Fabio Viola su Forbes

Il passaggio dallo storytelling allo storydoing nella formazione aziendale.

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BRAINSTORMING

BRAINSTORMING

Organizziamo sessioni full day, utilizzando il mazzo di carte dell'engagement designer ed altri metodi gamificati, per generare e collezionare all'interno di un processo collettivo, le migliori idee provenienti dal team. Questo processo è adatto sia ad obiettivi consumer che enterprise!
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CONCEPT

CONCEPT

Utilizzando il nostro Motivational Design Framework lavoriamo insieme su una griglia che individua gli obiettivi short e long term, la tipologia degli utenti/giocatori, le motivazioni per creare engagement e le meccaniche e dinamiche di gamification indispensabili per le vostre finalità di business.
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GAMIFICATION DESIGN

GAMIFICATION DESIGN

Per migliorare soluzioni già esistenti o nella fase di costruzione di un nuovo progetto, realizziamo un gamification design document (GDD) e wireframe continuamente iterato fino all’approvazione del cliente.
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ARCHITETTURA E SVILUPPO

ARCHITETTURA E SVILUPPO

Dopo decine di esperienze di sviluppo per marchi internazionali, conosciamo le esigenze IT delle aziende e le aiutiamo a scegliere la giusta architettura tra sviluppo ex-novo e utilizzo di api dei gamification vendors.
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Piattaforme di Gamification – Gametize

La gamification è una disciplina in forte espensione che sta contaminando molti ambiti della vita e sta contribuendo al raggiungimento di risultati significativi passando per l’aspetto più importante di ogni esperienza: il coinvolgimento. Creare esperienze coinvolgenti, in qualsiasi ambito, è un compito complesso. La tecnologia però, come spesso accade, può offrire stimoli e tutto il supporto necessario per raggiungere un obiettivo con meno fatica. Il mondo del web offre a questo proposito molte soluzioni software utili a organizzare e gestire attività secondo le logiche della gamification. Una di queste è Gametize, che si propone come una soluzione di semplice utilizzo per la creazione e la gestione di esperienze coinvolgenti. tool per la gamification Diverse aziende hanno già adottato la piattaforma per la gestione di progetti legati al coinvolgimento dei clienti o dei dipendenti, nell’ambito di percorsi di apprendimento o di sviluppo di competenze e per la selezione di profili di talento. Unilever, una delle più grandi multinazionali al mondo con prodotti distribuiti in 190 stati, ha deciso di sviluppare un progetto con Gametize in occasione del lancio di una nuova linea di prodotto, con l’obiettivo di aumentare il coinvolgimento e il livello di fidelizzazione degli utenti del sito. Nel 2015 la compagnia ha progettato un test semplice e scalabile per associare la personalità del cliente alla fragranza più adatta e lo ha implementato attraverso la piattaforma Gametize, principalmente per questioni legate alla possibilità di creare e modificare in modo semplice e rapido i contenuti. Obiettivi di progetto, come si legge da un rapporto disponibile sul sito web ufficiale della piattaforma, erano aumentare il tempo trascorso sul sito web e favorire il ritorno dei visitatori, educare l’utenza rispetto alle tipologie di fragranza e fornire risultati personalizzati attraverso contenuti interattivi e stimolanti. I test completati sul sito web sono stati 12.500 (il 92% degli utenti coinvolti) e la media di permanenza sul sito web è stata di circa 4 minuti per utente.

Panoramica della piattaforma

Gametize, disponibile per ora in inglese e spagnolo, consente di creare progetti coinvolgenti secondo logiche di gamification in pochi minuti e in modo intuitivo. Il punto di partenza per la creazione di un progetto è la registrazione di un account. Effettuata l’autenticazione è possibile provare gratuitamente le funzionalità della piattaforma per 7 giorni e creare il primo progetto.
Breve panoramica della piattaforma Gametize
Chi progetta l’esperienza può trasformare i propri contenuti in attività interattive selezionando fra le più di dieci tipologie di sfida disponibili sulla piattaforma:
  • flashcard
  • sfida standard
  • sfida basata su foto
  • sfida basata su video
  • sfida quiz a unico tentativo
  • sfida quiz a più tentativi
  • sfida profezia
  • sfida sondaggio a selezione singola
  • sfida sondaggio a selezione multipla
  • sfida basata su conferma
  • sfida basata su codice segreto
  • sfida basata su modulo personalizzato
  • sfida basata su codice QR
Ogni utente può svolgere l’esperienza e affrontare le sfide previste semplicemente scaricando e installando sul proprio dispositivo l’applicazione gratuita disponibile sia su Google Play per sistemi Android che su App Store per sistemi iOS. In alternativa, è possibile accedere all’esperienza utilizzando l’applicazione web disponibile all’indirizzo https://app.gametize.com/. Gli aspetti di gamification che favoriscono il coinvolgimento degli utenti prevedono elementi di ricompensa per le sfide affrontate, feedback costanti e istantanei, elementi di competizione e di socializzazione, monitoraggio dei progressi e raggiungimento di traguardi significativi. gamification-applicazione-web-gametize

