Fabio Viola su Forbes

Il passaggio dallo storytelling allo storydoing nella formazione aziendale.

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BRAINSTORMING

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Organizziamo sessioni full day, utilizzando il mazzo di carte dell'engagement designer ed altri metodi gamificati, per generare e collezionare all'interno di un processo collettivo, le migliori idee provenienti dal team. Questo processo è adatto sia ad obiettivi consumer che enterprise!
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CONCEPT

CONCEPT

Utilizzando il nostro Motivational Design Framework lavoriamo insieme su una griglia che individua gli obiettivi short e long term, la tipologia degli utenti/giocatori, le motivazioni per creare engagement e le meccaniche e dinamiche di gamification indispensabili per le vostre finalità di business.
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GAMIFICATION DESIGN

GAMIFICATION DESIGN

Per migliorare soluzioni già esistenti o nella fase di costruzione di un nuovo progetto, realizziamo un gamification design document (GDD) e wireframe continuamente iterato fino all’approvazione del cliente.
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ARCHITETTURA E SVILUPPO

ARCHITETTURA E SVILUPPO

Dopo decine di esperienze di sviluppo per marchi internazionali, conosciamo le esigenze IT delle aziende e le aiutiamo a scegliere la giusta architettura tra sviluppo ex-novo e utilizzo di api dei gamification vendors.
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Mangatar – Tecniche di Gamification made in Italy

Mangatar si potrebbe definire come un generatore di avatar di nuova generazione.
Oltre a poter creare avatar in stile manga, il sistema offre un vero e proprio social network, costruito intorno agli avatar, nel quale gli utenti hanno un profilo personale, le raccolte delle proprie creazioni, possono fare amicizia con altri utenti e chattare, votare e commentare i vari avatar, condividerli sui social network, ecc. Insomma, meccanismi simili a quelli dei noti pinterest o instagram ma con gli avatar al posto delle foto.

Il sito è in beta ed è solo una parte del progetto finale che sarà un vero e proprio gioco di ruolo online, dove i personaggi del gioco saranno, appunto, i mangatar creati dagli utenti nel corso del tempo.

Il sistema di creazione avatar presente in Mangatar

In un certo senso, mangatar è un prodotto non ancora completo che si sta trasformando da un semplice social tool ad un più complesso social game. L’introduzione della gamification è stata essenziale per rendere questa fase di transizione più indolore e naturale possibile.

Raggiunta una soglia interessante di utenti è stato, infatti, necessario convincerli a restare più tempo sul sito e, soprattutto, a tornarci dopo la creazione del primo avatar che avviene, quasi sempre, per utilizzo personale. Con l’arrivo del gioco di ruolo era, altresì, importante iniziare a testare alcune meccaniche di gioco e osservare le dinamiche di comportamento degli utenti nei confronti di esse.

E’ stata, quindi, un’ottima occasione per introdurre delle meccaniche di gamification e poter, contemporaneamente, fidelizzare i vecchi utenti, acquisirne di nuovi ed effettuare test pratici sul campo.

Sono stati utilizzati tre elementi “classici” della gamification quali i punti, le classifiche e i badge.

La tipologia di punti utilizzata è stata quella degli “experience points” nel nostro caso ribattezzati “popolarità”. L’utente acquisisce questi punti nel tempo, attraverso le diverse azioni che svolge sul sistema. Un numero elevato di punti popolarità indica, quindi, una grande partecipazione dell’utente alla community.

Qui è possibile vedere un esempio di profilo utente, nel quale sono presenti il punteggio popolarità, il numero di badge sbloccati ed altre informazioni utili.

 

Sono state quindi introdotte tre tipologie di classifiche: utenti più popolari, mangatar più votati e mangatar più commentati. La prima è, ovviamente, legata ai punti popolarità di cui sopra; mentre le altre due non si concentrano sull’utente ma sul mangatar e sulla reazione della community ad esso. Ricevere parecchi voti o commenti per un mangatar significa, quasi sempre, aver riprodotto in maniera verosimile un personaggio famoso reale o di fantasia.

La classifica degli utenti più popolari è visualizzabile in tre modalità: “top 25” che è semplicemente l’elenco degli utenti più popolari; “dove sono io?” che consente di vedere la “fetta” di classifica nella quale si trova l’utente loggato; “solo amici” che consente di visualizzare la sola classifica dei propri amici e vedere in che posizione l’utente si trova rispetto ad essi.

Le classifiche relative ai mangatar possono essere, a loro volta, filtrate temporalmente in “questa settimana”, “questo mese” e “sempre” per permettere un’equa visibilità anche agli ultimi mangatar creati.

