Negli ultimi anni mi è capitato di osservare diversi miei amici eccellere nei videogiochi. Non importa che si trattasse di un racing game o di un complesso universo virtuale, alcuni di loro palesavano indiscutibili doti di leadership, capacità strategica, adeguamento istantaneo alle nuove difficoltà e un pazzesco problem solving. In un MMORPG uno di loro è diventato capo di una importante gilda e, alla stregua di un manager di azienda, impartiva ordini, organizzava riunioni operative, aiutava i nuovi arrivati nella fase di training, sedava rivalità interne e pianificava in ogni minimo dettaglio le prossime mosse.
Questa descrizione potrebbe sorprendere chi è totalmente estraneo al mondo dei videogiochi, ma io rimasi colpito da un altro aspetto. Queste stesse persone nella vita reale spesso faticavano terribilmente, alcuni a raggiungere la sufficienza in alcune materie del Liceo altri nel mondo lavorativo non riuscivano a farsi spazio.
Come è possibile che lo stesso individuo sia un leader naturale all’interno di un gioco e fallisca nella vita reale?
La risposta è ovviamente complessa e riguarda almeno due aspetti:
– I videogiochi sono appositamente disegnati per incoraggiare e favorire skills naturalmente presenti nel nostro DNA. Favoriscono la crescita personale nel sistema attraverso una serie di meccaniche e dinamiche che stimolano la nostra componente innata non mediata da filtri esterni (capiremo meglio il significato continuando la lettura). Al contrario gran parte del mondo attuale è stato disegnato nell’800/900 con in mente un target di individui molto diverso. Di questo ragionamento si trovano echi in diversi altri articoli del blog.
– L’aspetto che andremo ad approfondire, invece, riguarda la dicotomia presente nel nostro sistema pensante ed il modo in cui tendiamo a crearci delle abitudini/patterns che sono altamente fallaci.
Chi ha seguito il blog e le mie presentazioni su Slideshare conosce il ruolo fondamentale che la componente razionale e quella emotiva del nostro cervello giocano in ogni istante della nostra vita.
La parte destra emotiva, detta anche Automatic System, è veloce, inconsapevole, skillata ed incontrollata.
La parte sinistra razionale, detta anche Reflectice System, è lenta, controllata, deduttiva, segue le regole e consapevole.
Quando entriamo in un negozio la parte automatica inizia ad accendersi e inserirebbe nel carrello tanti capi di vestiario legati a qualche stimolo inconsapevole (colore, forma..). Qui entra in gioco la parte razionale che inizia a riflettere sul da farsi ponderando numerosi elementi (costo, conto bancario..).
Un giocatore può vivere entrambi gli stadi. Al primo approccio col prodotto necessita della componente razionale per comprendere e creare degli schemi logici di utilizzo. Ora dopo ora inizia la metabolizzazione di patterns che diventano totalmente assimilano dopo un certo tempo speso. Da riflessiva l’esperienza diventa automatica e qui avviene la cesoia tra un giocatore ed un pro player, quest’ultimo è in grado di eseguire un numero incredibile di combo o elaborare la strategia migliore in modo del tutto inconsapevole.
Di conseguenza un videogioco o un progetto gamificato, quando ben disegnati. riescono a immergere l’utente nella sua componente irrazionale dove è più facile lavorare sulla modifica/alterazione dei comportamenti.
Ma accennavo in fase iniziale alla fallacia di molte scelte umane, in gran parte dovute alla necessità di crearsi degli schemi di lettura del mondo che ci circonda. Questa prassi si invetera per via dell’impossibilità di azionare ogni secondo la nostra componenente razionale che altrimenti esploderebbe. Ed allora ci creiamo delle linee guida attraverso le quali prendiamo le nostre decisioni.
I cognitive bias (errori) sono tanti e conoscerli è fondamentale per un gamification designer!
Da oltre un trentennio psicologi e comportamentalisti hanno studiato le nostre azioni quotidiane per individuare comportamenti irrazionali che continuamente perpetriamo. Conoscere questi bug nel nostro cervello significa essere in grado di modellare le nostre strategie. Tra i tanti fattori che ci accomunano:
Status Quo Bias: William Samuelson e Richad Zeckhauser nel 1988 dimostrarono che l’essere umano ha la tendenza a rimanere all’interno del proprio perimetro di azioni. Pensiamo al mondo televisivo, vengono studiati i palinsesti per creare un “access time” molto forte così da trainare lo share del programma di prima serata. Questo avviene perchè si ha la tendenza a non cambiare, in questo caso canale, dando una opportunità a ciò che segue (e di conseguenza ricavi pubblicitari per la fascia oraria più importante nelle TV). Nel gaming questa tendenza si è persa, ma sono fortemente convinto che insieme al modello free to play ci sarà una riscoperta della subscription. Una volta che si è aderita ad una promozione, 3 mesi gratis si abbonamento al gioco XX, l’utente tenderà a rimanervi abbonato anche quando il prezzo da promozionale diventerà standard.
