Ring Fit Adventure è un gioco che viene dal passato, un esperimento, l’ennesimo per Nintendo, il cui successo è tutt’altro che garantito, vista l’ormai appassita mania per l’exergaming, termine che identifica uno specifico genere di videogiochi che incentiva e presuppone l’attività fisica.
All’origine di tutto c’è ovviamente il Wii, la console della Grande N che faceva del Wiimote la sua ragione d’essere, il fulcro di una rivoluzione che, pur nella sua breve parentesi, ha effettivamente cambiato il modo di percepire e fruire i videogiochi.
Per quanto ci si sbracciasse già in sala giochi grazie a cabinati come Dance DanceRevolution, Wii Sports ebbe una penetrazione del mercato taleche praticamente chiunque, almeno una volta nella vita, si improvvisò tennista davanti al televisore di casa, divertendosi a spedire la pallina dall’altra parte del campo con ampi gesti del braccio.
Da li in poi, praticamente ogni publisher del mondo propose la sua declinazione di sport simulato, utilizzando il corpo del giocatore come principale fonte di input. Sony tentò di cavalcare il trend con il Move, Microsoft alzò ulteriormente l’asticella con l’avveniristico Kinect, in grado di mappare interamente il corpo dell’utente.
Il sostanziale insuccesso delle periferiche di cui sopra, il progressivo abbandono del Wiimote come sistema di controllo preferenziale con l’arrivo di Wii U, la successiva console di Nintendo, ha fondamentalmente decretato la fine dell’exergaming.
Eppure, Ring Fit Adventure uscirà a brevissimo, il prossimo 18 ottobre per l’esattezza.
In sostanza si tratta dell’evoluzione dell’exergaming così come è stato conosciuto fino ad oggi, un gioco che fonde con estrema efficacia allenamento ed istanze adventure, espediente che deve moltissimo alla gamification, inteso come meccanismo che rende l’attività fisica più piacevole e “diluita”.
Del resto, le tantissime app che programmano gli esercizi e titoli come Wii Sports sono accomunati dal medesimo deterrente: non offrono chissà quali motivazioni per rendere continuativo il proprio sforzo giornaliero.
Ring Fit Adventure, in questo senso, è profondamente diverso, perché si vende, in primis, come un videogioco a tutti gli effetti, come un’avventura ambientata in un mondo fantasy, tra missioni da portare a termine e nemici da sconfiggere.
Il fulcro del gioco è rappresento dalla coppia di periferiche che verrà venduta in bundle con il gioco, un anello di plastica del diametro di una trentina di centimetri e una cinghia da allacciare intorno alla coscia, nel quale dovrete inserire i due Joy-Con, strumenti imprescindibili per monitorare i movimenti del videogiocatore e tradurli in azioni dell’avatar.
Per spostare l’avatar su schermo bisognerà correre sul posto. Per avere la meglio sui mostri che infestano il regno, ci si dovrà esibire in determinati esercizi. Per lanciare palle di fuoco si dovranno compiere specifici movimenti con l’anello ben stretto tra le mani.
L’idea insomma, è semplicissima: allenarsi, distraendosi e motivandosi con la scusa di dover salvare il mondo dalle macchinazioni del villain di turno. Un concept tremendamente in linea con i precetti della gamification, dove le missioni da completare e i collezionabili che si sbloccheranno nel corso dell’epopea fungono al contempo da motivazione e premio per gli sforzi compiuti.
Difficile prospettare il successo commerciale di Ring Fit Adventure. Di sicuro, tuttavia, è il modo migliore per (ri)proporre l’exergaming impepato da un pizzico di gamification.
Lorenzo Kobe Fazio