Fabio Viola su Forbes

Il passaggio dallo storytelling allo storydoing nella formazione aziendale.

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BRAINSTORMING

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Organizziamo sessioni full day, utilizzando il mazzo di carte dell'engagement designer ed altri metodi gamificati, per generare e collezionare all'interno di un processo collettivo, le migliori idee provenienti dal team. Questo processo è adatto sia ad obiettivi consumer che enterprise!
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CONCEPT

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Utilizzando il nostro Motivational Design Framework lavoriamo insieme su una griglia che individua gli obiettivi short e long term, la tipologia degli utenti/giocatori, le motivazioni per creare engagement e le meccaniche e dinamiche di gamification indispensabili per le vostre finalità di business.
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GAMIFICATION DESIGN

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Per migliorare soluzioni già esistenti o nella fase di costruzione di un nuovo progetto, realizziamo un gamification design document (GDD) e wireframe continuamente iterato fino all’approvazione del cliente.
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ARCHITETTURA E SVILUPPO

ARCHITETTURA E SVILUPPO

Dopo decine di esperienze di sviluppo per marchi internazionali, conosciamo le esigenze IT delle aziende e le aiutiamo a scegliere la giusta architettura tra sviluppo ex-novo e utilizzo di api dei gamification vendors.
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Food delivery gamification con EatsReady

Di rider e di servizi di food delivery si è parlato tanto negli ultimi mesi: da un lato per il tanto chiacchierato Decreto Dignità, dall’altro per le numerose inchieste che hanno colpito le condizioni di lavoro dei collaboratori, per lo più extracomunitari, che si prestavano al lavoro di veri e propri postini del cibo, muniti di bicicletta o di scooter, a seconda delle proprie capacità economiche. Uber Eats, Foodora, Glovo, Deliveroo si sono divisi una fetta di mercato abbastanza ampia, soprattutto nelle grandi città italiane, a partire da Milano: sfruttando quella che è la proverbiale pigrizia dell’utente finale, sempre più bombardato dal ritmo moderno di una vita frenetica, i food delivery hanno proliferato ampiamente, ma senza mai riuscire a offrire qualcosa in più. Chi ci ha provato, adesso, è EatsReady, un sistema che ha strizzato l’occhio pesantemente alla gamification.

Eatsready gamification food

EatsReady parte da un concetto completamente opposto a quello dei food delivery: il rider di te stesso sei tu, nessun altro. Per questo non si può parlare di un servizio che emula Foodora, Deliveroo e Uber Eats, perché a conti fatti non c’è nessuno che ti porta a domicilio il cibo: EatsReady punta soltanto ad aiutarti a saltare la fila, permettendoti di ordinare ciò che vuoi portare a casa e ritirarlo senza dover necessariamente attendere in coda il tuo turno o che lo chef di turno prepari il tuo piatto. Un take-away rapido e indolore, che vi permetterà di entrare nel ristorante di turno e ritirare immediatamente ciò che avete comodamente scelto dal vostro smartphone e magari anche già pagato, sempre con il medesimo device. È ovvio che proposto così non troverà mai un modo per scalzare gli amati servizi di food delivery, che vi portano a casa qualsiasi cosa vogliate ingurgitare e bere, dalle marche più note come McDonald’s o Piadineria fino al locale a cento metri da casa vostra: tra l’aspettare sul divano che arrivi la vostra pizza e l’andarla a ritirare dal pizzaiolo scelto c’è una bella differenza per l’uomo moderno. Ed è qui che EatsReady prova a sorprendere l’utente finale, proponendo quel sistema di gamification che abbiamo accennato in apertura. Il sistema, infatti, prevede una ricompensa in punti per ogni azione compiuta e per ogni sfida portata a termine, portandovi dinanzi a un sistema di rewarding che potrebbe rappresentare, per alcuni dei fruitori, la vera unique selling proposition.

food delivery gamification

Con 100 punti potrete ottenere un buono sconto di 3 euro, con 3000 punti ne avrete uno da 12 e infine con 6000 punti arriverete a uno sconto di 30 euro, praticamente l’equivalente di una modesta cena per due, senza esagerare e senza rimpinguarsi di sushi alla carta. L’accumulo dei punti è presto spiegato: si parte dalla semplice registrazione, che dona 200 punti, e si prosegue con l’inserimento del metodo di pagamento, che ne dà altri 200, fino ad arrivare a ottenere 100 punti per il primo ordine, 100 per l’aver preordinato un cibo, quindi prima che il ristorante stesso potesse aprire, e 1000 per aver invitato un amico che ha effettuato il suo primo ordine. Insieme con queste azioni, che assicureranno premi di volta in volta, avrete anche delle sfide da completare, legate agli orari: avrete quella mattutina che vi chiederà di effettuare un ordine entro le 12, quindi magari anche la colazione, oppure la sfida serale, che vi spingerà a decidere cosa mangiare per cena tra le 16 e le 20 di quel giorno. Molto più elaborata, invece, è la sfida Esploratore, che parte da un livello 1 e va crescendo fino a un livello 6, che vi porterà ad avere 7000 punti: la richiesta è quella di esplorare cinque diversi ristoranti, per iniziare, andando a ordinare almeno una volta da ognuno di essi. L’ultimo livello pretenderà 100 diversi luoghi visitati, per i quali tra l’altro riceverete 100 punti per ogni nuovo ristorante provato. Ovviamente EatsReady ha pensato anche a un sistema di ricompense legato ai soldi spesi, quindi ogni euro corrisponde a 10 punti, ma inoltre avrete dalla vostra anche la possibilità di attivare un Turbo: se effettuerete almeno tre ordini in una settimana potrete ottenere un boost x2, quindi ogni euro varrà 20 punti, invece che 10.

gamification consegna cibo

Arrivare a 3000 punti e avere i 12 euro di sconto assicurati da EatsReady non diventa così irraggiungibile: basterà adoperarsi e ragionare fuori dagli schemi consuetudinari, pensando che rientrando a casa dal lavoro potrebbe essere interessante guadagnare qualche punto ordinando la cena e andandola a ritirare di persona, piuttosto che affidarla a un rider. Se d’altronde vogliamo vedere il lato giusto della medaglia, al di là della gamification proposta da EatsReady, il ritiro take-away vi eviterà anche spiacevoli inconvenienti su ingredienti che il ristorante ha dimenticato di omettere, gravando sulle vostre intolleranze o gusti, oppure anche su una consegna a domicilio errata, che vi porta a casa una pietanza diversa da quella ordinata, costringendovi a una annosa conversazione con il customer care che vi porterà via solo tempo dopo una lunga giornata di lavoro in ufficio. Inoltre il sistema proposto dall’app vi permette anche di sapere quanto dista dalla vostra posizione il luogo scelto, ordinando i vari ristoranti per distanza, sia in metri che in tempo di percorrenza a piedi: indicandovi, poi, anche i ristoranti che effettuano il servizio veloce vi darà la possibilità di muovervi in tutta sicurezza verso un obiettivo certo e rapido. Insomma, la filosofia di EatsReady ha dalla sua delle buone idee e una buona proposta: resta solo da capire se il feedback dell’utenza sarà positivo come il nostro.

