Uno degli obiettivi principali della gamification è “alterare il comportamento di un individuo spingendolo da un punto A (sfera di interesse personale) ad un punto B (azienda/ente pubblico). Questa asserzione viene spesso vista in maniera sospetta in relazione ad un potere manipolatorio in campo marketing, al rovescio è un arma straordinaria se applicata in ambito medico.
Lo prometto sin da subito, i videogiochi o le tecniche di gamification non possono curare un tumore ma sicuramente rendere più divertente la gestione delle cure mediche, più consapevole ed attivo il ruolo del paziente ed infine facilitare il dialogo tra medico e pazienti in età infantile/adolescenziale. I tempi ormai sono maturi ed il sistema sanitario nazionale, nonché i medici e cliniche private, deve attuare un cambio drastico nei modi di comunicare ed interagire con la folta schiera di “e-patient”, pazienti tecnologici appartenenti alla Generazione Y dotati di smartphone always connected, abituati a spendere molte ore settimanali videogiocando ed a reperire informazioni direttamente sulla rete o a chiedere consulenze ai propri amici su Facebook. Per un attimo facciamo mente locale, quanti di voi hanno visto ragazzi under 30 seduti pazientemente in coda per farsi prescrivere un farmaco dal medico di base? E che tipo di relazione si potrà mai instaurare nei 5 minuti che esso ti dedicherà in studio? Anche le confezioni di medicinali risentono di questo approccio, cartoncini contenenti un lungo foglio di istruzione che quasi mai nessun ragazzo andrà a leggere. Per non parlare poi dell’aderenza al protocollo di cure imposteci. Uno dei tratti distintivi della Generazione Y è la costante necessità di esser motivati, come può il medico seguire a distanza il paziente assicurandosi che vengano prese tutte le medicine nella giusta quantità e tempistica?
A questa serie di interrogativi i giochi possono concorrere nel fornire risposte e nello specifico apportare benefici nella gestione del paziente a distanza, monitoring in real time dello stato di salute, ingaggiare il paziente nel compiere azioni noiose come assumere un farmaco, motivare il paziente nel lungo periodo in caso di malattie croniche ed infine prevenzione sanitaria tra i giovanissimi.
Prima di vedere con mano alcuni esempi e tecniche è bene ricordare che i giochi hanno la straordinaria capacità di organizzare informazioni, spesso molto complesse e composte da migliaia di righe di codice, in maniera semplice, intuitiva ed appealing.
Uno splendido esempio in cui l’aggiunta di mini-giochi all’interno di un contesto più ampio svolge funzione di educazione alimentare è Max on Snax, espressamente pensato per i bambini in età pre-scolare. Questo popolare show americano con spettacoli itineranti nelle scuole, nasce per educare in maniera giocosa, il tutto traspare sin dal jingle introduttivo per estendersi a cascata sul sito ufficiale. E’ possibile leggere le divertenti ricette, far amicizia con nuovi bambini accompagnati da genitori e molto altro ancora. Non mancano alcuni mini-giochi molto semplici (parliamo pur sempre di bambini entro i 5 anni) in cui ripetere delle sequenze via via più complesse attinenti a cibi come verdure.
Re-Mission è un vero e proprio videogioco per PC rilasciato da HopeLab, società americana di cui abbiamo già ampiamente parlato in queste pagine perché leader mondiali nell’ambito dei Games for Health. Il titolo in questione, disponibile gratuitamente previa compilazione di un form, è pensato per un target di ragazzi e giovani adulti malati di cancro e li porta ad indossare i panni di un nanorobot di nome Roxxi con l’obiettivo di viaggiare all’interno dei corpi di individui affetti dalla patologia per distruggere le cellule tumorali. La componente visiva è di straordinaria importanza, aiuta il paziente ad entrare metaforicamente nel proprio organismo sentendosi parte di una missione epica in cui distruggere il nemico rappresentato appunto dalle cellule cancergone e relativi problemi collaterali. Nel corso dell’avventura il gioco svolge anche una funzione e-learning spiegando nel dettaglio come agisce la malattia ed i relativi trattamenti chemioterapici. E’ inoltre compito del giocatore tenere sotto controllo lo stato di salute del paziente virtuale, comunicando ogni anomalia o sintomo al Dr. West. I test condotti su pazienti reali che hanno interagito con Re-Mission hanno dimostrato un livello di medicine antitumorali più alto nel sangue rispetto ai non giocatori a dimostrazione di una maggiore osservanza del protocollo medico grazie all’interazione giocosa.
Il passaggio da videogiochi a gamification è assicurata da un novero di applicazioni online e mobile di cui trovate testimomianza nell’apposita sezione Health&Wellness. L’idea di base è far leva su meccaniche incentivanti come punti e badge per alterare i comportamenti degli utenti spingendoli verso azioni positive come mangiar cibi biologici invece di punk food, camminate quotidiane, postura corretta etc etc. Per incentivare l’engagement nel lungo periodo è spesso introdotta una leaderboard, una classifica che mette in diretta competizione i “giocatori” oppure gruppi di giocatori. Altro elelemento diffuso è l’introduzione di Missioni, viene chiesto all’utente di espletare un determinato task al termine del quale si ottiene un qualche tipo di gratificazione.