Caratteristiche chiave

Sfide e interattività sono certamente i punti di forza di Gametize. L’amministratore dell’esperienza (o “gioco”) può stabilire la ricompensa in punti prevista per il superamento di ogni sfida o definire modalità di raccolta di informazioni personalizzate fornite dagli utenti. Le sfide possono essere attivate in base a date e orari prestabiliti o sbloccate dagli utenti solo al verificarsi di determinate condizioni. Gli utenti, oltre a interagire con i contenuti e guadagnare punti, possono votare e commentare ogni sfida. Gametize prevede che gli utenti possano organizzarsi o essere organizzati in squadre e possano collaborare per il raggiungimento di obiettivi. Il giocatore ha inoltre la possibilità di conoscere il proprio posizionamento e quello della propria squadra in classifica. La piattaforma consente di gestire agevolmente traguardi e ricompense che possono essere sia fisiche che virtuali e possono essere conquistate o riscattate scambiando i punti guadagnati. Il gestore dell’esperienza può definire regole e limiti che regolamentino in modo opportuno le dinamiche di ricompensa. Ogni progetto di gamification che si rispetti deve prevedere un sistema di acquisizione e analisi di metriche e informazioni sull’esperienza degli utenti. Gametize offre al gestore dell’esperienza la possibilità di analizzare modalità e statistiche relative alle interazioni fra utenti e contenuti. I dati, disponibili in forma aggregata o disaggregata -per utente, traguardo, progetto, commenti, voti, squadra, attività, …-, possono essere esportati in formato CSV. gametize-meccaniche

Da dove partire

Il sito web ufficiale della piattaforma propone molti contenuti formativi in lingua inglese, utili anche a chi intenda muovere i primi passi nel mondo della gamification. Un’iniziativa interessante del team di sviluppo di Gametize è Online Masterclass (https://corp.gametize.com/masterclass/), percorso formativo online che presenta concetti di base e funzioni utili per la creazione del primo progetto. Per comprendere meglio le potenzialità di Gametize è possibile partecipare al “Demo Game Walkthrough”, ovvero un’esperienza di gioco di prova che prevede una carrellata delle diverse tipologie di sfida e di funzioni disponibili in un progetto tipo.

Conclusioni

I piani a pagamento per l’utilizzo di Gametize consentono l’utilizzo della piattaforma a partire da 100 $ (pagamento mensile) per il piano Light. Il piano Regular (200 $/mese) consente di ampliare il set di funzioni della piattaforma con il “Gametize Booster Pack”, ovvero un estensione che prevede strumenti avanzati quali accessi multipli come amministratore dell’esperienza, classifiche di squadra, archivio di immagini e modelli di contenuto, funzioni per la personalizzazione delle email e supporto con priorità. Solo il piano Premium Plus (12.000 $ all’anno) consente di sfruttare le funzionalità della piattaforma in modalità white-label, ovvero sostituendo il proprio logo aziendale a quello di Gametize. Gametize è certamente una piattaforma interessante e molto accessibile per chiunque abbia necessità di realizzare esperienze coinvolgenti in qualsiasi ambito.   A cura di Sergio Ligato

Hermès H-pitchhh e i WeChat games

Il mercato cinese, non è un segreto, è in costante crescita da anni. Tra i settori in maggiore espansione bisogna annoverare l’ambito dei prodotti di lusso, con i quali i giovani attuali, che dispongano di risorse e crescente stabilità economica, vogliono identificarsi per un istinto di rottura verso il passato, memore ai loro occhi di restrizione, uniformità di costumi, regole socialmente imposte e senso del sacrificio.
Questo fenomeno di modernizzazione e consumo è alle soglie di un’autentica esplosione, tanto che si potrebbe dire che le aziende di prodotti fatichino a identificarlo e direzionarlo; è piuttosto la domanda dei consumatori, e la sua vertiginosa velocità in termini di rinnovo ed innovazione, che ha invertito i ruoli divenendo il fattore driving delle scelte di marketing delle aziende.
Questo scenario è naturalmente imprescindibile per le ditte del lusso, anche se non solo per loro, e molte hanno capito finalmente che la generazione Z è il nuovo target da studiare, e che è fortemente bisognosa di personalizzazione, coinvolgimento e intrattenimento.

hermes-gamification-wechat

Il concetto alla base del colloquio con questa consistente massa di potenziali acquirenti è la necessità di aggiungere un’esperienza al prodotto stesso, inoltre questo metodo di marketing deve diventare non più una sperimentazione per attirare una momentanea copertura sulle riviste, ma una costante del messaggio aziendale.

Quello che un tempo la pubblicità tradizionale, cartacea e televisiva, faceva immaginare, ora deve diventare un senso di partecipazione costante e interattivo. Inoltre messaggio sta divenendo bidirezionale, cioè il prodotto attira l’attenzione dell’acquirente, ma al contempo il prodotto si adatta alle esigenze dell’acquirente mediante personalizzazione ed edizioni limitate pensate sulle tue specifiche scelte e reazioni all’interno dell’esperienza interattiva che il brand è in grado di creare.

L’esperienza è quindi il target su cui alcune aziende stanno investendo in questo momento, con idee originali, a volte interessanti e profonde, più spesso limitate e embrionali, e sulle quali è cruciale per loro individuare le piattaforme dove la generazione Z accede più spesso e più efficacemente.

In Cina, dove la circolazione nevrotica di denaro e la crescita esponenziale di centri commerciali ha creato l’ambiente quasi ideale per questa sperimentazione, WeChat è stata individuata da un paio di anni almeno come una delle principali porte di accesso all’attenzione dei compratori: un ritrovo social conosciuto anche in occidente ma sicuramente meno diffuso e meno cruciale qui da noi.
Una delle prime aziende a investire su questa piattaforma è stata Hermès con l’applicazione “H-pitchhh”, facente parte di una campagna “let’s play” andata live solo per il 2018.

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Ispirato al tradizionale gioco del lancio del ferro di cavallo (chi lo avrebbe detto che era conosciuto in oriente?!) Hermès consente ai giocatori di lanciare virtualmente un ferro su iPhone o Android, non diversamente dal lancio di una Poké Ball in Pokémon Go, segnando punti in base alla vicinanza del loro ferro di cavallo a un palo virtuale.