Una panoramica delle tre classifiche è visibile nella pagina leaderboards, dalla quale è poi possibile accedere singolarmente ad ognuna di esse.

Un elaborato sistema di classifiche in Mangatar

Infine, per quanto riguarda i badge, sono stati inseriti nel sistema 35 badge da sbloccare, di due tipologie: quelli basati sulla ripetizione di una singola azione e quelli basati su particolari combinazioni di eventi.

Ogni utente, nel suo profilo, ha la bacheca dei badge dove sono mostrati sia quelli sbloccati che quelli da sbloccare. Questo è un esempio di badge sbloccato, nel quale è possibile vedere nome, descrizione e immagine ad alta risoluzione, il momento in cui l’utente ha ottenuto il badge e gli altri utenti che l’hanno sbloccato.

Un mese di utilizzo della gamification è sicuramente poco per tirare delle somme. In ogni caso, è già possibile osservare come ci sia stato un notevole incremento nel numero di voti e commenti lasciati dagli utenti e di come venga maggiormente utilizzato l’aspetto social oltre a quello creativo, sia nel numero di amicizie strette tra gli utenti che nel numero di condivisioni effettuate verso gli altri social network.

Non poteva mancare l'incentivo dei Badge!

Clicky di Groupon: Social Media Gamification

Sempre più di frequente mi capita di partecipare a riunioni e brain storming di importanti società italiane ed estere volte a comprendere meglio il binomio social e gamification all’interno di obiettivi come bran awareness e acquisizione clienti. Questa crescente curiosità si accompagna, sovente, con le necessità di partire con piccole sperimentazioni low cost di breve periodo per poi eventualmente ampliare la potenza di fuoco. Criticabile o meno come strategia è indubbio che grandi corporation abbiano difficoltà nelle loro prime volte, tanti livelli di approvazione e coinvolgimento di diverse strutture rendono praticamente impossibile lanciarsi in idee troppo rivoluzionarie.

Tra gli spunti di questo 2012 si segnala Groupon, azienda americana degli acquisti di gruppo online che già nella sua struttura attinge a piene mani da meccaniche e dinamiche di gamification già collaudate negli anni (pressione temporale, cooperative mode…). Lo scorso Gennaio, esclusivamente per i clienti americani, è stata rilasciata una nuova feature denominata Clicky: The Clickable Value Wheel.

Il “gioco”, attivo fino al 30 Aprile 2012, offre la possibilità agli utenti, loggatisi via facebook connect, di girare la ruota della fortuna con la speranza di vincere buoni da 5 a 100 dollari spendibili nel sito stesso. L’apparizione è randomica secondo lo schema premiante del “variabile ratio”, già ampiamente sdoganato in prodotti come le slot machine. I giocatori possono vincere al primo “spin” o mai, sebbene gli sviluppatori abbiano chiarito i coefficienti:

“a Special Discount for a $100 discount on Game Bank Deals (odds 1 in 100,000); b) a Special Discount for a $50 discount on a Game Bank Deal (odds 1 in 10,000); c) a Special Discount for a $10 discount on a Game Bank Deal (odds 1 in 100), or d) a Special Discount for a $5 discount on a Game Bank Deal (odds 1 in 20).”

I buoni sconto vinti dovranno essere consumati entro 24 ore!

Clicky, la nuova frontiera della social gamification di Groupon

L’idea marketing è quella di incentivare il ritorno costante nel sito, con conseguenti benefici sulla capacità degli utenti di scoprire ed aderire a nuovi deal, e dar vita ad una campagna virale a basso costo. Come han fatto notare i responsabili dell’area Groupon Social:

Clicky was designed to provide momentary distraction and meet the minimum threshold of amusement necessary for users to share Clicky, the Clickable Value-Wheel through social media channels, thereby virally spreading Groupon and increasing its number of active customers.”

L’impatto dei giochi sul cervello

I videogiochi e la gamification hanno lo straordinario potere di manipolare il comportamento umano soddisfando intrinsecamente bisogni e necessità. Una innata capacità ingaggiante, da parte dei prodotti ben disegnati, in grado di tenerci incollati a schermo per un numero elevatissimo di ore. Di questo tema ne ho parlato brevemente in una video-intervista in Digital Accademia.

Da OnlineUniversities arriva una infografica che per la prima volta prova ad evidenziare i nessi tra attività ludica e cervello, quali aree sono coinvolte in determinati momenti. Spesso i media si soffermano sugli effetti negativi dei videogiochi, e nessuno vuol negare che sessioni di 10 ore consecutive o l’esposizione da parte di epilettici ed altre categorie particolari creino problemi, ma molto più numerosi sono i benefici:

– Alcuni giochi sviluppano le capacità a lavorare in gruppo

– Benefici fisici come la visione periferica e coordinato psico-motorio

– Capacità di problem solving

The Neurology of Gaming
Via: Online Universities Blog

Gamification e Protocollo Medico

L’ambito medico è sicuramente quello meno presidiato da start up tecnologiche, ampi sono ancora gli spazi di manovra per chi volesse proporre soluzione digitali per migliorare aspetti cruciali come la prevenzione, educazione, monitoring dello stato di salute e, ovviamente, l’aderenza al protocollo medico.

