[Breve estratto del libro in fase di scrittura “Guida Pratica alla Gamification” in arrivo nell’Autunno 2011 a cura di Fabio Viola]
Prima di entrare nel vivo dell’azione è bene delineare il significato della Gamification, specie in un epoca in cui il web offre differenti definizioni ed accezioni tanto positive che negative. Per sgombrare il campo da equivoci è bene cominciare dalle origini seguendone il percorso evolutivo.
Il termine Gamification è diventato d’uso comune solo nel 2010 dando vita a quasi 1 milione e mezzo di pagine tracciate su Google ed una miriade di tweet in pochi mesi. Il merito, o demerito per altri, di questo boom lo si deve a Jesse Schell, figura eclettica di professore alla Carnegie Mel-lon University, autore di “The Art of Game Design” e fondatore di Schell Games.
E’ suo il memorabile talk alla Dice Conference, tenutasi nel Febbraio 2010, a Las Vegas intitolato “Design Outside The Box”. Nei trenta minuti sul palco viene disegnato un futuro apocalittico in cui il gaming saprà andare oltre i confini tradizione di una scatola console o PC per entrare in ogni momento di vita umana. Ciascuno di noi diventerà parte di un grande gioco in cui le azioni vengo-no tracciate e premiate con punti e bonus speciali.
Facebook, gaming, money and beyond from io on Vimeo.
“Ti alzerai al mattino per lavare i denti e lo spazzolino potrà rilevare questa azione. Ei bravo, 10 punti per esserti lavato i denti. E potrà misurare se li hai lavati per almeno 3 minuti. Lo hai fatto! Ottimo lavoro! Hai lavato I denti per 3 minuti. Hai sbloccato un bonus! Se li laverai ogni giorno questa settimana otterrai un altro bonus! A chi importa? Alla ditta produttrice dello spazzolino. Più ti lavi I denti e più lo utilizzerai. Hanno un grande interesse finanziario.
Questa visione apocalittica getterà le basi della Gamification propriamente detta da lì a qualche mese. Analizzando il talk è possibile cogliere alcuni elementi tecnologici, psicologici e motivazionali:
• Il riconoscimento del mercato social gaming come palestra innovativa a cui tutti possono accedere grazie alla gratuità iniziale del prodotto e scarse barriere di ingresso a livello gra-fico e di gameplay. L’esempio è quello del gioco di ruolo testuale Mafia Wars realizzato in php nella stessa epoca in cui Halo su Xbox vanta milioni di poligoni e di dollari spesi per la realizzazione. Un prodotto semplice in grado di fatturare quasi 100 milioni di dollari in un anno!
• I videogiochi non più via di fuga dalla realtà ma sempre più punto di intersezione tra mondo reale e virtuale. Si cita il successo di prodotti come Guitar Hero in cui si impugna una chitarra reale per dar vita a brani virtuali o Webkiz dove la fisicità di giocattoli si fonde con l’intagibilità di un mondo virtuale per bambini.
• La pervasività di nuove tecnologie come sensori, smartphone always connected, connetti-vità a banda larga, geolocalizzazione consentiranno alle aziende di seguire l’intero ciclo vitale del prodotto con conseguente tracciamento costante delle metriche di utilizzo
• Punti, bonus, achievement diventeranno sempre più familiari nelle azioni di ogni giorno influenzando significativamente i nostri comportamenti
Pur senza mai citare il termine Gamification, Jesse Shell può essere a tutti gli effetti considerato il precursore di una disciplina che da lì a qualche mese avrebbe conosciuto una sua standardizzazione e legittimità.
Ma chi è stato il primo a utilizzare esplicitamente “Gamification” in un contesto tracciabile? Da buon archeologo quale sono, non è uno scherzo ho studiato Archeologia Medievale presso l’Università di Pisa, ho speso del tempo nel cercare le origini per puro nozionismo e senso di sco-perta.
Le prime attestazioni risalgono al 2002 stando ad un commento web pubblicato da Nick Pelling. Il programmatore di videogiochi inglese, con all’attivo decine di titoli dal Commodore 64 alla Pla-ystation 2, rivendica la primogenitura del termine e Wikipedia sembra accordargli tale titolo sebbene postdatando al 2004.
Ma è solo nel 2008 che arrivano le prime testimonianze concrete con in testa l’amico Bret Terrill che parla di “Gameifications” in un blog post del 16 Giugno 2008. L’aggiunta della vocale e non inficia uno dei primi postulati teorici con una primissima definizione ragionata del termine descritto come “L’utilizzo di meccaniche di gioco in contesti web per aumentare il fidanzamento (engagement) tra prodotto e utente.
In conversations, one of the biggest topics (and one I happen to be thinking a lot about it recently) is the gameification of the web. The basic idea is taking game mechanics and applying to other web properties to increase engagement. I’ll be talking more about gameification soon
Ancora una volta il termine è utilizzato contestualmente all’emergente mercato dei social game su Facebook a riprova di una influenza diretta basata su ampliamento bacino utenza, enfatizzazione di particolari “game mechanics” e focus sull’analisi in real time dei dati provenienti dagli uten-ti/giocatori. Le aziende di ogni ordine e grado erano ormai ossessionate dal successo di società come Zynga e dal loro assurdo metodo di monetizzazione basato nel vendere prodotti virtuali in cambio di soldi reali. Il mondo era impazzito o bisognava applicare questre trasformazioni al pro-prio business?
Eppure in queste prime tracce archeologiche il concetto di Gamification è sempre indissolubilmente legato ai videogiochi. Ma un gradino evolutivo arriva l’anno successivo quando Barry Kirk e Tim Crank di Maritz introdussero il concetto di “Gamification of Loyalty” al Loyalty Expo 2009. E’ la prima volta in assoluto che una azienda multinazionale totalmente estranea alle logiche video ludiche comunica pubblicamente i benefici che le meccaniche e dinamiche tipiche dei giochi pos-sono apportare allo storico mondo delle teniche di fidelizzazione. E’ una svolta importante che pone le basi per la nascita della Gamification come oggi è comunemente intesa e teorizzata su Wikipedia.