Il concetto è semplice ma raggiunge il suo scopo di “educare” i giocatori allo stile estetico di Hermès proiettandoli all’interno di cinque livelli di gioco disegnati ispirandosi al logo, ai colori e alle finiture specifiche della gamma di prodotti dell’azienda. E’ un tipo di approccio legato alla contestualizzazione del messaggio veicolato in un contesto divertente, in cui il brand non è invasivo ma rimane impresso per contestualizzazione facendo da sfondo ad una esperienza playable.

Una fase di onboarding a cura di un cavallo amico aiuterà i nuovi giocatori a comprendere le meccaniche di gioco ed una serie di bonus, spesso collegati alla fondatrice del marchio Emilie Hermès, aggiungono un twist di imprevedibilità. Le modalità di gioco sono singleplayer o competizione contro amici.

 

“H-pitchhh” è un esempio di comunicazione visiva, priva di slogan ma ricca di interattività, basata sulla gamification. E’ un messaggio non ancora bidirezionale nel senso che abbiamo introdotto sopra, ma di penetrazione soft nelle abitudini quotidiane del target.
Avremo modo in prossimi articoli di conoscere altre ad anche più interessanti applicazioni nate su questo ambiente grazie a diverse aziende di lusso.

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Articolo di Valter Prette

 

Gamification e beneficienza si incontrano con Gamindo

Con Gamindo, concedersi una veloce partita in pausa pranzo o mentre si attende l’arrivo dell’autobus non è più un’attività fine a sé stessa o finalizzata esclusivamente al proprio piacere personale.

L’applicazione, sviluppata da una piccola software house italiana, è gratuita, disponibile al download sia su App Store che su Google Play e al primo avvio si presenta come una qualsiasi raccolta di minigiochi più o meno brandizzati.

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Da riletture di grandi classici, come Arkanoid per esempio, ad esperimenti che sviluppano idee di design più originali, per lo più puzzle game o endless runner, si tratta di un elenco mai definitivo o uguale a sé stesso, soggetto a periodiche modifiche che introducono nuovi titoli ed eliminano quelli più vecchi.

Creato il proprio profilo, si ha la piena e totale libertà di dedicarsi all’attività che più si preferisce, senza alcuna limitazione in termini di tempo o di partite effettuabili giornalmente. Il software, al contrario, incentiva l’utente a dedicare regolarmente un po’ del suo tempo ai vari minigiochi, proprio per la particolarità che rende Gamindo un progetto estremamente interessante, unico nel suo genere e doppiamente utile.

Oltre a divertire ed intrattenere, l’app permette di fare beneficenza semplicemente superando i livelli e registrando nuovi high-score. Nessuna donazione diretta, né esborso di denaro per acquisti in-game o per sbloccare ulteriori funzionalità. Basta giocare affinché con l’accumulo di gemme, elargite non appena si conclude una partita, uno o più enti non profit ricevano denaro direttamente dagli sponsor e dalle aziende che hanno deciso di spendersi in prima persona, stipulando accordi specifici con la stessa software house nostrana.

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Il sistema su cui si regge Gamindo, ben illustrato sul sito ufficiale(https://gamindo.com/come-funziona/), prevede una sorta di circolarità in cui tutte le parti chiamate in causa guadagnano qualcosa. L’utente si diverte, gli enti ricevono i contributi, i brand guadagnano in visibilità grazie a banner pubblicitari e product placement.

C’è tuttavia un ulteriore ingrediente che rende la formula vincente e protesa ad incentivare l’avvio dell’app da parte dell’utente. Gli sviluppatori hanno infatti ben pensato di tirare in ballo alcuni meccanismi propri della gamification.

Accedendo al proprio profilo, direttamente dal menù principale, si può visionare la propria scheda che riporta il numero totale di gemme ottenute ed il livello di esperienza raggiunto. Per ogni minigioco, sempre da questa schermata, potrete confrontare il vostro high-score con quello degli amici e, più in generale, di chiunque utilizzi l’app. Potrete inoltreconsultare la Hall of Fame degli utenti più attivi, facendovi così un’idea del gap da ricucire per poter reclamare un posto in questo gruppo esclusivo.

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Inoltre, tramite una specifica funzione, con pochi passaggi si possono imbastire vere e proprie sfide da lanciare a qualsiasi altro videogiocatore, impostando i parametri di vittoria nei singoli giochi che vi faranno fruttare gemme extra, utili a scalare posizioni nella classifica generale.

Per quanto i piccoli videogiochi inseriti nella raccolta non brillino particolarmente per originalità o qualità intrinseche, Gamindo riesce perfettamente nel compito preposto. Da una parte si configura come il passatempo ideale per videogiocatori occasionali in cerca di intrattenimento senza grosse pretese. Dall’altra si dimostra un ottimo espediente per racimolare un po’ di denaro a scopi benefici.

La ricetta funziona non solo perché fa leva sui buoni sentimenti degli utenti. Grazie ai meccanismi attivati dalla gamification, che si palesano in questa app nel costante accumulo di gemme e nel continuo aggiornamento di classifiche globali e parziali, ci si scopre coinvolti in una costante gara per la conquista della vetta.Scorgere il proprio profilo tra i top-scorer regala un’insospettabile soddisfazione, ulteriormente intensificata dalla certezza di aver compiuto una buona azione, semplicemente divertendosi.

Gamindo è un esempio quanto mai efficace di gamification applicata ad un software che fa della beneficienza la sua ragione d’essere.

Lorenzo Kobe Fazio

Ring Fit Adventure – exergaming gamification

Ring Fit Adventure è un gioco che viene dal passato, un esperimento, l’ennesimo per Nintendo, il cui successo è tutt’altro che garantito, vista l’ormai appassita mania per l’exergaming, termine che identifica uno specifico genere di videogiochi che incentiva e presuppone l’attività fisica.

