L’arte del Coinvolgimento – Il nuovo libro di Fabio Viola
BRAINSTORMING
Organizziamo sessioni full day, utilizzando il mazzo di carte dell'engagement designer ed altri metodi gamificati, per generare e collezionare all'interno di un processo collettivo, le migliori idee provenienti dal team. Questo processo è adatto sia ad obiettivi consumer che enterprise!
Utilizzando il nostro Motivational Design Framework lavoriamo insieme su una griglia che individua gli obiettivi short e long term, la tipologia degli utenti/giocatori, le motivazioni per creare engagement e le meccaniche e dinamiche di gamification indispensabili per le vostre finalità di business.
Per migliorare soluzioni già esistenti o nella fase di costruzione di un nuovo progetto, realizziamo un gamification design document (GDD) e wireframe continuamente iterato fino all’approvazione del cliente.
Dopo decine di esperienze di sviluppo per marchi internazionali, conosciamo le esigenze IT delle aziende e le aiutiamo a scegliere la giusta architettura tra sviluppo ex-novo e utilizzo di api dei gamification vendors.
L’articolo che segue è tratto dall’editoriale del nostro Fabio Viola per il prestigioso magazine cartaceo ArtTribune.
“Esiste una forma d’arte fruita annualmente da 29 milioni di italiani in cui modellazione, architettura, illustrazione, musica e narrativa convergono per dar vita ad opere in grado di emozionare e coinvolgere un pubblico sempre più eterogeneo.
I video-giochi, a soli 40 anni dalla loro nascita, sono diventati non solo la principale industria creativa mondiale con per fatturato e tempo speso, ma anche una delle più complesse e, meno comprese istituzionalmente, espressioni culturali del nostro tempo. Su una nuova tipologia di tela, completamente digitale, i creatori esprimono idee, sviluppano modelli creativi e linguistici, raccontano storie e restituiscono visioni del mondo. E lo fanno dando al fruitore la possibilità di agire e reagire rendendo la produzione autoriale in qualche misura liquida, ed in questo profondamente diversa da tutte le altre espressioni artistiche in cui la meta-riflessione resta ad un livello interiore e mai estetico. Una interiorizzazione dell’esperienza che trova riscontro nell’utilizzo di pronomi personali nei racconti di coloro che han sperimentato un video-gioco: ” “ho salvato la principessa”, “ho esplorato il mondo”, “ho parlato con un personaggio”. Non è forse questa una delle direzioni principali del dibattito culturale sempre più incardinato attorno a vocaboli come partecipazione attiva, “audience engagement” e “co-curation”?
Opere come “Journey”, “Ico”, “Assassin’s Creed”, “That Dragon, Cancer”, “To The Moon” “No Man’s Sky”, e diverse altre migliaia, hanno commosso, emozionato, meravigliato e sfidato intellettualmente milioni di individui nel mondo. Titoli che manifestano plasticamente la velocissima evoluzione, un passaggio dalla pittura rupestre all’arte rinascimentale avvenuta in pochissime decadi. Nonostante i dati restituiscano una figura del giocatore con età media sui 37 anni e certifichino le donne over 50 come uno dei bacini a maggior crescita, aleggia ancora lo stereotipo del passatempo per giovanissimi, un linguaggio in grado di dar sfogo, attraverso la tecnologia ed il digitale, ad emozioni primordiali connesse al bisogno fisico di gioco. Critiche comprensibili, se consideriamo che la generazione di artisti che ha dato vita ai primi video-giochi è ancora in vita.
La cover dell’edizione estiva di ArtTribune contenente l’editoriale di Fabio Viola
Numerosi governi nazionali, dagli Stati Uniti alla Polonia, hanno legislativamente stabilito l’inclusione del video-gioco come patrimonio culturale da tutelare e valorizzare anche mediante agevolazioni fiscali. E’ lecito immaginare nell’immediato futuro la progressiva presenza di questa nuova forma espressiva all’interno delle grandi istituzioni, le americane MoMa e Smithsonian hanno per primi capito il valore artistico e di design includendoli nelle collezioni permanenti. Sono anche nati i primi musei specializzati in questo linguaggio, penso al Vigamus di Roma o al Computerspielemuseum di Berlino e milioni di collezionisti nel mondo spendono anche decine di migliaia di euro per portarsi a casa alcuni titoli.
Includere il video-gioco come decima forma d’arte (Beylie) aprirebbe nuove opportunità, favorirebbe la contaminazione tra generi culturali diversi, l’alfabetizzazione del pubblico ed, al contempo responsabilizzerebbe il processo creativo aiutando il movimento a prendere coscienza degli impatti . I tempi sono maturi?”
I media culturali hanno rappresentato nel corso dei secoli, pur con le dovute diversità, straordinari volani di promozione e costruzione dell’immaginario turistico. Già sul finire del XVII secolo, e ancora per tutto il XVIII, l’Italia divenne la principale destinazione di viaggio per i giovani aristocratici e rampolli europei. I “Grand Tour”, da intendersi come la prima forma di “turismo di massa”, nascevano dalla curiosità di ammirare con i propri occhi le bellezze culturali, oltre ai modi di vivere e gestire la cosa pubblica. Centinaia di migliaia di persone, provenienti prevalentemente dai paesi del Nord Europa, si avventurarono lungo il Belpaese in soggiorni a volte lunghi anche anni con positive ricadute economiche sui tessuti urbani. Fu così che non solo i “grandi attrattori” ma anche centinaia di comuni descritti nell’ Italian Voyage di Richard Lessels, nel Viaggio in Italia di Goethe e nei racconti di Shelley e Byron divennero oggetto di un boom turistico inedito e molto lontano dai “tour utilitaristici” del Medioevo. Le principali espressioni culturali e artistiche dell’epoca divennero inconsapevoli strumenti di marketing territoriale, si viaggiava per visitare quei luoghi visti o immaginati attraverso ritratti e diari di viaggio.
