Fabio Viola su Forbes

Il passaggio dallo storytelling allo storydoing nella formazione aziendale.

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BRAINSTORMING

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Organizziamo sessioni full day, utilizzando il mazzo di carte dell'engagement designer ed altri metodi gamificati, per generare e collezionare all'interno di un processo collettivo, le migliori idee provenienti dal team. Questo processo è adatto sia ad obiettivi consumer che enterprise!
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CONCEPT

CONCEPT

Utilizzando il nostro Motivational Design Framework lavoriamo insieme su una griglia che individua gli obiettivi short e long term, la tipologia degli utenti/giocatori, le motivazioni per creare engagement e le meccaniche e dinamiche di gamification indispensabili per le vostre finalità di business.
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GAMIFICATION DESIGN

GAMIFICATION DESIGN

Per migliorare soluzioni già esistenti o nella fase di costruzione di un nuovo progetto, realizziamo un gamification design document (GDD) e wireframe continuamente iterato fino all’approvazione del cliente.
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ARCHITETTURA E SVILUPPO

ARCHITETTURA E SVILUPPO

Dopo decine di esperienze di sviluppo per marchi internazionali, conosciamo le esigenze IT delle aziende e le aiutiamo a scegliere la giusta architettura tra sviluppo ex-novo e utilizzo di api dei gamification vendors.
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Serious Games e Gamification per l’ambiente

Nei giorni scorsi ho avuto un incontro con una società romana attiva nel mondo dei giochi realizzati primariamente per obiettivi marketing (advergames) ed educativi (edugames e serious games). Mi raccontavano che dopo un iniziale boom fino ai primi anni 2000 il filone ha ricevuto via via meno attenzione da parte di grandi brand ed enti pubblici tanto da spingerli a disinvestimenti nell’ambito ludico. Di recente, soprattutto grazie al fenomeno gamification, l’interesse sull’universo dei videogiochi è ritornato prepotentemente anche in Italia. Questa stessa agenzia è al lavoro su una traccia legata al tema dell’educazione ambientale in ambito scolastico, come utilizzare i giochi o meccaniche di gioco per sensibilizzare noi tutti alla raccolta differenziata ed al rispetto dell’ambiente?

Il problema principale quando si lavora in soluzioni non commerciali è il budget a disposizione. E’ difficile riuscire a coniugare qualità dell’esperienza con le scarse risorse che l’ente pubblico mette a disposizione in fase di gara d’appalto. A questo si aggiunge la criticità di documenti scritti spesso malissimo perchè a monte l’ente futuro erogatore non ha al suo interno il know how necessario per trasmettere i giusti imput ai futuri sviluppatori. Mi son ritrovato spesso a osservare bandi di gara in cui l’attenzione sembra esser posta quasi interamente sull’aspetto tecnologico del progetto (mondi virtuali 3D) e poche righe dedicate alle regole, meccaniche e dinamiche che rappresentano il cuore pulsante nella trasmissione del messaggio.

Tra gli esempi tecnologicamente più complessi presenti sul mercato figura PowerUp di IBM. Un gioco gratuito online multiplayer in cui il giocatore (target in età scolastica) ha il compito di salvare il pianeta Helios da un disastro ecologico attraverso una serie di missioni volte a sensibilizzare su specifici temi come vento, acqua e sole. E’ un mondo virtuale interamente 3D in cui viene data massima libertà di movimento ai giocatori secondo schemi tipici dei MMORPG. Una serie di personaggi non giocabili e dei moduli per le scuole aiutano a trasmettere messaggi reali ad un target che si trova maggiormente a suo agio all’interno di un momento giocoso che non sui banchi scolastici. Progetti come questi sono di difficile realizzazione per via degli elevati costi di sviluppo, viaggiamo oltre i 100.000 euro.

Face The Waste un gioco eco-friendly

Molto più spesso capita di vedere progetti realizzati sulla stregua di mini-games, veloci esperienze interattive in cui il giocatore impara facendo. Sebbene nato come prodotto commerciale, Face The Waste di Runoff Studios ha tutti i crismi di un buon edugames e la donazione di 5 cents a copia venduta (destinatario National Environmetal Education Foundation) testimonia l’efford per posizionarsi in tale ambito. L’idea di base è educare i ragazzi sul tema del riciclo, problema dirimente che necessità di una forte alfabetizzazione che ci spinga a perdere un paio di minuti giornalieri in cambio di un futuro mondo migliore. In questo caso la piattaforma prescelta non è più l’online ma l’iPhone attraverso un app scaricabile al costo di 79 centesimi di euro, uno sforzo tecnologico molto minore con costi nell’ordine dei 20.000 euro.

Eppure nell’ultimo biennio l’asse di attenzione sembra spostarsi dalla creazione di veri e propri videogiochi, più o meno complessi, a progetti gamificati in cui mancano personaggi e storia interattiva ma più diretto è l’intento di spingere a cambi comportamentali attraverso l’introduzione di meccaniche sociali, punti, badge e rewards. Uno degli esempi che porto sempre con me nelle conferenze e lezioni aziendali è quello di RecycleBank di cui ho abbondantemente parlato anche su questo blog come esempio di gamification applicata alla gestione del ciclo dei rifiuti. La notizia riguarda la fusione tra la piattaforma online di punti/rewards e Greenopolis, parimenti attiva in ambito mobile (ma anche sul territorio con chioschi di raccolta) con specifiche apps destinate a informare, aiutare e premiare coloro che sono impegnati nella raccolta differenziata.

