L’arte del Coinvolgimento – Il nuovo libro di Fabio Viola
BRAINSTORMING
Organizziamo sessioni full day, utilizzando il mazzo di carte dell'engagement designer ed altri metodi gamificati, per generare e collezionare all'interno di un processo collettivo, le migliori idee provenienti dal team. Questo processo è adatto sia ad obiettivi consumer che enterprise!
Utilizzando il nostro Motivational Design Framework lavoriamo insieme su una griglia che individua gli obiettivi short e long term, la tipologia degli utenti/giocatori, le motivazioni per creare engagement e le meccaniche e dinamiche di gamification indispensabili per le vostre finalità di business.
Per migliorare soluzioni già esistenti o nella fase di costruzione di un nuovo progetto, realizziamo un gamification design document (GDD) e wireframe continuamente iterato fino all’approvazione del cliente.
Dopo decine di esperienze di sviluppo per marchi internazionali, conosciamo le esigenze IT delle aziende e le aiutiamo a scegliere la giusta architettura tra sviluppo ex-novo e utilizzo di api dei gamification vendors.
Fabio Viola rappresenterà l’Italia al prossimo Gamification Summit che si svolgerà il 16 Novembre 2017 ad Istambul. Il suo intervento offrirà una panoramica sulle logiche di game design applicabili nella gamification introducendo meccanismi, ad oggi, poco utilizzati nei processi di coinvolgimento in seno alle aziende ed enti pubblici.
Lo scorso 24 Agosto il nostro Fabio Viola, coordinatore master in Gamification ed Engagement Design presso IED Milano, è stato tra i protagonisti della Summer School 2017 presso l’Università di Urbino. Di fronte ad un pubblico composto da docenti e professori di scuola primaria e secondaria italiana, ha introdotto le opportunità offerte dall’introduzione dei videogiochi e più in generale del metodo Game Based Learning nella didattica.
Quello che auspico è che si ritorni a scoprire il gioco come elemento centrale di crescita dell’individuo. In fondo non è quello che accade a tutti noi nei primi anni di vita quando giocare è la nostra occupazione? Impariamo larga parte di quello che conosciamo del mondo giocando, esplorando liberamente, divertendoci senza alcuna imposizione alcuna o obiettivo. E poi misteriosamente accade che il gioco scompare totalmente dalla esperienza scolastica, inizia ad assumere addirittura una accezione negativa con frasi del tipo “questo non è un gioco” o ancora “smettila di giocare”. Negli ultimi anni qualcosa sta fortunatamente cambiando ed è collegata, in parte, allo straordinario movimento di animatori digitali, insegnanti ed operatori che stanno introducendo il mondo dello scratch ed altre modalità di interazione e partecipazione attiva
La scorsa settimana, con il cadere delle fine di luglio e delle uniche ferie che mi sono concesso, ho deciso di muovervi in direzione Berkshire, una delle contee meno popolate dell’Inghilterra, ma che allo stesso tempo permette di scovare luoghi turistici come Windsor & Eton, o anche Reading, fino a piccoli borghi come Wokingham e Crowthorne. Proprio quest’ultimo è stato il mio punto di partenza quotidiano, la mia base operativa dalla quale raggiungere tutto ciò che mi circondava. Accompagnato come sempre da TripAdvisor, che da anni mi permette di apporre una puntina sulla mappa del mondo e conoscere la percentuale visitata della Terra, sentivo la necessità di un’altra app che fornisse al mio viaggio un senso di gamification. In passato c’era Swarm, l’app nata dalla scissione di Foursquare, ma col tempo gli adesivi e le classifiche, basate esclusivamente sulle amicizie, l’hanno mandata in pensione. Per questo ho deciso di lanciarmi su Globestamp, un underdog della gamification, presentata al pubblico come un progetto ambizioso, ma ancora molto acerbo.
Anche Globestamp, così come Swarm, si basa su una lista di amici con i quali condividere le vostre esperienze e le vostre foto. Partiamo col dire che l’app si presenta più come un diario di bordo, che vi permette di ricordare ciò che avete fatto, ma l’obiettivo primario è quello di carpire dalle condivisioni dei vostri amici qual è il luogo verso il quale viaggiare la prossima volta: Globestamp permette, infatti, di pianificare la vostra vacanza, selezionando una città specifica e trovando tutto ciò che vi interesserà, dagli hotel (Stay) fino alle attività (Do) senza dimenticare i ristoranti (Eat) e le attrazioni turistiche (Visit). Cliccando sul profilo di un amico potrete vedere il suo diario di bordo, andare a curiosare su ciò che ha fatto, ciò che ha visto e replicare in toto la sua esperienza, aggiungendo alla wishlist i luoghi che sono stati già visitati. Ovviamente sarà possibile anche scegliere da voi, semplicemente utilizzando il sistema di ricerca, che si appoggia a Booking, Foursquare e TripAdvisor, logicamente. Il sistema di search non è infallibile e, complice sicuramente l’esser andato in città non proprio di prima scelta, non mi è stato sempre di molto aiuto. Al momento del check-in in un ristorante di Crowthorne, Globestamp lo ha subito riconosciuto, ma tramite search non è stato possibile nemmeno trovare la cittadina nel Berkshire e quindi non ho potuto pianificare i miei spostamenti. Un problema sicuramente, ribadisco, legato al mio aver scelto una meta poco consuetudinaria, ma confido in un miglioramento nel tempo.