Dopo una interruzione di flussi turistici a cavallo delle due grandi guerre, l’Italia riconquistò presto il primato mondiale come destinazione. Sul finire degli anni ’50 alcune stime affermano che un turista su cinque nel mondo visitava la penisola, conferendo un primato mondiale protrattosi fino agli anni ’70.
Come già ebbi modo di scrivere in un precedente articolo, l’«hardware» culturale unico, inteso in senso allargato a comprendere i beni architettonici, archeologici, artistici, demoetnoantropologici, naturalistici ed enogastronomici, ha rivestito indubbiamente un ruolo centrale. Con oltre 10.000 musei dislocati sul territorio nazionale, il maggior numero di siti Unesco in una singola nazione, una varietà paesaggistica e naturalistica degna di nota ed il maggior numero di prodotti DOC e IGP in Europa è innegabile lo straordinario patrimonio che natura e uomo hanno concorso a creare e lasciare in dote a ciascuno degli 8.000 comuni italiani. Eppure l’hardware da solo non è sufficiente a generare attrattività nell’epoca della globalizzazione. Lo straordinario trentennio di egemonia turistica degli anni ‘50-‘70 si avvalse della creazione di “software” culturali a cui largamente contribuì la crescente industria cinematografica da considerarsi il principale media della generazione dei Baby Boomers (nati tra il 1940 ed il 1960). Pellicole come I Soliti Ignoti, La Ciociaria e La Dolce Vita contribuirono a creare una immagine di “Paese Cartolina”, alimentando un immaginario da esportare in tutto il mondo. Il turista straniero ha conosciuto e si è innamorato della nostra penisola anche attraverso le sequenze diVacanze Romane dove una giovane Audrey Hepburn si muove sullo sfondo del Colosseo, piazza di Spagna e tante altre meraviglie dell’Urbe. Immortale la sequenza in cui Gregory Peck finge di perder la mano all’interno della Bocca della Verità della chiesa di Santa Maria in Cosmedin. A distanza di quasi 60 anni è ancora possibile scorgere lunghe code (paganti) di turisti che si recano presso l’antico mascherone in marmo per rivedere e ripetere quelle gesta immortalate nella pellicola. Emblematico è il caso di Volterra le cui sorti moderne sembrano essere collegate a doppio filo con i media creativi e culturali. Negli anni ’60 lo splendido borgo in provincia di Pisa conobbe un rinnovato periodo di notorietà grazie a film girati nel suo territorio e le continue presenze di personaggi come Vittorio Gasmann e Alberto Sordi. Con il progressivo declino dell’industria cinematografica italiana, anche il borgo conobbe un periodo di depressione fino al 2006 quando la scrittrice americana Stephenie Meyer decise di ambientare, in parte, a Volterra il suo secondo romanzo della saga di Twilight, New Moon. La risposta internazionale fu subito entusiastica; migliaia di turisti che non conoscevano l’esistenza della cittadina si riversarono lungo le sue strade a caccia di vampiri e il Comune insieme a numerose associazioni e tour operator diede vita a veri e propri tour ufficiali. Ma ancora più del libro, effetti benefici e duraturi li portò l’omonimo film del 2009 girato nella vicina Montepulciano con stime che hanno riscontrato crescite a doppia cifra degli arrivi. Questo esempio conferma due assunti: lo straordinario potere che i media culturali e creativi hanno nella costruzione di stratigrafie di storie e suggestioni e che l’editoria cede il passo al cinema come media di riferimento a partire dalla seconda metà del secolo scorso.
L’impatto turistico di Twilight non è un caso isolato: Braveheart ha generato in Scozia + 300% di visitatori, il Castello di Alnwick di Harry Potter + 120%, Il Castello di Agliè di Elisa di Rivombrosa passò da 10.000 a 92.000 visitatori. A partire dagli anni 2000 qualcosa è cambiato ed è ancora largamente incompreso ed inesplorato. Sapete che centinaia di video-giochi sono stati ambientati in Italia con ricadute economiche e turistiche reali per i luoghi, al centro delle storie? Il gioco è il principale media culturale e creativo per denaro e tempo speso dalle e per le nuove generazioni Y (1980-2000) e Z (nati dopo il 2000) in grado di immergere completamente il fruitore nelle storie grazie al suo essere una esperienza attiva in cui il giocatore diventa co-creatore e protagonista dell’esperienza. Il bacino di fruitori è in crescita, con una età media di 35 anni ed è sempre più trasversale: in Italia si stimano oltre 20 milioni di giocatori e nel mondo oltre 1 miliardo.
L’esempio da cui partire è sicuramente Assassin’s Creed 2, video-gioco realizzato dalla azienda francese Ubisoft ed ambientato in città italiane come Venezia, Roma, Firenze, Forlì, San Gimignano e Monteriggioni. Oltre 80 milioni di persone nel mondo hanno acquistato (costo medio 60 euro) i capitoli di questo Blockbuster video-ludico entrando in contatto con personaggi, storie ed ambientazioni anche italiane: un viaggio virtuale nell’Italia rinascimentale, in cui i giocatori si possono muovere a piacimento tra Palazzo Strozzi, il Colosseo, il campanile di San Marco e mille altri luoghi dove il piacere del gioco diventa anche occasione per un turismo virtuale che sempre più spesso si traduce in turismo reale.