A rinforzo dell’esperienza online è arrivato anche il social game Oceanopolis pensato dal co-founder Anthony Zolezzi. L’idea di fondo è amministrare una splendida isola occupandosi degli aspetti legati alla gestione dei rifiuti che rischiano di minare le spiagge incontaminate. Procedendo nel gioco si guadagnano punti che possono essere utilizzati o per fare reali donazioni con enti convenzionati o riscattati sotto forma di buoni cinema/ristorante etc etc.

Tanti i modi di utilizzare il game thinking per aggredire concretamente uno dei problemi del nostro tempo. Il budget e il target utenza ci dirà quale approccio scegliere per difendere il nostro ambiente!

Social Network Enterpise Gamification Whitepaper

E’ la prima volta che una azienda rende pubblici dei dati comparativi riguardanti un social network enterprise in cui un massivo A:B test ha diviso la customer base di circa 400.000 utenti in due segmenti: uno vedeva aspetti gamificati (gruppo A) e l’altro no (gruppo B). Abbiamo spesso riportato i risultati incoraggianti derivanti dall’implementazione di punti, reward, badge, leaderboard e via via dinamiche più complesse, ma è sempre mancata la controprova favorendo il dibattito circa gli effettivi benefici di questa scienza. Alcuni sostengono che l’integrazione di estrinsic rewards (badge, premi, punti…) causi una riduzione dell’interesse soprattutto in quei progetti in cui l’utente partecipa per proprio interesse all’attività.

Da IBM un whitepaper destinato a far molto discutere e soprattutto riflettere in attesa di futuri studi. Una breve parentesi prima di entrare nel vivo della discussione, IBM al pari di tante altre corporation hanno da anni implementato dei canali digitali interni di comunicazione tra gli impiegati. Questi social network interni hanno lo scopo di metter in contatto persone e team dislocale nelle varie sedi mondiali offrendo una occasione interessante per coloro che vogliono farsi notare pur trovandosi a migliaia di km dal quartier generale.

Il gruppo “gamificato”  otteneva  5 punti per ogni foto/lista uploadata e 15 per ogni commento inserito. Il point system era la chiave d’accesso ai quattro livelli di “gioco” con i più bravi in grado di accedere alla leaderboard.

Esempio della struttura gamificata pilota

Una analisi delle metriche relative alle prime tre settimane di utilizzo ha attestato quando già ampiamente sdoganato dalla letteratura di tema. Il tasso di user generated content è aumentato considerevolmente rispetto alla controparte non gamigicata con una progressiva curva di decadimento nei sei mesi in cui il progetto pilota è rimasto sul mercato. Nel mezzo anno a disposizione il numero di contenuti caricati è stato maggiore nel gruppo A rispetto a B mentre la percentuali degli uploaders sostanzialmente identica.

Ad un certo punto il social network è ritorno identico per tutti, ovvero la parte gamificata eliminata totalmente con un annuncio veicolato sul sito stesso. La metodologia di studio ha riguardato un arco temporale di 4 settimane, due antecedenti la rimozione e 2 successive prendendo per soggetto 3486 utenti che avevano effettuato almeno una attività durante il mese.

Metriche con e senza gamification in un social network enterprise

La tabella raffronta i dati con e senza elementi gamificati attivi sulla piattaforma. Nella colonna a sinistra spuntano dati quantitativamente migliori rispetto alla colonna di destra. Ad esempio 4502 foto caricate nelle 2 settimane pre-rimozione ed un quasi dimezzamento nelle due successive con sole 2926 foto.

Invitandovi a leggere il whitepaper integrale in inglese, non posso che ribadire quello di cui da ormai due anni sono profondamente convinto. L’utilizzo corretto di game mechanics all’interno dei più svariati ambiti aiuta l’insorgenza di comportamenti che hanno sicuramente un forte impatto nel breve termine ma che, in congiunzione con una finalità sincronica con le motivazioni di un utente, porta a cambiamenti comportamentali nel lungo tempo. Su questa premessa è facile capire l’impatto fortemente negativo di una rimozione tout court del sistema.

Gamification in Google Maps e Microsoft Visual Studio

Nei giorni scorsi Garret Ippolito di CRMtrends.com ha ribadito l’importanza della gamification all’interno delle strategia di CRM (customer relationship management), la gestione della relazione con i clienti dove termini come engagement, social e loyalty sono sempre più dirimenti nel dibattito di grandi e piccole aziende. Un fenomeno non passeggero come sintetizzano le sue parole “Gamification is not a passing fad, it is here to stay“.