All’origine di tutto c’è ovviamente il Wii, la console della Grande N che faceva del Wiimote la sua ragione d’essere, il fulcro di una rivoluzione che, pur nella sua breve parentesi, ha effettivamente cambiato il modo di percepire e fruire i videogiochi.

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Per quanto ci si sbracciasse già in sala giochi grazie a cabinati come Dance DanceRevolution, Wii Sports ebbe una penetrazione del mercato taleche praticamente chiunque, almeno una volta nella vita, si improvvisò tennista davanti al televisore di casa, divertendosi a spedire la pallina dall’altra parte del campo con ampi gesti del braccio.

Da li in poi, praticamente ogni publisher del mondo propose la sua declinazione di sport simulato, utilizzando il corpo del giocatore come principale fonte di input. Sony tentò di cavalcare il trend con il Move, Microsoft alzò ulteriormente l’asticella con l’avveniristico Kinect, in grado di mappare interamente il corpo dell’utente.

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Il sostanziale insuccesso delle periferiche di cui sopra, il progressivo abbandono del Wiimote come sistema di controllo preferenziale con l’arrivo di Wii U, la successiva console di Nintendo, ha fondamentalmente decretato la fine dell’exergaming.

Eppure, Ring Fit Adventure uscirà a brevissimo, il prossimo 18 ottobre per l’esattezza.

In sostanza si tratta dell’evoluzione dell’exergaming così come è stato conosciuto fino ad oggi, un gioco che fonde con estrema efficacia allenamento ed istanze adventure, espediente che deve moltissimo alla gamification, inteso come meccanismo che rende l’attività fisica più piacevole e “diluita”.

Del resto, le tantissime app che programmano gli esercizi e titoli come Wii Sports sono accomunati dal medesimo deterrente: non offrono chissà quali motivazioni per rendere continuativo il proprio sforzo giornaliero.

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Ring Fit Adventure, in questo senso, è profondamente diverso, perché si vende, in primis, come un videogioco a tutti gli effetti, come un’avventura ambientata in un mondo fantasy, tra missioni da portare a termine e nemici da sconfiggere.

Il fulcro del gioco è rappresento dalla coppia di periferiche che verrà venduta in bundle con il gioco, un anello di plastica del diametro di una trentina di centimetri e una cinghia da allacciare intorno alla coscia, nel quale dovrete inserire i due Joy-Con, strumenti imprescindibili per monitorare i movimenti del videogiocatore e tradurli in azioni dell’avatar.

Per spostare l’avatar su schermo bisognerà correre sul posto. Per avere la meglio sui mostri che infestano il regno, ci si dovrà esibire in determinati esercizi. Per lanciare palle di fuoco si dovranno compiere specifici movimenti con l’anello ben stretto tra le mani.

L’idea insomma, è semplicissima: allenarsi, distraendosi e motivandosi con la scusa di dover salvare il mondo dalle macchinazioni del villain di turno. Un concept tremendamente in linea con i precetti della gamification, dove le missioni da completare e i collezionabili che si sbloccheranno nel corso dell’epopea fungono al contempo da motivazione e premio per gli sforzi compiuti.

Difficile prospettare il successo commerciale di Ring Fit Adventure. Di sicuro, tuttavia, è il modo migliore per (ri)proporre l’exergaming impepato da un pizzico di gamification.

Lorenzo Kobe Fazio

Gamification del basket con PickRoll

Per ogni appassionato di basket che si rispetti, Pick-Roll è manna che piove dal cielo. Momentaneamente disponibile in forma gratuita solo su Play Store, ma in arrivo a breve anche su dispositivi iOS, si tratta di un’app ideata per organizzare facilmente tornei e partitelle, utilissima per conoscere nuovi campetti in cui sfoggiare le proprie doti atletiche e fare amicizia con altri fan della palla a spicchi.

Del resto, quante volte è capitato di mettersi il completo buono, raggiungere gagliardi il playground di fiducia e trovarlo deserto, senza nessuno con cui imbastire appassionanti tre contro tre?

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Pick-Roll nasce proprio dall’esigenza di mettere in contatto tra loro quanti più giocatori amatoriali possibile, impepando il tutto con una spruzzatina di gamification che regala ad ogni match, ad ogni propria esibizione, un retrogusto ancora più saporito.

Al primo avvio del software, vi verrà chiesto di creare il vostro profilo, completando anche i campi relativi ad altezza, ruolo che generalmente ricoprite durante le partite e squadra NBA preferita. Accederete così alla home page vera e propria, chiara e dall’alta leggibilità in ogni sua parte costituente, divisa in poche, ma utilissime sezioni.

Da una parte troverete la mappa, strumento ideale per ottenere indicazioni stradali ai campi e palestre più vicine a voi. Tramite la relativa funzione, non solo potrete scoprire se c’è qualcuno che attualmente sta giocando nei dintorni, ma otterrete informazioni utili su ogni singola struttura. Per esempio, sarà segnalata l’eventuale presenza delle retine nei canestri, la qualità generale del terreno di gioco, se è prevista l’illuminazione per quei match che si protraggono ben oltre il tramonto.

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Ogni informazione è modificabile in qualsiasi momento dagli stessi utenti di Pick-Roll, così da tenere sempre aggiornato il database, che potrà naturalmente essere ampliato, segnalando nuovi playground della zona, indicandoli sulla mappa e aggiungendo anche qualche foto.

Sempre tramite il menù principale, con pochi e semplici passaggi, potrete creare eventi condivisi con tutti gli utenti dell’app. Da semplici partite, a tornei che si protraggono per diversi giorni, l’unico limite sarà l’effettiva partecipazione di chi garantirà la propria presenza agli orari e nei campi prestabiliti.

Anche per questo, in previsione dei futuri incontri che vi attendono,è sempre utile consultare i profili degli altri giocatori. Sia per scoprirne anticipatamente le doti fisiche, sia per consultarne il livello di fama.