Una volta giunti nel posto che avete scelto per la vostra vacanza dovrete iniziare, necessariamente, a registrare tutti i vostri ricordi. Globestamp vuole che le foto vengano fatte con la sua app oppure caricate dal vostro rullino foto: nessuna preclusione, quindi, perché potrete anche condividere tutto sui vostri social, ma l’importante è ricordarvi di consegnarle poi a Globestamp. Questo perché ogni foto, ogni attività, vi permetterà di avere degli Stamps: più ne hai, più sconti e premi potrai avere. E qui si sviluppa, quindi, l’attività di gamification di Globestamp, che dopo aver mostrato il suo fianco da sharing si lancia nel cuore della propria attività. Ogni nuovo ricordo vi permetterà di avere due bollini, ogni 10 miglia percorse uno, ogni nuovo amico cinque e ogni bollino che gli altri metteranno sulle vostre foto, in segno di approvazione, come su Instagram, otterrete un bollino. A ognuno di essi corrisponderà, logicamente, un livello d’esperienza che parte dal Beginner e continua con Junior, Traveler, Adventurer, Conquer e Master. Le foto potranno anche essere candidate nei contest che Globestamp presenterà di volta in volta, come fotografare luoghi a Lisbona, Marrakesh, Dubai o Sao Miguel: non ci sarà bisogno di avere una fitta rete di amici, perché il concorso è completamente pubblico e vi permetterà di ottenere degli stamp anche da sconosciuti che stanno viaggiando come voi in quel momento. Il vincitore, in collaborazione con TravelStore, riceverà poi un coupon per un hotel, un’esperienza o un viaggio pagato, ma non sono specificati termini e condizioni, al momento. Qui, però, si palesa il problema principale dell’app: la scarsa diffusione. Per quanto Globestamp abbia dalla sua un’idea indubbiamente molto forte, che riesce a offrire un ottimo livello di condivisione e anche un rewarding accattivante, ha una forte lacuna dal punto di vista della diffusione. Da quando sono partito per Crowthorne fino a quando sono rientrato e poi ripartito per Londra, una settimana dopo, le foto candidate nel contest erano sempre le stesse. Probabilmente vincere sarà più facile, essendo in pochi a utilizzarla, ma se la teoria dello sharing è forte, la pratica scarseggia molto, vanificando anche tutti gli stamp da conquistare per le attività tra amici e di approvazione delle scelte compiute dai vostri conoscenti.
Un’app simile è arrivata anche in Italia e si chiama PassaBorgo: pensata per valorizzare i borghi del centro Italia, il progetto permette allo stesso modo di ottenere dei timbri sul nostro passaporto digitale, ma impone il check-in ravvicinato al luogo da “collezionare”, così da evitare una collezione sfrenata dalla scrivania di casa e spingervi effettivamente a visitare i borghi per ottenere i distintivi e le ricompense adeguate. Premi che si trasformano, come per Globestamp, in sconti e convenzioni: basterà mostrare agli esercenti convenzionati il timbro del borgo visitato e ottenere, così, uno sconto sulle attività annesse. Features che sono molto più contenute della internazionale Globestamp, ma che a conti fatti, ragionando in maniera più contenuta, sembrano più accattivanti e più funzionali alle necessità di un viaggiatore. Mi sento comunque di trasmettere un pensiero universale: le app per i viaggi che provano a rimpinguare la propria offerta con delle meccaniche di gamification devono ancora trovare la giusta quadra e sarà fondamentale scoprire la chiave di volta per essere conosciute su larga scala, così da avere una fitta rete di iscritti che valorizzi anche lo sharing system, perché così è tutta teoria e davvero pochissima pratica.
Che voi siate dei freelance o dei dipendenti, avrete sicuramente con voi una lista di cose da fare: la famosa to-do list, con tutti i compiti della giornata o, magari, della settimana. Impegni che si ripetono quotidianamente, incarichi da portare a termine entro una determinata scadenza, necessità casalinghe che devono essere sbrigate. Oramai tutti gli smartphone hanno un’app appositamente dedicata alle to-do list, dai promemoria ai più semplici e immediati allarmi collegati al vostro calendario: in qualche modo il vostro impegno vi sarà ricordato. C’è un momento durante il quale, però, la noia prende il sopravvento e avere una lunga lista all’interno della quale sono annoverate tutte le attività che dovete portare a termine non vi darà più alcun tipo di soddisfazione: per questo arriva EpicWin, l’app con elementi RPG che vi permetterà di portare a termine tutti i vostri compiti con il piacere del level up e del potenziamento del vostro alter ego.