I campi di applicazione sono molteplici, nel corso dei mesi abbiamo visto case history legate ad ogni ambito della quotidianità. Eppure nel novero mancava sicuramente la gamification delle mappe ed a proporla non è certo un parvenu ma l’azienda che ha sdoganato la ricerca di località geografiche in ambito web e mobile, Google Maps. In realtà non è una vera aggiunta di meccaniche ma un progetto gaming basato sul popolare servizio di Mountain View ancora nel suo stadio embrionale. I dettagli lasciati trapelare sono minimi, sappiamo che sarà reso disponibile a febbraio su piattaforma Google+ (circa 60 milioni di utenti registrati) ed il suo claim è “gioca il tuo mondo come mai prima d’ora“. L’idea è sfruttare movimenti reali per guidare una sfera all’interno di un labirinto tridimensionale che realmente ripsecchia l’ambiente circostante.

Google e Microsoft si ritrovano rivali anche nell’eco-sistema gamification e non solo nel mondo mobile (android vs windows phone). Quasi in contemporanea con l’annuncio della grande G, il colosso di Redmond introduce game mechanics nel suo software Visual Studio con lo scopo di incoraggiare il coding in C# e Visual Basic. L’idea di base è quella di monitorare in tempo reale la qualità del codice sorgente realizzato dagli sviluppatori e premiare determinati comportamenti virtuosi con alcuni badge digitali.  Come già sperimentato in Ribbon Hero per quel che concerne il pacchetto office, si vuole fidelizzare gli utilizzatori del software spingendoli ad acquisire dimestichezza con le funzioni base ma anche quelle più complesse e nascoste che sfuggono ai più. Si parte scaricando questa estensione,  per scatenere vere e proprie logiche fun in grado di rendere meno noioso lo sviluppo ed amplificare i successi riportati grazie alla possibilità di condividere in ambito social e sul Microsoft Developer Network gli obiettivi raggiunti.

Numerosi achievement sbloccabili in Microsoft Visual Studio

Le tipologie di badge sbloccabili sono sei, ciascuna contenente un numero variegato di riconoscimenti per un totale di 32 missioni. Si va dal Customizing Visual Studio a Don’t Try This at Home ai più complessi della sezione Unleashing Visual Studio.

Sei le classi di Badge disponibili

Per i più competitivi l’immancabile leaderboard, una vera e propria classifica aggiornata in tempo reale che metterà in mostra i più bravi sviluppatori.

Una classifica degli sviluppatori!!!

Loyalty primo passo per il free to play

Possiamo dire addio al modello “paga in anticipo per qualcosa che fruirai successivamente” nel mondo digitale, ma non mancano esempi di disruption anche nell’industria retail fisica. Chi di voi si è ritrovato a navigare tra le Apps di Facebook avrà notato come tutta l’offerta è integralmente gratuita. Spesso in riunione con figure chiave in importanti aziende italiane mi vien posta ciclicamente la domanda “ma come fanno a guadagnare se il gioco/servizio viene fornito gratuitamente?

La risposta è modello free to play, più semplice l’offerta gratuita di un servizio che, dopo aver fidelizzato un giocatore, gli propone la possibilità di spendere soldi reali per acquisire moneta/oggetti virtuali utili per migliorare/velocizzare/rendere unica l’esperienza. Solitamente si tratta di microtransazioni, piccoli esborsi nell’ordine di una manciata prelevati direttamente dalla propria carta di credito piuttosto che account telefonico o forme indirette come le Offers. Questo modello non si sta diffondendo a macchia d’olio unicamente nel mondo online, ce lo testimonia anche Screen Digest che nel suo ultimo report ha analizzato il mercato delle mobile apps. Il mondo dei mobile application store è stato caratterizzato da una prima fase modellata sulla falsariga del retail con una esperienza di stampo “pay per download”. Apple è stata ancora una volta pioniera dell’innovazione consentendo dal 2009 l’ “in-app purchase” già citato prima come microntransazioni/free to play.

Dati di vendita In-App purchase vs Pay Per Download

Il grafico mostra l’ascesa del nuovo modello a scapito di quello ad oggi imperante con una proiezione di 5.6 miliardi di dollari generati nel 2015 contro i 970 dell’anno appena conclusosi. Già oggi basta recarsi sull’Apple App Store per verificare con mano la presenza di 3-4 giochi free to play nella TOP 10 delle applicazioni più redditizie.

Ma è bene soffermarsi sulle ripercussioni profonde di questo slittamento di business model. Generare transazioni nel corso del limite cycle di un utente significa ripensare totalmente il modo di sviluppare e gestire una applicazione. La strada è quella dell’ongoing product, miglioramenti continui e quotidiani dell’app sulla base dei feedback utenza e metriche analizzate costantemente perché per trasformarli da utenti non paganti a paganti sarà necessario primariamente fidelizzarli. Il lavoro inizia non all’atto del download ma in seguito!

La maggior parte degli in-app purchase avviene dopo 10 sessioni!

Uno studio condotto da Localytics nel 2011 su un campione di 30 milioni di app user fornisce alcuni approfondimenti interessanti. Il grosso della torta arriva solo dopo la decima sessione di gioco, un lasso di tempo sufficiente al giocatore per sentirsi emotivamente coinvolto nel progetto. Meno incline al pagamento il giocatore alla sua prima partita (22%) sebbene il primo impatto rivesta un ruolo fondamentale.