Grazie a questa saga, infatti, molti giocatori hanno espresso il desiderio di effettuare dei tour reali dei luoghi toccati dal gioco, orientandosi con disinvoltura nei centri storici cittadini alla ricerca delle “fondi di ispirazione” reale dei luoghi virtuali: uno strumento formidabile di “audience development”favorito dall’alto tasso di coinvolgimento che questo media può offrire comparato ai suoi cugini musica, editoriale e cinema. Non è una coincidenza se uno dei luoghi riprodotti, il piccolissimo borgo di Monteriggioni in Toscana, abbia conosciuto a partire dal 2009 un aumento significativo dei flussi turistici. Come dichiarato dall’assessore al Turismo del comune, Rossana Giannettoni «Assassin’s Creed ha dato al castello una grandissima visibilità e la possibilità di essere conosciuto in tantissimi luoghi dove noi difficilmente saremmo riusciti ad arrivare con la nostra attività promozionale. Una curiosità che può dare alcune indicazioni in merito: la sezione distaccata The Cloister del Guggenhein Museum di N.Y, dedicata appunto al edioevo, ha richiesto una ricostruzione in miniatura del nostro castello, conosciuto proprio attraverso il video gioco».
Gamification, da intendersi come scienza del coinvolgimento, per migliorare le performance di aziende ed enti pubblici continua a crescere in fatturato e numero progetti su scala mondiale. L’ultima conferma arriva dalla start up americana GamEffective che ha appena ricevuto un secondo round di finanziamento da 7 milioni di dollari che portano ad un totale di 10 i fondi ricevuti. L’azienda opera nel settore della Enterprise Gamification, sviluppa soluzioni software che aziende piccole e grandi utilizzano per migliorare servizi interni quali la formazione del personale, assistenza clienti, motivazione della forza vendita, le attività di back office e le operazione di call center.
L’ideale viaggio del dipendente in un processo di progettazione.
E’ un tema centrale, molte aziende perdono annualmente centinaia di migliaia o milioni di euro in mancata produttività dei propri dipendenti. I tradizionali software aziendali non sono più in grado di motivare e coinvolgere i dipendenti, con un netto peggioramento sulle performance degli under 40. Ancor più che incentivi o punizioni, è fondamentale ridisegnare molti dei processi interni per arrivare a risultati migliori. Per questo negli ultimi anni sono sempre più le aziende che hanno guardato alla gamification come possibile panacea ai problemi. E’ fondamentale però progettarla bene, andare oltre le classiche meccaniche punti, badge e premi offerte dalle media agency e vendors italiani. Come il nome indica, è fondamentale conoscere le leve motivazioni e i principi del design dei video-giochi per avere un reale ritorno sull’investimento.
La piattaforma presenta alcune meccaniche e dinamiche interessanti che andiamo ad esaminare.
Real Time Performance Metrics
Una migliore ed in real time visualzizazione delle performance migliora i comportamenti dei dipendenti
E’ un punto di partenza imprescindibile che portiamo sempre nelle giornate di consulenza e nelle progettazioni di esperienze gamification. Gli obiettivi che il consumatore o dipendente deve raggiungere vanno suddivisi in piccoli task giornalieri o settimanali. Questi micro-obiettivi anno restituiti graficamente in modo accattivante e sostenuti mediante l’introduzione di progress bar e reward emotivi. I dipendenti potranno così verificare in tempo reale la propria situazione in relazione al KPI da raggiungere (vendite, telefonate, moduli formativi etc etc…). Per progress bar intendo quelle barre nell’immagine sovrastante che presentano colori differenti (dal rosso negativo al verde positivo) per aiutare la comprensione del risultato da portare a casa. All’estrema destra dei punti aggiungono un rinforzo e costituiscono la base di riferimento per elaborare statistiche ed assegnare premi.
E’ possibile creare forme di comparazione sociale visualizzando le metriche individuali, di tutti i dipendenti e del miglior dipendente
Una interfaccia come quella di cui sopra aggiunge pressione sociale nei comportamenti degli utenti. Una tripla progress bar, relativa al punteggio all time, mette in relazione il grado di completamento individuale con la media dei dipendenti e con quello del leader in classifica. Questa scelta di design aiuta ad accelerare i comportamenti mettendo in relazione indiretta tutta la base utenza.
NARRATIVE
E’ possibile immergere i dipendenti in scenari sportivi o fantastici per aumentare l’engagement
Una esperienza solitamente ripetitiva e scarsamente appealing può ricevere un potente boost dall’introduzione di elementi di storytelling e narrativa. L’idea è trasformare l’utente in un eroe, sportivo o immaginario, e le sue performance trovano un immediato riscontro a schermo. L’immagine sovrastante mostra un contesto golfistico, ad ogni missione correttamente portata a termine si avanza nel circuito con tanto si visualizzazione dei campi da golf insieme alle proprie statistiche individuali.
Quest’altro esempio mostra un tema F1 in cui ogni dipendente (o filiale) trova riscontro grafico in una vettura. Anche qui la narrativa è introdotta per dare un “Meaning” all’esperienza. Non solo si procede nelle classifiche ma si ha anche una gratificazione visiva grazie all’introduzione di una storia collegata alle auto.
E’ importante sottolineare che differenti storie meglio si adattano a differenti obiettivi. Il tema della competizione sportiva (calcio, basket, golf, racing) sono ottimi per stimolare le performance di vendita. Il tema della mappa da esplorare sbloccando progressivamente città si adatta bene al learning e così via.
