunata nel mercato azionario.
Questa vulnerabilità cresce oggi ancora più veloce a causa delle nuove generazioni iperconnesse e flessibili; generazioni intendo, non di giovani, ma di startup, dove principi motivazionali e le pratiche della gamification tentano di sostituire l’immobilità delle strutture dipartimentali.
Questo fenomeno di invecchiamento dei modelli pre anni 2000 è palese in Italia, dove il concetto di startup e di finanziamento a rischio delle idee è da sempre osteggiato dalle banche e dagli imprenditori. Il cammino da noi è ancora molto molto lungo, e deve fronteggiare una barriera culturale alta e robusta che abbiamo ereditato.
Cerchiamo di capire i punti focali che impediscono oggi alle grandi aziende della penisola di sposare i benefici della gamification, con umiltà e consapevolezza di non poter essere che succinti, incompleti e, quindi, in qualche modo superficiali nel discutere una tematica che meriterebbe testi interi.
Il concetto di processo dipartimentale vs la cross evolution Le grandi aziende tradizionali considerano ineluttabile la stratificazione in dipartimenti. Ogni dipartimento si specializza in una competenza e cerca di accentrare le risorse utili a quella competenza tutte per se. Apparentemente la specializzazione potrebbe essere confusa con l’expertise, ed avere un dipartimento che possiede lunga esperienza in un particolare campo (burocrazia, testing, indagini di mercato, etc.) dare la sensazione di avere le cosiddette “spalle coperte”. Personalmente ritengo invece che la diversificazione estrema dei dipartimenti causi spreco di risorse e mancanza di confronto. Questi sono difetti antitetici rispetto al principio di cross evolution incentivato dalla gamification. Il confronto sistematico fra idee e risultati, che la gamification utilizza per incentivare la ricerca di nuove soluzioni, non si esaurisce nel risultato occasionale, ma rende un’azienda propensa all’auto-organizzazione coordinata (SELF Model). Convincere i membri di un’entità quale un dipartimento che la loro struttura è troppo lenta se non del tutto restia ad accogliere l’esperienza di altre aree della stessa azienda per evolversi, è un problema paragonabile in certi ambiti italiani istituzionali ad un vero e proprio muro di gomma. In pratica, concedetemi un poco di ironia, servirebbe un dipartimento apposito per inter-scambiare i flussi fra i dipartimenti!
L’ostilità del potere vs la gamification che “viene dal basso” Il potere nelle grandi aziende è ostile alla gamification in quanto innovazione non controllabile e troppo democratica. Il confronto aperto introdotto da certe meccaniche della gamification ha l’obiettivo dichiarato di evidenziale i meriti di ognuno verso gli altri e lo fa pubblicamente, e questo è un pericolo inaccettabile per chi già detiene posizioni in alto nella gerarchia perchè facilmente accade che venga mostrato come dipendenti al di sotto siano più innovativi, capaci, produttivi di chi è al di sopra. Io chiamo questo accentramento del potere la “piramide irrazionale”, intendendo che persone giunte in alto in un’azienda che distribuisce il potere in modo obsoleto e piramidale non ragionano più nell’ottica dell’evoluzione dell’azienda ma solo dell’innalzamento degli strati della piramide. Essere in alto ti da il diritto di usufruire degli introiti dell’azienda e di prendere decisioni che possono anche contraddirne i principi perchè il tuo obiettivo è “la vetta”; l’azienda diviene il tuo strumento non la tua ispirazione. L’ispirazione, è un dato di fatto che chi pratica la gamification conosce bene, giunge più spesso dal basso, dalle new entry, da chi cerca di modificare le regole ponendole in competizione fra di loro come, diciamolo pure, in un videogioco multiplayer.
La celebrazione della segretezza vs la condivisione a beneficio aziendale Le informazioni sono lo strumento più importante della vecchia forma di potere. E’ una regola in politica, in massoneria, nel mercato azionario, e soprattutto nelle mani dei manager dei dipartimenti, che sono in gara contro gli altri per ottenere budget e toglierlo ai dipartimenti concorrenti. La competizione interna, negli anni incentivata come se fosse l’uovo di colombo per aumentare la produttività, è un grave cancro di molte grandi aziende, e la gamification da tempo ha smascherato questo concetto mostrando come la condivisione delle informazioni moltiplichi la robustezza strutturale di un’impresa. La gamification è democratica e trasversale, mentre i poteri dipartimentali usano invece la mancanza di comunicazione come un vantaggio senza rendersi conto di quanto sia effimero.