Eatsrady app

Articolo a cura di Mario Petillo

Gamification degli Influencers con Zerogrado

Tanti follower, pochi fan. Un’equazione semplice, tante persone che guardano i contenuti ma in proporzione pochi utenti disposti a comprare merchandise, andare ai concerti. Guardiamo dunque la questione ribaltando il punto di vista, facendo tabula rasa, ripartendo da zero. O meglio, da Zerogrado, un’azienda di Treviso fondata alla fine del 2016 da Vladimiro Mazzotti, 48 anni, un appassionato di imprenditoria e innovazione che ha elaborato una piattaforma tale per cui le celebrità possano migliorare le interazioni con il loro pubblico. Non si tratta di una nuova app, ma di un sistema che si integra con le piattaforme di messaggistica esistenti: ad esempio Facebook Messenger per il mercato occidentale, WeChat per quello asiatico. Il tutto viene veicolato secondo due strade diverse, ma con lo stesso funzionamento di base: Zerogrado for Creators e Zerogrado for Sports.

Il primo consente a creator, artisti e youtuber nuove e più elevate forme di coinvolgimento e interazione con la propria audience, coinvolgendo e interagendo con i follower grazie a modalità innovative. Il secondo è più specifico e dedicato appunto alle attività sportive, mostrando contenuti che variano dalla speciale dashboard sempre a disposizione dei club di calcio per poter monitorare il proprio pubblico, alle innumerevoli dinamiche di gamification create per i fan: più risposte corrette significano più punti conquistati e un miglior posizionamento nella classifica dei tifosi.zerogrado influencers gamification

L’obiettivo è chiaro e semplice: trasformare i follower in fan. Qual è la differenza? I primi si limitano a seguire un influencer senza agire; è con i secondi che l’influencer interagisce e può spingerlo all’azione. Come fare per ottenere questo? Ogni contenuto digitale, in particolare sui social network, viene difficilmente raggiunto da un numero consistente di follower, a meno che non si intervenga con le promozioni a pagamento. Così coloro che hanno davvero molti seguaci potranno raggiungere, ingaggiare e monetizzare. Zerogrado offre infatti una proposta dedicata a chi può vantare milioni di seguaci che, una volta entrati su questa piattaforma, potranno stringere un rapporto più stretto e diretto con il personaggio famoso in questione.

Basta iscriversi al canale di Facebook Messenger gestito dal proprio idolo e il gioco ha inizio. La comunicazione passa dal modello “uno a molti” a “uno a uno”. Un video introduttivo spiega l’iniziativa, illustrando i vari passaggi e moduli integrabili con le app di messaggistica. Seguono contenuti esclusivi e quiz sulla vita e sul lavoro della celebrità in questione, dove ogni nuovo contenuto è una notifica che arriva direttamente sull’app, come se l’artista inviasse un vero messaggio al suo fan. I giochi non servono solo a creare interazioni: vi sono moduli come Trivia, che permette di fare dei quiz a risposta multipla; inoltre, dando le risposte corrette, è possibile ottenere dei punti che portano alla creazione di una classifica illustratrice dei fan più fedeli, che otterranno come premi speciali come riconoscimento: sconti sui contenuti premium, promozioni sui prodotti, o mettendo in palio la possibilità di incontrare di persona i propri idoli.

influencers gamification

Nel caso di Zerogrado for sports si tratta di premiare i migliori fan con esperienze esclusive, dall’incontro con i giocatori a inviti alle partite, convertendo il proprio amore per la squadra in sconti per acquistare merchandise, prodotti esclusivi autografati in tiratura limitata e pacchetti hospitality speciali per assistere ai match. Crediamo che per i Fan debba essere semplice supportarli e avere esattamente ciò che si aspettano da loro. Questo è possibile solo azzerando i gradi di separazione, con un nuovo modo di comunicare, capace di unire in una intimità senza precedenti. Questo compare nel manifesto del team della startup, parole chiave e chiare che ben esplicitano la filosofia alla base.

Il risultato, secondo la startup, è un tasso di partecipazione da parte dei follower di 20 volte maggiore rispetto a quello ottenuto sui social con metodi tradizionali. Vediamo dunque l’intreccio saldo di marketing, gamification e business, tre soggetti operanti nell’ampio quadro dei social network e delle nostre celebrità preferite, puntando come obiettivo finale alla monetizzazione: si arriva attraverso la vendita di merchandise su una piattaforma direttamente integrata in questo sistema, con l’obiettivo di offrire un rapporto più stretto tra gli artisti e il loro pubblico, vendendo oggetti autografati o biglietti per esperienze esclusive.

sport influencer game

Zerogrado offre agli artisti anche un altro strumento, sempre più fondamentale per conoscere il proprio pubblico: la profilazione dei fan. Vengono registrati tutti i dati degli utenti del sistema, da quelli anagrafici a quelli riguardanti l’interesse dimostrato verso l’artista, così da sapere esattamente chi avrà visualizzato un contenuto pubblicato in seguito, conoscendone nome e cognome.

Al momento, le celebrità che hanno abbracciato questa nuova concezione di comunicazione diretta e alla pari con i propri fan sono Stephan El Shaarawy, Fedez, Mauro Del Rio di Capital B!, Fabio Cannavale attraverso Boost Heroes e altri ancora, esplorando un modo coinvolgente e decisamente motivante nel seguire ancora più attivamente i propri idoli e ingaggiandoci in modo tale da far girare ancora di più gli ingranaggi del grande mercato dello star system, fino a diventarne parte integrante.

zerogrado classifiche

Articolo a cura di Francesca Sirtori.