L’ultima immagine mostra la gran mole di lavoro progettuale alle spalle per dar vita a progetti di gamification 2.0. Per 2.0 intendo una complessità di design in grado realmente di coinvolgere e motivare i fruitori attraverso il ricorso a numerose tecniche di game design, psicologia e scienze comportamentali.
Il prossimo 16 Settembre dalle 9.30 alle 11 il nostro Fabio Viola, leader italiano nella scienza della gamification, sarà speaker alla Social Media Week di Roma. Oggetto dei 90 minuti sarà il fenomeno Pokemon Go da intendersi come rivoluzione in ambito gaming, gamification, tecnologica, economica e sociale. Ciascuna di queste componenti sarà approfondita per comprendere le ragioni di un successo senza eguali, a meno di un mese dal rilascio oltre 100 milioni di downloads. Quali lezioni il titolo Niantic ci insegna? Come è possibile utilizzare Pokemon Go come strumento per attività commerciali ed istituzioni culturali? Quali scenari futuri si aprono per progetti in realtà aumentata?
Per registrarsi gratuitamente al workshop “Pokemon Go Mania” consultare il sito web ufficiale.
Per maggiori approfondimenti sul tema è possibile consultare due articoli scritti da Fabio Viola:
Non è propriamente un caso di gamification, ma sicuramente l’idea di creare aree gaming all’interno delle biblioteche rappresenta una interessante iniziativa di contaminazione culturale e di coinvolgimento di pubblici. L’articolo è originariamente apparso su TuoMuseo.it a firma di Emanuele Cabrini di Gamesearch.it!
Da quasi 20 in Italia si è iniziato a parlare di videogiochi in biblioteca, più precisamente nel 1998 quando su Bibliotime apparve un contributo del bibliotecario Francesco Mazzetta dal titolo “Biblioteche in gioco? Riflessioni sui videogiochi in biblioteca”. E’ passato del tempo ma concretamente le biblioteche italiane hanno iniziato ad aprirsi a questa prospettiva solo recentemente. Ritengo che i motivi siano molteplici ma, per riassumere i principali, direi che sta iniziando ad avere un certo peso l’esigenza di coinvolgere una fetta più ampia di utenti e di cambiare la sensazione che la biblioteca trasmette alla collettività: da luogo silenzioso per pochi intenditori di libri, talvolta un po’ cupo e ripiegato in qualche scantinato di una scuola o di un altro ente pubblico, ad incubatore di cultura e di nuove prospettive con tanto di spazi ampi – dedicati un po’ allo studio, un po’ alla socializzazione e condivisione di idee e passioni – ariosi ed ben illuminati, in linea con i moderni standard di design.
Purtroppo è una visione di cui, come spesso accade, in Italia se ne discute da decenni ma che poi – salvo eccezioni di cui parlerò a breve – ha visto reale riscontro (anche in termini di successo) all’estero, in particolare in America e nel nord Europa.
In materia di giochi da tavolo e soprattutto di videogame lavoro con diverse realtà culturali del nord Italia e biblioteche dal 2010: dapprima questi luoghi sono stati teatro di iniziative dedicate alla storia dei videogame, incontri di formazione con scuole ed insegnanti, e a momenti ti confronto su temi “sensibili” (violenza, dipendenza, impatto dei videogiochi nella cultura popolare e altro); poi negli ultimi anni ho avuto il compito di aiutare alcune biblioteche della Lombardia e dell’Emilia Romagna ad allargare i propri orizzonti e ad aprire delle gaming-zone con tanto di postazioni console e prestito di videogame.
Tra queste impossibile non citare il Multiplo di Cavriago (Re) con 4 postazioni console ed un patrimonio di oltre 200 videogame, le grandi biblioteche Valvassori Peroni e Cassina Anna di Milano, il nuovo centro PuntoCerchiate del Consorzio Sistema Bibliotecario Nord Ovest Milano, e le biblioteche della Fondazione PER LEGGERE (periferia ovest di Milano) tra cui spicca anche una gaming-zone nel carcere di massima sicurezza di Milano-Opera.
“Il Centro Culturale Multiplo ritiene che il videogioco non solo è un’espressione della cultura contemporanea, ma ne è un’espressione illustre. Luogo intellettuale ed emotivo di sperimentazione, di creazione di nuovi linguaggi, di interazione sociale e di esplorazione del mondo, il videogioco ha dimostrato negli ultimi decenni di vita di avere tutte le carte in regola per assumere il ruolo di fenomeno culturale di massa nella società contemporanea e futura, nel punto ideale di congiunzione tra l’arte, la tecnologia, la comunicazione di massa e l’intrattenimento.”Alfonso Noviello – Referente per il Coordinamento del Servizio Giochi.
Le nostre biblioteche hanno da tempo superato il concetto di magazzino di libri per diventare, invece, luogo d’incontro che sviluppa socialità, accesso, condivisione e creatività per tutte le fasce della popolazione.Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di investire sul mondo dei videogames e sullo spazio ludico in generale. Lo abbiamo fatto con la stessa convinzione che ci ha portato ad aprire nelle nostre biblioteche nuovi spazi e servizi di successo quali i tecnologici Fab Lab, il pianoforte con il progetto Sound Please, e le opere d’arte contemporanea con il progetto Artoteca. Gianni Stefanini – Direttore Consorzio Sistema Bibliotecario Nord-Ovest Milano
Dopo anni di esperienza vorrei non tanto elencare i risvolti positivi di queste iniziative (riassumibili nell’idea di favorire una presa di coscienza del “giocare consapevolmente” – o conscious gaming) quanto indagare alcuni motivi che, a mio avviso, impediscono al videogioco (e alla gamification in senso più ampio) di avere un peso maggiore nel nostro paese, in contesti culturali e non solo. Problemi che provengono da più fronti e su cui ritengo bisognerebbe intervenire con maggior decisione.