Esigere il controllo invece di liberare l’intuizione I cosiddetti vecchi manager non vorranno ma cambiare le metodologie perchè sono quelle che padroneggiano e che gli hanno permesso di scalare la piramide. Accogliere la gamification fra le pratiche decisionali e quindi tutto il dinamismo che implica, significa perdere inevitabilmente potere.
Gerarchie vs matrici di competenze La gerarchia piramidale, anzi mi spingo più in la riferendomi alla gerarchia in se stessa tout court, è un concetto addirittura ancestrale, purtroppo tipico del background imprenditoriale italiano, contrapposto al concetto di competenze condivise a matrice teorizzate in certe università ed aziende scandinave o americane (ma non ovunque neppure là). Secondo questi concetti datati, l’accesso a un benefit che è la base della meritocratica gamification, deve essere invece riservato a chi ne “ha il diritto per gerarchia”.
Ostilità contro le persone capaci In Italia la competenza non è generalmente al potere, e chi è al potere ha paura delle persone capaci perchè possono prendere il loro posto o evidenziare le loro mancanze, quindi le persone capaci tendono a non salire la gerarchia soppiantate dalle persone “fedeli”. La gamification spinge invece a mettere in luce le capacità indipendentemente dal ruolo e può evidenziare come un dipendente sia sottoutilizzato o assegnato a mansioni non adatte.
A valle di queste considerazioni sparse che qui abbiamo introdotto, possiamo individuare un casus belli che nel futuro prossimo serpeggierà nelle grandi aziende?
Secondo me si: da una parte chi spinge per innovazione e quindi per l’adozione delle pratiche della gamification, per esempio il marketing che cerca linguaggi giovani (ricordiamo certi articoli precedenti che parlavano dell’istantaneo successo delle campagne WeChat in Asia), i trainer che cercano soluzioni per il team building e le risorse umane che cercano motivi validi per convogliare budget verso una selezione del personale più veritiera e non pietrificata dentro gli antidiluviani curriculum. Dall’altra parte della barricata ci saranno, anche se spero in sempre minor numero, project manager e business manager che guardano alla gamification come tempo perso, budget perso e attacco alla loro autorità.
Era l’Aprile del 2017 quando, tra paure ed orgoglio, il neonato collettivo internazionale TuoMuseo lanciò la sua prima opera interattiva. Non senza una gran dose di follia, il prof. Ludovico Solima dell’Università della Campania ed il giovane direttore Paolo Giulierini del Mann accolsero la sfida di contaminare i linguaggi, modi e mondi e per la prima volta al mondo un museo archeologico decise di pubblicare un videogioco. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli lanciò il 17 Aprile 2017 Father and Son, divenuto il simbolo di un nuovo modo di concepire e raccontare il patrimonio culturale. Un videogioco che portasse il museo fuori dal museo divenendo non più un mero strumento interno ma una apertura totale verso il pubblico internazionale attraverso la storia universale di un Padre ed un Figlio che mettono completamente a nudo le proprie emozioni nello splendido scenario di Napoli e del Museo. Presto diventato case study a livello museale, turistico, politico ed accademico, ha contribuito a creare un nuovo filone di ricerca legato al connubio gaming e cultura ed a ribaltare la prospettiva imperante di edu-tainment, ovvero esperienze che partono dalla componente puramente educativa per agganciarci una parte di intrattenimento.
Father and Son negli ultimi tre anni è stato costantemente aggiornato ed i dati di utilizzo monitorati, d’altronde avere oltre 4 milioni di giocatori significa anche dover gestire una mole impressionante di dati, suggerimenti, feedback e critiche che hanno ricevuto puntualmente risposta sia individuale sia attraverso numero update del videogioco disponibile gratuitamente su App Store e Google Play. Tra le operazioni messe in atto, un progressivo allargamento del numero delle lingue disponibili permettendo ad un pubblico sempre più internazionale di apprezzare non solo l’estetica ed il gameplay ma anche, e soprattutto, la componente narrativa. Dopo l’iniziale rilascio in italiano ed inglese, si sono progressivamente aggiunte le lingue portoghese, francese, russo, cinese e spagnolo.