Disegnare una esperienza per essere godibili nel corso del tempo trova ulteriore giustificazione economica nel lifetime value di coloro che hanno effettuato il primo acquisto dopo un certo lasso di tempo invece che alla prima sessione. Questi ultimi effettuano in media 2.8 acquisti mentre i fidelizzati 3.5.  Le ripercussioni sono profonde anche nel campo della gamification dove il business model diretto imperante è proprio quello del free to play.

E’ fondamentale ridurre il più possibile il tasso di abbandono del nuovo utente dopo la prima sessione, le statistiche non sono generalmente incoraggianti con un 26% di utenti mobile apps che non ritornano dopo la prima esperienza. E’ sicuramente un problema enfatizzato dall’accesso gratuito al prodotto, molti utenti installano tutto per poi decidere dove focalizzare le proprie attenzioni e risorse.

 

Prescrivere giochi ai pazienti, si può!

Uno degli obiettivi principali della gamification è “alterare il comportamento di un individuo spingendolo da un punto A (sfera di interesse personale) ad un punto B (azienda/ente pubblico). Questa asserzione viene spesso vista in maniera sospetta in relazione ad un potere manipolatorio in campo marketing, al rovescio è un arma straordinaria se applicata in ambito medico.

Lo prometto sin da subito, i videogiochi o le tecniche di gamification non possono curare un tumore ma sicuramente rendere più divertente la gestione delle cure mediche, più consapevole ed attivo il ruolo del paziente ed infine facilitare il dialogo tra medico e pazienti in età infantile/adolescenziale. I tempi ormai sono maturi ed il sistema sanitario nazionale, nonché i medici e cliniche private, deve attuare un cambio drastico nei modi di comunicare ed interagire con la folta schiera di “e-patient”, pazienti tecnologici appartenenti alla Generazione Y dotati di smartphone always connected, abituati a spendere molte ore settimanali videogiocando ed a reperire informazioni direttamente sulla rete o a chiedere consulenze ai propri amici su Facebook. Per un attimo facciamo mente locale, quanti di voi hanno visto ragazzi under 30 seduti pazientemente in coda per farsi prescrivere un farmaco dal medico di base? E che tipo di relazione si potrà mai instaurare nei 5 minuti che esso ti dedicherà in studio? Anche le confezioni di medicinali risentono di questo approccio, cartoncini contenenti un lungo foglio di istruzione che quasi mai nessun ragazzo andrà a leggere. Per non parlare poi dell’aderenza al protocollo di cure imposteci. Uno dei tratti distintivi della Generazione Y è la costante necessità di esser motivati, come può il medico seguire a distanza il paziente assicurandosi che vengano prese tutte le medicine nella giusta quantità e tempistica?

A questa serie di interrogativi i giochi possono concorrere nel fornire risposte e nello specifico apportare benefici nella gestione del paziente a distanza, monitoring in real time dello stato di salute, ingaggiare il paziente nel compiere azioni noiose come assumere un farmaco, motivare il paziente nel lungo periodo in caso di malattie croniche ed infine prevenzione sanitaria tra i giovanissimi.

Prima di vedere con mano alcuni esempi e tecniche è bene ricordare che i giochi hanno la straordinaria capacità di organizzare informazioni, spesso molto complesse e composte da migliaia di righe di codice, in maniera semplice, intuitiva ed appealing.

Uno splendido esempio in cui l’aggiunta di mini-giochi all’interno di un contesto più ampio svolge funzione di educazione alimentare è Max on Snax, espressamente pensato per i bambini in età pre-scolare. Questo popolare show americano con spettacoli itineranti nelle scuole, nasce per educare in maniera giocosa, il tutto traspare sin dal jingle introduttivo per estendersi a cascata sul sito ufficiale. E’ possibile  leggere le divertenti ricette, far amicizia con nuovi bambini accompagnati da genitori e molto altro ancora. Non mancano alcuni mini-giochi molto semplici (parliamo pur sempre di bambini entro i 5 anni) in cui ripetere delle sequenze via via più complesse attinenti a cibi come verdure.

MaxonSnax sito ufficiale con diversi mini-giochi

Re-Mission è un vero e proprio videogioco per PC rilasciato da HopeLab, società americana di cui abbiamo già ampiamente parlato in queste pagine perché leader mondiali nell’ambito dei Games for Health. Il titolo in questione, disponibile gratuitamente previa compilazione di un form, è pensato per un target di ragazzi e giovani adulti malati di cancro e li porta ad indossare i panni di un nanorobot di nome Roxxi con l’obiettivo di viaggiare all’interno dei corpi di individui affetti dalla patologia per distruggere le cellule tumorali. La componente visiva è di straordinaria importanza, aiuta il paziente ad entrare metaforicamente nel proprio organismo sentendosi parte di una missione epica in cui distruggere il nemico rappresentato appunto dalle cellule cancergone e relativi problemi collaterali. Nel corso dell’avventura il gioco svolge anche una funzione e-learning spiegando nel dettaglio come agisce la malattia ed i relativi trattamenti chemioterapici. E’ inoltre compito del giocatore tenere sotto controllo lo stato di salute del paziente virtuale, comunicando ogni anomalia o sintomo al Dr. West. I test condotti su pazienti reali che hanno interagito con Re-Mission hanno dimostrato un livello di medicine antitumorali più alto nel sangue rispetto ai non giocatori a dimostrazione di una maggiore osservanza del protocollo medico grazie all’interazione giocosa.