Una volta entrati in EpicWin dovrete scegliere la vostra classe e il vostro avatar, che non influirà su ciò che accadrà successivamente, ma soddisferà un semplice vezzo estetico. Una volta deciso cosa voler essere, vi ritroverete nella schermata iniziale, un tutorial che vi mostrerà il funzionamento dell’intera app che, come anticipato poc’anzi, non farà altro che spingervi a completare i vostri task accumulando punti esperienza e, così, crescendo di livelli. Per ogni compito che andrete ad aggiungere alla vostra to-do list dovrete categorizzarla tra forza, stamina, intelligenza, socialità e spirito, ossia il parametro che andrete ad accrescere una volta soddisfatto l’obiettivo: dopo potrete anche decidere se far ripetere il task ogni settimana, ogni due settimane o in una data specifica. Chiaramente se si tratta di un impegno una tantum potrete anche evitare di scegliere tale voce. EpicWin, nella schermata di creazione del task, vi darà anche la possibilità di inserire un allarme e di conseguenza indicare il giorno in cui tale compito andrà portato a termine, così da non dimenticarvi assolutamente quali sono i vostri incarichi da concludere. Ultimo aspetto, ma non meno importante, è il dover indicare un valore di epicness, ossia i punti che otterrete una volta portato a termine il compito: il fatto che sia a vostra discrezione la quantità di punti da assegnare al task rende il tutto fin troppo casuale, dato che potreste decidere di assegnare il valore massimo – 300 – a tutti i vostri task. Tale scelta andrà un po’ a falsare quello che sarà l’ottenimento dei punti validi per il level up, ma EpicWin si affida al vostro totale buonsenso: questo perché offrire dei pre-set per tutte le attività che una persona potrebbe dover svolgere avrebbe richiesto un lavoro immenso agli sviluppatori, così come immense sono le possibilità per una persona che ha degli incarichi da compiere.
Superato questo ostacolo, comunque, arriviamo al vero e proprio funzionamento dell’app, che è basata completamente sui task e sulle ricompense. La schermata iniziale della vostra applicazione ha una lista delle quest che avete inserito e che dovrete portare a termine: ogni volta che un compito sarà ultimato dovrete tenere premuto sulla rosetta, ossia l’indicatore dei punti esperienza guadagnati, e attendere che l’animazione porti la barra della stamina a svuotarsi completamente dopo un combattimento simulato. Il sistema non è molto intuitivo, dato che sarebbe stato più comodo utilizzare uno swipe laterale, comando che invece servirà per eliminare il task dalla vostra to-do list: in ogni caso completare una missione vi farà avere non solo del loot, quindi un premio per ciò che avete appena fatto, ma anche i punti esperienza che avevate scelto per quella data attività. Nella voce Profilo, quindi, oltre a un’immagine molto gagliarda del vostro avatar, avrete anche un recap di quello che è il vostro progresso, dai punti esperienza mancanti per il level up fino ai punti delle vostre skill. Nella pagina del loot, invece, l’app vi mostrerà un percorso su un binario fisso che vi conduce fino a un premio, indicandovi non solo le miglia percorse, ma anche l’oro collezionato: entrambi i valori sono figli del progresso che avrete effettuato completando i vostri compiti. Per il resto le attività RPG si limiteranno esclusivamente a essere annoverate, senza alcun tipo di beneficio per voi o per la vostra avventura. Più miglia riuscirete a compiere, però, e più loot avrete, così da andare ad accrescere le vostre statistiche, altrimenti collegate esclusivamente ai valori indicati nella fase di creazione di un task.
EpicWin, insomma, offre una variante più divertente alle classiche to-do list, dando profondità a quella che è una mera e semplice lista della spesa: iniziare a soddisfare le necessità del quotidiano può portarvi a diventare un esperto guerriero, accumulare esperienza e sbloccare dei premi quando meno ve l’aspettate, tutto andando a incrementare il vostro livello, che inizialmente sarà quello di un Epic Failer, ma che piano piano crescerà dal Corporate Newboy all’infinito. Il collegamento, chiaramente facoltativo, con il vostro account Twitter potrà dare, infine, un aspetto molto più corporate alle vostre attività, pur mancando una vera personalizzazione del nostro avatar, che avrebbe dato sicuramente più profondità all’esperienza e all’accumulo del loot, invece inutilizzabile. L’app, per finire, non è gratuita, ma a pagamento e ha un costo, sia su iOS che Android, di 2,29 euro.
Idratarsi e consumare almeno due litri d’acqua al giorno non è solo uno dei tanti consigli che si trovano navigando su internet e nei quali si incappa durante i periodi caldi dell’anno: è un aspetto fondamentale per l’equilibro del nostro corpo. Uno scarso consumo di acqua può portare a frequenti emicranie, ma anche a stanchezza, dolori muscolari, oltre che a problemi di digestione: la mancanza di liquidi rende l’intero processo digestivo molto più lento, rischiando non solo che si creino delle bolle d’aria nell’intestino, ma che a lungo andare si possa arrivare anche a delle infezioni causate dall’accumulo di materiale di scarto e feci nel crasso. Insomma bere è fondamentale per mantenere sano il nostro organismo, ma ricordarsi di farlo non sempre è immediato. Per questo nasce Plant Nanny, l’app che ti invoglia a bere e che fa della gamification l’aspetto principale della sua missione.