“Lavorare oggi sulla digitalizzazione e l’innovazione dei Musei, fortemente voluta e sostenuta dal Mibact, vuol dire lavorare anche sul gaming, ormai riconosciuto strumento di condivisione e accessibilità; farlo nella difficilissima situazione attuale, che ha imposto una forte accelerata in questo senso all’intera società italiana, ci motiva sempre di più nel percorso intrapreso tre anni fa con Father & Son. Avrà quindi un sequel, già quasi pronto e che lanceremo il prossimo autunno, il primo videogioco completamente gratuito prodotto da un museo archeologico. E anche questa seconda puntata manterrà una altissima qualità artistica grazie alla creatività del team di Fabio Viola, eccellenza italiana del settore. Da aprile intanto saranno rilasciate le versioni in tedesco e giapponese e in questi giorni una deliziosa ‘traduzione’ in napoletano della ‘prima puntata’. Confesso che vedere il giovane Michael passeggiare verso il Museo Archeologico tra la folla, i colori e i rumori del traffico, chiacchierando nella lingua di Eduardo tra un caffè e il calcio ad un pallone mi ha commosso ed emozionato. Si tratta di una versione alla quale tengo particolarmente anche perché è stata realizzata insieme ad un gruppo di studenti dei quartieri popolari della città e che ora approda, insieme alle altre nove traduzioni, sulle piattaforme mondiali. Coinvolgere grazie a una esperienza ludica, allargare le conoscenze con un linguaggio nuovo e globale per raccontare al mondo la nostra storia: ora che il binomio cultura-videogiochi non fa più paura, credo infine che prodotti come Father&Son possano essere utilizzati con profitto anche alla scuola digitale. Presto torneremo a ‘sbloccare’ tutti insieme il nostro gioco nelle sale del meraviglioso MANN”, commenta il Direttore del Museo, Paolo Giulierini.
Oltre ai valori artistici, culturali, turistici, innovativi ciò di cui andiamo particolarmente orgogliosi sono i risvolti sociali. A partire dal 27 Marzo 2020 il videogioco si arricchirà di una versione in lingua napoletana, per la prima volta al mondo un videogioco di successo include la lingua parlata nel territorio di riferimento contribuendo a saldare ancora di più il rapporto tra l’opera digitale ed il tessuto fisico a cui è legato.
Il processo di localizzazione è destinato a fare scuola grazie al lavoro congiunto di uno specialista del dialetto, l’avvocato Vincenzo De Falco – autore del noto compendio sull’ “Alfabeto napoletano” – ed alcune scuole in contesti problematici di Napoli. Questa operazione sociale ed orizzontale è basata quindi su una ricerca “sul campo”, in cui il confronto con gli studenti partenopei si è intrecciato ai diversi linguaggi della comunicazione, partendo dalla canzone; la scelta del traduttore si è concentrata su vocaboli correnti e mai stilizzati, che hanno mantenuto, nel corso del tempo, lo stesso significato (cosa non sempre frequente nelle veloci evoluzioni della lingua).
Attraverso il videogioco, generazioni diverse hanno collaborato ad uno screening per i vocaboli più adatti per tradurre una storia contemporanea ed i traduttori sono diventati i primi beta tester della nuova versione.
“La versione in napoletano di Father &Son giunge a poco meno di tre anni dal suo rilascio sugli store mondiali e va ad aggiungersi alle altre versioni in lingua del videogioco (inglese, francese, russo, cinese, spagnolo e portoghese), attualmente disponibili. Sono inoltre previste, nel prossimo mese di aprile, le ulteriori versioni in lingua tedesca e giapponese, per un totale di 10 lingue. Lo sforzo compiuto dal Museo di rendere disponibile l’app in un numero così elevato di lingue (dieci) è giustificato dal successo internazionale di Father&Son, giunto alle soglie dei 4 milioni di download da ogni parte del mondo. L’Italia, nella classifica per paese, pesa infatti poco più del 7%. La versione in napoletano è spiegata dalla volontà del Direttore del MANN, Paolo Giulierini, di cogliere un’occasione per rafforzare sempre più il radicamento del museo con il proprio territorio di appartenenza. A ciò si aggiunge la consapevolezza della dignità di tale dialetto ad essere considerata una lingua a tutti gli effetti”, commenta Ludovico Solima (Università della Campania “Luigi Vanvitelli”), ideatore del videogame “Father&Son”.