Proprio attorno alla fama, ruota la componente gamification di cui si alimenta l’app. Per aumentare il proprio livello, come in un qualsiasi gioco di ruolo, ogni utente non dovrà far altro che sbloccare i tanti obiettivi previsti dal software stesso. Che si tratti di effettuare un certo quantitativo di check-in in un campo qualsiasi, piuttosto che di segnalare una nuova palestra, ogni volta che si ottiene un riconoscimento il livello di fama aumenta.

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Non solo. Dopo esservi battuti con onore in partita, potrete valutare ed essere valutati da avversari e compagni di squadra, sia in base al vostro effettivo rendimento, sia per il grado di sportività dimostrato. Sebbene, di per sé, il proprio livello di fama non pregiudichi in alcun modo né l’utilizzo che potrete fare di Pick-Roll, né la partecipazione a tornei o partitelle, si tratta comunque di un fattore che invoglia l’utente sia ad utilizzare il più possibile l’app, sia a dare il meglio quando chiamati in causadirettamene sul campo di gioco.

Con più di 22mila iscritti, 6mila strutture registrate e il patrocinio della Federazione italiana pallacanestro, Pick-Roll, nella sua assoluta semplicità, è un software a cui nessun appassionato di basket può rinunciare. Pratica e di facile utilizzo, l’app si fregia di una componente gamification certamente secondaria all’economia del software, eppure fondamentale nell’invogliare l’utente a valutare e farsi valutare dagli altri giocatori, creando un circolo virtuoso che spinge ogni utente a dare il meglio di sé.

Un ottimo esempio di gamification applicata allo sport, insomma.

 

Lorenzo Kobe Fazio

Assicurazioni Generali sperimenta la gamification con MyGame

Nell’ambito di un globale, profondo e gradito restyling dell’applicazione di Assicurazioni Generali, il noto gruppo assicurativo che opera per lo più in Europa, America del Nord ed Estremo Oriente, tra le molte novità da segnalare, ben visibile già nella home page che vi accoglierà all’avvio del software, c’è anche MyGame.

Come il nome lascia intendere, si tratta di un modesto e rudimentale videogioco, poco più che un quiz che, declinando alle sue esigenze le basi concettuali della gamification, riesce tuttavia nel duplice intento di intrattenere l’utente, istruendolo al contempo su semplici, quanto fondamentali nozioni, tutte ovviamente inerenti ai numerosi centri d’interesse dell’azienda promotrice dell’iniziativa.

my game assicurazioni generali

Lo scopo, dichiarato a chiare lettere sin dalla prima schermata che vi introdurrà al menù principale, è puramente didattico, poco più che un espediente con cui comprovare il grado di conoscenza del fruitore su argomenti come il rispetto per l’ambiente, la salute, la conoscenza delle normative che regolano la circolazione di autovetture e moto.

Il cardine attorno cui ruota MyGame sono le 26 prove, divise in differenti categorie, che compongono quella che potremmo chiamare la campagna principale del titolo. Ognuna di esse propone cinque domande a risposta multipla tra cui scegliere. In base ai propri risultati, si viene premiati sia con un avanzamento delle statistiche che compongono il proprio profilo personale, profilo naturalmente inserito in una classifica globale, sia con un certo quantitativo di punti spendibili per potenziare progressivamente alcuni oggetti decorativi, come una casa, uno zaino o un mezzo di trasporto, azione che vi regalerà certamente piccole soddisfazioni, ma assolutamente fine a sé stessa.

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L’app di Assicurazioni Generali, difatti, per quanto intrigante anche sotto il profilo artistico, grazie a colori sgargianti e a figure stilizzate quanto basta, non si fregia di chissà quale concept che stimoli l’utente a migliorarsi o ad affrontare nuovamente una delle prove proposte in cerca di un punteggio più alto. Non si sbloccano nuove sessioni, né si viene effettivamente premiati per i risultati ottenuti.

Tuttavia, ha un indiscutibile pregio: pone sotto l’attenzione del fruitore alcune questioni piuttosto utili nella vita di tutti i giorni. A discapito della riposta scelta tra quelle disponibili, MyGame si preoccupa in ogni caso di visualizzare una breve didascalia, a commento del quesito appena sollevato, generosa di consigli, curiosità, precisazioni.

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Si (ri)scoprono, per esempio, i limiti di velocità in condizioni particolari, si viene informati su quali verdure sia meglio acquistare in base alla stagione, viene fatta luce sulla regolamentazione dei condomini. Piccole informazioni, insomma, che possono tornare sempre utili, apprese in un contesto ludico divertente, per quanto ridotto ai minimi termini.

MyGame, proprio per la sua basilarità, dimostra quanto la gamification possa essere efficace, anche a fronte di meccaniche di gameplay effimere ed elementari. Non si tratta certamente di un’applicazione che instrada l’utente in un percorso di crescita, virtuale o non che sia, sorretta da una progressione che si concretizzi in ricompense di qualche tipo, tanto più che la stessa classifica online non fornisce precise indicazioni per stabilire il proprio livello di abilità rispetto agli altri utenti.

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Eppure, nonostante i tanti limiti e la natura volutamente rudimentale del software, MyGame è un prodotto ideale per imparare qualcosa di nuovo divertendosi, tra una piccola pausa e l’altra.

 

Lorenzo Kobe Fazio

 

 

Un videogioco per selezionare il personale

Fare recruiting, senza darlo troppo a vedere. Questo, in poche parole, è il principale obiettivo di UBIverse, nuova app di UBI Banca, disponibile da qualche giorno, ovviamente in forma gratuita, sugli store digitali dei dispositivi equipaggiati di iOS ed Android.