 

 

Gamification per il programma fedeltà Unieuro

Se da un lato Esselunga propone una delle più intense raccolte punti con la sua promozione Fidaty, alla quale collega sovente iniziative legate a Star Wars, Harry Potter, e brand pop, dall’altro lato esistono realtà che provano a creare dei percorsi di raccolta punti che guardino con più attenzione alla gamification, inserendo delle attività che più spontaneamente si possono ricollegare all’aspetto ludico. Tra questi c’è da segnalare Be Human, un’iniziativa particolare che prova ad andare oltre il concetto di raccolta punti, permettendovi di forzare – per modo di dire – l’accumulo della valuta desiderata.

be human unieuro

Be Human è la campagna avviata da Unieuro per dare un tocco di gamification alla propria raccolta punti, come detto. La base è quella che possiamo immaginare facilmente e che viene proposta da qualsiasi grande catena, che si tratti di supermercati o di rivendita al dettaglio di prodotti informatici: ogni due euro spesi si ottiene un punto, ai quali sarà poi possibile aggiungerne altri, non necessariamente legati alle proprie spese. È qui che entra in gioco Be Human, la sezione di Unieuro Club che vi permetterà di accedere a vantaggi e promozioni esclusive, semplicemente partecipando a delle attività ludiche sul sito di Unieuro oppure in negozio. Ne abbiamo provate in paio, così da capire quanto appeal possano avere e se effettivamente può esserci una spinta da parte della catena a compiere determinate azioni.

La premessa fondamentale è quella sulla conversione dei punti in euro di sconto: con 200 punti ci sarà uno sconto di 5 euro, con 400 punti uno da 12, e infine con 600 sarà possibile ottenerne 18 di sconto. Ribadiamo che ogni punto arriva a fronte di una spesa di 2 euro, il che significa che per arrivare a 600 punti bisognerebbe spendere 1200 euro, per averne così 18 di sconto: una conversione non proprio di grandissima convenienza, se ci fermassimo esclusivamente all’aspetto della spesa. È qui che entra in gioco Be Human: una volta ottenuta la Unieuro Club – che può essere sottoscritta sia in negozio che rapidamente su internet, con il numero seriale che viene generato tempestivamente e inviato via email – vi basterà accedere al sito e avrete una sezione iniziale che vi porterà a guadagnare 100 punti di benvenuto. Si tratta di un semplice puzzle, con dei tasselli da ricollocare in maniera molto semplice, anche grazie alla divisione in quattro gruppi, ognuno da una doppia colonna. Ogni area corrisponde a un gruppo di attività da andrete a svolgere una volta completata la fase iniziale. Un esempio è Be Original, che vi chiederà di recarvi presso un punto vendita Unieuro e scattarvi un selfie mentre siete tra le varie corsie, così da mostrare a tutti le vostre reazioni all’interno del negozio: la foto andrà poi caricata per poter ricevere 50 punti extra, una volta approvata dal team che si assicurerà di aver ricevuto effettivamente un selfie. Si tratta dell’attività più remunerativa dal punto di vista dei punti, perché le altre si fermano a 15 o 10 e vi chiederanno di completare delle azioni molto più semplici, come all’interno di Be Ready, dove dovrete semplicemente guardare lo schermo e posizionare l’obiettivo sugli oggetti in movimento, simulando lo scatto di una fotografia.

GDO loyalty gamification

Be Human in questi anni ha offerto anche delle attività legate al parco divertimenti di Mirabilandia, a Ravenna, in due diversi momenti, uno nel 2016 e uno nel 2018. Il più recente permetteva a tutti i possessori della card Unieuro Club di ottenere tre coupon con cui era possibile avere un ingresso omaggio nel parco, a fronte dell’acquisto di un biglietto a tariffa intera diurna. Insomma un 2×1, utilizzabile fino al 4 novembre 2018. All’interno del parco, inoltre, erano presenti anche due attività da completare per ottenere punti extra all’interno del programma Be Human – YouSpeed e Scivolo a sorpresa – a dimostrazione della sinergia creata con Mirabilandia, andando ad avere un doppio vantaggio targato Unieuro: un accesso gratuito e la possibilità di ottenere punti in più per avvicinarsi allo sconto da sfruttare in negozio. Attualmente, inoltre, è possibile ottenere punti extra effettuato 3 acquisti da almeno 200 euro in diversi giorni entro il primo febbraio 2019: così facendo si otterranno 200 punti aggiuntivi sulla propria carta, l’equivalente di 5 euro.
loyalty gamification unieuro

Be Human, tirando le somme, è un’iniziativa teoricamente interessante, che però sembra poco pubblicizzata e spinta da Unieuro. Gli sconti non sono da capogiro, anche perché per arrivare a 600 punti bisogna attivarsi per portare a termine tutte le attività, partendo dai 100 punti iniziali e proseguendo sul lungo termine. È chiaro che gli sconti rappresentano un plus e non il motivo per il quale una persona dovrebbe effettuare degli acquisti, così come le attività di gamification dovrebbero essere sussidiarie e non le principali, ma siamo sicuri che con un po’ più inventiva sarebbe stato possibile creare qualcosa di più utile anche per il brand stesso. La strada giusta è sicuramente quella dei selfie e delle emozioni all’interno del negozio, ma focalizzarsi sul brand è una mossa che va intensificata per il futuro. Be Human, quindi, per ora ci ha convinto a metà, in attesa di sapere come Unieuro affronterà il 2019.

 

A cura di Mario Petillo

Videogame e gamification per brand del lusso

Louis Vuitton e Angry Birds sono due brand abbondantemente diversi tra di loro: il primo rappresenta uno dei colossi della moda, mentre l’altro è un mobile gaming che negli ultimi anni ha avuto una parabola discendente, ma che è rimasto un simbolo all’interno di quello che è un mercato florido e che sta influenzando anche gli altri. E proprio da questo principio partiamo per dirvi che LV e Angry Birds non sono poi così realmente distanti, perché di anno in anno i brand del lusso stanno cercando di creare dei mobile game che possano fidelizzare sempre di più il consumatore, che all’improvviso diventa un utente di un videogioco.

luxury brands videogame

Percorriamo questo percorso innovativo a ritroso, partendo dall’ultimo esempio inerente il mondo del lusso: il protagonista è Hermes, marchio francese che nel 2016 ha fatturato 5 miliardi di euro e che recentemente ha pubblicato un’app che si chiama H-pitchhh. Il gioco, presentato con un investimento pubblicitario video molto accattivante distribuito tramite i canali di Vogue, ha un funzionamento che emula per certi versi Pokémon Go, il gioco mobile più in voga dell’ultimo biennio.