Uno dei grandi problemi della sanità è il mancato rispetto delle cure prescritte dai dottori, numerosi malati non prendono le medicine loro assegnate o le assumano in tempistiche e modalità sbagliate causando gravi disagi non solo a se stessi ma a tutto l’apparato pubblico che si trova a dover sostenere grandi costi aggiuntivi. Per dare una idea numerica concreta, il New England Healthcare Institute stima in 290 miliardi di dollari i costi annuali della mancata assunzione di medicinali prescritti negli Stati Uniti. Addentrandomi nella lettura di numero studi confesso di esser rimasto sbalordito dalla indolenza/incuria (e solo in rari casi impossibilità ad acquistare i farmaci) degli ammalati che tendono volontariamente a soprassedere sulle cure loro assegnate. Oltre il 50% delle prescrizioni legate a fenomeni come ipertensione, diabete, colesterolo non vengono espletate causando nel tempo peggioramento del quadro clinico se non addirittura la morte. Ancora più sbalorditivo è il 25% dei malati di cancro non aderenti.

La pagina principale di HealthPrize

Nell’ultima decade sono nati numerosi servizi, dapprima online ma poi anche mobile, volti ad aggredire questa specifica criticità: Personal Caregiver, TextMinderRX, Pillbox Alert, Dosecast ed altre decine di cui non sono a conoscenza. Ma il loro è un approccio estremamente tradizionale, si offre un promemoria ed informazioni sui propri medicamenti non aiutando a creare motivazioni e stimoli per l’effettiva azione.

Un approccio metodicamente diverso, dove i principi della Gamification si palesano sin dalla main page, è alla base di HealthPrize Technologies. Il portale web, abbinato ad una app mobile, ha aperto i battenti nel Luglio 2010 con l’idea di premiare i pazienti che rispettano integralmente il protocollo medico, affianco un’area di socializzazione e di educazione medica. Il loro “Engagement Engine” parte dal presupposto che il paziente diventa un consumatore da premiare nel breve periodo per ogni azione compiuta. A tal fine è stato introdotto un sistema di punteggio che cresce man mano che le pillole vengono prese, le ricette  prescritte ed altre azioni quotidiane. Nelle sue interviste il CEO Tom Kottler richiama espressamente gamification, loyalty programs ed economia comportamentale per spiegare le logiche del progetto. I punti accumulati danno diritto a dei premi tangibili consistenti in coupons, apparecchi medici e tecnologici piuttosto che regali in qualche modo legati al wellness come la bicicletta visibile nell’immagine sovrastante. I punti sono accumulabili anche con iniziative parallele che mirano a enfatizzare le motivazioni intrinseche offrendo una nuova consapevolezza al malato sul proprio status ed educandoli allo stesso tempo.

– Compilare questionari

– Partecipare a dei quiz

– Biscotto della Fortuna – mi soffermo su questa idea tanto semplice quanto efficace. Giornalmente sarà possibile guadagnare un numero randomico di punti accompagnato dall’apertura di un ovetto contenente una pillola sul mondo medico.

Una schermata dell'applicazione per iPhone di HealthPrize

Su questa dinamica base si intreccia una lotteria settimanale (Powerpill Draeing) che premia casualmente i “giocatori” ed una Leaderboard mensile dove il top player sarà anch’esso ricompensato.

Continuerò anche domani sul filone medico.

PlayOnTV: I Videogiochi Sbarcano in TV


Il logo di PlayOnTV, programma televisivo sui videogiochi

Per la prima volta in Italia, i videogiochi trovano casa nel mondo televisivo Sky. PlayOnTV ambisce a raccontare su piccolo schermo l’industria video ludica nella sua interezza, un movimento che ha già attratto 14 milioni di gamers italiani che spendono una media di 24 milioni di ore giornaliere* con un fatturato nel solo Bel Paese superiore al miliardo di euro sulle più svariate piattaforme: Console, Pc, Online, Social e Mobile.

PlayOnTV, ideata e prodotta dalla collaborazione tra DigitalFun S.R.L. ed Ericsson Telecomunicazioni S.p.A.,  è una trasmissione televisiva che si rivolge a un target giovane ed eterogeneo, scegliendo un formato flash di 13 minuti che si ispira al mondo in ascesa delle Web TV e alle tematiche hipster, per parlare di videogiochi in modo divertente e completo.