Cercare nuovi talenti da inserire nelle filiali dell’azienda, pur non dichiarandone l’intenzione, quantomeno non sin dall’avvio del software in modo schietto e diretto, è l’espediente su cui si basa l’avventura ambientata nello spazio che funge da cardine di UBIverse, un videogioco rudimentale che si limita, di tanto in tanto, a proporre quesiti di varia natura, nonché semplici enigmi da risolvere in una manciata di secondi.

ubibanca gamification

Il tentativo di celare le reali finalità dell’app è intenzionalmente poco efficace, né è sorretto da chissà quali artifici o tecniche persuasive che tentino di convincere l’utente di avere a che fare con un’epopea fantascientifica fine a sé stessa.

Eppure, il debole contesto narrativo in cui si viene immersi all’avvio del software riesce ad infondere il giusto grado di spensieratezza ad una pratica che solitamente, anche nella migliore delle situazioni possibili, comporta comunque un notevole grado di stress per il candidato, torchiato dalle domande degli esaminatori, ovviamente ossessionato dalla volontà di fare buona impressione e di convincere i suoi interlocutori delle sue qualità.

Come anticipato, UBIverse vi teletrasporterà, in senso figurato beninteso, in una stazione spaziale del futuro, alle prese con un problema da risolvere quanto prima. Per venire a capo dell’incresciosa situazione che si è venuta a creare, dovrete superare alcune prove, quesiti che non solo comporranno un identikit professionale, per quanto approssimativo, dello stesso utente, ma che ne metteranno alla prova soprattutto le capacità di ragionamento.

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Dopo aver scelto il proprio avatar, vi verrà chiesto di selezionare tre partner, tra quelli presenti in lista, con cui amalgamare la squadra che tenterà di risolvere ogni guaio. Valutando qualità e punti deboli degli aspiranti collaboratori, come in un qualsiasi gioco di ruolo, sarà nel vostro interesse assemblare un team equilibrato, dove ognuno possa dare il suo contributo, facendo ciò che gli riesce meglio.

Senza soluzione di continuità, e senza che i vostri aiutanti possano poi offrirvi un aiuto di qualche tipo, passerete in seguito alla fase operativa vera e propria, composta da prove di logica e matematica, domande di cultura generale, minigiochi in cui serve colpo d’occhio e buona memoria.

Il tutto è scandito da brevi cut-scene che sviluppano la debole trama, oltre che da questionari a scelta multipla, nel quale potrete esprimere le vostre aspirazioni professionali, i valori etici irrinunciabili sul posto di lavoro, le qualità che vi contraddistinguono anche quando soggetti a situazioni particolarmente pressanti.

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Tra un capitolo e l’altro dell’avventura, completabile in poco meno di venti minuti, a controprova che UBIverse, nonostante tutto, sia e resta un’applicazione votata al recruiting, consultando il menù principale, in base ai risultati ottenuti nei minigiochi, otterrete preziosi consigli su come potreste dare il meglio in un potenziale colloquio, utilizzando tecniche e strategie votate a mettere più facilmente in mostra i propri punti di forza.

“La gamification – spiega UbiBanca in una nota – rappresenta oggi per le aziende più dinamiche una delle nuove frontiere dei processi a supporto dell’ingaggio e del coinvolgimento delle proprie risorse, come testimoniato da numerose indagini. Da un anno circa UBI Banca utilizza modalità di gaming anche per accompagnare le attività di onboarding rivolte ai neoassunti nel loro primo anno di inserimento”.

Nella sua semplicità, UBIverse, a metà strada tra avventura grafica e un puzzle game, riesce nel duplice intento di intrattenere e fornire una formazione utile in un eventuale colloquio. Non solo, tramite veri e propri minigiochi, l’azienda si riserva la possibilità di creare un profilo dell’utente, eventualmente consultabile nel caso di effettivo interessamento ad intraprendere una carriera in una delle filali della banca.

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Il software, insomma, è l’ennesimo ottimo esempio di gamification declinata al mondo del lavoro. Per quanto il gameplay di cui si nutre UBIverse sia ridotto ai minimi termini, per quanto manchi una vera e propria progressione che permetta all’utente di sfruttare a proprio vantaggio l’esperienza accumulata, virtuale e non, la redazione interattiva di un curriculum effettivamente spendibile, modalità che, ricordiamolo, prevede il superamento di stuzzicanti e divertenti prove, è certamente una qualità indiscutibile del software, una qualità, per l’appunto, che rispecchia e sfrutta i principi della gamification.

 

Lorenzo Kobe Fazio

 

Disegnare il coinvolgimento in ambito formazione

Stando ai risultati di una indagina condotta da Wingage, col coordinamento scientifico del nostro Fabio Viola, è proprio la formazione il settore in cui le aziende italiane stanno introducendo maggiormente la gamification. D’altronde numerosi dati concordano col dirci la sempre meno propensione delle nuove generazioni alla classica formazione in aula frontale ed alla diretta derivazione dell’e-learning. Il mancato coinvolgimento è prodromico al mancato apprendimento che a sua volta implica una perdita notevole di produttività per le aziende con dipendenti che poco o male conoscono le procedure, schede prodotto e best practice.

Proprio oggi, a firma Fabio Viola, è apparso un guest post sul blog di MosaicoeLearning (società che ha già ospitato nel suo Digital Tour il nostro guru) dal titolo “Gamification e Design del Coinvolgimento”. Ne riportiamo un estratto con il consiglio di leggerlo integralmente sul post originale.

“Il design del coinvolgimento è il superamento della tradizionale logica delle esperienze pensate per essere efficaci, efficienti, usabili ed ergonomiche con un approccio top to down. In un’epoca in cui numerosi dati concorrono a raccontarci una progressiva rarefazione del coinvolgimento delle nuove generazioni, qui indicate con la cesoia dei nati dopo il 1980, verso se stessi, il prossimo, i prodotti e le esperienze è fondamentale attuare un cambio progettuale che porti le aziende a focalizzarsi sul tempo come KPI primaria di relazione.