Framing: Lo psicologo Amos Tversky della Stanford University e dal Premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman sono stati i pionieri della Teoria del Framing, l’idea che il modo col quale viene confezionata una notizia possa influire sulla percezione di chi la riceve. Questo potentissimo tool è da anni utilizzato nei videogiochi e soluzioni di gamification all’interno di una cornice di storytelling. Prendiamo come esempio una pozione magica venduta attraverso una pop up che appare in un determinato momento di gioco. Essa potrà recitare:
A) Acquistando la Pozione Magica avrai il 50% di possibilità di superare incolume il livello
B) Non acquistando la Pozione Magica una volta su due vedrai il Game Over
Per via del Motivational Design Framework di cui vi ho spesso parlato, noi individui tendiamo spesso a scegliere le soluzioni che ci evitano una apparente perdita piuttosto che quelle evocanti un guadagno.
Prendiamo un altro esempio di vita reale, una campagna sociale trasmessa in tv dal Ministero dell’Ambiente:
A) Se utilizzi metodi di risparmio energetico risparmi 300 euro in un anno
B) Se non utilizzi metodi di risparmio energetico perdi 300 euro in un anno.
Le opzioni B (negatively framed informations) sono psicologicamente più forti delle opzioni A (positively framed informations).
Loss Avversion: E’ direttamente collegata a quanto raccontato nel Framing, la paura di perdere qualcosa che si ha o si crede già propria è superiore alla gioia di guadagnare la medesima istanza. Giochi come Farmville han basato parte del proprio successo sull’istinto umano a rientrare nel gioco per non perdere il proprio raccolto. La loss aversion produce inertia, contribuisce al mantenimento dello status quo. Se io ho investito tanto tempo/soldi in qualcosa tenderò a rimanerci legato nel tempo più per obbligo morale che per reale attaccamento.
Optimism: Noi tutti siamo irrazionalmente ottimisti su noi stessi tanto nei piccoli quanto nei grandi aspetti. Numero ricerche han dimostrato la tendenza a sopravvalutarci, ci riteniamo guidatori migliori della media, i professori si ritengono più bravi dei loro colleghi. Uno studio condotto su un gruppo di entrepreneurs in fase di lancio con start ups locali (ristoranti, bar, saloni dove mediamente c’è il 50% di fallimento) dimostra efficacemente questo coniugato. Fu posto loro un questionario composto da due semplici domande:
1) Quale è la percentuale tipica di successo per una attività come quella che stai aprendo?
2) Quale è la tua chance di successo?
Le risposte medie ottenute dal sondaggio indicano nel 50% la risposta alla domanda 1 ed il 90% alla domanda 2! Se non è ottimismo ed over confidence questa!
Representativeness: Le persone tendono a classificare tutti gli eventi e giudicare oggetti/persone in relazione a prototipi già formatisi nel nostro cervello. Quando qualcosa di insolito si palesa, tendiamo ad ogni modo ad inserirlo nel gruppo che più gli si avvicina.
La gambler’s fallacy nasce appunto da un errato ragionamento dovuto alla representativeness. Se per quattro volte consecutive è uscito un numero rosso sulla roulette, molti tendono a puntare sul nero perchè nel pattern mentale è innaturale una quinta uscita del rosso. Ma la razionalità ci dice tutt’altro, ad ogni spin la pallina ha il 50% di possibilità di cadere su rosso o nero.
Un ragionamento di questo tipo è dietro al boom del SuperEnalotto. Quando il 7 non esce da tanto tempo le puntate aumentano perchè si ritene che le chance siano in aumento.
Se dovessimo lanciare un prodotto inedito, avrebbe molto senso posizionarlo vicino ad una classe nota o nell’advertising relazionarlo a prodotti con i quali l’utente è già familiare.
Availability: Il nostro cervello va alla ricerca di casi similari per rispondere a determinate situazioni. Se un venditore di polizze contro i furti è di fronte a noi, tendiamo ad aderire all’offerta o meno in base a quanto disponibile è nel nostro database il ricordo di furti subiti da noi o persone a noi care. Ecco spiegato perchè dopo un terremoto si impenna il volume di vendita di polizze assicurative contro questo evento naturale, ma dal giorno seguente il sistema la curva inizia a calare man mano che il ricordo si allontana nel tempo.
Ed allora perchè non provare a vendere uno scudo virtuale in un videogioco proponendo in pop up l’immagine di un nostro amico morto in battaglia proprio perchè privo di tale difesa? Questo rafforzerebbe terribilmente la propensione all’acquisto dell’item.
Anchoring: E’ il processo di generare una valutazione partendo da un ancora a noi vicina, un valore che conosciamo, per poi aggiustarlo verso la direzione che ci sembra più appropriata. Ovviamente l’ancora di partenza, diversa per ciascuno di noi, ci porta a stimare in modo inesatto.
Questo errore comportamentale è da anni alla base di molte strategie di vendita. Pensiamo ad un gala di beneficenza, se gli organizzatori fissano soglie di donazione di 100 – 500 e 1000 euro probabilmente molti degli invitati, persone alto-borghesi inserite in un contesto altamente sociale, sceglieranno l’opzione da 500 per non esser additati come coloro che donano il minimo possibile. Se allo stesso gala l’ancora minima fosse stata 50 euro, probabilmente molti si sarebbero rivolti all’opzione 100 euro.
Come abbiamo brevemente visto, il cervello spesso utilizza delle scorciatoie per giudicare, relazionarsi e decidere. Questi shortcut ci semplificano indubbiamente la vita, evitando al cervello riflessivo di intervenire istante dopo istante, ma al contempo ci inducono spesso in errore.