Plant Nanny è un’app, pensata sia per iOS che per Android, che da alcuni anni vi permette di misurare il vostro consumo di acqua e berne la giusta quantità giornaliera. Dopo aver, infatti, indicato all’app il vostro peso e il vostro livello di attività fisica, si arriva al dover scegliere una pianta virtuale da accudire: non siamo dinanzi a un gioco di giardinaggio virtuale, bensì a una pianta che, così come il nostro corpo, ha bisogno di idratarsi. Il sistema, inoltre, calcolerà per voi anche la quantità necessaria di acqua necessaria quotidianamente: se, per esempio, pesate 76 chili e la vostra attività fisica è orientata sull’essere sedentari, Plant Nanny vi farà sapere che sarà necessario per voi bere almeno due litri e mezzo di acqua al giorno. Per gli amanti della botanica, l’offerta di piante è abbastanza variegata: si va dal Pothos del Pacifico, la pianta di default, fino al Dandelion dell’Eurasia, chiaramente tutte disegnate in stile cartoon, per restare in linea con l’aspetto giocoso dell’app.
L’obiettivo è quello di prendersi cura della pianta annaffiandola costantemente: ogni volta che berrete, quindi, dovrete selezionare nell’app il relativo volume di acqua che avete appena bevuto e versarlo all’interno del vaso. La pianta, così, avrà il necessario apporto di acqua dalla sua, inoltre potrete anche impostare dei pre-set di quantità, così da non dover ogni volta misurare precisamente quanti ml di acqua state bevendo e state facendo bere alla vostra pianta. Le dimensioni previste sono dieci, dalle bottigliette che potete trovare presso i distributori automatici fino al classico bicchiere di vetro, passando anche dalle borracce: così facendo si evita anche quella che per alcuni potrebbe diventare una perdita di tempo, ossia la misurazione dell’acqua bevuta. Al termine della giornata, inoltre, Plant Nanny vi farà sapere se avete effettivamente bevuto il quantitativo suggerito e se potete, quindi, dormire sonni tranquilli, guidandovi bevuta dopo bevuta all’obiettivo che è stato prefissato.
Oltre questo Plant Nanny si preoccuperà anche di indicarvi la strada corretta da seguire attraverso un sistema di achievments: i primi due li sbloccherete senza alcuna difficoltà, perché basterà bere il vostro primo bicchiere d’acqua e completare il tutorial, ma tutti quelli che verranno dopo – quasi cinquanta – vi chiederanno di portare a termine azioni anche sul lungo periodo, così da spingervi a non abbandonare l’app neanche per un giorno. Bere abbastanza acqua per tre giorni consecutivi, arrivare ad avere tre tulipani nel vostro giardino portando almeno due di essi a essere rigogliosi e ricchi di acqua, ma anche condividere almeno 50 foto della vostra pianta sono alcuni degli obiettivi da raggiungere. D’altronde il modo più facile per far conoscere un’app, in questi casi, è quella di far girare il proprio marchio sui social: premendo sull’icona della macchina fotografica, quindi, avrete la possibilità di scattare una foto alla vostra pianta e condividerla ovunque vogliate, da Facebook a Twitter: a molti dei vostri amici verrà indubbiamente la curiosità di sapere da dove arriva questa pianta e cosa state facendo per curarla. Assicuratevi, però, che la vostra protetta sia adeguatamente idratata, altrimenti vi ritroverete a condividere un’immagine non proprio accattivante e in quel caso significa che anche il vostro organismo ne sta risentendo.
Se dopo qualche giorno avrete mantenuto la vostra attività in maniera regolare e vi saremo idratati come indicato, la pianta inizierà a darvi soddisfazione crescendo e diventando sempre più rigogliosa. Come d’altronde anche il vostro corpo, che beneficerà del vostro nuovo stile di vita. In ogni momento, inoltre, potrete anche decidere di cambiare la pianta, accedendo allo store integrato: qui troverete una ricca scelta di piante e anche di decorazioni che serviranno per abbellire l’intero davanzale sul quale si posano i nostri risultati. Ovviamente anche in tal caso entra in gioco l’aspetto delle microtransazioni, là dove la moneta virtuale sarà quella dei semi, utili per sbloccare alcune caratteristiche aggiuntive delle nostre piante: i semi, però, possono esser sbloccati anche guardando dei video pubblicitari, così da azzerare il pericolo della spesa. Va da sé che Plant Nanny va presa per quello che è il suo scopo principale, ossia tracciare il vostro consumo di acqua e fornirvi uno storico della vostra attività recente, arrivando persino ad attivare un drinking reminder, interamente da personalizzare. Senza dilungarvi nell’acquisto di accessori e facezie, sarà fondamentale cogliere l’approccio giocoso dell’app, così da non dovervi trovare dinanzi a un mero misuratore di acqua ingerita, ma a una pianta che va accudita e della quale dovrete prendervi cura, proprio come dovete fare con il vostro organismo.
Avevo preparato una scaletta mentale ma, come sempre più spesso mi accade, gli interessanti interventi che mi han preceduto ed un incontro avvenuto stamane, mi portano a stravolgerla. Mi scuso sin da ora se non sarò lineare, quando il proprio lavoro coincide con una grande passione è difficile seguire fili logici.