Il passaggio da videogiochi a gamification è assicurata da un novero di applicazioni online e mobile di cui trovate testimomianza nell’apposita sezione Health&Wellness. L’idea di base è far leva su meccaniche incentivanti come punti e badge per alterare i comportamenti degli utenti spingendoli verso azioni positive come mangiar cibi biologici invece di punk food, camminate quotidiane, postura corretta etc etc. Per incentivare l’engagement nel lungo periodo è spesso introdotta una leaderboard, una classifica che mette in diretta competizione i “giocatori” oppure gruppi di giocatori. Altro elelemento diffuso è l’introduzione di Missioni, viene chiesto all’utente di espletare un determinato task al termine del quale si ottiene un qualche tipo di gratificazione.

 

On The Beach: Online Booking Gamification

Il mondo dei viaggi ha subito una scossa tellurica nell’ultimo decennio in concomitanza con l’indipendenza economica della nuova generazione dei millennium. Le agenzie viaggi non incarnano più un totem indiscusso, non sono più il crocevia per ogni prenotazione possibile. Gli under 30 sempre più preferiscono il fai date, reperiscono in rete le informazioni utili sulla destinazione ed iniziano a cercare su vari portali come hostels.com e skyscanner le combinazioni economicamente più vantaggiose. Consapevoli di questa mancanza di appealing i tour operator ed in generale il mondo dell’online booking sta cercando strade alternative per rientrare in sintonia con i viaggiatori. Dall’Inghilterra un primo tentativo reale di innovazione arriva da On The Beach, storico operatore di viaggi specializzato in soggiorni presso le più famose località balneari sul bacino del mediterraneo.

La piattaforma prescelta è Facebook, lì è possibile interagire con l’applicazione ottenendone punti utilizzabili riscattabili sotto forma di buoni sconto per la prossima vacanza. Il perché sia stato scelto il social network americano, e non il website già attivo, è intuibile dalle ultime ricerche di mercato che collocano come target principale di utilizzatori il bacino dai 18 ai 34 anni senza, tuttavia, trascurare un rilevante 23% tra i 45 ed i 65 anni. A questo, aggiungo io, si somma l’elevata percentuale di navigatrici/giocatrici donna che in fatto di viaggi ed acquisti per la casa fan la voce da padrona. Nella fan page generale dell’operatore campeggia a sinistra il tab EARN, cliccandoci si viene rimandati al cuore dell’esperienza gamificata. L’esperienza ruota attorno a cinque sezioni, alcune delle quali come Explore, Tips e Deals sono riproposizioni di contenuti già presenti nella parte online. La novità consiste nella possibilità di condividere socialmente trucchi da viaggio, informazioni su mete turistiche e offerte last minute con la propria cerchia di amicizi facebook ottenendone anche dei punti bonus.

Il Level system in On The Beach

L’infrastruttura si basa su un point system: Condividi i commenti: +100 punti Completa il questionario: +100 punti. Inoltre se condividendolo i tuoi amici lo compileranno guadagnerai 5 punti extra cadauno Metti Love ad un pezzo: 100 punti e 100 aggiuntivi per ogni amico che hai portato che farà love a sua volta. I punti consentono il progressivo avanzamento nei cinque livelli di gioco. Appena registrati si rientra di diritto nel livello The Melter per poi passare in The Fruit Treat e via dicendo, il tutto enfatizzato da una progress bar con indicazioni di quanti punti mancano per il Level Up.

Condivisione e "love" delle pagine di On The beach

Salire di livello equivale a sbloccare sconti via via più corposi dando un senso tangibile all’interazione col sito. Questa dinamica sposta l’asse da facebook alla pagina ufficiale dell’operatore dove bisogna recarsi per prenotare con sconto, ancora una vola il social network diventa un veicolo per attrarre utenti che poi saranno trasferiti sull’asset principale.

Al classico binomio punti/reward si affianca un interessante sistema di badge.

Sunblock: Share the love per sbloccare il badge base

Lobster: Dopo 20 love si sblocca

Flippers: Partecipa ad un quiz o sondaggio

Snorkle: Partecipa ad 8 sondaggi o quiz

Sunhat: Partecipa a 30 sondaggi

Sunglasses: Invita 10 amici

Pail & Showel: invita 200 amici

Your Road Map: Condividi un articolo sulla tua bacheca

Camera: Condividi 6 articoli sulla tua bacheca

Cocktail: Condividi 50 articoli

Il sistema di Badge disponibili su on The Beach

 

Il progetto è interessante nonché il primo di mia conoscenza legato alla gamification dell’Online Booking, Nei prossimi giorni continuerò con approfondimenti legati al tema del turismo con case history da compagnie aeree e mobile apps utili per i viaggiatori.