E gli orizzonti, naturalmente, non si esauriranno qui; dal 20 aprile, infatti, saranno disponibili le versioni in tedesco e giapponese del gioco portando a 10 il novero complessivo delle lingue disponibili.
Con oltre 4 milioni di download in 97 paesi del mondo (particolare l’interesse in Cina, da cui proviene il 43% dei giocatori), un rating di gradimento di 4.5 su App Store e 4.6 su Google Play, 920mila ore spese dagli utenti, in maggior parte adulti over 35, per completare i diversi livelli della sfida, una delle scommesse più significative del game è quella di allargare le maglie del racconto, grazie all’ampliamento del sistema delle traduzioni ed alla proiezione della storia in una seconda ed avvincente puntata.
Certosino il procedimento di traduzione del game in dialetto, grazie al lavoro portato innanzi dall’avvocato Vincenzo De Falco, autore del noto compendio sull’ “Alfabeto napoletano”: lo screening per la selezione dei vocaboli è stato basato su una ricerca “sul campo”, in cui il confronto con gli studenti partenopei si è intrecciato ai diversi linguaggi della comunicazione, partendo dalla canzone; la scelta del traduttore si è concentrata su vocaboli correnti e mai stilizzati, che hanno mantenuto, nel corso del tempo, lo stesso significato (cosa non sempre frequente nelle veloci evoluzioni della lingua).
“Father&Son è diventato simbolo internazionale di un nuovo modo di raccontare il patrimonio. Milioni di persone si sono commosse seguendo la vita di Michael ed il valore universale delle emozioni. I reperti nelle teche ci aiutano a scoprire scelte morali, amori e paure provate da tutti noi tanto nell’Antico Egitto quanto oggi. Napoli è diventata il set di una nuova mitologia contemporanea entrata che ha toccato, ed a volte cambiato, la vita di oltre 4 milioni di persone ed il Mann ha scoperto per primo come il linguaggio del videogioco possa aiutare a creare una saldatura tra il passato ed il futuro rendendo emozionante vivere il presente”, afferma Fabio Viola, Fondatore di “Tuo Museo” e Game Designer.
In questo articolo analizzeremo le possibilità di estendere il set di funzioni e meccaniche integrabili in un progetto di gamification, guardando alla vetrina degli addons a pagamento. Scopriremo che GamiPress è un software estremamente versatile e adattabile a progetti di gamification praticamente in qualsiasi ambito. Ti consiglio, nel caso in cui non la avessi già fatto, di leggere la prima, la seconda e la terza parte della serie di articoli dedicata a questo strumento.
Nel precedente articolo abbiamo visto come sia possibile inserire nell’interfaccia del sito web elementi grafici che diano all’utente un riscontro sui progressi.
GamiPress è un plugin gratuito nelle funzioni di base ma consente di rendere più coinvolgente un progetto web attraverso l’installazione di estensioni gratuite e a pagamento o “addons“, alcune genericamente adatte a qualsiasi contesto, altre pensate per specifiche nicchie di mercato.
Segue un elenco non esaustivo delle 10 estensioni fra le più interessanti attualmente disponibili. C’è da aspettarsi che la disponibilità di componenti aggiuntivi -anche sviluppati da altri- cresca sempre di più.
#1 – Leaderboards
L’estensione Leaderboards di GamiPress consente di creare, configurare e aggiungere in modo pratico delle classifiche al proprio sito. L’estensione consente un notevole livello di discrezionalità nella gestione di variabili chiave quali ad esempio il periodo di riferimento o la scelta delle metriche da visualizzare.
#2 – Progress Map
Una mappa dei progressi e dei passi che ci dividono dal prossimo traguardo è certamente un elemento in grado di fornirci un riscontro significativo e di motivarci a procedere in un percorso. L’estensione Progress Map consente di creare, configurare e inserire nel sito web una mappa interattiva dei progressi.
#3 – Notifications
Per aumentare il livello di coinvolgimento degli utenti del sito web è bene celebrare ogni successo con un riscontro immediato e chiaro. L’estensione Notifications ha lo scopo di semplificare questo aspetto dando la possibilità all’amministratore del progetto di web di scegliere quando e come visualizzare notifiche.
#4 – Time-based rewards
La sorpresa e la curiosità sono elementi in grado di aumentare il livello di motivazione degli utenti. L’estensione Time-based rewards consente di progettare ricompense a tempo per incentivare i visitatori del sito a tornare a intervalli regolari. Un conto alla rovescia può avvisarli del tempo che deve trascorrere prima che la ricompensa sia di nuovo disponibile. L’amministratore del sito può inoltre decidere che la ricompensa sia definita casualmente entro limiti precisi.