Nel tragitto dall’hotel al teatro Gianì ho avuto la fortuna di aver come autista un gentilissimo ragazzo, il feeling è stato immediato coadiuvato dalla comune passione per i videogiochi. Chiacchierando del più e del meno, una suo flusso di pensiero ha immediatamente catturato la mia attenzione. Nel raccontarmi di un gioco nel quale ha “investito” centinaia e centinaia di ore, Assassin’s Creed II, ho scoperto che questa produzione Ubisoft ha travalicato i confini nel puro intrattenimento per diventare un linguaggio di trasmissione di conoscenze. Assassin’s Creed è una saga ambientata in diverse epoche storiche, ricostruite in maniera verosimile con ambientazioni, personaggi, architetture e modi di vivere vicini alle controparti d’epoca. In particolare un paio di capitoli sono stati ambientati in Italia durante il Rinascimento e proprio grazie ad essi, il mio ottimo autista, ricorda ancora la famiglia dei Medici, la congiura dei Pazzi, l’organizzazione politica di Venezia, il simbolo di Firenze e tanto tanto altro ancora. Prontamente gli domandai, cosa ricordava delle lezioni che il professore di storia dedicò a questa tematica. Non senza un qualche imbarazzo mi ha confessato di non ricordare assolutamente nulla.
Come è possibile che, a distanza di 7 anni avesse ricordi così nitidi della Firenze rinascimentale vissuta nel videogioco ed il vuoto totale dei testi letti nei libri scolastici? Questo non è un caso isolato, oltre un miliardo di persone nel mondo (e circa 20 milioni in Italia) utilizza abitualmente videogiochi e giornalmente conosce, impara, sperimenta in prima persone concetti fino a ieri unicamente ad appannaggio della didattica tradizionale.
Vi rubo ancora un minuto per raccontarvi un altro aneddoto, legato alla mia vita pisana. Ho un amico, di nome Umberto, che attualmente frequenta il quarto anno di un istituto secondario superiore in Toscana.
I voti in pagella ed i giudizi di alcuni dei suoi professori lasciano passare una immagine alquanto desolante del suo rendimento scolastico. Ha insufficienze piene in un paio di materie, ha perso già un anno e, onestamente, pochi sarebbero disposti a scommettere su una sua riuscita a livello universitario.
kids playing video game
Venni casualmente a sapere delle sue performance accademiche dopo oltre un anno di frequentazione quando la mamma, estremamente preoccupata, mi confidò questa situazione. Feci enorme fatica a crederci, la reazione iniziale fu di sorpresa e credetti si trattasse di uno scherzo. Come era possibile che lo stesso ragazzo che avevo conosciuto ed ammirato per le sue doti in un altro contesto potesse avere un rendimento così fallimentare a scuola?
E’ doveroso un passo indietro, dovete sapere che i videogiochi prima ancora di essere il mio lavoro da ormai quindici anni continuano ad essere una mia grande passione. Quando posso mi piace cooperare e competere online con altri giocatori sparsi per il mondo, e proprio in una di queste circostanze conobbi Umberto. Lui era il capo di un “clan” in un gioco online, a lui spettava coordinare le mansioni di quasi un centinaio di persone di ogni età ed estrazione sociale. Pianificava le missioni, delineava le strategie, studiava le nuove funzionalità del prodotto e ce le riassumeva, risolveva costantemente i problemi del gruppo comunicando in tempo reale in italiano ed inglese. Quando appresi la sua età rimasi alquanto sorpreso, a 17 anni aveva sviluppato una serie di capacità e competenze ambitissime in ambito aziendale.
Ma come è possibile che la stessa persona dalle 8 alle 13 fatichi enormemente a mettere in mostra le proprie capacità e creatività e poi dalle 18 alle 23, per giunta pagando, indossi i panni del leader in un sistema complesso?
Io credo che sia arrivato il momento di mettere in discussione una larga parte della nostra quotidianità. Siamo proprio sicuri che nel 2017 il mondo della scuola, del lavoro, le istituzioni pubbliche siano realmente progettate e disegnate per consentire alle nuove generazioni di esprimersi al meglio?
Tra le due antitetiche esperienze portate avanti da Umberto credo vi sia un punto di rottura, più di altri, la capacità di generare coinvolgimento. Come molti di voi sanno, ed è il motivo per il quale mi avete invitato (o almeno spero) ho recentemente dedicato il mio ultimo libro – L’arte del Coinvolgimento edito da Hoepli – , scritto insieme all’amico Vincenzo Idone Cassone, alla centralità del coinvolgimento come motore pulsante delle relazioni sociali ed economiche del XXI secolo. Un libro basato sull’idea di mondo in cui si attui il passaggio dal “dover fare” al “voler fare”. Nel nostro racconto la scuola rappresenta il dovere, il videogioco il volere. Senza partecipazione emotiva e coinvolgimento diventa molto più complesso e faticoso immagazzinare le informazioni nella memoria a lungo termine. D’altronde basta fermarsi ad osservare le espressioni facciali ed il body language di persone nell’atto di giocare e confrontarle con le espressioni di studenti sparsi per il mondo al termine di una giornata scolastica, è plasticamente evidente un corto circuito in atto.
Badate bene, non sto suggerendo di sostituire la scuola con i videogiochi. E’ l’amore per l’istituzione scolastica che mi spinge a pungolarla, convinto che sia possibile ribaltare logiche di trasmissione del sapere inveterate da secoli e non più allineate alle aspettative, necessità e stati di animo delle nuove generazioni.
Purtroppo i dati ci restituiscono una situazione allarmante, secondo numerosi studi abbiamo circa 2/3 dei nostri studenti, ma percentuali similari si riscontrano anche nel mondo del lavoro, sono poco o scarsamente coinvolti in classe. Questo non è un dato da sottovalutare, soprattutto perché è in aumento generazione dopo generazione. Senza dilungarmi troppo, non è questa la sede, vorrei provare a inquadrare a grandi linee chi sono coloro che stanno minando dalle fondamenta un sistema che nasce durante la rivoluzione industriale del settecento e subisce gli ultimi scossoni all’inizio del secolo scorso.