 

Il conduttore in studio, Fulvio Pannese, sarà affiancato da alcuni “columnist” dando vita ad una serie di rubriche, standard e tematiche, in grado di offrire varietà a piccole dosi ai telespettatori. Tra le tante:

 

–           Play Social – Sono quasi 10 milioni gli italiani che utilizzano Facebook anche per giocare. Alla scoperta dei giochi social che più divertente ed innovativi.

–          Play Mobile – Dedicata ai videogiochi per cellulari, scaricabili dagli Application Store di Apple, Android e non solo;

–          Play Hardcore – Una rubrica dedicata ai videogiochi mainstream per console e PC, titoli ad alto budget e che fatturano milioni di dollari;

–          Top 5 – Una classifica tematica sempre diversa, stillata in base alle preferenze dei giocatori.

–          Play with me – Una rubrica gestita da un noto giornalista video ludico, Filippo Facchetti, che tratta alla sua maniera le tematiche più importanti del panorama video ludico.

–          Play in Japan – Uno sguardo al mondo nipponico con una divertente rubrica, gestita da due simpatiche opinioniste che porteranno una ventata di femminilità al programma;

 

PlayOnTV sarà On Air tutti i Martedì ed i Giovedì alle ore 16 su LA3, raggiungibile sul canale 143 di Sky, in streaming live sul sito ufficiale e in diretta anche sugli smartphone 3. Perdersi una puntata non sarà peccato mortale, basterà recarsi sul canale Youtube ufficiale per godersi in qualsiasi momento l’archivio delle puntate e gustosi backstage.

 

Una immagine di PlayOnTV

 

L’industria del videogioco è ormai sufficientemente matura affinché anche in televisione ci sia spazio per parlare di videogiochi” ha dichiarato Fabio Sarracino, responsabile in Digitalfun del progetto PlayOnTV. “La nostra trasmissione farà informazione, ma al tempo stesso sarà giovanile, spiritosa e originale, cercandosi di conquistare un posto nel cuore di tutti i videogiocatori”.

Infografica Gamification dell’Educazione

L’utilizzo dei principi del game design e della psicologia luca nel campo dell’educazione è una realtà concreta fatta propria da decine di start up. E’ un tema che conosco bene avendo lanciato in Italia “English-Attack”, innovativa piattaforma gamificata dedicata all’insegnamento della lingua inglese in un ambiente ricco di giochi, monete virtuali e livelli. Il paradigma scolastico attuale è tarato su strutture e motivazioni tipiche del 1900, incapaci di cogliere a pieno le istanze di una nuova generazione di individui noti come Millenium. L’infografica redatta dalla società americana Knewton, fautrice di una Adaptive Learning Platform, è un ottimo viatico per sintetizzare il tema quanto mai complesso.
Gamification of Education

Created by Knewton and Column Five Media

 

Socio-demografia dei giocatori online e social

La scorsa settimana Playspan, società attiva nella fornitura di soluzioni di monetizzazione in ambito digitale recentemente acquistata da Visa, ha rilasciato un interessante rapporto sullo stato del mercato dei virtual goods/currency in USA. Si stima un fatturato di 2.3 miliardi di dollari nel 2011 con una spesa per giocatore di 64 dollari, con una crescita del 28% sul 2009.

Questi dati sono estremamente interessanti anche e soprattutto se analizzati fuori dal contesto videoludico. Sicuramente la nuova ondata di giochi digitali su mobile, XLA, PsStore, social e online basati principalmente sul paradigma del free to play ha dato un fortissimo impulso a questo business model ma i principali beneficiari potrebbero essere industrie contigue attualmente in cerca di un giusto modello. Basti pensare a musica, cinema, dating, loyalty programs che già nell’ultimo biennio hanno iniziato a studiare e implementare nuove relazioni col consumatore finale.

Un intervistato su quattro avrebbe comprato virtual goods nell’anno appena trascorso con una crescita del 100% sul 2009. Interessante anche la distribuzione socio-demografica emersa dal campione di 600 individui che hanno completato il questionario redatto da Frank N. Magid Associates, agenzia incaricata da Playspan.

Profilo socio-demografico degli acquirenti virtual goods in USA

Circa il 50% degli uomini under 24 ha dichiarato di aver acquistato un virtual goods nel 2011, percentuale che scende al 15% nel  medesimo tearget femminile. Il mondo rosa trova la sua massima espressione nel segmento 35-44 con il 23% che dichiara un acquisto. Questo dato non mi sorprende, è in linea con numerose altre ricerche di mercato rilasciate negli ultimi anni, tanto è vero che il target tipico di prodotti come Farmville è una donna di 43 anni, solitamente mamma. Addirittura nelle fascia over 44 le donne diventano l’acquirente principale di beni virtuali.

