Gli ultimi 12 mesi hanno consacrato definitivamente il fenomeno social gambling, l’intersezione tra l’industria tradizionale dei videogiochi e il lucrativo mondo dei giochi con puntate di soldi reali. Fino ad oggi i due mondi hanno vissuto vite parallele con nessun punto di contatto nelle figure professionali, strumenti di monetizzazione e strutture. L’industria tradizionale dei videogiochi storicamente focalizzata sul creare divertimento ed engagement a fronte di un upfronte del giocatore ma, come spesso argomentato in questo blog, l’evolzione dell’ultimo quinquennio ha portato sempre più ad esplorare nuove forme (free to play con micro-transazioni). Il mondo del gambling dai tradizionali giochi fisici (lotto, lotterie, casinò) sta velocemente migrando online grazie alla liberalizzazione di discipline come il poker digitale, skill games etc etc con un business model sempre più basato su puntate nel tempo. Paradossalmente il modello di monetizzazione sta diventando comune, non tanto per tipologia di importi e possibilità di vincita, quanto per la necessità di adoperare un design ongoing in grado di creare engagement e retention.
Un altro fattore è intervenuto nell’ultimo periodo. Analizzando le classifiche TOP GROSSING App Store e Google Play e la lista dei giochi più utilizzati su Facebook appaiono titoli che non sarebbe lecito aspettarsi nelle primissime posizioni. Una serie di titoli poker e slot machine “for fans” stanno spopolando presso un pubblico di giocatori occasionali dimostrando l’appealing che la tipologia dei titoli “gambling” può avere anche presso i non giocatori for money. Un enorme bacino di utenza che consente ai developers di monetizzare attraverso forme di advertising o micro-transazioni in cui si versano soldi reali per acquisire chips virtuali da spendere nel gioco senza un possibile ritorno economico. Da un punto di vista creativo questi giochi riescano ad innovare all’interno di generi standardizzati da anni, riuscendo laddove aziende gambling stanno fallendo. Queste ultime non sono state in grado di evolvere il prodotto focalizzando tutti gli sforzi sul lato finanziario forti di un mercato monopolistico dove però l’asticella di ingresso (leggasi nuove licenze) tende ad abbassarsi.
Inizialmente questo fenomeno è sfuggito dai radar dei grandi player dei giochi a pagamenti mondiali e nostrani (Lottomatica, Sisal, Snai…) anche perchè difficile per loro da comprendere. Perchè mai qualcuno dovrebbe pagare in euro delle chips virtuali che non garantiscono una chance di vincita reale? La risposta è in gran parte nella capacità che un bravo game designer ha di far leva sugli istinti psicologici umani per dar vita a dei comportanti finalizzati, ad esempio, a brillare nella classifica settimanale piuttosto che nell’umiliare un avversario umano.
Ed è così che tradizionali team di sviluppi video-ludici divennero appetibili per la capacità di portare in dote una nuova forma di monetizzazione in prodotti for fan, superiori capacità nell’UX/UI, gestione in-house di tutto il ciclo produttivo (i client a pagamento sono in larga parte realizzati esternamente causando la perdita di know how e l’impossibilità di gestire al meglio un prodotto sempre più di tipo “ongoing”) e, soprattutto, straordinaria capacità nel generare customer acquisition e retention senza investimenti plurimilionari in advertising.
Se a tutto questo si aggiuge l’imminente apertura del mercato dell’online gambling in USA (si parla del 2014) e il contestuale interessamento di Facebook al mondo dei giochi a scommessa, si capisce perchè nell’ultimo anno si è assistiti ad una serie di acquisizioni e annunci.
- IGT acquista il social game publisher DoubleDown Interactive per una cifra fino a $500 milioni
- Bwin.party acquista il game developer Orneon per ipotetici $15 milioni
- Bwin.party investe $50 milioni nel social gaming creando Win Studio
- WMS acquista Phantom EFX per una cifra non rivelata
- 888 acquista Mytopia per $18 milioni
- Caesars acquista Playtika per una cifra vicina ai $200 milioni
Queste sono solo alcune delle operazioni portate a termine negli ultimi mesi dando vita a strutture ibride in cui potrebbe realizzarsi il “sogno” di generare ARPU da mondo “for money” in bacini di utenza “for fun”. Solitamente nel mondo dei mobile e social games free to play è non più del 5% dell’utenza a effettuare transazioni per ARPU che difficilmente superano la manciata di dollari. Al contrario nel gambling vi sono altissime barriere di ingresso (vietato ai minori, complesse procedure per aprire un conto gioco, obbligo di associare l’account ad una carta di credito/conto corrente) a cui seguono ARPU di oltre 1000 euro.
Ora la palla passa anche ai legislatori e a come questo mondo sarà regolamentato. Quello di cui sono convinto è che queste acquisizioni hanno terribilmente senso per una industria del gambling che sta crescendo a ritmi vertiginosi ma presente lacune strutturali al proprio interno nella capacità di sviluppare e disegnare il prodotto e nella flessibilità di adattamento a nuove piattaforme. Queste lacune saranno in parte colmate da acquisizioni e creazione di team interni estremamente agili in grado di esplorare piattaforme, creare soluzioni ibride (il mercato delle second chance) e alfabetizzare platee preparandole all’avvento del gioco for money.
Trackbacks/Pingbacks