La generazione Z, i nati dopo il 2000, presenta fortissimi distacchi rispetto ai propri padri e nonni. Sono la prima generazione ad essere nata dopo la terza rivoluzione industriale di cui internet è l’emblema. Hanno accesso in tempo reale a tutte le informazioni, prodotti ed esperienze: stampanti 3d, netflix, youtube, social network, kindle…
Sono esposti in 24 ore ad una marea di stimoli che mio nonno non ha ricevuto in tutta la sua esistenza. Una generazione predisposta al multitasking, abituata ad esser premiata per la sola partecipazione, che si aspetta ad una azione un feedback velocissimo, molto meno incline alla competizione e maggiormente propensa alla creazione, costantemente bisognosa di esser stimolata e sorpresa, con una curva media di attenzione di 8 secondi persino inferiore a quella di un pesciolino rosso.
Milioni di giovani e giovanissimi estremamente complessi da comprendere e decriptare attraverso le lenti di generazioni come quelle dei baby boomers (nati tra la seconda guerra mondiale ed il 1960) e generazione X (1960-1980). Per dare una idea della criticità da affrontare, negli ultimi 50 anni il tassi di suicidi è aumentato del 60% su scala mondiale, con un incremento notevole nei giovanissimi, ed al contempo il quoziente intellettivo è cresciuto di quindici punti.
Dal mio piccolo osservatorio è probabilmente un tipo di intelligenza meno creativa nel senso puro del termine, meno capacità di immaginare ma una amplificazione spasmodica della velocità e capacità di connettere i punti da parte delle nostre sinapsi. In fondo rispecchia il passaggio da generazioni cresciute in un mondo largamente testuale, che necessità di immaginazione per dar forme e colori a ciò che si legge, ad altre cresciute in un mondo quasi esclusivamente basato su foto, video, testi intrecciati velocemente tra di loro.
Non è un caso se per le ultime due generazioni, qui includiamo anche la Y composta dai nati tra il 1980 ed il 2000, i videogiochi siano diventati, per tempo e soldi spesi, il media di riferimento superando libri, cinema e musica. La spiegazione è molto semplice, creano esperienze largamente allineate alle aspettative delle persone di cui sopra. Non voglio scaldare ulteriormente gli animi, ma sono profondamente convinto che i videogiochi non siano solo creatività ma anche cultura; ma questa è un’altra storia!
Comprendere i cambiamenti generazionali in atto è, secondo me, una conditio sine qua non per riprogettare l’offerta formativa. Noi “adulti” abbiamo il compito di creare un mondo a misura delle nuove generazioni, e se le nuove generazioni presentano accelerazioni nei cambiamenti dobbiamo strutturarci per muoverci alla stessa velocità.
Le scuole non dovrebbero più guardare a loro stesse, ma pensare a Youtube o ad Angry Birds come modelli e rivali nell’attenzione, temporale e formativa delle nuove generazioni. Se questo può apparire ai più un triplo salto carpiato nel vuoto, basta guardare ai modelli formativi che negli ultimi 20 anni hanno ottenuto i migliori risultati, ad esempio nei test PISA, a livello mondiale. Tra questi sicuramente il caso della Finlandia, dove le flipped classroom, l’inizio della scuola obbligatoria posticipata a 7 anni e una costante inclusione del gioco sin dall’asilo come momento di crescita dell’individuo concorrono a corroborare una idea diversa di scuola.
Quello che auspico è che si ritorni a scoprire il gioco come elemento centrale di crescita dell’individuo. In fondo non è quello che accade a tutti noi nei primi anni di vita quando giocare è il nostro lavoro? Impariamo larga parte di quello che conosciamo del mondo giocando, esplorando liberamente, divertendoci senza alcuna imposizione alcuna o obiettivo. E poi misteriosamente accade che il gioco scompare totalmente dalla esperienza scolastica, inizia ad assumere addirittura una accezione negativa con frasi del tipo “questo non è un gioco” o ancora “smettila di giocare”. Negli ultimi anni qualcosa sta fortunatamente cambiando ed è collegata, in parte, allo straordinario movimento di animatori digitali, insegnanti ed operatori che stanno introducendo il mondo del coding ed altre modalità di interazione e partecipazione attiva. Tra i tanti, non posso non citare il lavoro di evangelizzazione e sperimentazione condotto dal prof. Alessandro Bogliolo dell’Università di Urbino!
Questa lunga ma doverosa premessa resterebbe vuota senza alcune chiavi pratiche di azione per migliorare da domani le nostre classi ed il rapporto con i nostri studenti.
Sebbene il titolo di questa conferenza sia legato alla gamification ed in generale larga parte della mia vita sia legata alle tecnologie non voglio partire da queste in un elenco di priorità.