Le principali motivazioni che spingono gli utenti ad acquistare beni virtuali

Le motivazioni che inducono alla spesa rientrano largamente nella sfera della progressione e miglioramento dell’esperienza. Il dato che potrebbe sorprendere i non addetti ai lavori è quel 32% connesso col desiderio di decorare e personalizzare l’ambiente di gioco e/o l’avatar. Si tratta di soldi spesi senza ottenere un reale beneficio nel gioco se non l’enfatizzazione del proprio status di fronte alla community.

Capire il profilo socio-demografico e le differenziazioni tra la varie piattaforme è un passo fondamentale nell’approcciare un progetto gamificato o vero e proprio videogioco.  Ci viene in aiuto il report Online Casual & Social rilasciato a fine Febbraio da Newszoo.

Tempo e soldi spesi per piattaforma videoludica

Focalizziamoci sul mercato europeo, calcolato su statistiche provenienti da Spagna/Germania/UK/Olanda ed Italia. Le console rappresentano ancora quasi un quarto del tempo speso dai giocatori del vecchio continente, il dato riflette la nostra arretratezza rispetto alla galassia americana e orientale dove negli ultimi anni si è assistito ad un veloce spostamento dal packing al digitale. In meno di un quinquennio i social games sono diventati motore trainante del divertimento col 16% del tempo speso. In generale il gaming digitale nelle sue varie forme totalizza il 64% del tempo, proporzione che si ribalta nella logica dei soldi spesi. Il mercato dei giochi pacchettizzati Console + PC fagocita il 56% del fatturato con i social games a farne princiapalmente le spese.

Il profilo dei giocatori online e social in Europa

Acquista patatine e vinci virtual goods Zynga

Resto sempre affascinato dalle partnership in cui prodotti ed attività reali offrono una “second chance” nel mondo virtuale. Sono tante le attività quotidiane che potrebbero trovare un re-engagement estendendo l’esperienza su una controparte digitale in target. Immaginiamoci solo tutti gli scontrini o biglietti dei mezzi pubblici che dopo l’utilizzo vengono immediatamente gettati via, cosa ci vieta nel trasformarli in beni o servizi digitali riscattabili prezzo il sito del produttore o di una azienda partner conferendo maggior valore al servizio principale e non secondariamente incalanando un grande flusso verso il digitale.

Zynga dall’Estate 2009 è stata pioniera in questo settore grazie ad iniziative pilota con catene come 7Evelen o produttori alla Green Farm. Il tema pur non essendo direttamente ascrivibile come Gamification è di particolare interesse per tutte le aziende non gaming che operano in settori dove vi è un qualsiasi tipo di prodotto materiale.

La partnership tra Zynga e Frito-Lay dal 1° Marzo al 12 Aprile 2012

Dalla giornata di ieri Zynga e Frito-Lay, azienda americana produttrice di patatine in busta (alla San Carlo per intenderci) hanno attivato una partnership che durerà fino al 12 Aprile. L’idea di fondo è offrire un valore aggiunto agli acquirenti delle differenti varianti di patatine regalando loro la possibilità di riscattare gratuitamente dei virtual goods all’interno dei tre social games Farmville, CityVille e Castleville. Si acquista un pacchetto, sul retro si trova un codice particolare che andrà inserito in una apposita area apribile cliccando sulla tab GAME CARDS direttamente nel gioco in questione.

La partnership riguarda anche un terzo soggetto, la catena americana WallMart nei cui store è possibile trovare queste confezioni speciali contenenti un redeem code. L’obiettivo è creare un situazione win-win-win per le tre parti. Zynga ottiene un grosso investimento marketing da parte di Frito-Lay ed una visibilità ulteriore in virtù del suo logo apposto sul packing. Frito-Lay fà leva su un bacino di oltre 100 milioni di utenti attivi mensili nei tre giochi per incentivarli ad acquistare le proprie patatine (con un obolo medio di 1 dollaro)  per ottenere un diretto beneficio in-game e Wallmart beneficierà di una alta pedonabilità nei propri punti vendita essendo presente nel sito web dell’iniziativa, e non solo, uno store locator per individuare il negozio più vicino.