Il design del coinvolgimento punta a trasformare gli “utenti” in “experiencer” con una metodologia che potremmo definire “Engagement Centered Design”. Da qui la gamification come chiave operativa che mutua 40 anni di logiche, meccaniche e dinamiche sviluppate dall’industria dei videogiochi per ripensare ogni momento della nostra quotidianità.  I videogiochi altro non sono che learning ed emotional machine, ambienti in cui viene scientemente disegnata una alternanza di stati di animo (sorpresa, imprevedibilità, altruismo, competizione, gioia, frustrazione, sfida) per generare alte dosi di coinvolgimento prodromiche al trasferimento del contenuto/obiettivo dell’azienda.

gamification carte

Oltre 100 carte per progettare la gamification realizzate da Fabio Viola

Nel mio penultimo saggio “L’Arte del Coinvolgimento” (Hoepli 2017) dedico un intero capitolo al passaggio dallo storytelling allo storydoing. I videogiochi sono l’unica esperienza i cui fruitori parlano in prima persona, “ho salvato la principessa” o “ho ucciso il mostro”. Questo passaggio dalla terza alla prima persona è uno dei pilastri dell’engagement design, quando esso avviene significa che i nostri utenti/giocatori si sentono co-protagonisti e questo migliora notevolmente non solo i processi di apprendimento, ma anche lo stoccaggio dell’informazione nella memoria a lungo termine dell’esperienza che stanno vivendo.”

 

 

Sindaco di Bari diventa protagonista di un videogioco

Il rapporto tra gamification e politica affonda le proprie radici all’inizio di questa decade con una serie di progetti avviati negli Stati Uniti e Canada per avvicinare e coinvolgere un elettorato giovane e digitale. Sebbene con meccaniche semplificate, la gamification ha fatto breccia anche in Italia tra partiti e movimenti politici sin dal 2013 con l’iniziativa “Diventa un Attivista” lanciata da M5S per mobilitare la propria base elettorale. Da allora si sono susseguiti alcuni esperimento fino al più mediatico, ma altrettamento rudimentale, Vinci Salvini di cui abbiamo raccontato nel dettaglio i meccanismi sin dalla prima edizione del 2018 da poco rinnovata per l’anno in corso.

Vinci Salvini gamifiction politica

Se vale la pena interrogarsi se sia lecito tramutare la politica in un gioco fine a sé stesso, non c’è alcun dubbio che tramite il gioco si possa veicolare un valido messaggio politico e ancor meglio principii di educazione civica, utili ai potenziali elettori per districarsi al meglio tra istituzioni operanti a diversi livelli, regole da rispettare, diritti e doveri sanciti dalla Costituzione e non solo.

È esattamente ciò che compie, nel suo piccolo, Missione Bari, software gratuito disponibile sia su PC, tramite browser, che su device equipaggiati di iOS e Android. Disponibile da Maggio 2019, non casualmente a ridosso della tornata di elezioni europee ed amministrative a Bari, il sindaco uscente Antonio Decaro diventa il super eroe di un videogioco.

Sindaco Bari videogioco

L’intento principale è quello di stimolare il senso civico insito in ognuno di noi, lasciando che sia proprio il primo cittadino, teoricamente colui che più di chiunque altro ha a cuore la salvaguardia del tessuto sociale, a calarsi nei panni dell’eroe di turno, chiamato a risolvere ogni problema sollevato dai personaggi con cui potrà interagire.

Arrotondando per eccesso, Missione Bari è un open-world in cui l’obiettivo principale è accumulare più Punti Civiltà possibile, così da scalare la classifica, facilmente consultabile prima e al termine di ogni partita. Per incrementare il proprio highscore bisogna esplorare la piccola mappa messa a disposizione dagli sviluppatori, i ragazzi di Cube Comunicazione e Proforma, al fine di scovare i cittadini che necessitano dell’intervento dello stesso Antonio Decaro in poligoni, così da venire a capo di piccoli guai che minacciano la quiete pubblica.

missione-bari-decaro

Sfruttando un control scheme ridotto ai minimi termini, si usa la tastiera per muoversi e un pulsante del mouse per compiere qualsiasi azione richiesta, si tratterà per lo più di scattare foto, quando non di riparare strutture urbanistiche rovinate, rimuovere macchine in divieto di sosta, raccogliere i rifiuti gettati lungo il marciapiede. Ognuna delle cinquanta missioni disponibili, dalla durata massima di cinque minuti ciascuna, può tuttavia avviarsi solo rispondendo preventivamente ad una domanda a risposta multipla, un modo estremamente interessante ed efficace per incentivare l’utente a conoscere meglio le peculiarità di Bari, il funzionamento del municipio, compititi e campi d’azione delle varie istituzioni.

Dal santo patrono della città, a quale siano le specialità culinarie della zona, passando naturalmente per domande più tecniche, relative, per esempio, alla corretta individuazione degli organi che tutelano i beni culturali, Missione Bari sfrutta la gamification per istruire la sua audience, ma anche per sensibilizzarlo sulle potenzialità, sulle caratteristiche, sui tesori del capoluogo della Puglia.

missione-bari-videogioco

Classifica e meccaniche di gioco, nel pieno rispetto dei principi della gamification, incentivano il giocatore a migliorarsi progressivamente, completando con maggior prontezza le missioni proposte, ma soprattutto rispondendo correttamente alle domande rivoltegli dagli abitanti virtuali della mappa.