luxury brands gamification

Al centro di H-pitchhh troverete un ferro di cavallo, che è la vostra arma in game: l’obiettivo è lanciarla attraverso uno swipe sul vostro smartphone e farlo avvicinare il più possibile all’asta. Va da sé che non sarà un’azione immediata e semplice: d’altronde un ferro di cavallo ha una fisica particolare, è pesante, e il gioco proposto da Hermes non è nemmeno di un’altissima precisione. C’è da dire, inoltre, che andando avanti nei cinque scenari proposti inizialmente troverete anche delle strutture che non vi verranno incontro: già nel secondo mondo, per esempio, dovrete evitare di tirare il ferro di cavallo su delle scalinate, altrimenti lo perderete, così come dovrete fare attenzione a dosare il vostro swipe, altrimenti il ferro di cavallo cadrà oltre la piattaforma dove è poggiata l’asta. Ogni livello, comunque, rappresenta uno stile di Hermes, da quelli più allegri fino a quelli a tinta unita, oltre ad avere alcuni elementi di disturbo a schermo, come nel terzo mondo, dove un enorme cane vi ostruirà la visuale. H-pitchhh è disponibile in tutto il mondo, ma i recenti dati hanno dimostrato che il successo principale arriva direttamente dalla Cina, dove d’altronde i marchi di lusso attirano molto più facilmente le giovani generazioni, molto più ricettive nei confronti di un gioco mobile. Per quanto, quindi, il collegamento tra il marchio e il gioco in sé sia leggermente flebile, il tentativo è da apprezzare, soprattutto per invogliare i possibili nuovi clienti a scoprire gli stili proposti dalle collezioni Hermes.
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Un altro esempio, non così recente come quanto fatto da Hermes, è rappresentato da Guerlain, che per il lancio del suo ultimo rossetto, il KissKiss Matte, ha realizzato un gioco integrato in WeChat. Per chi non fosse avvezzo ai sistemi di messaggistica istantanea, WeChat rappresenta il corrispettivo, per numeri e per successo, di Whatsapp in Asia: utilizzabile anche in Europa senza alcun problema, è il sistema più in voga tra gli asiatici e integra diverse attività, tra cui anche il gioco di Guerlain sviluppato insieme con Sunrise Duty-Free. Nei primi 10 giorni di lancio Guerlain ha ottenuto 10.000 giocatori e 18.500 pagine viste. Il gioco non rappresenta niente di innovativo, ma semplicemente un Tetris rivisitato con oggettistica in linea alla nuova collezione di rossetti: il punto focale attorno al quale gira la gamification di Guerlain è il follow-up realizzato al termine del gioco, con un form inviato ai giocatori chiedendo loro di compilarlo con delle informazioni personali, come il loro nome e il numero di telefono, per poter così partecipare a una lotteria a premi: per adesso sono stati selezionati 300 vincitori, dal mese di marzo, ma l’azienda ha saputo costruirsi un buon database di potenziali clienti ai quali inviare offerte pubblicitarie o altro. Insomma una newsletter abbastanza corposa, che tra l’altro può essere inviata direttamente tramite WeChat.

Dior gaming gamification

Allo stesso modo Dior si è mossa in tal direzione con un gioco interattivo che mira a potenziare il brand in vista dell’apertura di un nuovo store a Shanghai. Previsto per il mese di settembre, lo store è stato anticipato da una festa del 17 luglio, con Natalie Portman come madrina e tra i partecipanti anche alcuni fortunati vincitori, tutti giocatori che si erano impegnati per ottenere un pass d’accesso alla serata. Il gioco creato da Dior prevedeva di dover collezionare tutti i sei oggetti firmati dal brand di lusso, che permettevano di acquisire il pass a Plaza 66, location dell’evento. Il gioco, sempre distribuito tramite la piattaforma WeChat, richiedeva, una volta rintracciati gli oggetti sulla mappa, che poteva essere avviata sia offline che online, di lanciarli in aria con un pallone nella speranza di ottenere il ticket.

Quale possa essere il prossimo passo per i brand del lusso non è ancora chiaro, ma ci sono tantissime possibilità, soprattutto stando a quanto il mercato cinese sta raccontando e, inoltre, guardando quanto sta crescendo negli ultimi anni. Moltissimi brand possono imitare quanto fatto da Dior, Guerlain e Hermes, potenziando ancora di più la loro presenza nel mondo digitale. D’altronde, l’evoluzione del marketing passa anche dal cambiamento delle persone: i responsabili marketing di adesso, nati tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, sono i ragazzi di una volta, cresciuti nell’era di PlayStation, di Nintendo, di Sega e di Atari. È inevitabile, per loro, essere più vicini alla gamification.

 

A cura di Mario Petillo

Combattere la dipendenza da smartphone giocando

La dipendenza da smartphone è un problema che coinvolge gran parte della popolazione e che, soprattutto tra i giovani, spinge sempre l’utente a distogliersi dal mondo esterno per concentrare la propria vista sullo schermo del telefono. Non è un luogo comune, non vuole essere una critica spicciola alla tecnologia che avanza, ma semplicemente l’analisi di un problema che in alcune situazioni può distogliere l’attenzione su aspetti più importanti e su attività che richiedono maggior concentrazione. Tale fenomeno si acuisce soprattutto nell’utilizzo dei social, il cui abuso è spesso confessato dagli stessi fruitori, che decidono in maniera drastica di cancellare i propri account o di disinstallare le app che permettono loro di navigare su Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat e così via. Per questo sono nate diverse app che combattono la dipendenza da smartphone e oggi vi parliamo di StepLock, una app gamification based che vi spingerà a gustarvi gli attimi sui social network creando un buon connubio con il movimento fisico.

steplock gamification social

StepLock è un’app che blocca le vostre app più utilizzate fino a quando non avrete completato il vostro obiettivo di movimento. Questo significa che invece di stalkerare qualcuno su Instagram o di scorrere compulsivamente la timeline di Facebook mentre siete in pausa pranzo o state divorando qualcosa di poco salutare, vi ritroverete davanti a una schermata che vi dirà quanti passi vi mancano ancora prima di poter aprire la vostra app. Il counter si resetta ogni giorno a mezzanotte, quindi se avete raggiunto il vostro obiettivo di movimento durante la giornata sappiate che arrivato il giorno successivo dovrete ricominciare tutto da capo.
Adesso che abbiamo spiegato in maniera sommaria come funziona StepLock, arriviamo alla spiegazione passo per passo, per capirne al meglio il funzionamento. Una volta avviata l’app sarà possibile scegliere quali app volete bloccare: sta al vostro buonsenso decidere cosa censurare temporaneamente, quindi a seconda dell’abuso che andrete ad autodiagnosticarvi dovrete decidere come comportarvi. Tutte le app del vostro smartphone possono essere inserite in StepLock, da VLC a Whatsapp, da Cardboard a Netflix, fino a Facebook e Instagram. Per ogni app che aggiungerete potrete decidere quanti passi compiere, ma il consiglio è di cercare di trovare il giusto quantitativo di metri da percorrere. Tenete conto che 1000 passi equivalgono a circa 600 metri, una distanza che può essere coperta in pochissimo tempo e che potreste soddisfare se dovete raggiungere la fermata del tram a piedi oppure se in pausa pranzo siete abituati ad allontanarvi dal vostro posto di lavoro per mangiare fuori. Potete a questo punto decidere anche di impostare diverse distanze a seconda dell’app bloccata: 1000 per Twitter, 1500 per Facebook, 2000 per Netflix e così via. Purtroppo nella versione gratuita di StepLock potrete bloccare soltanto tre applicazioni, senza andare oltre: con la versione a pagamento, invece, arriverete a poterne bloccare quante ne volete.