#5 – Restrict Content
GamiPress consente di automatizzare lo sblocco di contenuti in base a specifiche azioni dell’utente, grazie all’estensione Restrict Content. Grazie alle funzioni di questo addon è possibile limitare l’accesso a pagine o articoli o anche solo a specifiche porzioni di contenuto. Gli utenti possono accedere al contenuto compiendo specifiche sequenze di azioni o utilizzando eventuali punti di sistema.
#6 – Frontend Reports
Il modo migliore per rendere un utente consapevole dei progressi è fornire una rappresentazione grafica degli stessi. GamiPress propone un addon –Reports– per amministratori che consente l’accesso alle metriche relative ai vari eventi (punti in circolo, ricompense, livelli, …) e un addon specifico – Frontend Reports– per rapporti visibili agli utenti in relazione alle proprie performances. Quest’ultima estensione consente naturalmente di creare e configurare in modo specifico e in relazione al contesto, la tipologia di grafico da mostrare all’utente. Un’altra estensione simile per tipologia di riscontro è Progress, che mostra la percentuale di completamento di un obiettivo secondo diverse modalità (testo, barra di avanzamento lineare o radiale, immagine).
#7 – Social Share
Quando si progetta di integrare logiche di gamification in un sito web, la condivisione di contenuti sui vari social network non può certo mancare fra la lista delle azioni che ci si aspetta che l’utente compia. Una ricompensa può essere utile per favorire questa abitudine. Social Share è un’estensione pensata per automatizzare l’assegnazione di ricompense nel momento in cui un utente condivide su uno dei propri profili social un post o una pagina.
#8 – Zapier
Zapier è un servizio che consente a diverse applicazioni web di interagire, in base a eventi definiti dall’utente. GamiPress consente attraverso questo addon di svolgere in automatico attività nel momento in cui si verificano determinate condizioni come ad esempio il raggiungimento di un determinato traguardo da parte dell’utente. Questo addon è pensato per la trasmissione di informazioni a Zapier. Nel caso in cui ci fosse la necessità di attivare ricompense sulla base di azioni compiute dall’utente su applicazioni web esterne, è necessario prevedere l’acquisto della licenza dell’estensione Rest API Extended e un’investimento di risorse per lo sviluppo del codice necessario a integrare la meccanica specifica.
#9 – Purchases
Una delle metriche di successo del progetto di gamification del tuo sito web potrebbe essere il volume del profitto che deriva dalla vendita di beni virtuali come punti esperienza o traguardi che consentono all’utente di ottenere uno status diverso o l’accesso a risorse dedicate. In questo caso è utile dare la possibilità di investire denaro “reale” per acquistare punti esperienza o l’acquisizione di un determinato livello. Purchases è un’estensione utile a questo scopo e consente un notevole livello di personalizzazione delle modalità di gestione di questa meccanica.
#10 – Coupons
Una modalità attraverso cui incentivare gli utenti ad accedere al sistema online è quello di creare coupons associati a codici alfanumerici grazie ai quali sarà possibile riscattare una determinata ricompensa. Questa meccanica genera nell’utente la sensazione di essere entrato in possesso di qualcosa che acquisirà valore non appena l’azione desiderata sarà stata compiuta (la registrazione al sito web, ad esempio). Il coupon può essere associato a diverse tipologie di ricompensa. Coupons, come puoi immaginare, può rivelarsi una valida estensione per far conoscere il tuo progetto web e agganciare nuovi utenti.
Accanto a queste estensioni meritano naturalmente una menzione speciale quelle che rientrano nella categoria delle integrazioni con sistemi e-commerce popolari, ovvero
WooCommerce
Digital Downloads
e quelle che consentono di far interagire GamiPress con plugins popolari di WordPress, come
AffiliateWP
bbPress
BuddyPress
Contact Form 7
Give
H5P
e tanti altri.