Esiste insomma un modo virtuoso ed utile di unire politica e gioco, di insegnarne i principi, tramite un open-world assolutamente basilare e ridotto ai minimi termini, ma pur tuttavia caratterizzato da una direzione artistica colorata quanto basta e sorretta da una colonna sonora orecchiabile, ulteriormente impreziosita da simpatiche battute in dialetto, doppiate per l’occasione dagli attori Tiziana Schiavarelli e Dante Marmone, che certamente strapperanno più d’una risata.

Un prodotto dunque rudimentale, che non ha alcuna reale ambizione ludica, tuttavia sufficientemente strutturata e brillante da stimolare curiosità e desiderio di accumulare sempre più Punti Civiltà. Missione Bari è insomma un efficace ed efficiente esempio di gamification applicata alla politica, un tipo di intendere la politica che vuole innanzitutto educare ed insegnare, tutt’altro che limitata a raccattare proseliti.

 

A cura di Lorenzo Kobe Fazio

Gamification per l’immigrazione con Mygrants

I flussi migratori costituiscono da sempre un fenomeno globale che più di altri comportano notevoli ripercussioni sociali. Nella complessa contemporaneità, come del resto ben testimonia la controversa storia istituzionale recente, nostrana e non, il processo è tutt’altro che indolore, nonché privo di zone d’ombra sia per chi è costretto a lasciare la propria patria, sia per gli stati che accolgono o che vengono scelti come destinazione finale di un viaggio che quasi sempre è drammaticamente vitale, inevitabile, irrinunciabile.

Sempre più studi e analisi confermano che non si tratta di un fenomeno passeggero, destinato, al contrario, ad intensificarsi anche a causa dei cambiamenti climatici in atto.

La negazione, la chiusura, l’irrigidimento di fronte all’evolversi della situazione è un palliativo, una soluzione che, per quanto apparentemente efficace, non può che essere temporanea e per molti versi controproducente.

mygrants app gamification

Lo sa bene Chris Richmond Nzi, fondatore della startup che ha dato forma e vita a Mygrants, ma prima ancora ivoriano di nascita, figlio adottato in giovane età, promettente studente cresciuto tra Europa e Stati Uniti, brillante laureato in diritto internazionale e diplomazia in Svizzera.

Non uno qualunque insomma, quanto un esperto che, assecondando il suo percorso professionale ed attingendo dalla sua esperienza personale, sta tentando di affrontare la questione con efficacia, metodologia ed un pizzico di gamification.

Il software di cui sopra, accessibile tramite browser direttamente dal sito ufficiale anche con un comunissimo smartphone, non è altro che un questionario volto a scoprire, evidenziare, registrare il livello di scolarizzazione, le eventuali competenze e le ambizioni personali di chi transita o è arrivato nel nostro paese nella speranza di una nuova vita. Le domande che compongono la parte operativa di Mygrants sono oltre 2500, tutte ideate da un’equipe di accademici e vagliate da istituzioni riconosciute ed ufficiali.  L’esperienza si articola lungo domande a risposta multipla su tre temi principali nel primo livello (diritto e asilo, imprenditoria e sfide sociali) e quattro temi nel secondo livello (diritto del lavoro, hard skills, soft skills e valutazione delle lingue).

Mygrants quiz

Una serie di quiz accompagnano la profilazione del migrante per la ricerca di lavoro

Rispondendo più o meno correttamente alle varie domande, che tenderanno a farsi progressivamente specifiche, l’utente non ha solo la possibilità di apprendere usi, costumi e leggi vigenti nello stato ospitante, ma potrà farsi un’idea più chiara dei lavori che intende e può svolgere per inserirsi immediatamente nel tessuto sociale.

Come suggerito, non si tratta semplicemente di un test fine a sé stesso. Al di là dell’intento pedagogico, tutt’altro che secondario nell’economia di Mygrants, al termine della prova, in base al risultato ed al punteggio ottenuto, l’utente viene inserito in una specifica classifica per area geografica e macro tema. Sulla scorta di questi dati, Mygrants crea un match tra il profilo del migrante e le offerte di lavoro accelerando e facilitando l’inserimento dei più meritevoli.

Si tratta, insomma, di una piccola rivoluzione, resa tanto più attraente dalla gamification, che introducendo un pizzico di competitività, stimola a fare meglio, ad accumulare più punti possibile.

mygrants lavoro

L’efficacia di Mygrants, che anno dopo anno vede aumentare il numero di migranti che ne fanno uso, è tangibile anche sul piano strettamente economico. Come afferma lo stesso Chris in un’intervista rilasciata sul portale web Vita, “ogni giorno il Governo italiano spende in media 9 milioni di Euro per la gestione globale delle strutture di accoglienza per quello che riguarda l’ordinaria amministrazione e 630.000 Euro al giorno soltanto per la formazione e l’inserimento lavorativo degli immigrati. Questa è la spesa. Il ritorno sull’investimento è che dei titolari di uno status solo il 2,4% trovano occupazione professionale per più di 6 mesi”. Al contrario, Mygrants, per formazione ed inserimento nel mondo del lavoro di un milione di potenziali utenti, costerebbe appena 87.000 Euro al giorno.

Mygrants è online da aprile 2017 e ad oggi ha raggiunto 47mila trainees in Italia e 12mila in Africa (tra Costa d’Avorio, Ghana, Senegal e Nigeria) che passano di media 240 minuti, quindi 4 ore al giorno, ad informarsi e formarsi. Ad oggi Mygrants ha contribuito ad avviare ben 920 percorsi lavorativi.

La strada da fare, per Chris e Mygrants, è ancora lunga, ma il software, nella sua relativa semplicità, è l’ulteriore dimostrazione di come la gamification sia un principio efficace ed utile anche quando si ha a che fare con fenomeni sociali su scala globale.

Ci auguriamo che l’iniziativa di questa giovane start-up possa incontrare la fortuna e il supporto che merita.

 

Lorenzo “Kobe” Fazio