L’operatore Verizon approccia la Gamification

Dopo la moda, fitness, bellezza tocca ora agli operatori di telefonia mobile approcciare tecniche di gamification per ingaggiare il proprio bacino utenza nel tentativo di fidelizzarlo. Prendiamo l’esempio italiano, a seguito della nuova regolamente sulla trasportabilità del numero telefonico è iniziato un vorticoso andirivieni di utenze tra un operatore e l’altro. Oggi sono con Wind perchè ha in atto una interessante promozione, l’anno dopo con Vodafone perchè mi regala un nuovo modello di smartphone e quello dopo ancora con TIM perchè mi offre centinaia di euro in telefonate per chi effettua la portabilità del proprio numero. In questo quadro di concorrenza spietata in cui i margini di guadagno tendono ad assottigliarsi, azioni di loyalty risultano fondamentali specie se rivolte allo zoccolo duro in grado di diventare il miglior ambasciatore del proprio marchio.

Home Page di Verizon Insider

Una prima sperimentazione arriva dagli Stati Uniti dove l’operatore leader Verizon Wireless ha rilanciato il suo portale Verizon Insider in chiave gamificata e sociale. Sin dal primo contatto è visibile il marchio di fabbrica Gigya, società specializzata in social e game mechanics di cui si è già accennato su questo sito. L’utente può loggarsi attraverso i principali account di social network esistenti (twitter, facebook, windowa live, foursquare), appare poi una schermata di pop up dove inserire il proprio numero Verizon opzione di opt per ricevere sms alert ed 1 mail a settimana.

Una volta dentro è possibile interagire con alcune sezioni del sito come notizie, eventi, concorsi ottenendo punti ad ogni azione compiuta. Gli utenti più attivi potranno sbloccare badge di varia natura: Champion, Promoter, Commenter subito visibili da tutti nel profilo utente. A colpo di interazione si guadagnano sempre più punti, e relativo avanzamento di livello da Newbie a Apprentice e così via, con  il privilegio di entrare a far parte della classifica TOP PLAYER ben visibile nell’area destra della home page.

Leaderboard e Badge in Verizon Insider

Il sito a livello di contenuti offre l’accesso a diverse promozioni esclusive e concorsi oltre ad approfondimenti editoriali su temi legati al mondo delle TLC. Per rendere più engagement l’esperienza lato utente Verizon ha creato una sezione giochi dove al momento è disponibile un unico titolo. Memory Challenge è un semplice gioco di memoria in cui bisogna individuare coppie di carte uguali, ovviamente tutte raffiguranti modelli di telefonini piuttosto che tablet o logo Verizon. Un punteggio viene assegnato a fine esperienza sulla base del tempo/mosse impiegate per completarlo, i migliori finiscono nella specifica leaderboard.

Anche giochi come Memory Challenge nel portale Verizon

Il passaggio alla versione gamificata ha apportato sicuramente una ventata di area fresca nella strategia di Verizon Insider. La possibilità di effettuare il social log in e di condividere con i propri amici le azioni svolte nel sito aiuterà la propagazione virale dell’iniziativa, mentre il livello di loyalty ed engagement sembra garantito dalle promozioni esclusive a cui si può accedere e dalle game mechanics.

 

I viaggi all’insegna della Gamification

Sin dal 2010 tour operator, compagnie aeree ed in generale tutti gli attori della filiera viaggi hanno iniziato un profondo ripensamento dei loro servizi in ottica social media e gamification. Uno dei grandi problemi che affligge i portali di viaggio è la scarsa propensione ad entrarvi, in media vi si accede solo in prossimità dell’organizzazione di un viaggio e quindi entrerò nel sito di Alitalia solo per cercare i prezzi più convenienti piuttosto che o in quello di un tour operator per scovare i pacchetti più vantaggiosi.

La gamification, ovvero l’utilizzo di tecniche e meccaniche gaming all’interno di contesti non ludici, ha proprio come obiettivo l’engagement, l’aumento di durata e frequenza visite. Molto spesso si inizia a ricorrere a dei veri e propri giochi, solitamente su piattaforma mobile e social, per rendere ancora più immersiva l’esperienza lato utente. Tutto questo trend gaming oriented si sposa con le nuove possibilità di condivisione sociale dell’esperienza di viaggio (foursquare, facebook, twitter, instagram etc etc) creando un mix che spinge l’utente a interagire in maniera giocosa con le proprie esperienze di viaggio partendo dalla pianificazione fino al ritorno a casa.

La tendenza della “Travel Gamification” è stata inserita in numerosi report di mercato di agenzie specializzate, tra gli altri il WTM Global Trends Report 2011 che dedica uno spazio specifico al tema. Le possibilità concrete per il lancio di iniziative engagement sono diversificate a seconda dei budget a disposizione della durata del proprio obiettivo (breve/medio/lungo periodo).