I virtual goods sbloccabili comprando le patatine Frito-Lay

Ogni pacchetto dà diritto ad una ricompensa diversificata incentivando quindi la propensione a comprarne almeno 1 di ogni tipologia.  L’immagine mostra il listato completo degli in-game rewards, da notare il “Potato Chip Tree” per Farmville che richiama espressamente il brand. Ma il discorso è ulteriormente più raffinato, distinguendosi dalle precedenti campagne analoghe. Sono stati introdotti dei SUPER ITEM che per esser riscattati necessitano di una combinazione particolare. Sarà necessario introdurre 4 codici di differenti prodotti ed acquistare una Zynga Card da 15 o 25 dollari legata al gioco in questione. Questa combo sbloccherà l’agognata ricompensa monster.

Sbloccare i Super Item richiede un mix di acquisti patatine e Zynga Card

Seguiremo attentamente l’iniziativa sperando di fornirvi alcune metriche non appena disponibili.

Consumer Funnel: Acquisizione Utenti

Nel lontano 1898 Elias St. Elmo Lewis diede vita vita ad un modello di consumer marketing rimasto in auge per tutto il secolo scorso nonostante numerose modifiche ed adattamenti al progredire delle tecnologie e tecniche. Il suo “Purchase Funnel” (conosciuto anche come modello A.I.D.A.) seguiva l’intero viaggio del consumatore (forti analogie col player’s journey introdotto da Amy Jo Kim recentemente nei suoi speech ed ampiamente sdoganato nelle mie lezioni) dal momento in cui veniva a conoscenza di un determinato brand/prodotto fino all’atto di acquisto. Sintetizzando, secondo il pioniere americano, è possibile individuare quattro momenti cardine:

AWARENES: consapevolezza dell’esistenza del brand/prodotto

INTEREST: interesse attivo verso certi prodotti

DESIRE: Desiderio di entrare in possesso di quel prodotto

ACTION: atto di acquisto

Il modello di marketing teorico "Purchase Funnel" di Elmo Lewis

L’immagine del modello a forma di imbuto non è casuale. Avanzando nel viaggio sempre più consumatori consapevoli del prodotto si perderanno per strada ed una piccolissima frazione di quelli al via giungerà alla meta, intesa come atto di acquisto. E’ una legge tanto ovvia quanto matematica, ogni step rappresenta una barriera per molti e maggiore sarà la sua altezza meno incisivo sarà il successo commerciale. Amplificare la propensione del consumatore in ciascuna fase è l’unica strada per giungere al risultato finale.

Questa teoria nasce in un contesto di monetizzazione totalmente diverso. Qualsiasi servizio, ancora fino ad una decina di anni fa, era basato sul “pay per use”. Ti rechi in un negozio e paghi il pacco di pasta prima di poterlo utilizzare, andavi sul sito di RealArcade e pagavi 10 euro per scaricare un gioco online oppure ti recavo sull’area giochi del tuo operatore telefonico e pagavi 5 euro per arricchire il telefonino di un bel java game. L’ultima decade è stata foriera di un processo di smaterializzazione, interi segmenti di mercato come cinema, musica, fotografia hanno visto morire vecchi colossi in favore di start up diventate miliardarie. Kodac ha ceduto il passo alla fotografia digitale, Blackbuster a  servizi come Netflix e Megavideo, le catene musicali ad iTunes. Il processo è ancora in atto nell’industria del gaming dove al modello tradizionale “compra il packing del gioco per xx euro” si sta sempre più sostituendo un business model free to play partito dal mondo online orientale per contagiare il mondo social e mobile gaming.

Il risultato finale è la quasi totale scomparsa del vecchio paradigma, nelle start up digitali è impossibile rintracciare modelli di monetizzazione “in advance”. Compreso il quadro, è facile intuire come una rielaborazione teorica di quel modello sia necessaria. Per esperienza diretta come founder del più grande game publisher digitale italiano -DigitalFun- e avendo avuto la fortuna di collaborare con Electronic Arts Mobile e Kobojo, ho contezza diretta del tasso di conversione in questo “funnel” in ambito facebook game ad esempio. Meno del 5% dei nostri utenti attivi mensili (MAU) effettua una transazione economica nell’arco del mese. Un numero così basso, sostanzialmente condiviso tra tutti i publisher, rende fondamentale la creazione di larghi bacini di utenza ed i conseguenti processi di acquisizione cliente. Eppure questo non basta, un ampio numero di MAU necessità di mantenere un tasso di engagement/retention costante perchè solo i più “appassionati” tra loro diventeranno utenti paganti.

Il modello ARM pensato da Kontagent

Approcciando la realizzazione di un gioco digitale free to play piuttosto che un progetto gamificato è possibile suddividerlo in:

ACQUISITION: La fase di acquisizione cliente spintanea (advertising, serviz di scambi di visibilità, cross promotion) o spontanea (discovery mediante la piattaforma stessa, strumenti virali)

RETENTION/ENGAGEMENT: In questa fase bisogna ingaggiare e fidelizzare il nostro utente spingendolo a rientrare frequentemente rendendogli emozionante il progredire nel sistema.