Al centro di ogni processo di cambiamento restano le risorse umane, gli insegnati! La passione, al pari delle competenze, dovrebbe essere uno dei criteri che guidano all’assunzione e alla valorizzazione del corpo docente. Una persona appassionata, ed essa stessa coinvolta, diventa contagiosa. Si pensi al professore americano Barry White Jr., insegnante di inglese in una problematica scuola “elementare americana”. All’inizio di ogni giornata scolastica, saluta individualmente ogni studente con uno saluto personalizzato che hanno progettato insieme. Questo semplice gesto ha contribuito non solo ad una ampia empatia studente/insegnante ma anche, e soprattutto, ad un innalzamento del rendimento scolastico nelle sue classi. Vi lascio allo straordinario video
Lo spazio in cui avviene l’apprendimento deve essere concepito intorno agli studenti dando loro modo di poter cooperare, muoversi, esplorare, essere autonomi, cambiare posizione. L’impatto sull’apprendimento, secondo molti studi, arriva al 25%. Spazi ampi, colorati, possibilità di sedersi su sedie, divanetti o palle mediche, vetrate che creino una continuità tra esterno ed interno, spazi ricreativi comuni e laboratori sempre accessibili. La foto è stata scattata ad Espoo in Finlandia.
Infine la tecnologia, il digitale visto non più come una alternativa alla componente fisica ma piuttosto come due facce della stessa medaglia, l’individuo. E qui penso alla straordinaria esperienza che stiamo portando avanti con la cooperativa Formatica per ristrutturare la gestione della classe e la relazione studenti (drop out)/insegnanti utilizzando un software come Classcraft. O ancora gli esperimenti portati avanti utilizzando strumenti che abbracciano l’arco fisico e digitale come Bloxels fino ad arrivare a sofisticazioni come i curricula scolastici interamente game based, come ci ha mostrato il prof. Ananth Pai nel suo straordinario Ted Talk.
P.S. Quella che avete letto è la trascrizione, approssimativa, del discorso tenuto da Fabio Viola all’evento di Gamification per la scuola promosso dall’istituto IIS ORSO MARIO CORBINO presso il teatro Gianì di Partinico il 6 Giugno 2017
Nel 2016 l’industria dei videogiochi ha generato nel mondo oltre 99 miliardi di dollari di ricavi. Gli italiani hanno speso oltre 1 miliardo e mezzo di euro in videogiochi, e si stima che in Italia una persona su due giochi abitualmente sul proprio tablet, smartphone, computer o console. Al contrario di quanto si possa pensare, non solo i più giovani giocano: i giocatori sono equamente distribuiti fra i 14 e i 54 anni di età. Il fenomeno è talmente rilevante che il mondo delle organizzazioni si sta avvicinando sempre più a questi linguaggi. Alcune imprese stanno già sperimentando la gamification e i serious games come strumenti per migliorare l’engagement, con una particolare
attenzione rivolta all’esterno (al cliente). Minori invece sono le esperienze destinate all’employee engagement.
Wingage promuove un’indagine quali-quantitativa con l’obiettivo di indagare lo stato dell’arte relativo all’impiego della gamification per favorire l’employee engagement. A questo progetto collabora Fabio Viola, fra i migliori game
designer al mondo.
L’indagine è rivolta a tutti coloro che hanno attivato e possono attivare progetti di employee gamification per
l’engagement delle proprie persone (funzioni HR, I n n o v a z i o n e , C omu n i c a z i o n e I n t e r n a ,
Engagement…). Per partecipare non è necessario aver già sperimentato la gamification.
I risultati di questionari e interviste verrano integrati per offrire un quadro interpretativo di sintesi del fenomeno che verrà presentato durante l’Enterprise Gamification Day. L’evento si terrà a Milano alla fine del 2017.
A margine del Salone del Libro di Torino dove il nostro Fabio Viola ha presentato “L’arte del Coinvolgimento” in un panel dedicato al futuro dell’editoria, è stata registrata questa video-intervista di 3 minuti a cura di Giacomo Lucarini.
Il futuro dei nostri musei ed istituzioni culturali è nelle mani delle nuove generazioni che saranno i fruitori e curatori di domani. E’ innegabile l’evoluzione sociale ed antropologia delle nuove generazioni (a partire dalla Generazione Z dei nati dopo il 2000), cresciute nel corso o nate dopo la terza rivoluzione industriale portata da Internet negli anni ’90 in Italia. Il mondo che si sta plasmando intorno a noi è fatto di connettività h24, possibilità di accedere a notizie e contenuti in tempo reale, multitasking, velocità nei feedback, partecipazione attiva e protagonismo . Questi tratti non dovrebbero rimanere avulsi dai contesti culturali, andrebbero compresi e sinergizzati con la mission. I vantaggi possono essere ampli, tanto in chiave di accessibilità quanto in termini di audience engagement.
Passando da una chiave di astrazione ad una pratica e progettuale, una opportunità è offerta dall’utilizzo dei videogiochi come nuovi linguaggi per raccontare il nostro straordinario patrimonio, sviluppare tool didattici appropriati per le nuove generazioni, creare coinvolgimento su fasce di pubblico difficilmente raggiungibili ed, infine, dar vita a processi di co-creazione.
Come ormai saprete, noi di Tuomuseo crediamo fermamente nella integrazione di esperienze digitali e fisiche. E’ il caso di Father and Son, il primo videogioco al mondo pubblicato da un museo archeologico (il Mann di Napoli). In un prossimo articolo approfondirò i risultati a quasi un mese dal lancio avvenuto il 19 Aprile 2017, ma posso anticiparvi che stiamo traguardando i 200.000 downloads su App Store e Google Play a riprova dell’enorme potenziale di audience development che questi strumenti portano in dote.