Tra gli esempi di successo partiamo con la campagna Nothing Like Australia, realizzata dall’agenzia turistica nazionale australiana con l’espresso scopo di incoraggiare l’upload di foto ed esperienze di viaggio in quella terra. Il conglomerato di dati pervenuti contribuisce a creare una mappa della nazione contenenti i frame delle singole esperienze. Per rendere ancora più appealing la campagna, sono stati inseriti alcuni rewards sia di tipo materiale che legati al proprio status.

Le foto e racconti migliori a scelta del Ministero del Turismo saranno utilizzati per campagne pubblicitarie enfatizzando quindi l’opera compiuta dai singoli turisti che potranno vedere in giro per l’Australia mega cartonati con la foto scattata durante uno splendido tramonto o cogliendo un momento di natura particolare. Inoltre ad estrazione tutti i partecipanti potranno aggiudicarsi settimanalmente dei viaggi pagati in Australia del valore di 5000 dollari oltre ad un maxi viaggio finale dal valore di 25.000.

Home Page di Nothing Like Australia

Sempre nell’ottica della condivisione delle esperienze di viaggio si inserisce il progetto Lufthansa WeFly della popolare compagnia aerea europea già al centro delle cronache per l’ottimo loyalty programs, tra i più avanzati al mondo. Viene chiesto agli utenti di raccontare i propri viaggi e condividerli con gli altri membri della community. Sarà possibile votare le storie migliore e vederle campeggiare nella home page.

Il portale MyFly di Lufthansa

 

Molto più gamecentrica è l’iniziativa dell’Ente per il Turismo irlandese che nel 2010 ha lanciato un vero e proprio facebook game per incentivare l’afflusso di visitatori. IrelandTown vuole essere un vero e proprio gioco alla CityVille ambientato nelle langhe irlandesi (32 destinazioni)dove gli utenti possono vedere con mano il territorio, edificare costruzioni tipiche ed in generale assolvere task che saranno ricompensati con punti virtuali. Una guida virtuael spiegherà durante il gioco le bellezze del territorio e per i più bravi una chance di vincere un soggiorno nella terra di Albione.

Il social game IrelandTown dell'Ente Turismo Irlandese

 

 

Atlantis Fantasy: un esempio di social game design

Non si vive di sola gamification! Abbiamo visto più volte come i social game rappresentino il serbatoio principale di meccaniche e dinamiche a cui attingere in un progetto gamificato. Per non perdere la mano, il nostro Fabio Viola è al lavoro sul lancio italiano di Atlantis Fantasy, uno splendido facebook game che farà parlare di sè. Di seguito il comunicato stampa:

Kobojo, editore numero uno in Francia e fra i primi in Europa di social game su Facebook, annuncia il lancio internazionale del suo nuovo gioco, Atlantis Fantasy disponibile integralmente in lingua italiana. Questa nuova opera si ispira al mito della città di Atlantide e propone ai giocatori di ricostruire la città perduta. I giocatori sono invitati a immergersi in questo universo, gestirne le risorse, ripopolare la città e compiere determinate missioni per svilupparla e soddisfare così Poseidone e il suo popolo.

 

Un gioco di gestione sociale completo e di facile fruizione

Tutto è stato pensato per migliorare l’esperienza di gioco: la grafica particolarmente curata di Atlantis Fantasy sarà una gioia per gli intenditori. La navigazione nel gioco, l’esplorazione e la scoperta di tesori nascosti terranno col fiato sospeso sia i giocatori esperti che quelli novizi.

Un artwork di Atlantis Fantasy

Ognuno di essi diventerà l’amministratore della propria città. Sarà suo compito destinare gli atlanti a delle missioni specifiche e gestire la popolazione e le priorità di sviluppo. I tempi di fabbricazione delle risorse potranno essere accelerati per rendere l’esperienza di gioco sempre più ricca e collettiva. Atlantis Fantasy vede coinvolti 8 personaggi della mitologia greca e propone da subito 200 missioni, fra cui il restauro delle rovine.

 

«I social game sono diventati un mezzo di divertimento di massa e attraggono giocatori e non giocatori di tutte le età. Siamo fieri del nostro ultimo gioco il cui scopo è far divertire e soddisfare le esigenze dei nostri giocatori in termini di semplicità e interattività. Grazie al contributo dei migliori partner, ci impegniamo affinché l’esperienza di gioco diventi un’avventura umana e sociale facendo immergere il giocatore in uno scenario e in universo grafico straordinari», commenta Vincent Vergonjeanne, vice presidente della divisione prodotti e strategie di Kobojo.

 

Una perfetta padronanza di tecnica e tecnologia

L’esperienza di Kobojo nel campo dei giochi è ormai comprovata. Lo dimostra il successo strepitoso che hanno ottenuto i suoi «gioielli» Goobox e PyramidVille. Grazie al suo motore di gioco unico e alla totale padronanza dei meccanismi di gioco, Kobojo ha realizzato Atlantis Fantasy in soli quattro mesi e mezzo e punterà sulla sua esperienza in materia di meccanismi di diffusione e di permanenza sulla piattaforma di Facebook per fare di Atlantis un vero successo.