steplock dipendenza digitale
StepLock tiene anche conto dei passi che avete percorso durante la giornata, così da poter avere un counter aggiuntivo a eventuali app di Health, e per ogni app bloccata avrete anche un conto alla rovescia che vi indicherà quanti passi mancano per poterla sbloccare. Se quindi in pausa pranzo vi colpisce l’irrefrenabile voglia di controllare Twitter, vi basterà andare a camminare per dieci minuti, portare a termine i vostri 1000 passi e poi potrete finalmente accontentare, per il resto della giornata, la vostra sete di tweet. Parlando, infine, in maniera più dettagliata della versione a pagamento chiariamo che oltre a poter aggiungere più di tre app da bloccare, avrete anche la possibilità di selezionare i giorni della settimana in cui censurare determinate applicazioni: se durante il weekend volete limitare l’uso di Instagram potrete selezionare il sabato e la domenica, così come potrete farlo negli infrasettimanali e, viceversa, tenerle libere nel fine settimana, senza dover sottostare agli obblighi del camminare.

steplock game app

StepLock è un’app davvero molto basica, con un’idea molto forte alla base, che vi permetterà di combattere la vostra eventuale dipendenza da determinate app. È ovvio che per i professionisti che operano nel settore della comunicazione o del digital marketing, e che quindi vivono di Facebook, Instagram, Twitter e così via, non troveranno alcun tipo di beneficio nell’installare un qualcosa del genere, ma per i più giovani che vedono compromessa la propria attività di studio o qualsiasi altro impegno StepLock risulta un ottimo compromesso per darsi da fare anche con l’attività fisica: niente di faticoso o laborioso, ma comunque utile per combattere una vita sedentaria condizionata dalla dipendenza da smartphone. StepLock, infine, è disponibile soltanto per sistemi Android, quindi per tutti i possessori di un iPhone bisognerà cercare un’alternativa altrettanto valida.

A cura di Mario Petillo

Gamification per imparare la matematica

O mangi questa minestra, o salti dalla finestra. Sappiamo che le verdure non sono l’alimento preferito dai più piccoli e che è piuttosto difficile renderle gustose quanto un dolcetto o una caramella. Impresa non più facile quando si tratta della matematica, una delle materie più ostiche, se non proprio la più difficile da digerire. Per rimediare alle ingiustizie subite da matematica e alimentazione corretta, il team di psicologi delle Università di Aston, Loughborough e De Montfort, collaborando con la British Psychological Society, ha dato vita a una nuova app, Vegetable Maths Masters, dedicata a bambini dai 3 anni in su e disponibile su Google Play e Apple Store.

vegetable math masters

I contenuti della app si rivolgono in maniera chiara e specifica a bambini di diverse fasce di età, targetizzando in modo idoneo le varie attività proposte, sia per difficoltà che per differenziazione:

  • Non è richiesta alcuna forma di registrazione o login, nemmeno attraverso profili social, sottolineando la totale accessibilità che non preclude nemmeno l’utenza più giovane
  • Dopo aver scelto un avatar, si accede a una delle tre fasce di età, ciascuna con attività diverse numericamente e per livello di difficoltà
  • Dai 3 ai 4 anni le attività sono molto semplici e richiedono solo di tracciare numeri sullo schermo o contare in modo molto semplice, mentre in fascia 5-6 anni e 7+ i giochi diventano più numerosi e complessi
  • Le ricompense in-game sono rappresentate da un certo numero di stelle ottenute, che aumenta in proporzione alle quest svolte durante i diversi giochi. Le stelle sono utili per sbloccare personaggi e accessori da attribuire a questi ultimi, per personalizzarli sempre di più
  • Non ci sono interazioni con siti esterni alla app o particolari usi del software, considerando anche le sue dimensioni ridotte in termini di MB

gamification bambini

Priva di localizzazione italiana, l’uso di questa app effettivamente risulta un po’ più complicato per i bambini che non conoscono (ancora) la lingua inglese a sufficienza per giocare da soli. Se così fosse, si tratta di un motivo in più per affiancare i piccoli durante il gioco, monitorandoli e aiutandoli. Inoltre non è nemmeno immediato comprendere come funzionino esattamente le impostazioni, cliccando l’icona a forma di ingranaggio a lato dello schermo. Non presentando testi né descrizioni, risulta un po’ complesso e macchinoso capire a cosa serva attribuire alle diverse icone degli avatar gli altrettanti simboli di frutta e verdura.

gamification verdura

Il team ha effettuato alcune interviste a genitori, bambini e insegnanti per parlare di strategie favorevoli all’introduzione delle verdure non solo nella vita quotidiana, ma anche all’interno di percorsi educativi. Coniugando così l’utile al dilettevole, oltre alla predisposizione sempre più naturale all’uso di device tecnologici anche da parte dei piccini, è stata ideata una app che possa esporre in modo divertente gli utenti a verdure, affiancate da avatar rappresentanti bambini, e matematica. Risulta infatti che i bambini, e in generale le persone, si sentirebbero più desiderosi di assaggiare le verdure se ripetutamente “esposti” a uno stile alimentare fatto per lo più di ortaggi e frutta, una buona abitudine suggerita dalle attività nella app. Consideriamo inoltre che anche i personaggi stessi appaiono in buona salute e felici, dopo aver mangiato la giusta quantità di questi alimenti, a sostenimento della teoria di base che gli psicologi desiderano veicolare.