Sì, ma…
Come essere certi che un’estensione sia esattamente quello che serve al tuo progetto di gamification del sito web? La risposta a questa domanda si trova all’indirizzo https://demo.gamipress.com/. Il portale consiste in un sito web su cui sono stati installati tutti gli addons (anche quelli a pagamento) e sono disponibili i vari elementi in anteprima. Seguendo il link è possibile così farsi un’idea di come, grazie a GamiPress, potrà essere possibile integrare in un progetto
Per progetti di nicchia GamiPress propone l’acquisto separato di un anno di licenza (comprensiva di codice, aggiornamenti e supporto) per ciascun addon a circa 49 $. Per progetti più ambiziosi, è bene considerare la possibilità di acquistare un “All Access Pass” che consente di integrare nel sito WordPress tutti gli addons al costo di 699 $ per licenza annuale.
Il prossimo passo
Il prossimo passo, una volta che ti sei fatto un’idea delle potenzialità dello strumento, è progettare l’esperienza utente del tuo sito web avendo cura di integrare aspetti di gamification che possano favorire il coinvolgimento nel breve, medio e lungo termine.
Un’esperienza progettata secondo le logiche di gamification non è un’esperienza che integra quante più meccaniche possibile: ci sono alcuni elementi di design che producono frustrazione se utilizzati in un contesto non adatto. Il punto di partenza per la scelta delle “meccaniche di gioco” è sempre la fotografia di ciò che motiva l’utente a cui proponi la tua esperienza.
Il modo migliore per intraprendere il viaggio alla scoperta di quello che motiva gli utenti per cui progetterai la tua prossima esperienza, è quello di conoscere cosa motiva le persone a fare quello che fanno. Molte risposte a questo quesito, sono disponibili nel libro “L’arte del coinvolgimento – Emozioni e stimoli per cambiare il mondo“.
In questo articolo analizzeremo alcune funzionalità di GamiPress, plugin per il popolare sistema di gestione contenuti WordPress. In dettaglio vedremo in che modo sia possibile inserire nell’interfaccia del sito web elementi grafici che diano all’utente un riscontro sui progressi. Ti consiglio, nel caso in cui non la avessi già fatto, di leggere la prima e la seconda parte della serie di articoli dedicata a questo strumento.
Nel precedente articolo è stato presentato un semplice caso studio per la gamification di un sito web: un giornale scolastico online. Il progetto prevede che l’utente sia stimolato a
entrare in contatto con il giornale online, nella fase di scoperta o “discovery”
muovere i primi passi dopo aver effettuato la registrazione, nella fase di addestramento o “onboarding”
sviluppare l’abitudine a compiere azioni significative in modo ricorrente, nella fase di abitudine o “scaffolding”
contribuire allo sviluppo e alla diffusione del progetto, nella fase di fine esperienza o “endgame”
L’utente accumula punti esperienza e monete quando compie determinate azioni (accesso quotidiano al sito web, redazione di almeno un articolo al mese, lettura di un post al giorno, …). L’esperienza accumulata gli consente di progredire nella scala dei cinque livelli prevista dal progetto e le sfide rappresentano un’ottima occasione per raggiungere l’obiettivo di essere parte della “Hall of Fame” nel minor tempo possibile.
Le scelte progettuali hanno l’obiettivo di stimolare specifiche leve di motivazione:
punti esperienza (sviluppo e realizzazione)
monete (possesso e proprietà)
sfide (creatività, influenza sociale e relazionalità, imprevedibilità, scarsità)
hall of fame (senso epico, impazienza)
azioni nella fase di fine esperienza (creatività, relazionalità)
Vediamo ora come sia possibile sfruttare le potenzialità di WordPress e GamiPress per gestire alcune logiche dell’esperienza progettata.
Percorso di addestramento
L’utente ha deciso che vuole iscriversi al sito web del giornale scolastico online. Sappiamo che in questa fase ha bisogno di comprendere le regole di base del “gioco” e di sviluppare le capacità necessarie per svolgere le attività previste. Il modo migliore per farlo è creare un piccolo percorso di addestramento che lo motivi a compiere determinati passaggi. In dettaglio, ci si aspetta che l’utente guardi il tutorial video “Benvenuto nella redazione del giornalino online della scuola” (un video in cui vengono spiegate le regole che consentono di guadagnare punti esperienza, monete e tutto il resto) e che visiti il post “Guida per collaboratori del giornalino online della scuola” (in cui viene illustrato il funzionamento di WordPress in relazione alla creazione di articoli).
