L’esperienza in un punto vendita ha subito pochi cambiamenti nell’ultima decade nonostante le trasformazioni tecnologiche e demografiche in atto. Per dar vita ad un rapporto diverso col visitatore può essere significativo il ricorso a tecniche di gamification volte a creare engagement e fidelizzazione. Il percorso nella catena tenderà a diventare sempre più un gioco con una serie di azioni compiute dall’utente/giocatore a cui seguiranno reward più o meno tangibili. Secondo Scott Silvermann, co-founder di ifellgoods – provider di soluzioni virtual goods based – circa la metà degli esercizi commerciali adotterà entro i prossimi 3 anni tecniche di gamification nel proprio store. A fronte di un trend in grande ascesa, è altresì vero che piccoli e grandi esercizi hanno difficoltà a capire come implementare correttamente la Gamification tenendo sempre a vista il ROI. Questione ancora più annosa in Italia dove si leggono articoli ed interviste ad “esperti” che mai nulla hanno avuto a che fare col gaming, punto di partenza di questa nuova disciplina.
La premessa teorica è fondamentale prima di decidere quali soluzioni game based applicare. Riprendendo un’ottima sintesi dell’istituto di ricerca Forrester, la Gamification ben applicata può stimolare le 4I:
Involvement: aumento della partecipazione attiva dei consumatori, nuovi visitatori, tempo speso, frequenza di ritorno nel punto vendita.
Interaction: maggiore interazione col prodotto/servizio non solo nello store ma anche prima dell’ingresso così da aumentare la propensione all’acquisto. E’ il caso del paradigma azione/premio in grado di modificare determinati comportamenti confacenti alle esigenze del brand.
Intimacy: creare una relazione personale, diretta e intima col consumatore è una delle sfide più impegnative. Tecniche di gamification aiutano a creare divertimento e fun agevolando l’instaurarsi di questo rapporto speciale.
Influence: punti, livelli, badge, achievement e reward stimolano l’utente a diventare evangelizzatore del punto vendita/prodotto contribuendo attivamente alla sua propagazione attraverso il proprio grafo sociale.
Competizione e cooperazione diventano concetti chiave su cui far leva per guidare i comportamenti dei consumatori. Nei videogiochi sono la chiave dell’engagement, alcuni titoli sfruttano entrambe le leve psicologiche mentre altri, destinati a specifici target, puntano su una o sull’altra modalità. Già da decenni catene di ogni ordine e grado hanno utilizzato nei programmi di fidelizzazione la meccanica della competizione spingendo i consumatori a gareggiare contro se stessi per ottenere premi sempre più grandi. Eppure i videogiochi, soprattutto quelli digitale di nuova generazione, hanno mostrato al mondo la capacità manipolatoria delle Leaderboard, vere e proprie classifiche dove si entra in competizione contro la propria cerchia di amici su scala giornaliera piuttosto che mensile. E’ uno strumento tanto semplice quanto fortemente motivante nel guidare il continuo dell’esperienza, qui non è tanto il desiderio del premio finale quanto la rivalsa sociale sul proprio amico che si è superato in graduatoria.
Questo approccio di “social gamification” ha senso solo se il punto vendita si dota di una strategia social complessiva che aiuti l’esaltazione dello status individuale dell’utente all’interno di un’ampia cerchia sociale. Primeggiare in qualcosa e non poterlo palesare agli altri diverrebbe inutile riducendo l’appealing dell’iniziativa. Potrebbe sembrare complesso e dispendioso, ma è la premessa se si vuol offrire premi di natura intangibile ribaltando le logiche correnti di premi materiali e costosi per l’azienda.
Un esempio concreto arriva dalla catena americana Best Buy che nel Maggio 2011 ha lanciato una importante iniziativa gamificata per aumentare la pedonabilità nei suoi oltre 1000 punti vendita ed il tasso di acquisto. Scaricando l’app iOS e Android Shopkick, gli avventori possono guadagnare una moneta virtuale semplicemente -Kick Points- camminando nei punti vendita e scannerizzando il codice a barra di determinati prodotti. In questo modo la catena guida il comportamento degli utenti nella location, li spinge in determinate aree piuttosto che in altre ed ad ottenere informazioni sui prodotti desiderati. In cambio l’utente accumula punti utilizzabili per ottenere sconti, prodotti in regalo e voucher. A questa architettura si aggiunge una componente fun fatta di veri e propri mini-game e missioni da espletare per ottenere punti extra. Quello che si viene a creare risponde perfettamente al paradigma delle 4I e aiuta catene come Best Buy a creare una connessione speciale con l’utente che tenderà a compiere qui i propri acquisti piuttosto che in altre catene dove, magari, potrà trovare anche un prezzo leggermente più basso ma in un contesto de-personalizzato.
Questo non è l’unico esempio di Gamification applicata al mondo Retail, sempre su questo blog si è ampiamente parlato del caso della catena di panini biologici 4FOOD. Le possibilità sono infinite e solo una analisi attenta del punto vendita, target e obiettivi potrà aiutare un SERIO gamification designer a disegnare la migliore strategia possibile.