– Non esiste una reale consapevolezza di cosa un videogame possa offrire, non solo in termini di intrattenimento. Mi capita di discutere con persone (ad esempio bibliotecari) che avanzano resistenze di vario tipo. Alcuni domandano: “i videogame sono per bambini e non capisco perché molti propongono contenuti per adulti”. In questo caso manca la consapevolezza che l’età media del videogiocatore nel mondo, ed in Italia, è superiore ai 30 anni. Un prodotto ormai trasversale, fruito equamente da uomini e donne così come da bambini e da adulti. [n.b. condividiamo in pieno le idee espresse da Emanuele Cabrini, i video-giochi sono una espressione culturale e artistica della contemporaneità]
– Spesso coloro che non videogiocano non sono propensi ad accettare l’idea che questo media possa coinvolgere il fruitore anche da un punto di vista emotivo con storie per un pubblico maturo (ma non solo) paragonabili ai capolavori della letteratura, del cinema o dei fumetti. Ricordo con un sorriso un dialogo con un bibliotecario avvenuto pochi mesi fa. L’argomento era Grand Theft Auto 4. Chi conosce la serie GTA ed è dotato di una certa maturità e forma mentis sa bene che dietro la violenza visiva di alcune scene in realtà si cela una critica al sogno americano, al consumismo (come ho segnalato con la medaglia “Pensatore” in un articolo su GameSearch.it, sito che gestisco dal 2009). Lui mi disse di non credere a questa cosa. Gli domandai se avesse giocato a GTA4 ma il bibliotecario mi rispose di aver soltanto visto qualche video su YouTube in cui “si facevano esplodere le macchinine”. Per certi aspetti mi sembra un po’ come guardare uno spezzone di 30 secondi diApocalypse Now e aver la pretesa di affermare che sia soltanto un film violento.
– Per riallacciarmi ad un discorso fatto da Fabio Viola, Presidente di TuoMuseo, durante un simposio al quale abbiamo partecipato in occasione dell’evento Neoludica Inside Videogame, anche nel mio caso ho constatato che in buona parte delle biblioteche con cui lavoro gli stessi bibliotecari non videogiocano, alcuni neppure ci provano. Non si richiede ovviamente che il bibliotecario diventi un esperto, ma credo sia essenziale provare almeno qualcosa (non i soliti blockbuster, ma magari titoli come Life is Strange), assumere un atteggiamento diverso per creare quella consapevolezza che poi la biblioteca deve trasmettere ai suoi utenti.
– Alcuni mi dicono “la biblioteca è il luogo dei libri”. Come invece ricorda il Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche la “biblioteca è un luogo attento e aperto alla nuove tecnologie e ai nuovi media”.
Ci sono tante prime volte nella vita. Oggi per la prima volta Che-Fare ospita il tema della gamification sulle sue pagine digitali. Il nostro Fabio Viola esordisce con un articolo dal titolo Playable City – La Città in Gioco all’interno di uno dei centri di discussione più attivi e innovativi in Italia (oltre ad uno dei bandi più ambiti). Invitandovi a leggere l’articolo integrale, vi lascio alle conclusioni:
Sogno una città in cui il sorriso e il divertimento diventino connettori sociali. Una città in cui giocare significhi esplorare, imparare e sviluppare senso civico. Una città che susciti costantemente azioni e reazioni. Voglio ascoltare i miei nipoti raccontare le loro gesta urbane con gli stessi pronomi utilizzati dai video-giocatori: “io ho esplorato”, “io ho preso parte ad una missione”, “ho collaborato per superare un ostacolo “. Quando le storie passeranno dalla terza alla prima persona, la sfida potremo considerarla vinta!
E’ stata una bellissima esperienza quella di ArtLab 2016 a Milano. Lo scorso Maggio, su invito di Fondazione Fitzcarraldo, ho avuto il piacere di tenere un workshop di un’ora sul tema dei video-giochi e gamification come strumento nelle istituzioni culturali. A margine dell’intervento una interessante, almeno per me, chiacchierata con Luisella Carnelli di Fondazione Fitzcarraldo sul tema dell’engagement.
A soli quarant’anni dalla loro nascita, i video-giochi sono diventati una delle principali industrie creative e dell’intrattenimento al mondo. Non deve stupire una proiezione di fatturato mondiale superiore ai $100 miliardi di dollari nel 2017, da anni ormai hanno superato cinema, musica e libri per volumi di affari. Un recente report sulle industrie culturali e creative in Inghilterra, testimonia come il comparto «IT, software e games» abbia generato nel 2014 un indotto economico superiore a «film, TV, music, publishing, design, fashion, and architecture» messi insieme.
Eppure i numeri economici raccontano solo una parte, minoritaria, della storia. A sorprendere è lo straordinario consumo ed influenza sociale che questo medium sta avendo su una popolazione sempre più trasversale. Superato l’assioma video-giochi=nerds, i dati ci restituiscono una realtà stratificata che vede i 29 milioni di italiani giocatori egualmente ripartiti tra uomini e donne. Se è vero che il 91% dei ragazzi e ragazze in età scolare tra i 2 ed i 17 anni utilizza i giochi elettronici, è altrettanto interessante notare come il bacino demografico a maggior crescita è rappresentato dalle donne over 50.