Per poter tracciare il comportamento dell’utente è necessario installare le estensioni gratuite
GamiPress – Youtube integration, per tracciare e ricompensare automaticamente l’azione dell’utente che guarda un determinato video (la presentazione delle regole del gioco, in questo caso)
GamiPress – Link, per tracciare e ricompensare automaticamente l’azione dell’utente che clicca su un determinato link (la guida per scrivere sul blog, in questo caso)
Una volta installate le estensioni, sarà possibile aggiungere gli shortcodes corretti per configurare correttamente il tracciamento delle azioni e l’attribuzione di punti. Ecco quelli che io ho utilizzato nell’esempio:
[gamipress_youtube url=”https://www.youtube.com/watch?v=72xdCU__XCk” width=”640″ height=”360″ autoplay=”no” controls=”yes”] – questo shortcode può essere inserito all’interno di un articolo di WordPress e associato alla regola che segue
Benvenuto nella redazione del giornale scolastico online! Scopri subito come scrivere il tuo primo articolo con la [gamipress_link href=”http://localhost/gamificationsito/2020/03/14/guida-per-collaboratori/” label=”Guida per collaboratori del giornalino online della scuola” id=”linkaward” class=”aligncenter” target=”_blank” title=”Click here!”] – questo shortcode può essere inserito all’interno di un articolo di WordPress e associato alla regola che segue
La presenza dello shortcode e gli attributi url nel caso del video e id nel caso del link sono presupposti senza i quali GamiPress non potrà svolgere correttamente il suo dovere.
Per essere certo che tutto funzioni, dopo aver simulato entrambe le azioni previste (visione video e lettura post con la guida per gli autori), puoi verificare che l’attribuzione dei punti esperienza sia stata correttamente effettuata accedendo al tuo profilo nella bacheca di WordPress e riscontrando la presenza del seguente log
Rendere evidenti i progressi
Come fare in modo che i progressi dell’utente siano ben visibili quando è collegato al sito web? La risposta sono i widget. L’installazione del plugin GamiPress consente anche di disporre di nuove tipologie di widget in WordPress, ovvero di componenti che aggiungono informazioni preziose nell’interfaccia del sito web.
La prima cosa da fare è informare l’utente che nella sezione profilo sono disponibili i dati relativi a
livello raggiunto (o livelli raggiunti)
punti accumulati
log di acquisizione di traguardi e ricompense
Per semplificare l’accesso a queste informazioni è inoltre possibile utilizzare ad esempio un widget come “GamiPress: User Points” all’interno di una barra laterale e opportunamente configurato
Con la stessa logica è possibile inserire in articoli, pagine e sidebar gli altri widgets.
Aggiungere elementi grafici
Un’altra delle possibilità offerte da GamiPress consiste nell’aggiungere grafiche da abbinare agli elementi del progetto. Utile è ad esempio associare un’icona ai punti esperienza, un simbolo alle monete e un distintivo digitale per i vari traguardi.
Il punto di partenza può essere una qualsiasi applicazione web che consente di creare in modo facile e veloce elementi grafici: Canva è ottimo un esempio.
In alternativa è possibile scaricare gratuitamente dalla sezione Assets del sito web ufficiale di GamiPress delle icone già pronte per essere utilizzate.
Tutto qui?
Certamente no.
Nella prossima puntata della serie di articoli dedicata a GamiPress analizzeremo le possibilità di estendere il set di funzioni e meccaniche integrabili in un progetto di gamification, guardando alla vetrina degli addons a pagamento. Scopriremo che GamiPress è un software estremamente versatile e adattabile a progetti di gamification praticamente in qualsiasi ambito.
Se sei interessato a utilizzare GamiPress per integrare nel tuo sito web WordPress logiche di gamification, puoi lasciare il tuo commento a questo articolo!
Oggi andremo ad esplorare una realtà aziendale molto diffusa in Italia che è anche un ambito fertilissimo dove far attecchire i principi della gamification: il mondo dei contact center.
I contact center sono un ambito ideale dove applicare la gamification a causa di alcune caratteristiche tipiche che ne debilitano la produttività e la qualità del lavoro. Innanzitutto le mansioni sono spesso ripetitive, ed obbligano ad utilizzare sempre le stesse metodologie di approccio con la clientela al telefono o in chat. In secondo luogo l’efficacia dell’operato del dipendente è tipicamente misurata con il numero di attivazioni o contratti o interventi riusciti realizzati nel corso della giornata, dimenticandosi della qualità del singolo intervento o della soddisfazione del cliente che non è monitorabile in una asettica lista di chiamate concluse.
