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Il gioco delle tessere fedeltà: Loyalty + Gamification

Sul finire del 1700 i primi intraprendenti negozianti capirono la necessità di offrire qualcosa in più agli acquirenti per convincerli a scegliere la propria bottega a scapito di quelle vicine sempre più numerose nel nuovo contesto di urbanizzazione progressiva.  La gente dal contado era solita recarsi periodicamente in città per acquistare tutti i beni necessari per la settimana (o a volte mese) ed un negozio valeva sostanzialmente l’altro per tipologia, quantità e prezzo delle merci. Nacquero in questo contesto storico le prime promozioni basate sull’idea di regalare una certa quantità di prodotto ogni tot acquistato.

In assenza di confezioni si era soliti acquistare 500 grammi di lenticchie piuttosto che 1 kg di zucchero. Per incentivare la fidelizzazione e di conseguenza i consumi, i negozianti proposero modelli del tipo “compra 1 kg di zucchero e 100 ti saranno regalati”. Una formula rivoluzionaria per l’epoca ed ancora oggi alla base di molte iniziative dal “compri tre e paghi 2” ai pacchi di Cereali con “200 gr di prodotto in regalo”.

La cosiddetta ratio del 10:1 aveva l’indubbio vantaggio di conferire una immediatezza economica alla promozione, chiunque era in grado di calcolare il risparmio ottenuto. Pur divenendo una pratica istantaneamente mass market, non vi era negozio che non la applicasse a qualche merce, il 10:1 è ancora oggi una politica “onerosa” per il consumatore finale che si vede obbligato ad acquistare grandi quantità di prodotto per aderire al programma di loyalty. Non tutti hanno necessità di acquistare 2 confezioni di caffè per averne una terza gratis ed il cannibalismo spesso porta a effetti negativi come l’arrivo a scadenza di un prodotto deperibile nel proprio frigo ed ancor peggio rappresenta una barriera di ingresso per coloro intenzionati a sperimentare per la prima volta quella marca. La prova diverrebbe troppo onerosa, una strategia quindi dai risvolti positivi per gli “hardcore spenders” e negativi per i “casual spenders”.

Nel 1793 un negoziante americano inventò la prima rudimentale formula di tessera a punti. Dei gettoni di rame venivano regalati agli avventori per poi poter essere collezionati e riscattati con merci in negozio. Da una fidelizzazione puramente monetaria ad una intangibile dove l’idea di premio/reward rimaneva intatta ma a patto di giocare con le regole imposte dal banco all’interno di una fidelizzazione di media/lunga durata.

Il primo esempio moderno di raccolta a punti arrivò nel 1930 con i bollini di Sperry & Hutchinson Green. Questa società americana produceva e vendeva dei bollini, dal taglio di 1, 10 e 50 punti, presso negozi e distributori di benzina. Questi esercizi li regalavano ai propri clienti sulla base dei dollari spesi con libero arbitrio sul tasso di cambio. Qualcuno poteva optare per 10 centesimi di dollaro= 1 punto, altri per 15 centesimi e di conseguenza si instaurò una concorrenza spietata. I clienti, a loro volta, dovevano inumidire il retro adesivo per incollarli su un apposito album distribuito gratuitamente da S&H. Ognuna delle 24 pagine presenti doveva contenere 50 punti per un totale di 1200 ad album, scopo ultimo riscattare i premi presenti nel catalogo consegnando via posta o in negozio il proprio album per ottenere un dato regalo contraddistinto da una specifica soglia di punti necessari. Una pletora di regali tra cui sceglie all’interno di un libro/catalogo che divenne per diversi anni la più grande pubblicazione edita in America.

Raccolta punti S&H Green Stamps

Il successo di questa ed altre iniziative similari sconvolse e mutò radicalmente le abitudini di spesa e vita dei cittadini anglosassoni. Dinamiche tipiche del gaming come la sfida e cooperazione vennero incentivate, molte famiglie allargate unirono gli sforzi pur di raggiungere il numero necessario di punti per l’agognato premio. Altri iniziarono ad acquistare più di quanto realmente servisse loro pur di primeggiare rispetto agli amici, meglio di me potranno raccontarlo le testimonianze dirette raccolte da un portale americano.

L’idea geniale alla base di quella rivoluzione copernicana fu l’introduzione di una virtual currency, una moneta virtuale oggi d’uso comune in numerosi videogiochi ma che allora contribuì a smaterializzare il valore del reward conferendogli un alone non più meramente economico ma di status symbol. La gente ragionava ormai in bollini, spesso dimenticando che quel premio avrebbero potuto comprarselo direttamente con tutti i soldi spesi per accumulare punti. Ma non importava, c’era il desiderio di raggiungere un obiettivo, un immenso gioco a cui si prestarono la maggior parte delle famiglie americane.

Recandoci oggi, 18 Maggio 2011, in un qualsiasi punto vendita della Grande Distribuzione è facile notare come questi sistemi risalenti al precedente millennio siano la base odierna delle strategia di fedeltà del consumatore. Un immobilismo di fondo che solo recentemente è stato sommariamente scartavetrato dall’impiego di game mechanics e dynamics all’interno del paradigma della Gamification.