Un bacino enorme, trasversale, che fruisce i video-giochi ma anche un elevatissimo numero di aziende produttrici. Da multinazionali con fatturati da miliardi di dollari come Activision, Ubisoft, Electronic Arts e Supercell a team indie composti da pochissimi sviluppatori. Solo in Italia si contano circa 500 studios (largamente piccoli e piccolissimi) a riprova di un potenziale enorme di creatività ed espressione.
E se vi raccontassi che alcuni video-giochi hanno contribuito alla valorizzazione culturale e turistica di intere città e comprensori? L’esempio da cui partire è sicuramente Assassin’s Creed 2, video-giochi realizzato dalla azienda francese Ubisoft ed ambientato in città italiane come Venzia, Roma, Firenze, Forlì, San Gimignano e Monteriggioni.
Un video-gioco che attinge ad ambientazioni reali e le cala in un universo narrativo verosimile (non storicamente accurato) consentendo a decine di milioni di persone nel mondo di entrare in contatto con personaggi, storie ed ambientazioni italiane. Una operazione commerciale, nata per generare profitto da parte di una corporation privata, che ha avuto al contempo un profondo impatto turistico sui territori.
Un viaggio virtuale nell’italia rinascimentale, in cui i giocatori si possono muovere a piacimento tra “palazzo Strozzi, il Colosseo, il campanile di San Marco e mille altri luoghi dove il piacere del gioco diventa anche occasione per un turismo virtuale. E voglia di visitare dal vero le città”.
Da questa saga infatti molti giocatori hanno espresso il desiderio di effettuare dei tour reali dei luoghi toccati dal gioco, orientandosi con disinvoltura nei centri storici cittadini che conoscevano oramai meglio delle guide turistiche. Il turismo virtuale quindi si trasforma in una grande occasione per portare soprattutto le giovani generazioni alla visita anche di località fuori dai circuiti turistici tradizionali.
E’ il caso di Monteriggioni, dove dall’uscita del gioco nel 2009 il turismo ha iniziato lentamente a crescere. Due terzi dei visitatori arrivano nel piccolo borgo incastellato in Toscana grazie al gioco anche a distanza di ormai 7 anni. Una coda lunga ed un successo ottenuto a costo zero grazie allo straordinario volano pubblicitario ed emozionale che il gioco è riuscito a regalare alla città.
Monteriggioni in Toscana è una delle ambientazioni reali riprodotte in Assassin’s Creed II
Afferma l’assessore al Turismo di Monteriggioni, Rossana Giannettoni: “(Assassin’s Creed, ndr) ha dato al castello una grandissima visibilità e la possibilità di essere conosciuto in tantissimi luoghi dove noi difficilmente saremmo riusciti ad arrivare con la nostra attività promozionale. Una curiosità che può dare alcune indicazioni in merito: la sezione distaccata The Cloister , del Guggenhein Museum di N.Y, dedicata appunto al medioevo, ha richiesto una ricostruzione in miniatura del nostro castello, conosciuto proprio attraverso il video gioco.”
Impatti turistici, economici e culturali ancora non compresi ed incentivati dalla classe dirigente. Ad oggi le Film Commission regionali operano attivamente, e bene, nel “tourism fiction” largamente basato su produzioni cinematografiche. E se i video-giochi divenissero un nuovo media su quale investire per attrarre turisti?
Il caso di Monteriggioni restituisce un aumento a tripla cifra del turismo nel piccolo borgo. Ma si pensi anche a città come Firenze in cui uno dei percorsi più acquistati e apprezzati dai turisti è l’Assassin’s Creed Tour.
Assassin’s Creed non è un caso isolato, Wikipedia restituisce ben 131 giochi ambientati in toto o in parte in Italia. Sommando i dati di vendita, si stimano circa 1 miliardo di copie vendute che corrispondono ad un miliardo (ma anche più considerando che spesso i titoli vengono giocati e condivisi con amici) di persone esposte ad una ambientazione reale italiana. Un pubblico giovane difficilmente intercettabile attraverso altri canali promozionali.
Giochi ambientati negli scenari reali più disparati: musei, baite, borghi medievali, aree archeologiche romane, aree montane, località marittime, stadi di calcio, circuiti di Formula Uno, strutture industriali abbandonate etc etc.
La landing page di GameCommission.it, il primo portale italian per incrociare domanda e offerta di turismo video-ludico
Da questa lunga ma doverosa premessa, nasce il progetto GameCommissionpromosso dall’associazione culturale TuoMuseo, finanziata e incubata da Fondazione Cariplo per innovare la fruizione turistica e culturale in Italia.
Il nostro obiettivo è fornire una serie di strumenti alla comunità di sviluppatori mondiali per introdurre storie, oggetti, personaggi e ambientazioni reali nelle loro future produzioni. I game developers e publishers troveranno fonti di ispirazione, agevolazioni economiche nei territori partner, visibilità e marketing. Il territorio, invece, beneficerà di una opportunità unica per raggiungere e coinvolgere nuove tipologie di turisti. Ed infine i turisti potranno finalmente trovare percorsi tematici basati sui loro video-giochi preferiti generando nuove economie che coinvolgono territori ed associazioni locali che erogheranno questi tour.
Una vera e propria GameCommission sulla stregua delle Film Commission regionali già attive da anni in Italia. Sono numerose le istituzioni pubbliche partner del lancio ufficiale del progetto, una sfida collettiva nata dal basso che deve trovare la sponda pubblica per creare ricadute anche occupazioni sul territorio.
Mai come ora ci sarà bisogno dell’aiuto di tutti per trovare locations spettacolari e scovare i giochi che negli ultimi 40 anni sono stati ambientati in Italia. La sfida è aperta, andate su GameCommission.it!