Questo tipo di approccio risulta molto frustrante per l’operatore al terminale, che percepisce spesso di lavorare molto senza che emerga il suo impegno, magari semplicemente perchè i clienti contattati non hanno risposto alle sue telefonate. I processi rigidi hanno l’effetto negativo di mercificare il lavoro facendo sentire le persone sottovalutate e demotivate. E’ inoltre molto oneroso in termini di tempo ed energie mentali gestire l’apprendimento di nuovi tool che vanno a complicare il lavoro aggiungendo profili di clienti e di documentazioni senza abbinare alcunchè di interessante al processo.
Per incrementare la produttività degli operatori diverse aziende americane hanno implementato algoritmi e interfacce grafiche che trasformano la routine in una vera user experience, con enorme successo.
Il prodotto che oggi analizziamo sono le Wallboard proposte da Novelvox (www.novelvox.com)
Novelvox ha prodotto dei pannelli sui quali mostrare il rendimento giornaliero e su più lungo periodo degli interventi degli operatori, e permette di raggrupparli in squadre rendendo visivamente democratica e di facile consultazione la qualità dell’operato di ogni team leader e dei suoi sottoposti. I manager possono mostrare a schermo degli obiettivi di squadra e per singolo agente, mettendosi in competizione con gli altri team in una vera e propria gara che su wallboard è aggiornata con grafiche divertenti e accattivanti.
I manager posso anche elencare, sempre visivamente, classifiche di rendimento dei singoli (per esempio per premiare l’agente del mese) e performance dei team, rendendo la competizione in se stessa molto più motivante che il premio eventuale messo in palio. L’assegnazione di “badge” fornisce agli agenti un riconoscimento non monetario.
Le attività delle squadre e di interi dipartimenti che sommano più squadre vengono inoltre visualizzate con grafica simile a quella dei videogiochi: pensate per esempio ad un’auto che viaggia lentamente se un team non sta performando ma che viene mostrata rombante e con le fiamme sotto i cerchioni se il team sta superando le quote previste. Nell’esempio mostrato in foto si fa uso degli Hungry Birds, ma sono molteplici e customizzabili a richiesta le skin da applicare (pensate per esempio di utilizzare una mascotte o dei loghi dell’azienda stessa!).
La motivazione così introdotta nel servizio permette di reiterare comportamenti positivi che portano a una migliore qualità dell’ output e soddisfazione a cascata dei lavoratori e dei clienti.
In ambito di team building, l’uso delle wallboard di gamification aiuta a illustrare chiaramente i progressi di tutti rispetto alle metriche concordate, quindi nessuno dovrebbe avere dubbi su ciò che è richiesto da loro.Mantenere la competizione a un livello sano di gamification può anche incoraggiare la collaborazione all’interno dei team per garantire che il gruppo possa raggiungere o superare obiettivi comuni. Può stimolare e premiare la condivisione delle conoscenze e dimostrare in che modo un singolo agente contribuisce al successo della squadra.
Dal punto di vista della formazione, un altro grande vantaggio è dato dal visualizzare in modo pratico i tempi morti e le metriche giornaliere che permettono ai leader di individuare gli orari in cui i singoli agenti sono più scarichi di mansioni per indirizzarli su un corso. Ciò aiuta a ridurre i costi di formazione e rende l’apprendimento stesso meno faticoso.
Se pensiamo poi al turn over aziendale, è probabile che un agente impegnato, motivato e ad alte prestazioni rimanga più a lungo nel proprio ruolo, il che riduce i costi associati a questo problema. Probabilmente ci saranno anche casi ridotti di assenteismo.
La gamification ha insomma introdotto grazie alle wallboard performance, risparmi e motivazione di medio o lungo periodo laddove esisteva stress e confusione, oltre ad un effetto wow che si può rinnovare una volta esaurito modificando le grafiche o rimescolando i team!
L’equazione lavoratore felice uguale lavoro produttivo è sempre ovvia quando la si riscontra dopo aver applicato la gamification, eppure non sono molti gli esempi edificanti dove tool come quelli di Novelvox vengono applicati, anzi in Italia si può dire che quasi non esista questa concezione, è sarebbe molto utile che le aziende dedicassero risorse apposite a questo aspetto. La gamification è oggi imprescindibile, se non letteralmente la parola d’ordine per moltiplicare i risultati nei call center italiani.
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