MONETIZATION: L’ultimo e fondamentale gradino per la sostenibilità di un progetto freemium. In questa fase l’utente effettua le sue micro-transazioni spendendo soldi reali per acquistare moneta virtuale, servizi, virtual goods ed altri beni in-game.

Per facilitare la comprensione e la scalabilità delle operazioni, la società americana Kontagent (stò personalmente lavorando con loro su un social game dove abbiamo deciso di utilizzare il loro tool di analytics) ha rilasciato un interessante whitepaper in cui individua le TOP 7 Social Metrics sintetizzate nell’immagine in basso.

Le 7 metriche guida in un progetto social

L’articolo odierno si focalizza sulla creazione di una customer base in fase di lancio progetto, crescita che si può ottenere attraverso due strade strettamente compenetrate: budget marketing e viralità generata dagli stessi utenti. Alle due strade è possibile associare una metrica specifica, rispettivamente il costo acquisizione cliente (CAC) e il viral factor (tante le varianti di nome).

Per esperienza personale sono rarissimi i casi in cui è possibile creare un bacino di utenza significativo senza investire 1 euro in advertising, questo vale in ambito social piuttosto che mobile. Se qualche speranza la si può avere quando si intercetta inizialmente un trend/piattaforma, basti pensare a Facebook fino al 2010 quando era possibile viralizzare al massimo un app, nelle fasi mature dove la concorrenza qualitativa e quantitativa è ai massimi livelli diventa necessario preventivare uno sforzo economico significativo. Per dare una idea attualmente è necessario investire circa 3 milioni di dollari in facebook adv per raggiungere 1 milione di utenti attivi giornalieri (D.A.U.) nella propria app worldwide o proporzionalmente 300 mila dollari per 100.000 (dati Social Gaming Summit). Questa rappresenta la soglia minima per iniziare discorsi di monetizzazione su un scala significativa. All’acquisizione spintanea si affianca, fortunatamente, una spontanea. Questa presenta numerose variabili legate alla qualità del prodotto, alla ottimizzazione della strategia virale, alla piattaforma per fornire dei dati analitici. Ma per non lasciare troppo nel vago il discorso, si stima che nel 2011 su piattaforma Facebook il viral factor fosse di 0.5 per utente. In altre parole ogni 2 utenti entrati nel nostro gioco o applicazione sono in grado di portarne un altro attraverso meccanismi come “invita amico e ottieni xx coins, stream remunerativi in bacheca, logiche di cooperazione (aggiunti un vicino per progredire più velocemente), virtual goods e tanto altro ancora.

Riepilogando il tutto con 300.000 dollari è prevedibile portare nella propria applicazione facebook circa 150.000 utenti attivi giornalmente.

Partiamo col CAC, il costo per acquisizione cliente. E’ schematizzato nel lato sinistro della seconda immagine ed indica per l’appunto il budget direttamente speso per portare nel nostro sistema un utente. Calcolarlo è fondamentale perchè ci fornisce un dato immediato sul costo speso a fronte del futuro guadagno. Detto brutalmente se io spendo 4 euro per prendere un customer e questo nel suo ciclo vitale (LFT-lifetime value) ne genera 1 andrò sicuramente in perdita. Il discorso non è propriamente così lineare perchè un utente pur spendendo poco potrebbe avere un alto viral factor portando dentro l’applicazione numerosi suoi amici generanti revenues. Ma ora non voglio complicare troppo la spiegazione.

CONSIGLI GESTIONE CAC:

  • Dotarsi di una piattaforma complessa di analytics sia essa di terze parti come Kontagent o sviluppata in house. Essere in grado di tracciare il ciclo vitale dell’utente acquisito per capire la sua storia nell’app, se arriva a monetizzazione e il suo viral factor.
  • Decidere il budget e capire a quali segmenti demografici rivolgersi principalmente (uomini, donne, età, ubicazione geografica, passioni, interessi…)
  • Partire con una campagna soft in country dove il CAC è notoriamente più basso
  • Assegnare nomi standard alle campagne per una facile comparazione dei dati. Es  MyApp_Male_Ita_18-22
  • Fare il più largo uso possibile di A/B Test, ovvero una stessa campagna pubblicitaria/landing page riproporla al bacino in almeno 2 varianti per scegliere poi la più efficace.

E’ il momento di passare al viral factor, molto spesso l’unica speranza per le start up digitali senza budget marketing. Matematicamente è frutto del rapporto tra gli utenti influenzati a compiere una determinata azione ed il numero di utenti complesso che l’hanno performata. Se io invio 100 inviti contenente un virtual goods e 20 di loro accettano guadagnando l’oggetto virtuale il viral factor sarà di 0.2. In piattaforme come Kontagent ogni azione virale implementata contiene un tracking così da poter verificare l’efficacia dell’implementazione.