[Update] Considerate le tantissime mail e richieste ecco cosa fare per richiedere che il vostro luogo venga inserito come Poke Stop o Gym all’interno di Pokemon Go. La procedura, al momento, non garantisce l’inclusione e lo sviluppatore non assicura alcuna tempistica.
Il 6 Luglio 2016 è destinato a diventare una data storica nell’industria dei video-giochi e non solo. Il rilascio dell’applicazione gratuita per Apple ed Android, Pokemon Go, è stato un successo senza precedenti. In una sola settimana decine di milioni di giocatori hanno scaricato ed utilizzato il gioco tanto da superare il numero di utenti attivi in social network storici come Twitter. Fiumane di persone, anche non giocatori, stanno invadendo le strade di tutto il mondo a caccia di Pokemon da catturare. Eh si, la grande differenza di questo titolo rispetto agli altri sul mercato è l’innescare le meccaniche di gioco all’interno del mondo reale attraverso la realtà aumentata. Si cammina lungo le strade col GPS attivato a caccia di creature da collezionare, poteri da sbloccare, territori da difendere ed amici da incontrare.
Se pensate che il successo sia nato casualmente, vi sbagliate. Pokemon è un franchise nato su GameBoy nel 1996 che ha spopolato in ogni sua estensione fisica e multimediale dai video-giochi ai cartoni animati passando per le carte collezionabili. Una folta fan base sulla quale Nintendo ha aggiunto la garanzia del proprio marchio e le capacità tecnologiche del team Niantic.
Ma quello che nasce come un innovativo video-gioco sta già generando una economia reale di rimando con attività commerciali e luoghi culturali che, soprattutto negli Stati Uniti, hanno iniziato dal dayone a sviluppare strategie di marketing per migliorare la conversion e la “pedonabilità” del punto vendita. Migliaia di persone che, a costo zero o quasi, si stanno riversando in luoghi normalmente non frequentati generando numerose nuove opportunità sopratutto per i luoghi medio e piccoli.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire come funziona il gioco e come le logiche possano intersecarsi con discorsi economici e culturali.
Una volta installazione l’applicazione, sarà disponibile in settimana ufficialmente anche in Italia, e configurato l’account è necessario selezionare il proprio personaggio. Ora finalmente il gioco può avere inizio.
CATTURARE POKEMON
E’ la meccanica principale attorno al quale ruota tutta l’esperienza. E’ necessario uscire di casa ed esplorare il territorio, chi vive in aree ricche di luoghi e più densamente popolate sarà ovviamente avvantaggiato. In basso a destra dello schermo è presente un menù, aprendolo apparirà una schermata che mostra tutti i pokémon presenti in zona conuna indicazione, basata sul simbolo delle orme, della loro distanza dalla nostra attuale posizione. Man mano che ci avvicineremo diminuiranno le orme e l’icona in basso inizierà a lampeggiare ad indicarci che la nostra preda è sempre più vicina. Quando vi troverete vicino a un Pokémon, l’applicazione vi avviserà con una vibrazione e vi permetterà di provare a catturare la creatura sfruttando, ovviamente, le Pokéball. Quando vedrete l’icona apparire sullo schermo cliccate e lanciate la vostra Pokéball con un semplice swipe. In alcni casi, soprattutto per i Pokémon evoluti o di livello troppo alto, il cerchio che circonda la creatura non sarà verde ma giallo o rosso e sarà, quindi necessario, sfruttare delle Pokéball migliori acquistabili solamente ai Pokéstop.
Sarà inoltre possibile, fuggire dalla lotta, scattare una foto o usare uno strumento cliccando sulle apposite icone a schermata. Per aumentare le possibilità di trovare pokémon potete usare lo strumento AROMA che attirerà i pokémon presenti per 30 minuti.
Una volta catturato il pokèmon verrà registrato nel pokédex.
POKÈ STOP
I Poke Stop sono dei veri e propri punti di interesse generati autonomamente dal gioco e localizzati, in linea di massima, intorno o dentro luoghi pubblici e privati riconosciuti: teatri, piazze, monumenti, ristoranti etc etc. Diventano tappe obbligatorie per i giocatori/allenatori e sono riconoscibili nella cartografia di gioco mediante icone di colore blu. Cliccando sull’icona il sistema restituisce il nome del luogo (museo xx, castello xx, monumento zz) dando una primissima visibilità gratuita. Una volta giunti nei pressi di un Poke Stop esso si attiva e con un movimento di slide laterale, il giocatore otterrà oggetti virtuali utili alla crescita dei propri pokemon come Uova e Sfere Pokè.
Se il vostro luogo culturale o attività commerciale si ritrova ad essere un Poke Stop (al momento non è possibile richiedere di esserlo, o il sistema vi ha assegnato questo ruolo o nulla) vi ritrovate con un potenziale enorme tra le mani che potrete decidere di “sfruttare” ed “incentivare” per raggiungere i vostri obiettivi. Nei piani futuri è prevista la possibilità di essere una location sponsorizzata, non si conosce ancora quando questa funzione sarà introdotta dando la possibilità a chi non è stato selezionato come Stop di esserlo dietro versamento di un corrispettivo economico. Vediamo come
Inserite cartellonistica e segnaletica all’esterno della location per indicare che siete un Poke Stop ufficiale così da far più facilmente avvicinare persone. E’ possibile abbinarvi dei mini concorsi in cambio di azioni che l’utente deve svolgere (acquistare una bevanda, effettuare un tour museale, condividere sui propri social foto del locale con un pokemon sullo sfondo etc etc).