Tra gli strumenti più facilmente e immediatamente integrabili nelle proprie strategie vi è Minecraft, un videogioco sviluppato nel 2009 da un gruppo di sviluppatori indipendenti (indie) per poi essere acquistato da Microsoft per 2 miliardi e mezzo di dollari. Disponibile a pagamento per PC, console, smartphone e tablet, conta oggi oltre 100 milioni di giocatori nel mondo prevalentemente ragazzi e ragazzi tra i 7 ed i 17 anni, con fette di utenza anche tra adulti.
Immaginate un mondo virtuale aperto in cui potete creare e modificare qualsiasi cosa per plasmarlo all’infinito con l’unico limite dettato dalla vostra creatività. Un immenso gioco dei Lego in digitale, dove è possibile ricostruire attraverso dei cubi pixellosi città, macchine, ponti, piramidi, foreste per poi condividerle anche con altri giocatori in un mondo che non smette mai di evolversi. E’ straordinario vedere riproduzioni reali o realistiche di città come New York o di intere nazioni come la Danimarca, un lavoro che richiede competenze base di matematica, geometria, geografia, storia. E’ per questo che Microsoft ha lanciato anche una speciale versione EDUCATIONAL che sta entrando prepotentemente anche nelle scuole italiane come strumento didattico.
Ora pensiamo a quante opportunità possa offrire Minecraft applicato al mondo dei musei ed istituzioni culturali italiane. A titolo di esempio:
Laboratori didattici nei musei basati sul gioco Microsoft
Ricreare una riproduzione del museo da rilasciare su Minecraft per raggiungere milioni di nuovi potenziali visitatori
Creare dei mondi esplorabili a partire da alcune opere presenti nel museo. L’opera diventa una ambientazione in cui muoversi, esplorare ed ammirare i dettagli
Lanciare contest aperti a scuole e giocatori di tutto il mondo per ricostruire epoche storiche o situazioni specifiche per poi esporre le migliori elaborazioni direttamente nel museo
Scopriamo insieme alcuni progetti già realizzati dai musei mondiali.
OBIETTIVO: Realizzare mappe Minecraft da distribuire gratuitamente a partire da opere e storie contenute nella collezione. Un modo nuovo per raccontare l’arte rendendola partecipativa, interattiva ed immersiva ad uso e consumo di giovani e giovanissimi dislocati in ogni parte del mondo. Sono state prodotte 16 mappe.
OBIETTIVO: In occasione dei 350 anni dal Grande Incendio che stravolse Londra, il museo cittadino ha realizzato una mostra speciale. E’ stato pensato di estenderla in chiave digitale commissionando 3 mappe di Minecraft per consentire ai giocatori mondiali di vivere Londra prima dell’incendio, durante i 4 giorni dell’incendio e successivamente.
OBIETTIVO: Ricostruire gli avvenimenti della battaglia di Gallipoli avvenuta durante la prima guerra mondiale in Turchia. Il progetto ha visto coinvolto il museo in collaborazione con gli studenti dell’Alfriston College e vede numerosi oggetti delle collezioni ricostruire fedelmente per aiutare i giocatori a comprendere l’epoca e gli sforzi dei soldati neozelandesi durante quell’avvenimento storico
NOME PROGETTO: DANIMARCA IN SCALA 1:1
ISTITUZIONE: Governo Centrale Danimara
OBIETTIVO: Realizzare una mappa Minecraft in scala 1 a 1 prevalentemente ad uso e consumo degli studenti per facilitare la conoscenza del territorio nazionale. Inoltre una base cartografica così accurata doveva esser il punto di partenza per urban planner ed architetti per immaginare la nazione del futuro. Purtroppo il progetto non è più disponibile, come tutti gli strumenti anche Minecraft può avere risvolti negativi se non ben governato. La totale libertà di azione ha portato alcuni giocatori a piazzare cariche di dinamite così da far saltare alcune città cambiando quindi la morfologia del territorio.
In Italia solo nel 2017 vedremo i primi progetti applicati alle nostre istituzionali, come il pilota del Museo del Novecento di Firenze che andrà live nel corso di Maggio consentendo ai ragazzi delle scuole fiorentine di costruire le “proprie opere d’arte” per poi esporle nelle sale virtuali del Museo presente su Minecraft. Il progetto, coordinato dall’amico Marco Vigelini in collaborazione con mappers e youtubers prestigiosi, Gustatevi il video della ricostruzione di Firenze
Questi esempi grattano solamente la superficie delle potenzialità di Minecraft nei contesti museali Il team di Tuomuseo è al lavoro sulle primissime sperimentazion in Italia, contattateci per ogni curiosità e progettualità comune!
E’ un successo meritato, ha dedicato gli ultimi 7 anni a formare e sensibilizzare aziende ed enti pubblici sulla centralità dell’engagement nei loro processi e prodotti. Forte di un bagaglio nell’industria tradizionale dei videogames, ha sviluppato decine di progetti dal loyalty al marketing passando per l’enterprise, ed oggi l’agenzia inglese Rise assegna a Fabio Viola il quarto posto mondiale nella classifica dei migliori gamification designer.
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