Video-giochi sono industria culturale!

Da un mio articolo scritto per Il Giornale delle Fondazioni, ideale continuazione della mia prima riflessione “Quale Cultura per i Nativi Digitali“.

soli quarant’anni dalla loro nascita, i video-giochi sono diventati una delle principali industrie creative e dell’intrattenimento al mondo. Non deve stupire una proiezione di fatturato superiore ai $100 miliardi di dollari nel 2017, da anni ormai hanno superato cinema, musica e libri per volumi di affari. Un recentereport sulle industrie culturali e creative in Inghilterra, testimonia come il comparto «IT, software e games» abbia generato nel 2014 un indotto economico superiore a «film, TV, music, publishing, design, fashion, and architecture» messi insieme.

Eppure i numeri economici raccontano solo una parte, minoritaria, della storia. A sorprendere è lo straordinario consumo ed influenza sociale che questo medium sta avendo su una popolazione sempre più trasversale.
Superato l’assioma video-giochi=nerds, i dati ci restituiscono una realtà stratificata che vede i 29 milioni di italiani giocatori egualmente ripartiti tra uomini e donne. Se è vero che il 91% dei ragazzi e ragazze in età scolare tra i 2 ed i 17 anni utilizza i giochi elettronici, è altrettanto interessante notare come il bacino demografico a maggior crescita è rappresentato dalle donne over 50.
L’adozione dei video-giochi in maniera così forte e partecipativa da parte delle nuove generazioni dei Millenials e Touch (di cui abbiamo parlato approfonditamente in un precedente articolo) non è un comportamento da sottovalutare. Milioni di persone nel mondo si aspettano di ritrovare in ogni momento della vita quotidiana quell’alternanza di emozioni, coinvolgimento, premialità e partecipazione attiva sperimentata nelle lunghe sessioni di gaming. Proprio la partecipazione attiva è uno degli elementi di rottura rispetto ad altre industrie creative e dell’intrattenimento. I video-giochi consentono, seppur nei limiti delle regole e della struttura generale concepita dal creatore, di prendere decisioni indipendenti: vado a destra o sinistra, utilizzo la pozione magica subito o la conservo per dopo, salvo un personaggio o un altro. Questo framework decisionale, abbinato allearning by doing, rende i video-giochi delle straordinarie macchine per l’apprendimentoconsentendo, spesso, al giocatore di modificare il finale in base alle scelte intraprese nel corso dell’esperienza.

Come giustamente sottolineato da Sree Sreenivasan, capo del digitale per il Metropolitan Museum of Art di New York, città ed istituzioni culturali dovrebbero guardare a Netflix e a Candy Crash come rivali, ma soprattutto modelli, per migliorare le politiche di audience development ed engagement.

A mio avviso i video-giochi, oltre a poter essere straordinari strumenti nelle attività didattiche museali o ancora tools per raggiungere e coinvolgere nuovi pubblici, rappresentano una delle primarie forme di espressione culturale ed artistica della modernità.

I video-giochi sono cultura

Su una nuova tipologia di tela, completamente digitale, i creatori di video-giochi utilizzano espressioni artistiche consolidate come la modellazione, il designo, la musica, la narrativa per dar vita a prodotti che affrontano anche temi complessi  con forti impatti economici, culturali e sociali. Si pensi alla saga di Assassin’s Creed realizzata da Ubisoft, una produzione  che ha portato oltre 80 milioni di giocatori nel mondo ad entrare in contatto con personaggi, avvenimenti, architetture, ambientazioni verosimilmente storiche in una modalità immersiva mai sperimentata fino ad oggi. Il gioco stesso diventa oggetto di mostre anche in Italia al Museo della Scienza e Tecnologia di Milano, supporto didattico in numerosi licei per l’insegnamento della storia e volano economico per le città in esso rappresentate. In  Assassin’s Creed 2 and Assassin’s Creed: Brotherhood città come Venezia, Roma, Firenze, Forlì e San Gimignano vengono riprodotte 3D all’interno di un tessuto narrativo incentrato nel periodo rinascimentale.

Non  è una coincidenza che uno dei luoghi riprodotti, il piccolissimo borgo di Monteriggioni in Toscana, abbia conosciuto a partire dal 2009 un aumento significativo dei flussi turistici.  Come dichiarato dall’assessore al Turismo del comune, Rossana Giannettoni: «Assassin’s Creed ha dato al castello una grandissima visibilità e la possibilità di essere conosciuto in tantissimi luoghi dove noi difficilmente saremmo riusciti ad arrivare con la nostra attività promozionale. Una curiosità che può dare alcune indicazioni in merito: la sezione distaccata The Cloister , del Guggenhein Museum di N.Y, dedicata appunto al medioevo, ha richiesto una ricostruzione in miniatura del nostro castello, conosciuto proprio attraverso il video gioco».

In Italia ancora poco è stato fatto per incoraggiare la pluralità di generi, esperienze ed autori video-ludici, essendo questa forma di espressione ancora poco conosciuta e compresa nei da parte dei decision-makers.  Ragionare su forme di agevolazione fiscale e incentivi alla produzione, come già accade in altri ambiti culturali italiani, velocizzerebbe il processo e sprigionerebbe creatività ed energia da parte di questa giovane generazione di creatori. Ma in maniera ancora più semplice ed immediata, le istituzioni pubbliche e culturali potrebbero aprire momenti continui di interscambio di esperienze ed avviare sinergie al fine di rendere organica la contaminazione tra i due mondi superando quella parcellizzazione e frammentazione dell’esperienze che fin qui ha connotato il nostro Paese.

Ad esempio, in Spagna il museo Thyssen-Bornemisza ha avviato un tavolo di lavoro con la ESNE, la prima università dei video-giochi in Spagna,  per sviluppare contaminazioni tra i due mondi. Nasce così nel 2015 Nubla The Game, un gioco di avventura basato sulla storia dell’unico abitante di un mondo fantastico che esiste all’interno delle opere del museo. Il suo obiettivo è comprendere chi sia, conoscere il proprio passato e scoprire le connessioni con le opere d’arte attraverso momenti di esplorazione e puzzles. Nubla è attualmente disponibile su Playstation 4 al costo di 10 euro e sta dimostrando come sia possibile raggiungere nuovi pubblici, ottenere risonanza mondiale con centinaia di pubblicazioni ed, al tempo stesso, ottenere un ritorno economico sull’investimento grazie all’acquisto da parte dei video-giocatori.

E’ arrivato il momento di abbattere ogni steccato ideologico tra due mondi solo apparentemente lontani. L’industria dei video-giochi entrando in contatto con le istituzioni culturali potrebbe maturare, mutuare nuovi linguaggi ed individuare nuove fonti di ispirazione. Dal canto loro i musei potrebbero giovarsi di una enorme spinta creativa dal basso aggiornando le modalità di dialogo con il proprio pubblico.
Per approfondire il tema, è possibile registrarsi gratuitamente ad ArtLab dove il tema dei video-giochi e della gamification sarà affrontato il prossimo 20 Maggio a Milano alle 15.30.

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