Sono sempre più le attività pubbliche e private che inseriscono sulle vetrine fronte strada delle creatività per incentivare l’ingresso e interazioni dei giocatori
2. Crea menù, esperienze, raduni, manifestazioni, gadget in grado di richiamare nel tuo luogo la massa crescente di Pokemon Go Maniacs.
Organizzare meet up è una delle strategie per far convergere giocatori in una location
3. Foto e Social Media: Incentivare i giocatori a scattare foto dei Pokemon o degli oggetti trovati nel vostro Poke Stop e a caricarle sui propri social media con l’hashtag del vostro luogo. Voi stessi potrete scattare foto ai giocatori e caricarle sui vostri account ufficiali richiamando così l’attenzione degli altri allenatori in zona.
Ristoranti che utilizzano Pokemon Go per pubblicizzarsi su Twitter. Notare i giusti hashtag #PokemonGo e #Pokemon seguiti dalla community
Instagram è probabilmente il social media più adatto per far leva sul fenomeno Pokemon Go.
Non solo attività commerciali, sono numerosi i musei che stanno cavalcando l’onda. Qui la sfida è più complessa e delicata. Ad esempio il Crystal Bridges Museum of American Art sta dedicando iniziative e campagne social media essendosi ritrovato ad essere un Poke Stop.
ACQUISTARE MODULI ESCA
E’ la funzionalità forse più importante per quei luoghi che si ritrovano ad essere Poke Stop. Consente di trasformare il proprio museo o negozio in un “centro di cattura”. Per farlo bisogna possedere dei “Moduli Esca” e attivarli nel menù – in alto, subito sopra l’immagine del monumento. Questa funzionalità è acquistabile a PAGAMENTO (un euro circa per una durata di 30 minuti, ricaricabile all’infinito) all’interno dello store virtuale del gioco. Una volta selezionato, vedi foto in basso, bisognerà pagare con la carta di credito associata all’account attivo sul telefonino e finalmente avremo in dotazione 1 Modulo Esca o Lure in inglese. Una volta attivato tutti i Pokémon nei dintorni si avvicineranno al punto d’interesse. Il bonus dura mezz’ora e vale sia per voi sia per tutti gli altri giocatori.
Essee un luogo popolato da tantissimi Pokemon significa sicuramente ricevere visite dai giocatori che resteranno nei pressi per catturare più creature possibili. Il gestore del luogo di interesse dovrà essere abile a strutturare una strategia di utilizzo. Ad esempio è possibile attivarli nei momenti “morti” della giornata e dovrà obbligatoriamente agganciarci idee e creatività per convertire questi utenti zombie in utenti attivi ed utili alla propria mission. I primi racconti e report indicano un ritorno sull’investimento (ROI) elevatissimo, pochi euro investiti in cambio di aumenti di vendite a doppia cifra.
Il Modulo Esca o Lure è uno dei tools più potenti nelle mani dei gestori dei luoghi di interesse per guadagnare visitatori ed utenti
PALESTRE
Pokémon GO ha un sistema di fazioni, tutti i giocatori infatti devono scegliere una squadra quando hanno raggiunto il livello cinque. I team sono tre e prendono il nome di Rosso, Blu e Giallo: sta a voi scegliere quale più si addice alla vostra persona.
Le palestre sono dei luoghi in cui i giocatori si sfidano con i loro Pokémon per la supremazia, difatti l’obiettivo di questo gioco non è solo quello di completare il leggendario Pokédex (il catalogo dei Pokemon) ma anche quello di rendere la propria squadra la numero uno al mondo. Per farlo bisogna conquistare la palestra più vicina alla vostra posizione.
Come potrete intuire qui c’è tantissimo potenziale per i punti di interesse. Si tratta di luoghi in cui ci si opera in gruppo contrariamente ai Poke Stop. Anche qui dovrete controllare se la vostra location è identificata come Palestra (gym) e poi costruire attorno un sistema di marketing adeguato
A titolo di idee:
Giveaways: Crea dei badges Pokemon Palestra da personalizzare con logo o frasi della tua attività da regalare ai membri del team che possiedono la palestra
Classifiche: Crea una cartellonistica esterna/interna al locale in cui aggiornare gli avventori su quale team è al comando. Magari allacciare uno sconto esclusivo solo per i membri di quella squadra fino a quanto resta al comando.
Social: Scatta foto delle squadre e pubblicale sui profili social implementando gli hastag giusti come #pokemon e #pokemongo. Incentiva l’utilizzo del tuo hashtag all’interno delle loro foto.
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Sono reduce dalla tre giorni di Neoludica Inside Videogames a cui ho partecipato come speaker e membro del comitato scientifico. Nella splendida cornice dell’isola di San Servolo si è discusso di video-giochi e gamification in ambito culturale e artistico, mondi apparentemente lontani che presentano molti punti di congiunzione. E’ stato bello vedere insieme sviluppatori di video-giochi, artisti ed accademici pronti a contaminare professionalità ed esperienze per immaginare nuovi modi di raccontare la nostra straordinaria bellezza. La qualità degli interventi è stata elevata ed ho personalmente riempito un mezzo quaderno di appunti da cui conto di ricavare un post nel prossimo futuro.
Durante la permanenza veneziana ho avuto anche il piacere di scambiare alcune chiacchiere in libertà con diversi media presenti all’evento. Parto ringraziando Gaia Cerrai di Lo Sbuffo per questa mini clip di 4 minuti, poi la conversazione è ampiamente continuata off the records, sul tema gamification ed affini.
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