Dare consigli in merito sarebbe forviante, troppe le differenze di ambito in ambito e di piattaforma in piattaforma. Dall’esperienza maturata in questi anni, ho notato che è necessario un lavoro giornaliero sui dettagli. Una volta capite le macro-logiche virali da inserire nel progetto bisogna lavorare a contatto con le metriche. E’ un continuo di modificare immagini, testi, virgole e calibrare il rapporto azione/beneficio. Perchè io utente dovrei invitare i miei amici, condividere sui social network un messaggio, farmi promotore di una vendita? Sicuramente il livello di engagement è una risposta valida ma molto spesso si ragiona per utilità più concrete. Si vada Groupon che regala buoni acquisto a chi invita amici, si pensi ad una social app che mi concede l’accesso al livello superiore solo se ho 10 amici, oppure sblocco un badge dopo aver compiuto determinate azioni.

Che dire il tempo a disposizione è scaduto, torneremo sull’argomento la prossima settimana anche perchè fra poche ore parto per Barcellona dove si terrà il Mobile World Congress 2012 e la testa è già li tra apps e nuovi telefonini in grado di rivoluzionare ancora le nostre vite.

Riciclare è divertente con un social game

Il tema del gaming e della gamification al mondo ambientale è tra quelli che attirano di più le mie fantasie. L’analisi di partenza è semplice: molti di noi vedono la salvaguardia ambientale come qualcosa di lontano perchè manca una corrispondenza tra azioni errata (buttare una carta in terra, lasciare accese le luci, far scorrere l’acqua inopportunamente…) e conseguenza sul pianeta in cui viviamo. Le conseguenze nefaste non le subiamo in prima persona ma saranno i nostri figli, nipoti e pronipoti a doversi confrontare con mutazioni climatiche piuttosto che scarsità di beni naturali.

Dal canto loro i videogiochi sono uno straordinario tool educativo anche grazie alla capacità di veicolare feedback in tempo reale. Di fronte ad un nemico la barra di energia diminuirà istantaneamente se colpiti o in caso di vittoria appariranno a schermo bonus e incoraggiamenti.

L’ultima case history che mi sono ritrovato ad analizzare, anche in relazione ad un bando pubblico italiano, è Trash Tycoon un social game sviluppato da Guerrillapps in collaborazione con TerraCycle. Il gioco nasce con un obiettivo ben preciso, incoraggiare il fenomeno dell’upcycling ovvero la trasformazione dei rifiuti in oggetti nuovamente funzionali in un contesto giocoso in cui stimolare un cambiamento comportamentale positivo.

Il prodotto non si discosta molto dalla tradizione dei manageriali in stile Farmville. Il nostro alter ego virtuale si troverà in un contesto semi-urbano impegnato in attività di edificazione e gestione fattorie ecologiche, pulizia del terreno dalla rumenta, smaltimento dei rifiuti mediante acquisto di macchinari ad hoc via via più potenti e così via. Avanzando nel gioco si guadagnano punti esperienza che consentono l’avanzamento di livello ma anche coins virtuali spendibili nel gioco al pari dei Facebook Credits che, invece, necessitano di un esborso di moneta reale.

Oltre alla funzione educativa in chiave Fun, il gioco propone una interazione con i chioschi fisici di TerraCycle sparsi nelle città americane. Ogni qual volta vi si reca per smaltire i propri rifiuti si riscattano delle monete virtuali spendibili nel gioco. Questa operazione ricorda quella, puramente marketing, avvenuta nel recente passato su Farmville in partnership con la catena Green Farm. Acquistando nei negozi i prodotti ortofrutticoli del marchio americano era possibile riscattare dei FarmCash spendibili nel simulatore di vita agreste made in Zynga. La dinamica è la stessa, qui si prefigge sia di premiare coloro che si recano nelle stazioni ecologiche sia istruirli ulteriormente in un contesto online.

Il social game ambientale Trash Tycoon

Il vantaggio di Trash Tycoon rispetto a tanti giochi “green” nati esclusivamente su commissione è proprio nella sua natura ambivalente. Da una parte un business model di tipo pubblicitario dove TerrCycle ha garantito un forte supporto economico alla nascita del progetto, dall’altra rimane un titolo commerciale col classico free to play di Facebook. Il risultato finale è un prodotto che nulla ha da invidiare alle meccaniche e dinamiche utilizzate dai developers di titoli AAA e soprattutto un aggiornamento continuo dei contenuti, problema tipico degli advergames che dopo il big splash iniziale vengono lasciati morire.