Considerando quindi l’uso specifico da parte del pubblico italiano, in questo momento, possiamo notare i numerosi benefici che si possono trarre dall’esperienza di gioco regalataci da questa app. Oltre all’educazione alimentare veicolata da questi giochi, dove ortaggi e frutti sono rappresentati in maniera simpatica e con un linguaggio visivo immediato e fresco, il sistema fornisce strumenti importanti per sviluppare le capacità di calcolo del bambino, con operazioni anche abbastanza complesse dai 7 anni in su, come la risoluzione di frazioni e altri problemini algebrici che possono trovare una migliore risoluzione visiva.

gamification matematica

Inoltre questa applicazione offre un aiuto propedeutico allo sviluppo della relazione genitore – figlio anche in un momento ludico, permettendo e facilitando l’interazione fra i due e accompagnando i più piccoli nell’uso consapevole e intelligente di un device tecnologico. Ultimo, ma non meno importante, l’apprendimento della lingua inglese: uno strumento facile che permette di leggere e ascoltare poche frasi elementari nella lingua che i nostri bambini imparano a conoscere fin dalla più tenera età.

Se ti piace la frutta, mangiatela tutta, recitava uno slogan un paio di decenni fa; ma se nemmeno questo gioco aiuterà a far piacere un po’ di più verdura e matematica ai vostri figli, consideratelo come un passatempo simpatico e intelligente da tenere a portata di mano in qualsiasi momento, con la speranza che esponendoli a un titolo con meccaniche di gioco di questo tipo possa dare i suoi frutti con il tempo.

game design matematica

A cura di Francesca Sirtori

Gamification della città con Firenze Game

Una app dedicata a bambini e ragazzi che vogliono scoprire la storia di Firenze attraverso un gioco di carte su smartphone o tablet. È ‘Firenze Game’, l’applicazione realizzata da DigitalFun, società fondata dal nostro Fabio Viola, insieme al Comune di Firenze, con Linea Comune e Muse per aiutare i più giovani a conoscere la storia di Firenze in un’esperienza che unisce il gioco digitale alla visita della città.

Il gioco, scaricabile gratuitamente tramite Apple Store e Google Play Store, permette agli utenti di creare un proprio avatar e sfidare gli amici: il mazzo-base contiene carte di vari colori, uno per ogni periodo storico: per vincere le carte dovranno essere disposte su una plancia virtuale in modo da creare coppie o tris tematici. Luoghi, simboli e personaggi storici si ‘incontreranno’ durante le partite, dando agli utenti la possibilità di sperimentare combinazioni vincenti e conoscere la storia nascosta dietro ogni carta. Ma il gioco non si ferma online: ogni giocatore potrà aggiungere nuove carte al proprio mazzo muovendosi per la città, vicino a piazze, monumenti e musei.

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In piazza Signoria, ad esempio, si potranno sbloccare le carte di Cosimo I, Palazzo Vecchio e della Tartaruga con la Vela; spostandosi verso le sponde dell’Arno, nei pressi del museo Galileo, il mazzo si potrà arricchire con un planisfero o un cannocchiale; proseguendo verso gli Uffizi gli utenti otterranno la carta di Leonardo e dell’Uomo Vitruviano, in un percorso in tutto il centro storico fino alle Cascine e Coverciano, dove sarà possibile sbloccare anche la carta di un famoso calciatore.

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“Per parlare ai più giovani e richiamare la loro attenzione – ha detto l’assessore allo Sviluppo economico e turismo Cecilia Del Re – occorre sempre più usare linguaggi e strumenti loro vicini. Per questo, grazie a Fabio Viola, start-upper toscano di 27 anni, abbiamo pensato a un gioco digitale per far conoscere la storia di Firenze in modo divertente attraverso personaggi, simboli e luoghi d’attrazione più o meno battuti dai flussi turistici. Le carte più preziose del gioco – ha proseguito Del Re – sono state infatti nascoste negli angoli della Firenze meno conosciuta, che vogliamo sempre più promuovere. Le idee di una giovane start-up si fondono così con le prerogative di una pubblica amministrazione”.

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“E’ molto importante usare tutti i mezzi per che incontrano la sensibilità dei ragazzi – ha detto la vicesindaca Cristina Giachi – per trasmettere la bellezza di Firenze, il cui valore formativo ed educativo è universale e senza dubbio da diffondere”.

“Un progetto che coniuga esperienza digitale ed esplorazione fisica dello spazio urbano per stimolare il coinvolgimento delle nuove generazioni verso lo straordinario patrimonio culturale della città di Firenze – ha detto il game designer e co-fondatore di DigitalFun Fabio Viola. Firenze si dimostra realtà pioniera nell’utilizzare nuovi linguaggi come quello del videogioco per raccontarsi e sviluppare politiche di audience engagement”.

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Firenze Game si propone di stimolare coinvolgimento e divertimento nelle attività quotidiane, proprio attraverso il gioco. Una visita turistica è un’esperienza di relax e svago, ma sempre più spesso il rischio è quello di spostarsi frettolosamente senza prestare attenzione a ciò che ci circonda: la app stimola i più giovani a guardarsi intorno alla ricerca di tracce della Firenze del passato. L’applicazione, pensata sia per i fiorentini che per i visitatori stranieri, è sviluppata in italiano e inglese. (sc)

GooglePlay: http://bit.ly/firenzegame
App Store: http://bit.ly/firenzegaming

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Gamification contro la demenza senile con Sea Hero Quest

Come è evidente nei diversi interventi presenti nel blog, il rapporto tra gamification e salute è ben radicato: attraverso meccaniche ludiche si cerca di supportare la gente a smettere di fumare, di aiutare i bambini nel loro percorso di cura contro il cancro, o ancora, di insegnare l’importanza del sonno. Gli esempi non si esauriscono certo qui, perché l’esistenza di Sea Hero Quest, titolo mobile  gratuito disponibile anche in VR, dimostra come l’azione del giocare possa avere risvolti profondi e incredibilmente influenti sul piano medico e della ricerca, in particolare contro la demenza senile.
Si tratta di una malattia che al giorno d’oggi affligge 47 milioni di persone, e di cui poco si conosce per contrastarla. La ricerca infatti richiede tempi troppo lunghi prima di avere dati ufficiali, ed è condotta su un campionario ristretto di casi.

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Per sopperire al problema, scienziati e accademici della Alzheimer’s Research, della University College of London, e della University of East Anglia, con il contributo degli sviluppatori di Glitchers, hanno dato origine a Sea Hero Quest.

