Stiamo vivendo un periodo di transizione verso nuove metodologie di impresa e di imprenditoria, sempre più coinvolte con il social e con la sperimentazione. Speriamo di cuore anche sempre più indirizzate ai digital nomads e al telelavoro, anche se questi aspetti sono storicamente osteggiati dalla nostrana cultura “industriale” imperniata di ufficio, di presenza fisica piuttosto che mentale, di orari e cartellini.
Ebbene è appena approdato anche da noi un esperimento totalmente antitetico a questo imprinting mentale antico, e vogliamo sposare il suo progetto perché porta nell’ambito educativo lo spirito non ingabbiabile proprio della gamification: parliamo dell’università secondo 42 Roma Luiss.
Come funziona
Questo progetto riprende quanto lanciato dal Network 42 in altre nazioni, e prevede un apprendimento gratuito della programmazione, scevro da numero chiuso e titoli di studio pregressi di altri istituti. Non esistono rette, non esiste il curriculum vitae.Per essere ammessi non è necessario alcun background, ma solo la partecipazione al processo di selezione sul campo chiamato “Piscine”, una full immersion di coding di 4 settimane, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Al termine verranno selezionati i programmatori che mostrano maggiore attitudine ai principi della scuola, cioè la collaborazione, il focalizzarsi sulla soluzione del problema, la condivisione del risultato.
In cosa questa visione dell’università sposa la gamification? Innanzitutto la parificazione dei partecipanti: non esistono gerarchie perché non ci sono professori né esami. I risultati del proprio lavoro di programmatore sono quello che conta. Il percorso di apprendimento è costruito con il peer-to-peer learning e il learning-by-doing.
Mancando di punti di riferimento, si deve affrontare una vera e propria sfida e mettersi alla prova similmente alle dinamiche dei videogiochi multiplayer dove spesso i giocatori partecipano evitando training session o tutorial e preferendo sperimentare.
Partendo da queste basi, si fa leva totalmente sull’ engagement dei partecipanti, che non devono essere istruiti sulle regole ma portano il proprio contributo in base a ciò che gli riesce meglio e che più li entusiasma, modificando le regole stesse durante il progresso del progetto.
Il risultato del proprio contributo è visibile ad opera in corso e quindi si ha un riconoscimento immediato che possiamo valutare spontaneamente ma che soprattutto viene riconosciuto socialmente dal gruppo di lavoro in quanto saranno i colleghi studenti ad utilizzare le vostre soluzioni se sono valide!
Come possiamo valutare la parte rivoluzionaria di questo approccio e la sua efficacia in termini di un percorso gamificato?
Sicuramente è stata aperta una strada nuova, che non facendo uso delle vetuste basi del baronato universitario tipico italiano (autorità non discutibile basata solo sulle cattedre e quindi autoritaria e non motivazionale) inverte il ruolo dello studente da recettore a protagonista, a guida di se stesso e degli altri: la rivoluzione è servita.
Diverso il discorso sull’efficacia: questa va valutata con il tempo, in termini di confronto fra pari secondo credi differenti.
Sarebbe superficiale asserire che metodologie nuove sono migliori tout court: la missione della gamification non è sconvolgere lo status quo, ma andare a scovare le potenzialità che sempre sono state silenti e mortificate e condurle per mano sul pulpito perché possano contribuire.
In conclusione, 42 Roma Luiss è un primo esempio di università gamificata, non necessariamente l’esempio perfetto, e neppure crediamo noi che sia nata con lo scopo di esserlo. Speriamo vivamente che se ne parli e che abbia successo, affinché il suo esempio venga sviluppato da altre accademie.