La fedeltà di un consumatore (loyalty) è uno dei pilastri del marketing. Proprio le tessere punti (cibo, benzina, aerei…) rappresentano una delle forme meglio riuscite e conosciute di Gamification. Una contaminazione tra gaming e vita quotidiana  per promuobere la fidelizzazione di un utente ad un brand o punto vendita mediante il conferimento di extrinsic motivations o più banalmente premi. Non è un caso se oggi giorno le forme più avanzate di tessere fedeltà siano i Frequent Flyer Program,  ormai adottati da tutte le compagnie aeree americane per incentivare al volo i passeggeri. Invitandovi a leggere lo specifico post sul tema, vorrei solo segnalare che a partire dagli anni 80 figure di game designer hanno lavorato all’ottimizzazione ed evoluzione del classico paradigma punti/reward aggiungendo ulteriori layer di gamification come strutture a livelli, boss di fine livello, benefici psicologici ed altro ancora.

Il progressivo passaggio da un sistema fisico basato su tessere plastificate, scontrini e cataloghi cartacei ad uno digitale, seppur nel solco della tradizione (per ora non prendiamo in considerazione Foursquare e altri software che rappresentano un ulteriore gradino evolutivo) apre innumerevoli possibilità  di miglioramento dello status quo.

Schema di Gamification applicata alle tessere punti

Questa semplicissima schematizzazione proposta nel blog Loyalty Expert incorpora alcune tecniche base di Gamification:

1.  Virtual Points: L’online facilita la possibilità di check continuo del proprio punteggio, cosa non proprio agevole nei programmi solo fisici dove è possibile conoscere il saldo recandosi in negozio.

2. Progress Bar: Tecnica ampiamente sdoganata nel mondo dei social games, rappresenta un rinforzo mentale notevole per tenere traccia dell’obiettivo prossimo da conseguire. Una colorazione differente indica lo stato di completamento della barra fino al raggiungimento del numero di virtual points necessario per ottenere il regalo selezionato o il prossimo livello.

3. Levels: I livelli sono solo parzialmente usati nel mondo delle tessere fedeltà. Innestare una struttura di questo tipo aiuta a dare profondità all’esperienza e a creare un motivatore psicologico ulteriore in grado di creare loyalty ed engagement. Solitamente il passaggio al livello successivo non implica un costo reale all’azienza, ma aiuta il giocatore a sentirsi parte di una cerchia via via più ristretta, una elite che gode di vantaggi immateriali. L’esempio più vivo nella nostra mente è la strutturazione base, gold e platinum delle carte di credito. La Mastercard di turno non ha costi ulteriori nel creare una carta platinum con un planford maggiore, mentre il possessore ne ottiene uno status sociale x10 amplificato sfoderandola in un ristorante. Introdurre i livelli incoraggia il consumatore a spendere di più e più velocemente per progredire nel “gioco”.

4. Challenge  Personalizzata:  L’avvento del social graph consente alle piattaforme che utilizzano FB Connect di avere a disposizione una messa di dati personali formidabile. L’analisi del pregresso e i behaviour on site (leggi alcune tecniche) dovrebbero incoraggiare la creazione di CHALLENGE, sfide, personalizzate. Il mondo online consente questo tipo di flessibilità impensabile nel punto vendita: ad una donna divoratrice di libri appariranno offerte che daranno un extra punteggio se acquisterà un dato libro.

5. Leaderboard: Creare classifiche giornaliere/mensili/all time aiuta il senso di competizione ed offre uno strumento di gratificazione immediata e sociale per gli heavy users.

6. Extra Points: Come vedremo nell’articolo di domani basato su case history, alcuni sistemi di loyalty online hanno introdotto delle quest aggiuntive non direttamente riconducibili all’atto di acquisto. Condivisione con amici, completamento del proprio profilo ed altre azioni secondarie conferiscono punti extra.

7: Gratta e vinci: E’ già una tecnica sfruttata nel mondo fisico,  ogni 10 euro di spese un gratta e vinci che offre una chance di vincere immediatamente un premio o partecipare ad una estrazione finale. Una idea potrebbe essere quella di assegnare dei gratta e vinci digitali all’esecuzione di particolari combo

– Fai spesa per 3 giorni di fila

– Supera 50 euro di spesa 3 volte consecutive

L’imprevedibilità della vincita per fortuna stuzzica gli istinti umani e si rivela sempre un ottima aggiunta.

8. Status: L’avvento massivo di smartphones con geolocalizzazione e possibilità di scansione del codice a barra aprono la strada a interconnessioni tra visita nello store, acquisto e upgrade del proprio status.

Sono semplici spunti che le aziende interessate possono chiedermi di approfondire visitando la sezione Consulenze, in attesa dell’articolo di domani in cui vedremo attuazione concreta di alcuni di questi principi.