Il gioco ci racconta, per mezzo di pagine di diario, la storia di un padre e un figlio, entrambi naviganti e con la vita ricca di avventure. Tuttavia, col passare del tempo, il genitore viene colpito da demenza senile e rischia di perdere tutti i suoi ricordi.
Nei panni del coraggioso figlio saliremo a bordo della nostra vecchia barca, per fotografare i luoghi esotici e i mostri marini che li abitano, avvistati tempo addietro assieme all’adorato padre, con la speranza che egli possa riavere indietro i suoi ricordi.

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Da questo incipit comincerà il nostro viaggio lungo una serie di livelli, ognuno caratterizzato da un particolare tipo di sfida: guidando la nostra nave attraverso dei percorsi delimitati, dovremo passare per la sequenza corretta di boe, oppure sparare un razzo di segnalazione nel punto corretto della mappa, o  farci largo tra le insidie del mostro marino di turno.
Il tutto con dei semplici movimenti touch su schermo per direzionare l’imbarcazione, farla accelerare e decelerare.
Avremo inoltre la possibilità di personalizzare la nostra barca, spendendo le stelline guadagnate a fine livello o in percorsi bonus, e di consultare il diario in cui sono riposte le nostre fotografie.
Lo stile grafico, molto colorato e morbido nelle forme, ben si amalgama a un comparto sonoro a tratti malinconico, come a voler evidenziare l’importanza della nostra missione.

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Fin qui Sea Hero Quest si presenta come un classico mobile game. Eppure la sua particolarità sta nel fatto che, mentre noi giochiamo, gli scienziati ottengono dati utili per la ricerca, poiché la particolare struttura dei livelli mette sotto sforzo la nostra memoria visiva, il nostro senso dell’orientamento, e i nostri riflessi. I risultati delle sfide affrontate si traducono quindi in dati concreti che velocizzano il processo di studio sui comportamenti del cervello.
Come è stato specificato poc’anzi, le sfide si presentano in maniera semplice, ma è pura apparenza: nonostante la linearità dei livelli, non è facile completarli in maniera perfetta (il punteggio va da una a tre stelline), in quanto elementi come la nebbia, l’impossibilità di consultare una bussola o una mappa, e la voglia di conquistare più stelline possibile, fanno in modo che la partita avvenga in maniera concitata: meno tempo impiegheremo, più sarà facile ottenere il massimo del punteggio.
Per tale ragione, le nostre capacità cerebrali sono fondamentali per completare in maniera efficiente le diverse sfide.

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Inoltre, prima di cominciare la partita, potremo rispondere a un questionario, in forma anonima, con domande personali legate alla provenienza geografica, l’età, il sesso e le nostre abitudini, così da fornire un profilo specifico agli scienziati.
Non è obbligatorio compiere questo passaggio, se l’obiettivo è quello, semplicemente, di giocare. Tuttavia occorre precisare che intendere Sea Hero Quest giusto un gioco fa perdere parecchio del suo fascino. E non perché il titolo non sia godibile, ma perché il vero motore che ci spinge ad andare avanti nell’avventura è la percezione di contribuire in maniera attiva nella ricerca.
Cio è evidente nella schermata iniziale dove, oltre a quanto delineato in precedenza, possiamo anche venire a conoscenza del nostro contributo scientifico. La potenza del gioco deriva infatti dalla sua capacità di rivolgersi a un numero di persone davvero vasto – circa tre milioni – e dunque due minuti di gioco su Sea Hero Quest equivalgono a cinque ore di ricerca tradizionale. Al momento, il titolo ha collezionato ottant’anni di studi, e addirittura dodicimila anni di raccolta dati sulla demenza.

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Sono numeri incredibili, che dimostrano le potenzialità della tecnologia e della solidarietà; al di là della soddisfazione di completare al meglio le varie sfide, la vera gratificazione sta nel sentirsi parte attiva in questa lotta contro la demenza. Ovviamente questo aspetto è enfatizzato dalla presenza di una componente social, che ci permette di condividere i successi ottenuti con i nostri amici.

Sea Hero Quest è stata menzionato come uno dei successi scientifici più importanti dei nostri tempi, perché ha rivoluzionato il modo di fare ricerca. Presentandosi come un gioco ricco di sfide, in realtà permette a noi giocatori di agire concretamente al fianco degli scienziati che, grazie a un titolo all’apparenza senza pretese e colmo di sfide, ottengono una mole di dati inimmaginabile, che di fatto velocizza il processo di studio.

Il futuro rimane ancora in certo, ma è impossibile restare indifferenti davanti ai passi da giganti compiuti in campo medico grazie all’intrusione di concetti estranei ma sorprendentemente efficaci, come quello della gamification.

Articolo a cur di Lorena Rao.

Videogiochi e donazioni, il caso Ofree

Quanto spesso ci sentiamo dire che giocare, e nello specifico “videogiocare”, equivale secondo molti a una perdita di tempo? Tante, forse troppe volte, ma vi proponiamo la risposta definitiva per dimostrare il contrario. La soluzione arriva da Ofree, una piattaforma di gamification che coniuga gaming e terzo settore.

Attualmente ancora in fase beta e disponibile solo in versione desktop, ma accessibile da qualsiasi dispositivo (vi consigliamo quelli mobile, poiché l’accesso e l’esperienza da pc non sono molto user-friendly, soprattutto nello scorrimento di testi e immagini).

Il funzionamento è davvero semplice quanto utilissimo e soprattutto benefico:

  • Delle aziende creano una sorta di advergame, disponibile e giocabile sul sito per tutti gli utenti
  • L’azienda paga la piattaforma per questa messa a disposizione e il denaro viene convertito in monete virtuali, così che una volta scelto il gioco che ci piace di più e averlo provato, riceviamo un corrispondente in monete virtuali
  • Veniamo pagati per giocare? Esattamente, o meglio, riceviamo una ricompensa virtuale che si trasforma in un atto di beneficenza reale. Queste monete vengono utilizzate dall’utente scegliendo a chi donarle tra i vari enti umanitari a cui Ofree devolve il ricavato, nello specifico a progetti promossi da parte di una o più di queste

Ofree gamification donazione

È davvero un gioco aiutare i più bisognosi, soprattutto quando non dobbiamo fare davvero nulla se non dedicarci a passatempi rilassanti e coinvolgenti. L’unione di gaming e attività umanitarie non può che essere vincente e funzionale, su una piattaforma che però si mostra ancora con qualche lacuna, almeno da un punto di vista tecnico. Come anticipato, la gestione da pc non è ancora ottimale, soprattutto non sempre si comprende quali icone sono utilizzabili, poiché il cursore non si modifica se vi scorriamo sopra.