 

Kobojo ha anche lavorato a stretto contatto con Microsoft affinché il suo nuovo gioco potesse beneficiare degli ultimi ritrovati tecnologici in materia di cloud computing. Atlantis Fantasy è infatti ospitato su Windows Azure per consentire agli ingegneri di Kobojo di concentrarsi sul gioco e sul fascino che esso potrà esercitare sui giocatori.

 

Una foto in-game di Atlantis Fantasy

«La nostra piattaforma Windows Azure consente a Kobojo di beneficiare di una flessibilità ottimale, sul piano della scalabilità di carico e del dispiegamento geografico, adattata al loro modello economico. Siamo molto fieri di questa nuova dimostrazione di fiducia da parte di un’impresa che abbiamo avuto la fortuna di conoscere in occasione di Imagine Cup e di accompagnare fin dalla sua nascita con il nostro programma di sostegno BizSpark One», precisa Jean Ferré, direttore della divisione piattaforme ed ecosistemi di Microsoft France.

RNKD: La gamification entra nel guardaroba

Nick Swinmurn è uno startupper nato. Ai tempi del liceo mise in piedi un business di pizzette clandestine da vendere ai propri compagni e negli anni questa sua passione per il business lo portò a fondare e a vendere LinkExchange a Microsoft per poi dedicare gran parte della sua vita lavorativa a Zappos. L’idea del sito e-commerce,  inizialmente focalizzato sulle scarpe, era quella di “delivering happyness”, vero e proprio marchio di fabbrica che ha portato l’iniziativa a fatturare un miliardo di dollari con tanto di acquisizione da parte di Amazon.

Ma oggi non siamo qui a celebrare i fasti del passato, Nick ha da poco lanciato in beta una nuova idea che penso farà parlare di se nel prossimo futuro. RNKD cambia la prospettiva che solitamente vede un venditore proporre qualcosa ad un potenziale utente. Qui il vero protagonista è il navigatore a cui viene chiesto di fotografare i capi di abbigliamento presenti nel proprio guardaroba.

La home page di RNKD

Dopo essersi registrati, la home page è estremamente pulita. La parte centrale è occupata dall’azione primaria connessa al portale, l’upload di fotografie attinenti la sfera del vestiario. Si seleziona il file dal nostro desktop, si inserisce il brand e il negozio in cui si è acquistato l’abito ed il gioco è fatto. E’ proprio il caso di dire “gioco”, perchè la gamification è ben rappresentata nelle logiche di navigazione. Un mix di punti, reward, badge e leaderboard sono gli strumenti scelti dallo sviluppatore per creare engagement col navigatore ed incentivare la proliferazione di user generated content. Le prime statistiche rese note confermano la validità di questo approccio, sono 26 gli oggetti mediamente condivisi da ogni utenti per un totale di 2000 differenti brand. Interessante anche segnalare la sostanziale parità tra i generi, il 54% della customer base è femminile ed il restante 46% maschile.

Un esempio di profilo utente in RNKD

I materiali caricati finiscono nelle rispettive pagine personali, di cui un esempio è riportato nell’immagine sovrastante. L’utente in questione figura nella Leaderboard, è tra i primi in classifica per quantità di contenuti (centinaia di capi di abbigliamento). L’interazione costante col portale viene ricompensata con specifici badge. Vediamone alcuni:

DEEPEST COLLECTION: Un badge a dir poco geniale che viene assegnato ogni Lunedì al nuovo utente che nell’arco della prima settimana si è contraddistinto per il maggior numero di foto caricate.

MOST INFLUENTIAL: Il classico badge virale assegnato settimanalmente a chi ha portato in RKND il maggior numero di amici.

EILEEN: Oltre ai badge sbloccabili per azioni puramente quantitative, fanno la loro comparsa i trofei assegnati settimanalmente sulla base dell’insindacabile giudizio di alcuni esperti di moda tra i quali Eileen Tetreault.

I badge oltre a conferire un senso di status ed una cassa di risonanza sociale all’interno della community, fungono da apripista per la vincita di buoni spendibili presso Zippos o Gilt dal valore di 50 dollari fino ad i più corposi da 500.

Il ranking utente di RNKD

Oltre ai badge, ogni utente è caratterizzato da un livello raggiunto sulla base degli oggetti uploadati. La progress bar indica lo status attuale e quanto manca per completare il Level Up anche all’interno di singole sottocategorie come scarpe, magliette e così via. Tutto questo, abbinato ai referrals ed alla loro attività, concorre a fornire una posizione univoca in classifica a ciascun utente. Più punti si accumulano maggiori saranno le possibilità di essere premiati con un Five Hundo Badge che dà diritto alla partecipazione ad una lotteria con in palio buoni da 500 dollari.

RNKD consente una profilazione reale degli utenti, sapere chi compra cosa e questo è un dato raro nel mondo del commercio. Sarà possibile in futuro offrire offerte one to one sulla scorta delle proprie abitudini di acquisto, Nike potrà inviare una offerta ad utenti che hanno in guardaroba numerosi abiti sportivi della loro marca o di aziende rivali arrivando perfino ad offrire i colori e taglie più idonee.