Inoltre, al momento, i titoli disponibili non sono numerosi; non aspettiamoci una varietà molto ampia di titoli, ma vi sono quantomeno differenze tra i generi proposti. Da giochi memory a simil Fruit Ninja e Temple Run, dando spazio anche a progetti di advergaming italiani. Ognuno di questi presenta una classifica nella quale possiamo decidere se pubblicare anche i nostri risultati, con nome o soprannome. Un’attenzione quindi anche alla privacy, poiché non è obbligatorio accedere con account social o crearne uno apposito.

ofree app italia videogiochi donazione

Una curiosità grafica riguarda l’aspetto della schermata accedendovi da pc: noterete infatti una barra con alcune icone a fondo schermo, come se vi stessimo accedendo da un dispositivo mobile. Nessun problema da un punto di vista dell’uso della piattaforma, ma sicuramente il primo impatto è abbastanza straniante. Inoltre è da sottolineare come alcuni giochi siano assolutamente da giocare su dispositivo mobile, date le modalità di azione: per scorrere e tagliare frutta, piuttosto che fare “tap” sullo schermo per mantenere all’altezza desiderata il camion in FlappyFarm, uno dei quattro giochi al momento disponibili.

Ultima, ma non meno importante, la donazione: è davvero molto semplice donare i gettoni acquisiti, cliccando sull’associazione che desideriamo sostenere. Attenzione però: quale che sia la quantità raggranellata di gettoni, andranno tutti indistintamente alla causa selezionata, senza poter dividerli in diverse parti a seconda di come volessimo ripartirli.

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Si tratta quindi di una piattaforma ancora in fase beta, ma indiscutibile è la buona volontà e la positività dell’idea alle spalle di questo progetto. Siamo molto curiosi di scoprire come procederà l’evoluzione di questa piattaforma, che ha davvero tante potenzialità e possibilità di far conoscere al pubblico anche le diverse associazioni umanitarie, stringendo rapporti anche con enti non sempre noti ai più.

Articolo a cura di Francesca Sirtori

Gamification per il trattamento del cancro

SickKids è un ospedale rivolto ai bambini malati di cancro, sito a Toronto, in Canada. Nel 2013, per aiutare i bambini nel loro percorso di guarigione, ha deciso di adottare Pain Squad, un’app realizzata per iOS con un budget di 500 mila dollari, in collaborazione con Cundari, un’azienda indipendente canadese.
L’obiettivo di Pain Squad è molto semplice quanto nobile: avere dati specifici sui bambini, in modo che i medici capiscano come stia procedendo la terapia di cura e migliorarla di conseguenza.
Come? Adottando principi di Gamification che spingano i piccoli utenti a dichiarare il loro stato di salute in maniera spontanea.
pain squad concro gamification

Il concept è molto semplice: il bambino si ritrova all’interno della Pain Squad, una squadra di polizia dedita alla lotta contro il dolore. Il compito del giocatore/paziente è quello di compilare, attraverso semplici comandi touch su schermo, un report specifico composto da domande dirette e disegni, come punti dolenti del corpo o quale medicina sia più efficiente per il corpo.
Fatto per tre giorni di fila, il giocatore/paziente sale di grado: da recluta, passa a detective junior, sino ad arrivare alla sesta e ultima qualifica, quella da capo della polizia.
La base di gioco è il Quartier Generale, dove è possibile consultare i report passati  – dunque i successi ottenuti – e gli elementi che mancano per raggiungere il livello successivo – quindi gli obiettivi da raggiungere -.

pain squad videogioco cancro

Per quanto appaia semplice nella sua struttura, Pain Squad si è rivelato un ottimo strumento di ricerca per i medici, e un’efficiente valvola di sfogo per i bambini.
Nel primo caso, l’app ha dimostrato come il 90% dei giocatori ha completato tutti gli obiettivi, contro il 76% di bambini affetti da artrite, sottoposti a questionari e note tradizionali. In Canada usualmente si ricorre a studi improntati su diari giornalieri compilati dagli stessi pazienti, i quali vengono motivati a scrivere attraverso un pagamento in denaro.
Questo metodo non sembra adatto ai bambini, spesso restii a parlare in maniera limpida delle loro sofferenze. Pain Squad fa affidamento su una struttura basata sulla progressione, affinché i piccoli giocatori si sentano gratificati nel compilare i report giornalieri e dunque a salire di grado. Questo si traduce per i medici in dati specifichi che possono essere utilizzati per migliorare il percorso di guarigione dei giovani pazienti.

painsquad detective game

Per rendere il tutto più coinvolgente, lo sviluppo dell’app ha visto la collaborazione del cast di Flashpoint e Rookie Blue, due serie tv poliziesche molto popolari in Canada.
I diversi personaggi appaiono con intramezzi video, rivolgendosi in prima persona ai bambini, dando loro incoraggiamenti ed evidenziando il loro attuale grado nella squadra.

Tutti questi piccoli dettagli  rendono Pain Squad un’arma importante per i piccoli pazienti

Membro Flashpoint

Come sottolineato da uno degli sviluppatori di Cundari, l’app consente ai bambini di riprendere il controllo diretto delle loro vite: spesso, una volta diagnosticata la malattia, si ritrovano a vivere una vita soggetta a vincoli, legati ad appuntamenti dal medico, terapie, visite, e quant’altro. Pain Squad consente loro di avere una parte attiva nel loro stesso processo di guarigione.
L’app infatti non deve essere intesa come un prodotto che sfrutta il divertimento per coinvolgere i suoi piccoli utenti, ma usa la motivazione generata da classiche meccaniche ludiche come il conseguimento degli obiettivi e il salire di livello per far prendere coscienza al bambino del proprio stato, e per avviare una sua partecipazione diretta durante la terapia, non più vista come un’imposizione dall’alto.
Questo aspetto, molto affascinante e importante, è stato notato da una madre di una delle pazienti, Olivia. Durante un video di presentazione dell’app, la donna afferma che la figlia riesce ad andare oltre al dolore per il raggiungimento della propria guarigione.

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La sperimentazione di SickKids dimostra come la Gamification possa portare a dei risultati straordinari anche in campo medico.
L’uso di meccaniche ludiche, sapientemente mischiate a un design semplice ma reso familiare grazie al ricorso a volti noti dello spettacolo e a un mondo – quello poliziesco – che trasporta immediatamente in un’ottica di lotta per il bene, rende Pain Squad un case-study particolare, in grado di dimostrare le enormi potenzialità della Gamification. Queste ormai non sono più racchiuse esclusivamente nell’ambito dell’innovazione, ma sono rivolte al cambiamento in positivo della vita quotidiana delle persone.

Articolo a cura di Lorena Rao